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Approfondimento

UCRAINA | Armiamoci e ammaliamoci: quando la Peste Nera travolse la Crimea genovese

La Crimea fu terra di colonizzazione da parte della Repubblica di Genova a partire dal XIII secolo. Il domino genovese nella penisola prese il nome di Gazaria, in riferimento alla precedente presenza dei cazari nella regione. In effetti la Crimea, e l’Ucraina in generale, fu crocevia di genti già dall’età antica, e al tempo dei genovesi era ben presente nella penisola un caleidoscopio culturale veramente intrigante. In quest’occasione, tuttavia, si parlerà di un ospite sgradito, spiacevolmente invadente. Uno di quelli che non attende inviti: la Peste Nera, che non bussò alle porte di Caffa ma ci piombò dentro.

L’assedio di Caffa

Nel 1346 l’esercito mongolo dell’Orda d’Oro assediò il baluardo genovese in Crimea. Non era la prima volta: già quarant’anni prima Caffa subì l’aggressione dei guerrieri venuti dalla steppa per finire in pasto alle fiamme. Tuttavia, rinacque letteralmente dalle proprie ceneri e seppe imporsi come città egemone nel Mar Nero. A sua difesa, la colonia si munì di una doppia cinta muraria, che seppe resistere ad un primo assedio nel 1343 quando il Khan mongolo Ganī Bek tentò di sottometterla. Nulla di fatto: dopo un anno di assedio i genovesi fecero strage dei mongoli. Successivamente, il nuovo assedio del 1346 graffiò le mura di Caffa senza far danni. L’esercito mongolo si ritirò, infatti, a causa di una un’epidemia tra le sue fila. Qui entra nella storia un italiano, seppur poi precipitato nel dimenticatoio: Gabriele de’ Mussi, da Piacenza, che raccontò di Caffa e di come la peste l’avesse morsa.

Le mura di Caffa
Il morbo dilaga

Il fatto è abbastanza crudo e de’ Mussi non risparmia dettagli. Così scrive: Oh Dio! Guarda come le razze pagane dei Tartari, che si riversano da tutte le parti, hanno improvvisamente investito la città di Caffa e assediato i cristiani intrappolati lì per quasi tre anni […] Ma ecco, tutto l’esercito fu colpito da una malattia che invase i Tartari e uccideva migliaia e migliaia di persone ogni giorno.

Il cronista piacentino continua descrivendo la malattia come fosse una pioggia di frecce scagliate dal cielo, una punizione contro l’arroganza nemica. I sintomi del morbo erano sconosciuti, ma presto sarebbero diventati inequivocabili in occidente. Così li descrive de’ Mussi: “Inutili erano i consigli e le attenzioni dei medici: i Tartari morivano non appena i sintomi intaccavano il corpo, gonfiori alle ascelle o all’inguine causati da umori coagulanti, seguiti da una febbre putrida. È la peste, la morte oltre le mura di Caffa.

Prima pagina della copia del manoscritto di de’ Mussi, “Historia de morbo sive mortalitate
quae fuit a.d. 1348”
Catapulte e morte dal cielo

L’esercito dell’Orda d’Oro è sfinito e i genovesi ne approfittano per bloccare, con la flotta, i porti mongoli sul Mar Nero. Così, nel 1347, Ganī Bek si ritroverà costretto a negoziare la pace. Eppure, vi è un colpo di scena. Così scrive de’ Mussi: (I Tartari) ordinarono che i cadaveri fossero caricati sulle catapulte e lanciati nella città così che il fetore estremo uccidesse chiunque all’interno. Il testo continua informando che i cristiani tentarono di gettar i cadaveri in mare, ma non servì a nulla: presto sia l’aria che l’acqua imputridirono. Il miasma è devastante: un uomo infetto poteva trasmettere il morbo ad altri, infettare persone e ambienti solo con lo sguardo; un modo per difendersi nessuno lo conosceva, né lo poteva scoprire. Il passato sembra farsi quel futuro distopico che tante volte si è visto al cinema o letto nei libri. Ma questa è realtà, accadde realmente.

In giallo, il dominio del Khanato dell’Orda d’Oro

 

La morte viaggia in barca

de’ Mussi arricchisce la propria cronaca con impressionanti dettagli. Ricordiamo che Caffa era una città portuale e fu proprio questo a favorire il disastro: si dà il caso che tra coloro che fuggirono da Caffa in barca ci fossero alcuni marinai che erano stati infettati dal morbo. Alcuni di loro, come racconta de’ Mussi,  fecero vela verso Genova, altri verso Venezia. Ogni terra cristiana fornì un porto sicuro ai marinai di Caffa. E la subdola peste sorrise: mentre parlavamo con loro, mentre ci abbracciavano e ci baciavano, abbiamo sparso il veleno dalle nostre labbra. Dalla Crimea il morbo si diffuse in Sicilia, poi Genova, di lì a Piacenza, contesto caro a de’ Mussi che chiosa: “lamentando la nostra miseria, temevamo di fuggire, ma non osavamo restare. L’Europa, al fine, fu sopraffatta, ma non sconfitta. In quella disperazione il dolore e l’angoscia furo tramutati nell’arte che ancor oggi impreziosisce il mondo.

Diffusione della Peste Nera in Europa
Un’ultima precisazione

A lungo si è pensato che Gabriele de’ Mussi fosse stato uno dei marinai in fuga da Caffa. Molto probabilmente l’autore de Morbo sive Mortalitate quae fuit a.d. MCCCXLVIII, non lasciò mai Piacenza e visse l’assedio di Caffa. Seppur non sia certa la testimonianza oculare del de’ Mussi in sé, piuttosto il compendio di più fonti dell’epoca, l’episodio dei cadaveri lanciati con le catapulte è inteso come l’antecedente storico della guerra tossicologica propriamente detta. Il manoscritto originario del de’ Mussi è perduto ma una copia è inserita in una raccolta di contributi storico-geografici del 1367, conservata nella libreria dell’Università di Wroclaw, Polonia.

Approfondimento

UCRAINA | Quando la Crimea era una colonia della Repubblica di Genova

Il dominio genovese in Crimea. Una piega della storia il più delle volte ignorata ma che, dato il recente conflitto in Ucraina, sarebbe il caso di ricordare, riflettendo su quanto un paese percepito così lontano faccia, in realtà, parte della nostra storia.

Da Genova alla Crimea

Costantinopoli cadde nel 1204 in seguito alla IV crociata. Il mondo ebbe un tremito ma poi trattenne il respiro: il sogno che fu Bisanzio era sopravvissuto a Nicea, retta dalla casa dei Paleologi, dove l’impero sopravvisse e seppe rinascere. Fu così che venne stipulato il Trattato di Ninfeo, nel 1261: i genovesi avrebbero aiutato Michele VIII Paleologo a riprendersi ciò che gli spettava, Costantinopoli, strappandola ai latini; in compenso Genova avrebbe soppiantato Venezia nei traffici marittimi del Mar Nero, fino in Crimea. In realtà, si arrivò a questo perché Michele aveva già tentato di riprendere la capitale ma la flotta veneziana era riuscita a impedire la capitolazione per fame. Ironia della sorte, la risolutiva flotta genovese non servì a nulla: Costantinopoli cadde in mano all’avanguardia dell’esercito bizantino senza colpo ferire. Così, in un moto di perplessità, gioia e stupore i genovesi inaugurarono il proprio impero coloniale senza una perdita.

Impero coloniale genovese
La Gazaria ed il Principato di Teodoro

Quando Genova s’inserì nei giochi politici e commerciali del Mar Nero la Crimea vantava ormai centinaia di anni di convivenza tra popoli. In particolare, i Cazari avevano messo in discussione la presenza bizantina nella penisola già nel VII sec. espugnando la fortezza di Sudak, nota oggi per essere patrimonio UNESCO. I territori costieri vennero però ripresi, e l’impero se li tenne fino alla IV crociata, nel 1204, quando in Crimea nacque il Principato di Teodoro. Va da sé che con la formazione della Gazaria, ossia il dominio genovese in Crimea, i rapporti si fecero tesi: di lì passava la via della seta, un motivo più che valido per alimentare rivalità e contrasti. Dalla città di Caffa i genovesi tentarono nel tempo di isolare i loro vicini, tagliandoli fuori dal commercio marittimo. Si delinea, quindi, un quadro conflittuale in cui manca però un’importante tassello: l’ingerenza mongola nella penisola.

Territori genovesi e del Principato di Teodoro
Lotta per il dominio della Crimea

L’arrivo dei mongoli cambiò i rapporti di forza tra il Principato e Genova. Nel 1308 la città di Caffa venne assediata ed espugnata ma, in seguito, i genovesi riuscirono a riprenderne il controllo gettando i presupposti per un periodo di massimo splendore. Anche il Principato di Teodoro, nel 1395, conobbe l’irruenza mongola ma seppe risollevarsi tenendo testa ai genovesi. Si formarono, pertanto due schieramenti: Genova, appoggiata dall’Impero Bizantino, ed il Principato di Teodoro, appoggiato dal Khanato. In ogni caso, il potere genovese crebbe tanto che i consoli di Caffa finiranno per assumere il titolo di Consoli di tutto il Mar Nero. La fortuna, tuttavia, non durò: con la caduta di Costantinopoli, nel 1453, la Gazaria entrò in crisi e la potenza genovese in Crimea capitolò infine, nel 1475, con la caduta di Caffa.

Maometto II entra a Costantinopoli, Benjamin Constant (1876)
Sudak: dagli alani ai genovesi

Uno dei siti archeologici di maggiore spicco in Crimea è certamente la fortezza di Sudak. Si ritiene che l’insediamento sia una fondazione alana del 212 d.C. che, non a torto, rimase storicamente in disparte fino a quando non assunse sempre più importanza in epoca medievale in relazione alla via della seta. Sudak divenne, quindi, un florido porto, che la rese appetibile alle varie potenze che la circondavano. Nel XIII sec. furono Venezia e Genova a contendersela, e proprio quest’ultima, vincitrice nel 1365, realizzò i più incisivi interventi di fortificazione che ancora possono essere contemplati. Un sito unico nel suo genere: il massimo esempio di fortificazione medievale genovese ancora in piedi, perfettamente conservato. Il simbolo di un passato, di un contatto tra popoli, del quale s’ignora l’esistenza ma che è ancora lì, maestoso, a guardia delle coste del Mar Nero.

La fortezza genovese di Sudak, Crimea
Caffa: la Genova della Crimea

La città di Caffa (odierna Feodosia) sorse sulle ceneri della colonia greca Teodosia, centro che seguì le dinamiche de Regno del Bosforo Cimmero per poi svanire in età imperiale romana. Nel XIII sec. d.C. Caffa entrò nella storia come avamposto genovese nei traffici commerciali nel Mar Nero, un insediamento inizialmente piccolo ma che crebbe tanto, nel tempo, da imporsi come un vero e proprio baluardo nella penisola. Fu, in effetti, una spina nel fianco per i suoi vicini che più volte tentarono di abbatterla: i veneziani nel 1296, poi i mongoli nel 1308. In ogni caso, Genova riuscì sempre a riprendersela e a potenziarla, tanto che nel 1472 i turchi saranno costretti ad espugnare una città abitata da circa 70000 mila persone e difesa da due circuiti murari. Purtroppo, ad oggi, di Caffa non rimane altro che qualche vestigia, malinconica testimonianza dello splendore di un tempo.

Feodosia, Carlo Bossoli (1856)
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ATTUALITÀ | Alla scoperta delle tombe e dei corredi faraonici con il prof. Cavillier e la dott.ssa Ferrari

Nel 1940, l’egittologo francese Pierre Montet riporta alla luce, a Tanis (nel Delta del Nilo), la tomba del faraone Psusennes I (XXI dinastia). Si tratta di una scoperta di grande valore che il professore Giacomo Cavillier, archeologo ed egittologo, docente di Egittologia e Civiltà Copta in diverse sedi universitarie, definisce “un tesoro senza precedenti”.

Il professore Giacomo Cavillier

Ed è proprio per celebrare una scoperta che ha permesso di muovere nuovi passi verso la ricerca scientifica degli scavi in Egitto che viene realizzato un cortometraggio in onore di Montet. L’Egitto di Pierre Montet, cortometraggio girato a Genova nel luglio 2021 e firmato dal regista genovese Enrico Cirone.

Una location d’eccezione

Per la realizzazione del cortometraggio si è scelta una sede storica del panorama genovese: una delle torrette d’avvistamento della delegazione di Cornigliano, a Villa Gentile-Bickley, innalzata nel 1500.

In una scenografia altamente suggestiva il corto riporta indietro nel tempo, agli anni ’40, alla stagione in cui Montet scoprì le tombe completamente intatte di tre faraoni: Psusennes I, Amenemope e Sheshonq II.

E se l’egittologo francese ha dedicato anche capitoli interi con descrizioni particolareggiate dei materiali di cava e delle tecniche di lavorazione, ecco che arriva, preciso e puntuale, il racconto affascinante, di competenza della gemmologa Stefania Ferrari. Lo spettatore si ritroverà, così, abbagliato dalla luce di alabastro, turchese e lapislazzuli, alla luce del tesoro di Tanis (il sarcofago in argento finemente lavorato), arricchendo le conoscenze e completando l’eccezionalità della scoperta archeologica.

Ma il presagio della Seconda guerra mondiale arriva anche qui, a Cornigliano, e passa per primo dalla torre d’avvistamento di Villa Gentile-Bickley, quando le due attrici alle spalle dei protagonisti osservano il cielo e colgono foschi e cupi presagi. La guerra che devasterà l’Europa è alle porte ed è la stessa che farà interrompere tutti i lavori di scavo di Pierre Montet, a Tanis.

Le tombe faraoniche di Tanis

Il professor Cavillier e la gemmologa Ferrari cureranno, inoltre un incontro incentrato sulle scoperte delle sepolture faraoniche di Tanis. L’incontro di lunedì 30 Agosto 2021, alle ore 21.00, porrà l’accento sulla scoperta delle sepolture tanitiche e sui ricchi corredi in esse rinvenuti. Sarà possibile assistere all’evento grazie alla diretta sulla pagina Facebook di Ascovil.

Locandina evento

 

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NEWS | A Genova nascerà MEI, il Museo nazionale dell’Emigrazione Italiana

Con un’apertura auspicata per il 2022, sono iniziati i lavori di adeguamento della sede scelta per accogliere la nuova realtà museale. MEI, il Museo nazionale dell’Emigrazione Italiana avrà la sua sede in un edificio antico, Commenda di Pré, nel centro storico di Genova, a due passi dal mare. La scelta della sede non è casuale; si tratta di un edificio che aveva la funzione di stazione marittima sulle rotte della Terrasanta, crocevia di pellegrini ed ospedale per questi, prima, e per gli indigenti, poi.

Francesco Buonfantino, capo progettista del MEI, sottolinea dunque l’importanza della sede prescelta. “Per un museo del genere – dice – è più stimolante lavorare in uno spazio dove ogni pietra parla di memoria, che in un edificio ex novo. In questo monumento è stratificata la nostra memoria. Il nostro obiettivo è costruire una casa della memoria collettiva e di Genova. Studiando l’antico edificio da cui partivano i pellegrini per la Terra Santa, ci siamo soffermati sul periodo dal 1870 al 1970; ebbene, in questo lasso di tempo qui transitarono quasi 27 milioni di persone, 27 milioni di storie”.

Il progetto del MEI

Si vuol disporre il Museo su tre piani, a seguito di un adeguamento funzionale e tecnologico. Il progetto sarà realizzato grazie ad un importo di circa 5,3 milioni di euro. Di questi 300mila arrivano dalla Fondazione San Paolo per la progettazione, 3 milioni dal MiBACT e altri 2 milioni dal Patto per Genova, siglato tra Comune e Governo.

Ci sarà un allestimento dinamico proprio perché l’emigrazione è un processo in continua evoluzione – spiega Buonfantino. Non violenteremo queste mura con le nostre tecnologie, ma faremo sì che il viaggio prosegua anche in futuro”. Le diverse “stazioni” che comporranno il percorso potranno “parlare” in modo diverso a seconda dell’interlocutore che si avvicinerà. Il tutto è possibile grazie ad un meccanismo di registrazione all’ingresso che permetterà di calibrare lingue, storie e documenti in base alla specifica persona che sta compiendo il percorso. Marco Bucci, sindaco di Genova, anche lui “emigrato” per 22 anni negli Stati uniti, dice che il MEI sarà “il museo che parlerà più lingue in assoluto e permetterà di essere molto vicini all’esperienza del migrante”.

MEI
Rendering del futuro Museo (©Comune di Genova)

Il percorso espositivo è pensato per far calare il visitatore nei panni di chi è partito, attraverso le storie, le motivazioni della partenza e i simboli dei viaggi degli emigranti.  Protagonista sarà un vasto archivio di autobiografie, diari, lettere, fotografie, giornali, canti e musiche che accompagnavano gli emigranti.

La “Sala del Mondo”

Dell’allestimento farà parte la “Sala del mondo”, un grande planetario per raccontare che gli italiani non partirono solo verso USA, America Latina e Australia, ma verso tutto il mondo. E ci saranno anche teatri a 360° per i dibattiti immersivi sull’emigrazione e la ludoteca per i più piccoli. Uno degli elementi principali sarà il “Memoriale dell’emigrazione”: un planisfero posto in alto da cui pendono fili rossi, simbolo del sangue versato dai tanti emigrati protagonisti di tragedie.

Il prossimo anno, in occasione dell’inaugurazione, si vorrebbe invitare anche Jill Biden, first lady degli Stati Uniti, che ha origini italiane. Il cognome da ragazza, Jacobs, ha in Giacoppo le sue origini italiane; è stato poi anglicizzato dal nonno di Jill, Gaetano Giacoppo, originario di Gesso (ME).

Registro immigrati con famiglia Giacoppo

 

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NEWS | “Champollion nella Valle del Nilo”, l’evento online da Villa Durazzo – Bombrini

Ascovil – Eventi, Associazione delle Ville di Cornigliano, in collaborazione con il Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J. F. Champollion, presenta l’evento che porta l’Antico Egitto a Villa Durazzo – Bombrini.

Venerdì 22 Gennaio alle ore 21, verrà trasmesso in streaming il docufilm Champollion nella Valle del Nilo: l’Ottocento delle Grandi Scoperte e il suo contesto culturale.

Non è il primo evento online sull’Antico Egitto di cui si occupa l’Ascovil, nella speranza di ritornare presto dal vivo. Già a novembre 2020, Villa Durazzo – Bombrini aveva ospitato la conferenza L’Antico Egitto: spedizioni e scoperte faraoniche di ‘800 e ‘900.

Locandina evento

Adesso, grazie al Prof. Cavillier, si continua con un meno consueto approccio alla terra dei faraoni. Dunque, l’Egitto viene visto alla luce della Campagna Napoleonica e della sua influenza sull’Occidente.

Uno spaccato affascinante che ci porterà a vedere l’Egitto con gli occhi stupiti di uno straniero che inaspettatamente li apre su quel mondo incantato -, dice l’Associazione organizzatrice.

L’evento è stato realizzato con i contributi di:

  • Giacomo Cavillier – Direttore del Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta J-F Champollion con sede a Genova, Il Cairo e Luxor
  • Stefania Ferrari – Gemmologa
  • Enrico Cirone – Giornalista
  • Scuola di danza Ailema Danze d’Oriente

Il docufilm è stato girato all’interno del Salone delle Feste di Villa Durazzo – Bombrini e verrà trasmesso in streaming sulla pagina Facebook di Ascovil.

Villa Durazzo – Bombrini, panorama del Salone delle Feste
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NEWS | Tutankhamon, una scoperta passata alla storia

Il Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J. F. Champollion” di Genova organizza un ciclo di lezioni online su piattaforma “Zoom”, per 4 giovedì a partire dal 7 gennaio 2021 dalle ore 18.00 alle 19.30 su uno dei più noti faraoni della necropoli tebana.

Il direttore del Centro Studi, nonchè membro del Comitato Scientifico della Rivista ArcheoMe, il professor Giacomo Cavillier racconterà la storia della scoperta della sepoltura di Tutankhamon nella Valle dei Re.

Date le numerose richieste di partecipazione, il seminario sarà replicato nei venerdì successivi alle date previste (8, 15, 22, 29 gennaio 2021) per coloro che si iscriveranno dopo il 30 dicembre 2020; basta inviare un’email all’indirizzo della segreteria del Centro: segreteria.centrochampollion@gmail.com.

Archeologia e mito di un faraone

Dopo sei lunghe e deludenti stagioni di scavo, lo sconforto era ormai sovrano nella Valle dei Re. Howard Carter e, soprattutto, il suo “sponsor” George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V Conte di Carnarvon, stavano davvero perdendo ogni speranza di trovare qualcosa nella Valle. Il finanziatore inglese aveva ottenuto le concessioni di scavo dall’allora direttore del Servizio delle Antichità, Gaston Maspero, nel 1914 e i risultati erano decisamente al di sotto delle aspettative. Carter stava per dichiararsi sconfitto e, sempre in cerca di fortuna, stava per destinare altrove le sue attenzioni, quando un colpo di zappa cambiò il corso della storia.

L’emozione della scoperta

Il 4 novembre, recandosi alla necropoli, Carter avvertì uno strano silenzio… i lavori erano fermi. Questa cosa insospettì immediatamente l’archeologo che, infatti, fu accolto dai suoi con la notizia che sotto la prima baracca demolita avevano trovato qualcosa: forse un gradino tagliato nella roccia. Possiamo solo immaginare con quanta concitazione ed emozione, nonché stupore, Carter si precipitò di corsa a verificare di persona… con il cuore in gola diceva a sé stesso che sarebbe stato troppo bello se si fosse trattato realmente di un gradino di accesso ad una tomba e che, magari, poteva trattarsi proprio della sepoltura del faraone che tanto desiderava trovare. Gli bastò ripulire un po’ la roccia dai detriti e dalla sabbia, quando si rese immediatamente conto che si trattava proprio di una rampa, scavata nella pietra con una tecnica comune agli altri accessi sepolcrali della Valle. I lavori proseguirono alacremente per tutto il giorno e la mattina seguente; ma soltanto nel pomeriggio del 5 novembre la rampa venne completamente scavata ed apparve il primo vero gradino di una scalinata. Un’emozione quasi febbrile pervase Carter; ormai ciò che stava riportando alla luce era indubbio, gli indizi portavano tutti verso una direzione: avevano trovato una tomba!

Howard Carter davanti al sarcofago con la mummia del faraone Tutankhamon
Un dialogo passato alla storia

È il 24 novembre 1922. Siamo nella Valle dei Re, a Tebe Ovest, quindi sulla sponda occidentale del Nilo, davanti a Luxor, sulla riva opposta. Quel breve dialogo, che è passato alla storia dell’archeologia, intercorre tra l’archeologo Howard Carter e il suo finanziatore Lord Carnarvon e sancisce la conferma di una scoperta che avrebbe lasciato il segno non solo negli studi egittologici ma nel costume della società: la tomba del faraone Tutankhamon. Ma solo il successivo 17 febbraio 1923, quando l’anticamera era stata sgombrata, furono ammessi i primi visitatori per assistere all’apertura della tomba: membri del governo e scienziati. E la notizia fece il giro del mondo.

La prima pagina del New York Times del febbraio 1923 con la notizia della scoperta della tomba di Tutankhamon

“Era venuto il momento decisivo. Con mani tremanti praticammo una piccola apertura nell’angolo superiore sinistro…”

“Potete vedere qualche cosa?”

“Sì, cose meravigliose.”

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NEWS | Onde e relitti, il Festival della Scienza sorprende

Il Festival della Scienza sbarca a Genova con la diciottesima edizione lunga ben undici giorni, dal 22 ottobre al primo novembre 2020. Come ogni anno è nota la parola chiave su cui verteranno gli eventi sia in presenza che a distanza: onde.

Il tema racchiude in sé mille declinazioni: le onde non sono soltanto gravitazionali, elettromagnetiche o acustiche, spaziano in ogni disciplina esistente, chimica, matematica, astrofisica, genetica, medicina, ma anche linguistica, arte, e archeologia.

Onde al servizio dell’archeologia subacquea

Le tecnologie della geofisica subacquea e i ROV (Remote Operated Vehicle, sottomarini a comando remoto) permettono di indagare in estensione anche i fondali marini più profondi, facendo ben avanzare gli studi di archeologia subacquea. Il Festival allestirà in merito un vero e proprio laboratorio di ricerca: un ROV sarà guidato da computer tra fondali simulati che hanno seppellito un incredibile relitto; un filmato descriverà le successive fasi di scavo, recupero e valorizzazione realizzabili dagli archeologi su quel particolare sito.

Come le onde acustiche dei sonar e i ROV (Remote Operated Vehicle) studiano i fondali marini

L’onda Covid, capire per reagire

Il Festival vuole in primis riflettere sulla pandemia che si è abbattuta su tutto il mondo e cavalcare con forza e positività la sua onda; un ciclo di incontri dedicato è stato sviluppato dal Bo Live, il magazine dell’Università di Padova, con la supervisione scientifica dell’immunologa Antonella Viola.

La prima tavola rotonda in merito si svolgerà oggi, 22 ottobre, alle 18:30: questa intende indagare i motivi e i meccanismi dell’evoluzione di un virus come il SARS-COV-2, perché si trasforma in pandemia e perché il pericolo può svanire. Un secondo incontro del 24 ottobre intende rispondere alle domande più frequenti riguardo la trasmissione del virus tramite gli aggiornamenti degli studi nella comunità scientifica, stesso intento dei relatori del 30 e del 31 ottobre. La tavola rotonda del 25 ottobre verterà, invece, sulla prevenzione, quella del 26 sulla situazione Covid negli ospedali e su tutto il territorio ligure.

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NEWS | Iniziativa virtuale per l’Acquario di Genova

Costa Edutainment aderisce alla campagna #iorestoacasa promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo per sensibilizzare il pubblico al rispetto delle indicazioni del Governo per il contenimento del COVID-19.

Per aiutare le famiglie ad affrontare questo momento di difficoltà generale e di impossibilità allo spostamento, l’Acquario di Genova ha deciso di portare il pubblico in immersione nelle proprie vasche attraverso tre video inediti e innovativi realizzati con tecnologia subacquea a 360°, realizzati in collaborazione con StudioQuida Communication 360°, Carlo Da Gradi giornalista collaboratore della testata Focus e il naturalista Francesco Tomasinelli.

Un punto di vista nuovo e inusuale che consentirà di osservare squali, lamantini e colorati abitanti della scogliera corallina direttamente dall’interno del loro ambiente.

Grazie ai contenuti extra inseriti nel video con didascalie grafiche e video picture in picture con interviste agli esperti, i video consentiranno di scoprire le diverse specie che si incontrano durante l’immersione virtuale.

I video a 360°, pubblicati uno alla volta sui base settimanale, sono fruibili da tutti i dispositivi mobile da questa sezione dedicata.

Consigli per l’uso:

  • avviate il video utilizzando il vostro smartphone
  • girate lo schermo a 360° per esplorare i contenuti del video stesso che sono tutto intorno a voi
  • approfondite con i video extra e interviste ai nostri esperti che appariranno direttamente sullo schermo.

Buona immersione!

Per vedere i video, clicca qui.