ACCADDE OGGI | Il Sacco di Roma: quando spagnoli e lanzichenecchi misero in ginocchio la Città Eterna
Il sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi è uno degli eventi più tristi per la città dei Papi, considerato ben più terribile di quello perpetrato dai Goti o dai Vandali. Non solo. Fu una vera umiliazione per la Chiesa Cattolica, già duramente indebolita dall’affermazione della Riforma Luterana. Ma è anche il culmine simbolico della guerra tra Regno di Francia e Sacro Romano Impero per la supremazia in Europa. Non a caso l’evento del Sacco di Roma è considerato uno spartiacque tra il Rinascimento e l’Età Moderna.
Il fatto storico
Il 6 maggio 1527 fu un giorno particolarmente triste per la storia di Roma. In migliaia morirono, altrettanti fuggirono. Chi rimase assistette impotente alla devastazione portata dai lanzichenecchi congiunti alle forze spagnole: stupri, dissacrazioni, razzie. Seguì l’umiliazione del Papa, arroccatosi nella fortezza di Castel Sant’Angelo, e costretto a pagare un’ingente somma di denaro per il riscatto della città. Infine, la beffa: Roma, messa in ginocchio e derubata, dovette subire anche il morso della peste. Infatti, a causa del sovraffollamento dovuto alla presenza degli occupanti, la già precaria situazione igienica tracollò e le malattie colpirono lì dove le spade non erano arrivate.
Il contesto storico ed i protagonisti in campo
La prima metà del XVI secolo europeo si caratterizza per le accese lotte tra il Sacro Romano Impero ed il Regno di Francia. La rivalità tra le due potenze fece del suolo italico terreno di scontro, dinamica che spinse gli stessi stati italiani a scegliersi una parte a seconda del momento. Così, nel 1526, troviamo un’instabile coalizione antimperiale, detta Lega di Cognac, composta principalmente da Papa Clemente VII, dalle repubbliche di Venezia e Firenze, e dal Regno di Francia. Tuttavia, furono due uomini a determinare la storia del tempo, due condottieri di chiara fama. Georg von Frundsberg, condottiero per parte imperiale, e Ludovico di Giovanni de’ Medici, passato alla storia come Giovanni delle Bande Nere, condottiero al soldo del Papa. Il fiume Po divenne la linea da non valicare, e le Bande Nere ne furono i custodi implacabili, almeno finché la bocca di un falconetto non urlò il proprio boato.
Giovanni delle Bande Nere, l’ultimo difensore di Roma
Quando l’esercito papale ripiegò evitando lo scontro con le forze imperiali Giovanni, detto delle Bande Nere, non concesse terreno agli invasori. S’impegnò in una caccia al fine di bloccare il condottiero imperiale Georg von Frundsberg, impegnandolo in una guerriglia sfiancante. Tuttavia, Ferrara e Mantova presero in segreto la parte degli invasori, i primi fornendo pezzi d’artiglieria, i secondi non impedendo il passaggio dei lanzichenecchi. Alla fine, il 25 novembre del 1526 i due condottieri rivali si ritrovarono l’un di fronte all’altro, pronti ad affrontarsi nell’assalto decisivo. La battaglia fu aspra, e la fortuna passò dalla parte imperiale solo quando i falconetti fiorentini presero a sparare. Nella battaglia un colpo d’artiglieria raggiunse Giovanni a una gamba costringendolo a ritirarsi. Morirà per la ferita pochi giorni dopo, mentre i lanzichenecchi oltrepassavano il Po.
Più violenti dei Goti, più crudeli dei Vandali
Il 28 novembre 1526 le forze imperiali attraversarono il Po nei pressi di Ostiglia, riuscendo a respingere le forze della Lega di Cognac. Con l’inizio del nuovo anno le truppe di lanzichenecchi si unirono a quelle spagnole. L’esercito fu ulteriormente ingrossato da contingenti italiani filoimperiali entro la primavera. Tuttavia, quello che non arrivò fu la paga dei soldati e il malcontento degli uomini portò all’infarto l’ormai anziano Georg von Frundsberg nel tentativo di placare le proteste. La tregua stipulata col Papa inasprì ancor di più la situazione. Solo il saccheggio delle terre nemiche avrebbe placato la rabbia dell’esercito imperiale. E così accadde: mentre von Frundsberg restava a curarsi a Ferrara, il nuovo comandante, Carlo di Borbone, riprendeva l’avanzata verso Roma, e verso la propria morte in battaglia. Il 6 maggio 1527, 20000 tra lanzichenecchi e spagnoli assaltavano le deboli difese romane e, seppur con ingenti perdite, la città alla fine capitolò.