Dopo numerosi restauri, riprendono i dibattiti per la riqualificazione dell’intera area dell’Anfiteatro: il Colosseo potrebbe cambiare look.
La proposta dell’area archeologica
Il Dipartimento di Architettura della Sapienza, dopo 40 anni dalla proposta di Raffaella Panella, riapre la questione della risistemazione di tutta l’area archeologica centrale. Questo tema, soprattutto nell’ultimo quarto del secolo scorso, ha impegnato diversi nomi illustri come: Carlo Aymonino, Vittorio Gregotti, Leonardo Benevolo, Massimiliano Fuksas, Mario Manieri Elia, Adriano La Regina e Antonio Cederna.
Gli architetti dell’Università di Roma, grazie all’aiuto di restauratori, soprintendenti, archeologi, storici, museologi, sono riusciti a produrre un progetto concreto, con l’idea di trasformare l’area in un museo diffuso.
Il progetto
L’idea è quella di amalgamare i diversi elementi dell’area: da quelli preesistenti, inserendone di nuovi, destinati al racconto della storia.
Il progetto non prevede solo la riqualificazione della valle dell’Anfiteatro e il ridimensionamento di Via dei Fori Imperiali, ma anche il restauro del Palazzo cinquecentesco Silvestri Riveldi e dell’Antiquarium, che racconteranno la storia del Colosseo. Sarà creata anche un’area dove mostrare l’esperienza gladiatoria e la storia dei giochi circensi, recuperando l’area del Ludus Magnum. Per concludere, anche la piazza del Colosseo sarà riconfigurata a partire dal ridisegno della pavimentazione con fondo neutro per lasciare in evidenza le tracce archeologiche.
Finalità
L’obbiettivo del progetto, voluto dal preside della Facoltà di Architettura della SapienzaOrazio Carpenzano, è quello di convincere la politica a dare un segnale forte in direzione di una città sempre più fruibile nei confronti di chi vuole conoscere e farsi affascinare dalla storia di Roma. Lo stesso direttore afferma:
«E noi, che svolgemmo un grande ruolo nell’epoca del Grand Tour, potremmo oggi coinvolgerlo in una specie di Globar Tour».
Via a nuove operazioni di scavo archeologico per portare alla luce le diverse fasi di vita del Foro di Cesare. Le indagini avranno come oggetto di studio il lato orientale tra i Fori Imperiali e il Belvedere. Lo scavo potrà essere attuato grazie alla donazione di 1.500.000 euro dall’Accademia di Danimarca con la Fondazione Carlsbers di Copenaghen e la Aarhus University Research Foundation. Le operazioni verranno invece condotte dalla Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Il finanziamento è frutto di un accordo rinnovato tra Soprintendenza e Accademia in vigore già dalle prime fasi di scavo del sito, pubblicate nel 2017.
“Roma ci riserva continue sorprese: l’avvio degli scavi del Foro di Cesare ci consente di riportare alla luce diverse fasi di vita di questo settore urbano che presenta una stratificazione molto ricca, come emerso dalle indagini condotte dalla Soprintendenza negli ultimi decenni. Ringrazio Sua Maestà la Regina di Danimarca Margherita II e l’Accademia di Danimarca per questo importante atto di mecenatismo. Con il sostegno di tutti continuiamo a scoprire la nostra storia“. Ha dichiarato così Virginia Raggi.
Gli obiettivi del nuovo scavo archeologico del Foro di Cesare
Lo scopo del progetto è ampliare l’area archeologica del Foro di Cesare e recuperarne membrature architettoniche dal sottosuolo. Le ipotesi degli archeologi contemplano la possibile presenza di parti del Tempio di Venere Genitrice e del portico orientale della piazza.
Durante la pulitura dell’intera area archeologica nel 2019, sono riemersi edifici del secolo scorso abbattuti per l’apertura dei Fori Imperiali. Inoltre, precedentemente all’avvio dello scavo, sono state attuate numerose ricerche e studi interdisciplinari sulle fasi del complesso monumentale, da studio di reperti degli scavi 1998-2000 e indagini bibliografiche.
“Lo scavo del Foro di Cesare costituisce una nuova importante occasione di ampliamento della conoscenza dell’area forense nella sua integrità. Scopo condiviso con Roma Capitale da sempre è quello di restituire al pubblico e alla comunità scientifica un viaggio nella storia di Roma“. Queste sono le parole della Direttrice del Parco archeologico del ColosseoAlfonsina Russo.
Infatti, gli archeologi inizieranno con lo scavo del primo lotto esplorando 400 mq su una superficie totale di 13.300 mq. Le indagini dovrebbero concludersi nel mese di agosto del 2021.
Alcuni lavori nei sotterranei della Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma (EEHAR-CSIC, Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica) hanno portato alla luce una struttura di grandi blocchi di pietra appartenente ai lavori di ristrutturazione del muro che proteggeva la città nel IV secolo a.C.
Nonostante l’importanza di questa zona – si legge nel comunicato dell’istituzione – emblematica della capitale italiana, situata al confine tra il foro di Traiano e uno dei sette colli di Roma, il Quirinale, fino ad ora non si conoscono elementi archeologici validi per ricostruirla storicamente.
Gli scavi aiuteranno a ricostruire una delle zone chiave dell’area perimetrale dei Fori Imperiali.
Contemporaneamente, un team CSIC guidato dal ricercatore Antonio Pizzo, direttore della Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma, ha rivelato l’impianto completo di un edificio funerario del I secolo a.C. dedicato a un influente personaggio della tarda Repubblica Romana.
I rinvenimenti
I lavori alla scuola erano iniziati nel 2015. I resti rinvenuti consistono in una struttura di contenimento legata a una delle grandi riforme della cinta muraria di Roma nel IV secolo a.C., spiega Pizzo. In precedenza, nel VI secolo a.C., fu costruita una prima fortificazione, attribuita al re Servio Tullio, con un perimetro di circa sette chilometri. Due secoli dopo, dopo l’invasione dei Galli nel 390 a.C., la cinta muraria fu ricostruita in parte seguendo il percorso della precedente. Il processo era durato quasi 25 anni. Misurava quattro metri di larghezza e dieci di altezza, si estendeva per oltre undici chilometri e delimitava circa 430 ettari, precisa il ricercatore.
Grazie ai materiali, alla tecnica costruttiva in opus quadratum e alla posizione topografica, si sa che la costruzione era un sistema difensivo che prevedeva il contenimento del terreno sottostante l’edificio principale. Le parti più alte della zona di Roma avevano una linea difensiva vera e propria. Le zone più basse, invece, furono rinforzate con strutture che sostenevano il terreno. Quello che abbiamo trovato alla Scuola è uno di questi ultimi. È stato costruito su un pendio e serviva anche per facilitare il drenaggio delle acque reflue dagli altopiani attraverso un canale, dice Pizzo.
Sembra che dalla fine del III secolo a.C., il muro abbia subito diverse piene del fiume Tevere, finendo con l’essere ricoperto di fango e detriti.
La costruzione della cinta muraria nel IV secolo a.C., con le sue diverse opere di contenimento, significò uno dei maggiori investimenti nella storia di Roma in termini di risorse umane ed economiche. Simbolicamente significava anche ridare nuova vita alla città dopo la catastrofe causata dall’invasione dei Galli. Per secoli ha continuato a trasmettere l’idea di forza urbana ed è diventato un riferimento topografico fondamentale nello sviluppo della Roma imperiale, sottolinea il ricercatore del CSIC.
Un monumento funerario
Oltre al muro, i ricercatori hanno rinvenuto anche un grande monumento funerario, probabilmente degli inizi del I secolo a.C. L’équipe ha potuto ripristinare l’impianto completo dell’edificio funerario e stabilire che fosse costituito da uno zoccolo inferiore e da un corpo monumentale sovrapposto. Originariamente conteneva la sepoltura di un unico personaggio e, successivamente, con un sistema di tombe collettive, ha accolto i resti dei loro discendenti. Si tratta, secondo i ricercatori, di un monumento di grande importanza perché situato in un luogo pubblico della città, su un terreno che il Comune avrebbe assegnato tramite concessione pubblica.
La persona qui sepolta doveva avere un ruolo rilevante nella tarda repubblica romana, come Gaio Publicio Bibulo, che fu sepolto nelle vicinanze. A lui, la città e il Senato romano avevano concesso terreni per il suo monumento funerario, in riconoscimento di meriti e valore, dice Pizzo. Il monumento recentemente scoperto, sebbene simile a quello di Gaio Bibulo, presenta materiali di qualità superiore. Gli studiosi sperano che procedendo con lo scavo si arrivi a stabilire l’identità deario.
Durante l’epoca traiana, II secolo d.C., avvengono sostanziali trasformazioni nell’area. La zona archeologica entra a far parte del complesso sistema di edifici direttamente collegato ai mercati di Traiano. Si tratta di un complesso monumentale, con la funzione di ospitare gli uffici di gestione imperiale nell’ascesa dell’Impero Romano. Il direttore dell’EEHAR-CSIC sottolinea che l’importanza di questi ritrovamenti consiste nella possibilità di interpretare l’evoluzione storica di un’area dell’antica Roma in uno spazio ristretto, testimone di una continua attività edilizia legata alle grandi trasformazioni urbane e eventi siti storici più significativi dell’Urbs.
È giunta al termine la campagna di scavo che ha coinvolto la Via Alessandrina nei Fori Imperiali. Gli scavi hanno riportato in luce una nuova porzione della piazza del Foro di Traiano e numerosi reperti di età imperiale.
L’obiettivo delle operazioni
Le indagini archeologiche, iniziate nel marzo 2018, si sono concentrate sul tratto settentrionale di Via Alessandrina che collegava il Foro di Traiano al Largo Corrado Ricci.L’obiettivo dei lavori era quello di studiare le fasi di abbandono dei Fori in età tardo antica e l’insediamento medievale che si era installato proprio sulla piazza del Foro di Traiano a partire dal X secolo d. C. Inoltre, la demolizione di questo tratto stradale di circa 60 metri, che copriva una porzione della piazza del foro di Traiano, ha reso più leggibili i resti del Foro stesso, permettendo di vedere la connessione tra i Mercati di Traiano e la piazza del Foro.
L’esito delle indagini
Durante gli scavi sono emersi preziosi reperti di età imperiale: due teste in marmo, una identificata con il dio Dioniso, l’altra appartenente all’imperatore Ottaviano Augusto raffigurato in giovane età. Sono stati trovati oltre sessanta frammenti appartenenti al Fregio d’Armi del Foro di Traiano. Il tratto stradale celava anche i resti di un insediamento medievale, con case piccole e di modesta fattura, che a loro volta coprivano la pavimentazione originale del Foro di Traiano. Queste abitazioni poggiavano direttamente sui resti della piazza, la cui pavimentazione in marmo non è più visibile, probabilmente in seguito alle operazioni di spoliazione che hanno caratterizzato tutto il Medioevo. Lo studio delle strutture e dei reperti ha permesso l’acquisizione di numerosi nuovi dati, significativi per la ricostruzione della storia del centro monumentale della città di Roma.
La mostra permanente nei Mercati di Traiano
Le due teste di età imperiale, i frammenti del Fregio d’Armi e gli altri ritrovamenti sono stati mostrati per la prima volta al pubblico durante una videoconferenza venerdì scorso, alla quale ha partecipato anche la sindaca Virginia Raggi. Faranno parte di una mostra permanente al Museo dei Mercati di Traiano, in stretta connessione con il luogo del loro ritrovamento e della loro originaria appartenenza.
Il Foro di Traiano è un capolavoro dell’urbanistica romana di cui finora non si coglieva appieno la grandiosità. Oggi è più facile capire perché la costruzione fosse definita ‘degna dell’ammirazione degli dei, dichiara Maria Vittoria Marini Clarelli, Soprintendente Capitolina ai Beni Culturali.
Un importante atto di mecenatismo dall’Azerbaigian
L’Azerbaigian, che è un paese multietnico e multiculturale”, afferma Mammad Ahmadzada, Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian, “è sempre stato molto attento alle culture degli altri popoli e per noi è un dovere rispettare e tutelare i beni storico-architettonici e culturali in vari paesi del mondo. Il patrimonio di Roma appartiene all’umanità, e la città eterna, capitale dell’Italia, culla della civiltà, occupa un posto speciale nel cuore del mio paese”.
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