L’Università di Messina ha emanato il bando di concorso pubblico per titoli, per l’assegnazione di due borse di studio/ricerca intitolate ad Alessandro Panarello, giovane e brillante studente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina e magistrato, tragicamente scomparso in un incidente stradale, nel maggio 1993 in Thailandia.
Le borse di studio, messe a disposizione dalla famiglia Panarello, per l’importo di 1.000 euro ciascuna, hanno la durata di un anno e offrono l’occasione per approfondire temi di studio e di ricerca di diritto costituzionale.
L’iniziativa della famiglia, nasce con l’obiettivo di rinnovare il ricordo di Alessandro, attraverso l’opportunità di studio offerta ai migliori studenti di Giurisprudenza.
Al concorso possono partecipare coloro i quali siano in possesso di diploma di laurea (Vecchio Ordinamento), di Laurea Specialistica o Magistrale (Nuovo Ordinamento), conseguita presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo peloritano, nel triennio precedente la pubblicazione del bando, con il massimo dei voti, la lode accademica e una tesi in Diritto costituzionale.
Marius Jurba è stato
uno dei più importanti giuristi messinesi, figlio di un’epoca che ha visto la
nostra beneamata città peloritana, dominare la scena nazionale e
internazionale. Giurba nasce a Messina nel 1565, figlio di Onofrio, ricco
mercante originario di Rometta e, di Silvia Campolo, di potente famiglia
feudale attiva nel ceto dirigente cittadino dagli inizi del Quattrocento.
Intraprende gli studi giuridici probabilmente, spinto dallo zio materno
Tommaso, docente di diritto civile e giudice nel tribunale cittadino,
conseguendo il dottorato inutroque a Pisa il 19 sett. 1587.
La sua ascesa professionale coincise con l’affermazione
delle istanze egemoniche di Messina sulle altre città siciliane, propiziata da
un privilegio concesso nel 1591 da Filippo II. Con esso la città aveva ottenuto
la riapertura dell’Università con licentia doctorandi, l’obbligo di residenza
del viceré per metà del suo mandato, un più incisivo ruolo della corte straticoziale
(tribunale cittadino di prima istanza) a tutela dei privilegi cittadini,
importanti esenzioni tributarie. Fu giudice dell’Appellazione nel 1600 e nel
1603, e ancora giudice straticoziale nel 1605; ricoprì quindi la carica di
sindicatore e capitano d’armi a Mistretta e Polizzi, nel 1610 fu eletto giudice
nel tribunale del Concistoro con il viatico del Quintana, divenuto frattanto
reggente nel Supremo Consiglio d’Italia per gli affari di Sicilia.
Nel 1612, al termine del mandato, decise di concludere l’esperienza
in magistratura e di dedicarsi esclusivamente all’attività forense. Sono
frequenti gli accenni a un’ampia esegesi sugli statuti di Messina, come uno dei
voulmi recanti una prima parte, dal titolo dal titolo “I.C.
Collegii Messanensis, Regiique Consiliarii Lucubrationum”,
pubblicata parzialmente solo nel 1620 (una copia relativa ad una prima parte, è
conservata nella biblioteca centralizzata della Facoltà di Lettere e Filosofia
di Messina). Tra 1617 e 1621 diede alle stampe un “Responsum” composto nel 1610, quando il Senato lo aveva
incaricato, insieme con J. Gallo, O. Glorizio e F. Furnari, di difendere il
privilegio dell’elezione diretta dei magistrati cittadini da parte del sovrano
contro la pretesa del presidente del Regno, cardinale G. Doria, di nominare il
successore dello stratigoto, morto prima della scadenza del mandato.
Nel 1624 il G. ottenne la cattedra di diritto feudale
all’università, che mantenne per il resto della vita. Nel 1626, nei “Consilia
criminalia”, espose gli esiti più significativi di un trentennio di
attività forense, includendo quelli composti in qualità di avvocato del Senato.
Nel 1641 Giurba, assistendo presso la Sacra Rota il fratello Maurizio, canonico
del capitolo della cattedrale, in una controversia che l’opponeva al canonico
G. Castelli per l’attribuzione del titolo di decano, compose le “Allegationes
in ostentationempontificiae largitatis”, ottenendo esito favorevole per il
fratello. Castelli però era esponente di una potente famiglia di giuristi in
stretto rapporto con il giudice della Monarchia, che l’aveva proposto come suo
commissario speciale, contribuì a creare un clima sospettoso nei confronti di
Giurba, all’età di 77 anni (4 febbraio 1642), fu detenuto per quattro mesi
nella fortezza della città con l’accusa di sedizione e per altri quattro,
scontò i domiciliari su pleggeria.
Scagionato dalle accuse, nel 1646 pubblicò le Observationes,
raccolta pronta dal 1643, delle sentenze più significative dei tribunali del
Regno, definitive o in via di definizione. L’opera prendeva in esame più di
cinquant’anni di giudicati per offrire un quadro esauriente dello stylus delle
curie sicule e criticarne le incongruenze. Con le Observationes ebbe termine la
produzione del Giurba. Morì a Messina il
10 marzo 1649, venendo sepolto, per sua esplicita volontà, nella chiesa del
convento dei cappuccini, cui aveva legato parte della propria biblioteca.
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