Ibn Gubayr

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I Viaggiatori | Ibn Gubayr e gli adoratori delle croci di Messina

Le annotazioni sulla particolare ricchezza del territorio messinese che, nel corso dei secoli, aveva attirato le mire di molti popoli, sono confermate anche da altri storici storici arabi, come Ibn Gubayr/Jubair. Noto anche come Abū l-Husayn Muhammad ibn Ahmadal-Kinānī, nacque a Valencia nel 1145 e morì ad Alessandria d’Egitto nel 1217. Poeta, erudito e studioso di letteratura e scienze religiose, Gubayr fu un funzionario alla corte di Granada.

Questi, nella sua opera storica, descrive la Sicilia (dove soggiornò due volte, nel 1183 e dal 1184 al 1185) sotto il dominio normanno di Guglielmo II il Buono e narra le vicende della conquista musulmana dell’isola. Nel suo testo l’autore arabo fornisce interessanti elementi riguardanti le operazioni militari svoltesi a Messina e menziona alcuna fasi di assedio con riferimento alle fortificazioni ed al territorio.

Testimone diretto di molti dei fatti che narra, Ibn Jubair sottolinea come Messina: S’appoggia a’ monti le cui falde corron di pari coi fossi della città: ha di faccia il mare dal lato di mezzogiorno. In particolare, l’attenzione si incentra sul porto, di cui viene elogiata la rilevanza economica e strategica; esso era la meta dei legni che solcano il mare venendo da tutte le regioni: comodissimo [soggiorno] pel buon mercato [delle cose]; ed ancora: mirabilissimo poi il suo tra tutti i porti di mare; poiché non è sì grosso legno che non possa avvicinare da toccar quasi la terra: e vi si passa mettendo soltanto un’asse, su la quale salgono i facchini co’ pesi in spalla.

Non viene taciuta poi l’ immensa profondità dello Stretto e la pericolosità del suo attraversamento, ben nota a tutti i naviganti. ‘Ibn Gubayr, come il geografo arabo Idrisi, si sofferma inoltre sulla fertilità del suolo messinese: i monti di Messina paion tanti giardini, abbondanti di mele, castagne, nocciole, susine e altre frutte.

Di particolare interesse è la notizia secondo la quale negli anni 1183-1184 lo stesso Guglielmo II si trovava a Messina ed aveva a disposizione degli alloggi degni della sua importanza: In Messina egli ha un palagio bianco come una colomba, il quale domina la spiaggia. Ibn Jubair inoltre sottolinea la presenza di un arsenale militare, saldo e ben strutturato, capace di accogliere gli eserciti e di ospitare una numerosissima flotta.

 

Descrizione della città di Messina nell’isola di Sicilia, che Iddio la renda [ai Musulmani].

Questa città è l’emporio dei mercanti infedeli; la meta de’ legni che solcano il mare venendo da tutte le regioni: comodissimo [soggiorno] pel buon mercato [delle cose], ma aduggiato dalle tenebre della empietà. Nessun musulmano ha ferma stanza in Messina: zeppa ella è di adoratori delle croci, sì che vi s’affoga; né la città può abbracciare tutta la sua popolazione. Piena di sudiciume e di fetore; schiva e inospitale: pure ha mercati ricchi e frequentati; ha copia di quanto mai si possa desiderare per gli agi della vita. Vi starai sicuro la notte e il dì, quand’anco il tuo viso, la borsa e la lingua ti [svelassero] straniero.

S’appoggia Messina a’ monti le cui falde corron di pari coi fossi della città: ha di faccia il mare dal lato di mezzogiorno. Mirabilissimo poi il suo tra tutti i porti di mare; poiché non è sì grosso legno che non possa avvicinare da toccar quasi la terra: e vi si passa mettendo soltanto un’ asse, su la quale salgono i facchini co’ pesi in spalla. Né s’adoprano barche per caricare e scaricare le navi, se non quando sorgano all’ancora a poca distanza. Così vedresti le navi attelate lungo la riva, come i destrieri legati a’ pali o in spalla: e ciò per la immensa profondità del mare in questo Stretto che parte da Messina dalla Terraferma [d’Italia] e ch’è largo tre miglia. A rimpetto giace una terra che s’addimanda Reggio ed ha [sotto di sé] una vasta provincia.

Messina sta su la punta [orientale] della Sicilia: isola di grande rinomanza; frequente di città, villaggi e masserie; lunga sette e larga cinque giornate [di cammino]. Quivi il monte del vulcano, da noi già ricordato; il quale, per la sua altezza sterminata, porta, inverno e state, un mantello di nubi e un turbante di neve perenne.

Supera qualsivoglia descrizione la fertilità di quest’isola: basti sapere che la [si può dir] figliuola della Spagna, per estensione del terreno coltivato, per feracità e per abbondanza. Copiosa è la Sicilia d’ogni produzione del suolo; molto feconda di frutte di varie specie e qualità: e pur vi stanziano gli adoratori delle croci; passeggiano su i monti e se la godono nelle pianure, accanto a’ Musulmani, i quali rimangono in possesso di loro beni stabili e di lor masserie. I cristiani con bel modo li hanno adoperati nel maneggio delle faccende e nelle industrie; hanno posta sovr’ essi una prestazione che si paga due volte all’anno: in tal guisa han tolto a Musulmani di vivere agiatamente nella terra ch’essi han trovata [bella e colta]. Possa Iddio, ch’egli si esaltato e magnificato, far prosperar cotesti [Musulmani] e conceder loro un esito felice, con la benignità sua!

I monti di Messina paion tanti giardini, abbondanti di mele, castagne, nocciole, susine e altri frutte. I Musulmani di Messina non son che un pugno di gente di servigio: quindi avvien che il viaggiatore musulmano rimanga qui [tutto solo come] una bestia selvaggia.

 

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

 

Amari M., Biblioteca arabo-sicula, 2 voll., Torino 1880, Roma 1881.

Amari M. – Schiapparelli C., L’Italia descritta nel “Libro del re Ruggero” comp. da Edrisi, 1881-1886.

Amari M., Storia dei musulmani in Sicilia, 3 voll., Catania, 1933.  

Rizzitano U., Il Libro di Re Ruggero, Palermo, 1966.