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La morte della memoria: quando l’ISIS distrusse Palmira

Nel pieno delle guerra civile siriana, l’avanzata islamica si abbatteva anche sui siti archeologici, seminando morte e distruzione della memoria storica. Il 21 maggio 2015 l’ISIS (l’auto-proclamato Stato Islamico) dichiara la cattura della città Palmira e del suo sito archeologico.

Distruzione del Tempio di Baal Shamin (© SANA via Il Messaggero)

 

La distruzione della Sposa del Deserto

Nei primi mesi del 2015, la Siria vede l’avanzata dello Stato Islamico pronto a conquistare e distruggere quanto riusciva a trovare sulla sua strada. Il 21 maggio 2015 l’ISIS arriva, così, a Palmira, la Sposa del Deserto, città siriana ricca di cultura e memoria storica

Importante snodo carovaniero, dal 19 d.C. Palmira diventava provincia romana. La città raggiunse infatti il suo momento di massima importanza commerciale tra il I e il III sec. d.C., divenendo, seppur per breve tempo, capitale del Regno Indipendente di Palmira, durante il governo della regina Zenobia (seconda metà del III sec. d.C.). Dal IV secolo iniziarono via via a diradarsi le notizie sulla città. Nel 634, Palmira venne conquistata dagli arabi di Khalid ibn al-Walid, detto “la spada dell’Islam”.

Arco monumentale di Settimio Severo, prima della distruzione dello Stato Islamico (immagine via Storica National Geographic)

Quando, nel maggio del 2015, lo stato islamico occupava la città, lo faceva con tutte le intenzioni di depredare e distruggere il più possibile la storia e la cultura della città. Già il 23 maggio 2015, lo Stato Islamico operava la distruzione della statua colossale del Leone di Al-lāt, proveniente dall’omonimo tempio dedicato alla divinità pre-islamica. Nei mesi seguenti, tra violente lotte e riconquiste da parte del popolo siriano, l’ISIS distruggerà un gran numero di luoghi storici: tra gli altri, il tempio di Baal Shamin (I se. d.C.), il tempio di Baal (I sec. d.C.), l’Arco monumentale di Settimio Severo, il Museo di Palmira e il Teatro Romano.

 

La morte della memoria

Prima dell’arrivo dei miliziani dello Stato Islamico, l’archeologo siriano Khaled al-Asaad,  aveva nascosto diversi reperti, i tesori romani di Palmira, per sottrarli alla barbarie jihadista. A 82 anni era stato catturato e torturato per quattro settimane di fila, con lo scopo di ottenere informazioni sul nascondiglio dei reperti. La sua morte avvenne per decapitazione proprio in uno dei luoghi della memoria di cui al-Asaad era stato direttore e custode, l’anfiteatro Romano, profanato dalla barbarie dello Stato Islamico. Questo luogo era stato scelto dai miliziani dell’ISIS come luogo delle pubbliche esecuzioni. Un forte messaggio da parte degli jihadisti, il massimo sfregio alla cultura e alla storia, la distruzione della memoria del passato: di fronte allo Stato Islamico, neppure la storia si sarebbe salvata.

L’anfiteatro romano di Palmira usato come luogo delle esecuzioni da parte dell’ISIS (immagine via English Al Arabiya)

(Immagine di copertina via ISPI, Istituto per Studi di Politica Internazionale)

Accadde oggi

La distruzione di Ninive e la guerra dell’ISIS contro il patrimonio culturale

L’evento

Il 29 gennaio 2015 l’organizzazione dello Stato Islamico (ISIS) distrusse i resti della città di Ninive, situata in Iraq, nello specifico porte, mura e apparato iconografico. Ninive fu una delle città più importanti dell’antichità, capitale del regno assiro fino al 612 a.C., anno della sua distruzione. 

Le monumentali porte di Ninive (immagine da repubblica.it)

Lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) 

L’ISIS è un’organizzazione terroristica paramilitare che inizia ad agire nel 2014. Abu Bakr al-Baghdadi si proclamò califfo dello Stato Islamico e affermò di lottare per la difesa del suddetto stato e della religione islamica. Molti leader islamici dichiararono che le azioni compiute dall’Isis andarono contro la dottrina religiosa. A partire dal 2014, i militanti di tale organizzazione iniziarono una serie di conquiste territoriali in Iran, Iraq, in Siria e in Libia. Gli USA, gli stati arabi e gli stati occidentali cercarono di fermare l’espansione, muovendo una vera e propria guerra contro questi. Per tutta risposta, l’Isis incominciò a fare dei veri e propri attentati terroristici in tutto il mondo: Parigi e Londra furono tra i bersagli. L’ONU ha dichiarato l’ISIS un’organizzazione terroristica. 

Il patrimonio culturale di Ninive 

Ninive (Mosul) fu la capitale del regno assiro e fu una delle città più belle e prospere dell’antichità, sita in Mesopotamia (Iraq) sulla riva sinistra del fiume Tigri. L’origine del nome probabilmente si deve alla dea Ishtar. La città era un importante centro per le rotte commerciali, trovandosi in una posizione intermedia tra il Mar Mediterraneo e il Golfo Persico. Ninive divenne una città reale nel periodo Medioassiro di Sennacherib, che regnò tra il 705 e il 681 a.C.; costui ampliò la città con strade, piazze e palazzi. Famoso è il “Palazzo senza eguali”, in cui si trova un’enorme biblioteca contenente delle tavolette cuneiformi (incisioni lineari a forma di cuneo); le porte sono state affiancate da figure colossali, leoni alati o tori androcefali. Ma fu sotto Assurbanipal (668-626) che la città raggiunse il massimo splendore, le mura raggiunsero 12 km, il palazzo e la biblioteca ampliate. I Medi e i Caldei distrussero la città nel 612 a.C.; con Ninive cadde anche il regno assiro.

L’antica città di Ninive in una ricostruzione

Incisione di Ninive all’interno del Liber chronicorum, 1493 (immagine da invaluable.com)

La biblioteca di Assurbanipal 

La biblioteca reale di Ninive è un patrimonio culturale importantissimo, che conserva più di 30.000 tavolette d’argilla cuneiformi. Addirittura, uno dei tesori conservati in tale biblioteca è l’Epopea di Gilgamesh, insieme al mito della creazione di Enūma eliš, “Quando in alto”. La biblioteca è rifornita di parecchi testi babilonesi, presi durante le campagne militari di Assurbanipal, grande amante della cultura. Molti dei reperti furono portati al British Museum, dopo che l’archeologo Austen Henry Layard scoprì la biblioteca nel 1849. 

Una delle tavolette conservate nella biblioteca di Ninive

La distruzione di Ninive da parte dell’Isis

L’Isis il 29 gennaio attaccò e distrusse i resti di Ninive. In particolare, l’attacco si concentrò contro ciò che rimaneva delle mura e delle porte di Mashki (o porta dell’abbeveraggio, in quanto da lì passavano le mandrie per abbeverarsi al fiume Tigri) e Nergal, situata a lato nord e protetta da tori alati androcefali. Le porte risalivano al periodo di Sennacherib; l’allarme fu lanciato sul web dall’archeologo Paolo Brusasco. essi scelsero deliberatamente di attaccare Ninive, poiché rappresentava il simbolo dell’antica bellezza della mezzaluna fertile e perché era un inestimabile tesoro storico e culturale, un patrimonio che non doveva essere rovinato in tal modo. La guerra mossa dall’ISIS non si rivolgeva solo ai governi che gli si opponevano, ma anche al patrimonio culturale mondiale. Non è un caso, che il successivo bersaglio furono le statue del museo di Mosul, vicino Ninive, perché rappresentavo l’idolatria che i militanti ISIS volevano combattere. In realtà, si trattò di uno sfregio alla cultura perpetrato attraverso ruspe e bombe.  

Una ruspa mentre spiana le antichissime rovine di Ninive

L’impatto della distruzione di Ninive 

I video e le immagini di tale scempio si trovano sul web e su youtube, basta un clic e si può assistere a millenni di storia cancellati in un secondo dalla cattiveria umana. La distruzione delle antiche mura, le porte e perfino le statue distrutte a febbraio dello stesso anno hanno causato un forte impatto in chi ha potuto seguire la vicenda. Infatti, l’ISIS ha rovinato in maniera irreversibile un patrimonio archeologico e culturale preziosissimo della regione che ospitò la culla della civiltà mediterranea, ovvero la Mesopotamia. In nome di una religione che essi stessi hanno profanato, si sono portati via un pezzo non solo della loro storia ma anche della nostra.

 

Frame di video dal web che raccontano la distruzione del vicino Museo di Mosul

News

NEWS | Iraq, l’antica città di Assur rischia di inabissarsi

La diga di Makhoul mette in pericolo la sopravvivenza del sito archeologico di Assur, che fu capitale dell’Impero Assiro e ormai patrimonio mondiale dell’UNESCO. Sopravvissuta nel 614 d.C. al saccheggio dei Medi, e poi nel 2015 alle devastazioni perpetrate dallo stato islamico, oggi l’antica capitale rischia di soccombere alle acque del Tigri.

Convivere con il passato

La diga servirà a rafforzare la sicurezza idrica ed economica dell’Iraq, ma anche a proteggere le aree a sud di Samarra e Baghdad dal rischio di inondazioni. Questo è il progetto già ideato nel 2002. Poi, la guerra sconvolse il paese. Oggi, a vent’anni di distanza, i lavori sono ripresi e d il pericolo che l’acqua possa far sommergere il nostro passato torna reale.  Il dibattito è acceso: da una parte il pragmatismo di far fronte ai cambiamenti climatici in ogni modo, dall’altra l’idea che non si possa cancellare la storia rinunciando alla nostra identità. Eppure, anche nella terra tra i due fiumi il cambiamento climatico è ormai una realtà, la portata dei corsi d’acqua non è più in grado di nutrire il territorio in cui scorrono. Una soluzione è necessaria, ma i pareri sono discordanti in merito.

Le rovine della città di Assur al momento del loro scavo
L’impatto sociale e ambientale

Il sito scelto per diga di Makhoul si trova a circa 40 chilometri dalla città di Assur. Venne proposto nel 2002 durante il regime di Saddam Hussein, ma già nel 2003 la capitale assira veniva nominata patrimonio mondiale dell’UNESCO. A distanza di anni è necessario capire come affrontare la nuova ondata di siccità. Il progetto, infatti, desta grandi preoccupazioni: potrebbero arrivare a 250000 le persone sfollate dalle acque. Inoltre, si prevede che altri 183 siti archeologici (Marchetti et al.) vengano sommersi. Un sacrificio enorme, a prescindere dalle proprie idee in merito. Khalil Aljbory, ricercatore in archeologia presso l’Università di Tikrit, conclude: “Non sono state effettuate indagini sull’impatto sociale o ambientale. Come persona che è stata allontanata a causa di precedenti conflitti, temo che la costruzione della diga possa causare una seconda ondata di abbandoni nella regione”.

Il sito di Assur con quanto rimane della ziggurat