Kharkiv

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UCRAINA | Missili russi su Kharkiv: colpiti edifici civili

Al 138esimo giorno di guerra, continuano gli attacchi russi sulle città Ucraine. Questa volta è Kharkiv ad essere presa di mira, con alcuni palazzi colpiti da missili russi. Un attacco aggiuntivo è avvenuto nella cittadina di Chasov Yar, in cui si è registrata la prima strage di civili da quando i russi si sono concentrati nell’offensiva sul Donetsk. Dura la reazione di Pavlo Kyrylenko, mentre Mosca conferma gli attacchi nei quartieri residenziali di Donetsk. 

L’attacco a Kharkiv

Un missile russo ha colpito e, in parte, distrutto un edificio residenziale di sei piani nella città di Kharkiv. Non si hanno ancora certezze sulle vittime, ma già una donna anziana è stata estratta dalle macerie. Inoltre, è stato colpito un altro condominio, ma i servizi di emergenza hanno riferito che non saebbero state trovate vittime. Si contano anche due vittime nel villaggio di Zolochiv, sempre a Kharkiv, in seguito ad un altro bombardamento russo. 

Villaggio di Zolochiv, nella regione di Kharkiv

 

Il precedente attacco a Chasiv Yar

Nella giornata di domenica, altri tre missili avevano attaccato un palazzo nella cittadina di Chasov Yar. Si contano 18 morti, ma il bilancio rischia di essere provvisorio, in quanto si stanno ancora estraendo decine di persone, tra cui una bambina. È la prima strage di civili da quando i russi si sono concentrati nell’offensiva sul Donetsk.

Pavlo Kyrylenko, capo dell’amministrazione militare regionale che ha fatto sapere che la strage sarebbe stata provocata da due o tre razzi russi, poi denuncia l’accaduto: “L’ennesima conferma dei crimini della Federazione Russa e che stanno bombardando aree residenziali”. Mosca, invece, fa sapere nel bollettino quotidiano di aver “distrutto 17 postazioni di comando, quattro batterie di sistemi missilistici e due hangar vicino a Kostyantynivka, dove erano nascosti obici M777 di fabbricazione statunitense utilizzati per bombardare i quartieri residenziali di Donetsk“.

Le macerie a Chasov Yar

 

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NEWS | La dignità del popolo ucraino nella fontana di Makov alla Biennale di Venezia

La fontana, opera dell’artista Makov, approda alla Biennale di Venezia, con una rosa di significati sottesi tutti da scoprire in riferimento ai venti di guerra che soffiano sull’Europa e al desiderio di pace tra i popoli.

La Fontana dell’esaurimento

L’opera di Makov, attualmente visibile nel Padiglione Ucraina, nasce dalla rielaborazione di un progetto concepito negli anni Novanta e ispirato alle infrastrutture fatiscenti tipiche delle città post-sovietiche. La fontana è alta circa cinque metri ed è formata da una serie di 78 imbuti di bronzo. I tubicini sono disposti a piramide e l’acqua li riempie per poi fuoriuscire.

Nella stessa Kharkiv, l’autore ricorda come l’approvvigionamento idrico fosse precario, nessuna fontana pubblica funzionava. L’opera fu dunque inizialmente pensata per denunciare l’esaurimento delle fonti, con rimando al tema dell’acqua alta a Venezia. Nonostante ciò, oggi la fontana assume un nuovo significato: invitare a riflettere sul tema della democrazia di fronte alla guerra, con riferimento all’esaurimento di risorse emotive.

L’opera è stata ricomposta in Italia, dopo essere stata sottratta alle bombe russe e trasportata in pezzi da Kiev, andando a sottolineare che l’obiettivo principale resta la rappresentazione della dignità di un popolo e della sua storia. 

Ricordiamo che l’opera sarà visibile alla Biennale di Venezia fino al 27 novembre 2022.

Fontana dell’esaurimento (©Martin Cid Magazine)
L’artista, Pavlo Makov

Pavlo Makov ha 63 anni, è nativo di San Pietroburgo, ma ha da sempre vissuto in Ucraina. Si trasferisce a Kharkiv all’età di tre anni per poi studiare arte in Crimea. Egli riflette sul suo ruolo di artista, sul suo modo di mostrare la realtà, aumentando la consapevolezza, nutrendo la cultura e unendo i popoli. È consapevole però che il potere ideologico dell’arte ha i suoi limiti fisici.

Di recente ha lasciato la sua Kharkiv ridotta in macerie, in direzione di Venezia, per la Biennale. “Non è stata una fuga, la mia”, ha chiarito l’artista: fu selezionato mesi fa per rappresentare il suo Paese adottivo all’Esposizione internazionale d’arte in laguna.

“Hanno distrutto il mio Paese, ma non la sua anima, per questo ci tenevo a esserci”, prosegue. Le vendite dei suoi pezzi d’arte sono ad oggi utilizzate per il supporto delle forze di difesa ucraine e l’acquisto d’armi per il fronte.

Pavlo Makov a Kharkiv nel ’90 (©Martin Cid Magazine)