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NEWS | Scoperta Shahr-i Sokhta, un’oasi nel deserto

Avvolta dal profumo esotico dell’ambra e dell’oud, Shahr-i Sokhta (dall’arabo, “città bruciata”) può definirsi una vera e propria oasi archeologica nel deserto.

Proprio le sabbie del Lut, nell’attuale Iran orientale, infatti, hanno vegliato e sapientemente protetto quest’area di ben duecento ettari. Risalente all’Età del bronzo, per la posizione strategica tra le terre fluviali dell’Indo e dell’Oxus, doveva costituire un fiorente snodo commerciale e punto d’incontro tra varie popolazioni. Dai reperti rinvenuti finora emerge senz’altro il profilo di una civiltà complessa, portatrice di una cultura autonoma; particolarmente clamoroso il rinvenimento di proto-tavolette con annotazioni numeriche. Non si conoscono ancora con certezza le cause del suo declino e, come spesso accade in questi casi, si ipotizza una teoria catastrofista. Gli scheletri architettonici della città visibili ad oggi, appaiono un po’ come delle falesie: morbidamente piallate, addolcite dalle carezze delle onde. Un castello di sabbia di seimila anni che dalle sue stesse sabbie risorge.

Inebriati per ora da suggestioni orientali ed esotiche, aspettiamo di saperne di più su Shahr-i Sokhta!

Shahr-iShahr-i

 

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NEWS | Giovane ricercatore decifra l’Elamita lineare, antica scrittura orientale

L’Elamita Lineare è un sistema di scrittura che veniva usato a cavallo tra il terzo e il secondo millennio a.C., più di 4.000 anni fa. Per la prima volta fu scoperto nel 1901 in un famoso sito archeologico iraniano, Susa, nell’Iran sud-occidentale. Per più di un secolo è rimasto indecifrato.

Scoperta e decifrazione
François Desset

L’archeologo francese François Desset è riuscito a decifrare l’antica scrittura Elamita lineare, uno dei sistemi di scrittura più antichi del mondo.

Desset, archeologo francese del Laboratoire Archéorient di Lione e affiliato all’Università di Teheran, per più di 10 anni ha studiato alcune iscrizioni in Elamita lineare e nel 2018 ha proposto un’interpretazione che ha permesso di leggere alcuni nomi propri: “Questa è stata la chiave che ha permesso a me a ad altri miei colleghi di entrare nel sistema di scrittura”, ha dichiarato l’archeologo. Ora un ulteriore lavoro di Desset, in collaborazione con tre colleghi, propone la completa decifrazione delle iscrizioni.

La chiave per decifrare la scrittura elamita è arrivata da un corpus di 8 testi redatti su vasi d’argento datati al 2000-1900 a.C. chiamati gunagi, provenienti da sepolture nella regione di Kam-Firouz e conservati presso la collezione Mahboubian di Londra. Questi testi presentavano sequenze di segni molto ripetitivi e standardizzati, che servivano, ha scoperto l’archeologo, a definire i nomi di due sovrani, Shilhaha ed Ebarti II, e della principale divinità venerata nell’Iran occidentale, Napirisha (i testi riportano formule come “io sono ‘nome’, re di ‘nome del regno’, figlio di ‘padre’“). Come Champollion, che era partito identificando i nomi dei faraoni, Desset ha identificato i nomi dei sovrani elamiti e, grazie a queste evidenze, è riuscito a decifrare le quaranta iscrizioni, poco interessanti per il contenuto, secondo lo studioso, ma estremamente significative per giungere a scoprire il significato dei segni.

Schema dell’Iscrizione Y

Il nuovo lavoro sarà pubblicato l’anno prossimo su una rivista specialistica tedesca (Zeitschrift für Assyriologie und Vorderasiatische Archaeologie).

La scrittura elamita è uno dei sistemi di scrittura più antichi del mondo, assieme al proto-cuneiforme in uso nella Mesopotamia e ai geroglifici degli Egizi; è la lingua del regno di Elam, estinta da circa duemila anni, ed è ritenuta isolata, poiché non parrebbe essere imparentata con altre lingue del ceppo indoeuropeo o con lingue semitiche (un isolamento che ha reso tutto più difficile).

C’è poi un’altra ragione per cui la decifrazione dell’Elamita lineare è importante.

“Fino a poco tempo fa sull’Iran avevamo solo le informazioni che ci venivano dalla vicina Mesopotamia, ovvero l’attuale Iraq. Naturalmente quando si parla dei vicini non si è mai oggettivi, si dice che sono cattivi, non civilizzati e cose del genere. Ora per la prima volta non abbiamo più solo un punto di vista esterno, ma un punto di vista interno all’Iran dell’epoca. E questo cambia completamente le cose. Da un punto di vista storico è una gran bella rivoluzione”.

Studiare il Medio Oriente, ovvero l’area compresa tra Turchia e India, è particolarmente importante secondo Desset, perché è qui che sono apparse per la prima volta, a partire da 12.000 anni fa, l’agricoltura, l’allevamento, la metallurgia, la scrittura, le prime città.

“Tutti i tratti che definiscono la civiltà provengono dal Medio Oriente. Il consenso attuale dice che i primi esempi di scrittura provengono dalla Mesopotamia (quindi Iraq) e risalgono al 3300 a.C. Ma una delle conseguenze della decifrazione dell’Elamita lineare è che abbiamo scoperto che nello stesso periodo fu creato un sistema di scrittura parallelo in Iran”.

Desset nota che sebbene l’evoluzione delle due scritture sia stata indipendente, sembra abbiano seguito un percorso analogo; è possibile quindi, secondo una sua ipotesi, che gli uni conoscessero qualcosa del sistema di scrittura degli altri.

Se dunque fino ad ora si pensava che prima fosse stata creata la scrittura mesopotamica e poi quella iraniana, Desset sostiene che i due sistemi fossero contemporanei: “Le due scritture non sono madre e figlia, sono sorelle. Questo cambia completamente la prospettiva sul fenomeno della scrittura nel Medio Oriente e sulla sua comprensione”.

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NEWS | “Oltre le colonne di Media”, la stampa 3D ricostruisce imperi

Gli studenti del Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza di Roma hanno progettato una mostra nel Museo dell’Arte classica dal titolo “Oltre le colonne di Media“. Pannelli espositivi raccontano le attività della Missione Archeologica Sapienza in Iran (SAMIra), per l’occasione è stato allestito uno spazio dedicato alla tecnologia applicata ai Beni Culturali.

Alla scoperta di Media

Mercoledì 16 dicembre, presso il Museo dell’Arte classica, si è svolta la presentazione dell’esposizione “Oltre le colonne di Media” alla presenza della Rettrice Antonella Polimeni, di sua Eccellenza Hamid Bayat, Ambasciatore della Repubblica Islamica d’Iran in Italia, del Preside della Facoltà di Lettere e filosofia Stefano Asperti, del Direttore del Dipartimento di Scienze dell’antichità Giorgio Piras e del Direttore del Polo Museale Sapienza Marcello Barbanera. I pannelli espositivi raccontano le attività della Missione Archeologica della Sapienza in Iran (SAMIra), ricostruendo mappe e presentando fotografie di monumenti, rilievi e ritrovamenti. Il tutto è frutto del laboratorio didattico dei docenti Carlo Giovanni Cereti e Gianfilippo Terribili.

MediaLa mostra conduce il visitatore nell’Iran occidentale, attraverso l’esplorazione di uno dei principali percorsi di quella estesa rete di comunicazione, nota col nome di “Via della seta”. L’attenzione si focalizza sul tratto che attraversava il cuore della regione storica della Media e che, nel corso dei secoli, si configurò come luogo di transizione fra la Piana Mesopotamica e l’Altopiano Iranico. È grazie alla conformazione fisica del territorio che l’area dell’odierna provincia del Kermanshah è un privilegiato luogo di incontro fra civiltà diverse. Molte sono le evidenze archeologiche sul territorio che testimoniano tanto la persistenza nel tempo di tali interazioni culturali, quanto l’importanza strategica di tale percorso nella gestione di vasti imperi. Il percorso espositivo segue uno sviluppo diacronico, che parte dalle testimonianze dell’Età del Ferro per poi dar spazio alle grandi compagini di Achemenidi, Arsacidi e Sasanidi. Diversi personaggi hanno contribuito a scrivere la grande storia degli imperi.

Il miracolo della stampa 3D

Per l’occasione ha avuto spazio la tecnologia applicata ai Beni Culturali con riproduzioni in stampa 3D di monumenti iraniani e del Vicino Oriente, una strumentazione usata per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio. Nella mostra, in particolare, viene proposta la realizzazione di modelli 3D attraverso l’uso di fotocamere reflex con obiettivo a lunghezza focale fissa. Questo procedimento viene utilizzato per digitalizzare l’oggetto in analisi, in questo modo viene riprodotta un’immagine sorella, Digital Twin. Attraverso il modello digitalizzato si possono fornire precisazioni riguardo il rilevamento. Tutto questo permette di creare una stampa tridimensionale dell’oggetto inizialmente fotografato.

 

L’esibizione, sostenuta dall’Ambasciata d’Italia a Teheran e dall’Ambasciatore Giuseppe Perrone, è il frutto della sinergia fra la Missione Archeologica della Sapienza in Iran, il Dipartimento di Scienze dell’Antichità e il Ministry of Cultural HeritageTourism and Handicrafts of the Islamic Republic of Iran. Tale collaborazione, nata nel 2019, ha reso possibile avviare un articolato progetto volto allo studio e valorizzazione del patrimonio archeologico della provincia del Kermanshah. Le attività sul campo (2019), condotte congiuntamente con la controparte iraniana, si sono incentrate sulla documentazione delle evidenze architettoniche del sito monumentale di Kangavar e hanno visto la partecipazione di un nutrito gruppo di studenti e dottorandi della Sapienza.