REDAZIONALE | Nuova scossa alle soprintendenze, la Sicilia uccide i Beni Culturali
Nella riorganizzazione degli uffici regionali, pensata dalla giunta Musumeci e approvata dalla giunta, troviamo la cancellazione delle sezioni specialistiche delle soprintendenze. L’esecutivo regionale, con una semplice disposizione amministrativa, ha soppresso le sezioni specialistiche, demolendo la competenza disciplinare cara al Codice dei Beni culturali e del paesaggio.
Uccidere le soprintendenze
Lo scopo della delibera è quello di accentrare nelle soprintendenze i controlli sui settori specialistici, depotenziando all’effettivo la capacità di verifica. La mossa non avrebbe effetto sul numero di incarichi da dirigente: resteranno 121 postazioni dirigenziali.
Il dato è principalmente politico. Già nel 2018 il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in una conferenza a Palazzo d’Orleans tentò di abolire le soprintendenze. Un refuso, come venne definito da Sergio Gelardi, all’articolo 14 della legge di stabilità regionale. Musumeci affermò: “per alcune è necessaria un’azione farmacologica, per altre invece servono interventi chirurgici profondi”.
E adesso? Un altro refuso?
C’è da dire che alle soprintendenze siciliane manca di tutto, dagli strumenti, al personale, ai fondi. Questa delibera rischia di dare il colpo di grazia su ciò che resta dei presidi a tutela del patrimonio culturale, concepiti in Sicilia alla fine degli anni Settanta.
La delibera
La delibera della Giunta Musumeci del 10 marzo scorso ha definitivamente eliminato le unità specialistiche delle soprintendenze. Le unità disciplinari sono state soppiantate da due sezioni ibride: una per i beni architettonici e storico-artistici, paesaggistici e demo-etnoantropologici, e l’altra per i beni archeologici, bibliografici e archivistici. Una mescolanza di tutte le competenze rette da un dirigente generico ai beni culturali. La delibera riorganizza de facto tutta la macchina amministrativa di Palazzo d’Orléans.
Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, sottolinea la coincidenza della firma con il 10 marzo: “La data della delibera è, per fatale coincidenza, la stessa della giornata dei beni culturali siciliani, che ricorre ogni anno in memoria della tragica scomparsa dell’assessore Sebastiano Tusa” avvenuta nel 2019.
“Un modo per celebrarne non il ricordo, ma il contributo attuale, attualissimo, che Sebastiano ha dato alla cultura”, ha sottolineato l’assessore dei Beni culturali Alberto Samonà.
Le proteste
Zanna annuncia azioni legali “per bloccare questa ennesima riorganizzazione che dimostra, ancora una volta, la visione miope del governo regionale nei confronti della gestione, tutela e valorizzazione dei nostri beni culturali”.
Ana spera che la delibera sia ritirata: “un’amministrazione regionale che squalifica sé stessa delegittimando e appiattendo le competenze dei propri dipendenti si schiera obliquamente con la speculazione e la distruzione del territorio, piuttosto che adempiere con decisione al proprio dovere costituzionale di custodia e difesa del patrimonio e del paesaggio”.
Adele Maresca Compagna, presidente di Icom Italia, in una lettera aperta indirizzata al governatore Nello Musumeci e a Samonà esprime “forte preoccupazione per la soppressione di un cospicuo numero di unità operative tecniche”.
In un colpo solo si è fatta carta straccia delle normative regionali (nn. 116/1980 e 17/1991) e statali.
La discussa legge 10 del 2000
Nel 2016 la Sicilia di Crocetta aprì la strada all’attuale e drammatico scenario: i beni architettonici fecero coppia con i beni storico-artistici mentre quelli paesaggistici vennero accorpati a quelli demo-etnoantropologici, iniziando a sacrificare competenza e professionalità.
Chi è nell’ambito concorda che la colpa di questa carenza specialistica sia della legge regionale 10 del 2000 (L.R. 10/2000). Lo ha ribadito anche Adele Maresca Compagna: ha sottolineato che “gli accorpamenti all’interno delle soprintendenze rischiano di provocare un ulteriore indebolimento dell’intero assetto dei beni culturali regionali, già minato dall’abolizione dei ruoli tecnici per la dirigenza e per il comparto conseguente alla legge regionale 10 del 2000”.
Ma il ruolo unico non è una specialità siciliana: va ricordato che presso l’amministrazione statale fu istituito il ruolo unico già nel 2001 (D.lgs 165/2001, art. 23, c.1). Il provvedimento dunque non è arrivato ex abrupto ma ha radici storiche. Adesso tornare indietro è difficile: dopo ciò che è successo in Sicilia cosa accadrà al Ministero?