È stata scoperta un’antica piscina sacra a Mozia, a largo delle coste della Sicilia, allineata con le stelle. Le ricerche hanno svelato che si tratta di un bacino circondato da templi, con una statua del dio Ba’al posizionata al centro.
La Scoperta
Le indagini, condotte da Lorenzo Nigro de La Sapienza Università di Roma e dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, hanno svelato che un bacino rinvenuto nella città insulare di Mozia è in realtà una piscina sacra facente parte di un complesso centro cultuale tra i più grandi del Mediterraneo pre-Classico.
Le ricerche, condotte in seguito alla riscoperta del bacino negli anni ’20 del secolo scorso, avevano evidenziato la presenza di una baia militare simile ai Kothon cartaginesi, tuttavia, gli scavi recenti hanno radicalmente cambiato l’interpretazione del luogo. Privo di sbocchi sul mare, e alimentato da sorgenti naturali, esso non poteva fungere da struttura militare. Il ritrovamento di templi, stele e altari lungo la struttura ha confermato l’uso sacro del posto, al cui centro era posta una statua del dio Ba’al. Al termine delle ricerche il bacino è stato riempito, e una replica della statua della divinità è stata collocata sul rispettivo piedistallo.
Osservando gli astri
La caratteristica più importante del luogo è il suo allineamento con le stelle e con i diversi eventi astronomici. Tali elementi indicano una profonda conoscenza del cielo e degli astri da parte delle civiltà mediterranee. Grazie alla superficie piatta della piscina, si potevano tracciare i movimenti celesti, fondamentali sia per la navigazione che per le festività religiose.
Molti di questi elementi derivano da altre culture antiche del Vicino Oriente. Questa particolarità suggerisce una certa tolleranza e apertura culturale da parte dell’antica popolazione fenicia di Mozia.
Conclusa la quinta campagna di scavo della missione archeologica dell’Ateneo friulano. In cinque anni individuati 120 siti in Libano.
La quinta campagna della missione archeologica in Libano settentrionae si è svolta sotto la direzione di Marco Iamoni (Università di Udine) e May Haider (Università Libanese – Third Branch di Tripoli), con la partecipazione dell’Institut Français du Proche Orient di Beirut.
I fenici sulle coste libanesi
Il risultato più importante riguarda il ritrovamento di materiali ascrivibili al periodo fenicio nella fascia costiera settentrionale, indice della presenza di siti fenici. La scoperta – spiega Iamoni – amplia l’area delle regioni finora considerate chiave per lo studio del mondo fenicio-punico. Le scoperte di siti fenici nella fascia costiera arricchiscono il quadro dei ritrovamenti rilevati in cinque anni dalla campagna italo-libanese, che a oggi ammontano a un totale di 120 siti individuati.
Quest’anno la missione si è concentrata nei settori a ridosso della costa, indagando anche l’area di Qalhat, un importante crocevia fra fascia costiera e pianura interna. Il rinvenimento di numerosi siti nella zona confermerebbe il ruolo strategico di Qalhat all’interno dell’area interna di Koura. Tale zona, infatti, sarebbe stata un’area fiorente in epoca tardo antica/bizantina. Vi sono tracce di un massiccio insediamento umano presente in maniera stabile già dal III millennio a.C., con importanti attestazioni in epoca preclassica e classica/tardo antica.
Le indagini archeologiche si sono svolte grazie al permesso rilasciato dalla Direzione Generale delle Antichità libanesi e a finanziamenti forniti dall’Università di Udine e dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione (Maeci). Si prevede, inoltre, una nuova campagna per il 2022, mirata a estendere le ricerche nell’area di Koura.
Il 9 marzo 2021 a Cipro sarà presentato “Mediterranean 1200 BC: a new age”,il nuovo videogioco targato Entertainment Game Apps, Ltd. Mediterranean è uno dei principali risultati del progetto “TRAMES – smart TouRism Across the MEditerranean Sea“, cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma COSME 2019-2021. L’EGA Ltd. è dunque uno degli otto partner coinvolti nel progetto europeo per la creazione di un’offerta turistica innovativa nel bacino del Mediterraneo.
Sulle grandi rotte del Mediterraneo
Mediterranean è un gioco strategico ambientato nel Mediterraneo antico: dall’espansione marittima fenicia propone un’esplorazione avvincente del passato. I giocatori potranno quindi seguire le rotte degli antichi marinai e scoprire le città fondate lungo le coste da Fenici, Etruschi, Greci e Romani. Lo scopo del gioco è sviluppare gli insediamenti fenici implementando le loro attività commerciali e spostando risorse attraverso il Mediterraneo, lungo percorsi specifici e con mezzi di trasporto proposti secondo fedeltà storica.
Presto sarà disponibile la versione italiana di Mediterranean arricchita da importanti approfondimenti grazie al coinvolgimento di alcune istituzioni museali sparse sul territorio.
Nora sorge sulla penisola che chiude a sud-ovest il golfo di Cagliari e fu uno dei maggiori centri della Sardegna in età fenicia, punica e romana; a parte l’incanto suscitato dalla natura e dal paesaggio circostante, a stupire è la vista di reperti archeologici che testimoniano tremila anni di storia sarda.
Dalla fioritura al declino
Grazie alla sua posizione geografica privilegiata nell’ambito della rete commerciale del Mediterraneo antico, venne frequentata sin dall’età fenicia (VII-VI sec. a.C.) e visse un considerevole sviluppo nel corso della fase punica (V-II sec. a.C.). Durante il VI secolo a.C. la città conobbe, grazie al dominio dei Cartaginesi, un periodo di ricchezza economica dovuta agli scambi commerciali con l’Africa.
La Sardegna diventa romana nel 238 a.C.; entrata nell’orbita politica di Roma, la città di Nora ebbe una prima fase di fioritura nella seconda metà del I sec. a.C., quando divenne municipium; il momento di massima vitalità fu tra la fine del II sec. d.C. e il secolo successivo. Dall’età severiana la città assunse il suo definitivo assetto urbanistico, con la costruzione di buona parte dei monumenti che ancora oggi vediamo.
Il lento e progressivo abbandono avvenne a partire dal V sec. d.C., probabilmente a causa dell’invasione dei Vandali, che portò la popolazione a spostarsi nelle zone più sicure dell’entroterra, fino al completo abbandono in età medievale.
Attualmente nell’antico centro commerciale fenicio, punico e poi romano, possiamo osservare la necropoli fenicia, il complesso abitativo e il tophet punico.
Tra le antiche vie lastricate in andesite, si può ancora ammirare uno degli edifici meglio conservati di Nora, il bellissimo teatro, costruito agli inizi del I secolo a.C. Imponenti sono le strutture termali, spesso decorate da magnifici mosaici databili tra il II e il IV secolo d.C.
Varie le strutture religiose, come il Tempio di Tanit del periodo punico, sito sul colle omonimo, ed il santuario di Esculapio del II-III secolo d.C.
Numerose sono anche le opere di edilizia abitativa privata, spesso provviste di cisterna per l’acqua, costruite con muri in opus caementicium e africanum (tecnica edilizia inventata dai Romani), talvolta particolarmente prestigiose, come la casa dell’atrio tetrastilo, con i suggestivi mosaici del III-IV secolo d.C. Vicino al mare si trova il foro, di forma regolare, che conserva basi di statue onorarie di personaggi famosi.
La Stele di Nora
La presenza fenicia è testimoniata dal ritrovamento della Stele di Nora, il più importante e, per tanti aspetti, enigmatico documento epigrafico a caratteri fenici ritrovato in Sardegna, tra i più antichi del Mediterraneo occidentale.
Un documento di eccezionale importanza: se dopo 244 anni di studi ancora si dibatte sul contenuto delle otto righe incise nell’arenaria porosa è evidente che, dietro quei segni, la stele nasconde ancora la sua intima verità. Esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, è databile intorno all’VIII secolo a.C. e riporta un’iscrizione in alfabeto fenicio, sulla cui interpretazione gli studiosi ancora dibattono.
Per alcuni ricercatori i caratteri dell’alfabeto non sarebbero soltanto e puramente fenici, ma si tratterebbe di un alfabeto misto fenicio-sardo, ma sono dati ancora non del tutto attendibili. Nella stele, inoltre, è probabile che vi sia la più antica attestazione del nome della Sardegna.
Ai gentili lettori comunico che la rubrica Archeologa Italia passerà nella nuova rivista bimestrale ArcheoMe con inizio a febbraio 2021… A presto…
La rubrica di novembre Vogliamo dedicare la rubrica Personaggi del mese di novembre alle donne che hanno fatto la storia dell’archeologia e della cultura in Italia iniziando da una archeologa che, senza dubbio, ha lasciato una traccia indelebile negli studi sul Mediterraneo fenicio e punico.
Antonia Ciasca Antonia Ciasca è stata una delle archeologhe più in vista del panorama italiano e mediterraneo del secondo Novecento. Etruscologa e studiosa della civiltà Fenicia, allieva di giganti quali Massimo Pallottino e Sabatino Moscati, ha lasciato il segno nella storia degli scavi dell’isola di Mozia, in Sicilia. Nacque a Melfi (PZ) il 21 Marzo 1930 da Raffaele Ciasca (storico e Senatore della Repubblica Italiana) e Carolina Rispoli (scrittrice, saggista e romanziera). A seguito dei trasferimenti del padre, docente universitario, frequentò le scuole prima a Genova e poi a Roma, dove conseguì la maturità classica.
Tra Etruschi e Fenici A Roma si laureò presso l’Università La Sapienza, dove fu allieva di Massimo Pallottino e partecipò agli scavi del centro etrusco di Pyrgi (Santa Severa). Pyrgi, famosissimo centro in cui, pochi anni dopo verranno ritrovate le lamine d’oro con l’iscrizione bilingue in etrusco e fenicio, è un primo filo sottile che, unendo mondo etrusco e punico, avvicinò la neo-dottoressa Ciasca agli studi sui Fenici. Divenne presto assistente di Sabatino Moscati, all’epoca docente di epigrafia semitica, e con lui iniziò il percorso che la porterà in Oriente, partecipando, nel 1959, alla missione archeologica a Ramat Rahel, in Israele.
Dal 1963, per sei anni consecutivi, diresse gli scavi della prima missione archeologica italiana a Tas Silg (Malta): qui identificò il santuario di Astarte, noto dalle fonti classiche (ne parla Cicerone) come un notissimo luogo di culto in cui approdavano fedeli da tutto il Mediterraneo. L’anno successivo divenne direttrice della missione archeologica a Mozia (TP), sito al quale dedicherà gran parte della sua attività lavorativa. A Mozia Antonia Ciasca scelse di iniziare le sue ricerche da un luogo simbolo della civiltà fenicia e punica: il Tofet, luogo di sepoltura dei bambini e, secondo alcuni testi antichi, luogo dove gli infanti venivano sacrificati al dio Baal Hammon. Allo stesso tempo, però, cominciò a scavare in modo sistematico l’abitato della città punica, avviando le prime scoperte riguardanti l’urbanistica dell’isola. Archeologa brillante e metodica, Antonia Ciasca pubblicava annualmente i resoconti preliminari delle ricerche sul terreno, dimostrando di padroneggiare il metodo stratigrafico in maniera encomiabile. La sua devozione al lavoro la portò, nel 1966, a soli 36 anni, ad assumere, prima in Italia, la neonata cattedra di Antichità Puniche all’Università La Sapienza.
Mozia nel contesto del Mediterraneo occidentale Gli studi e le ricerche a Mozia indussero la studiosa lucana a partecipare a scavi e ricerche in altri centri punici del Mediterraneo, onde poter avere una più ampia visione della cultura punica che l’isola siciliana andava restituendo. Nel 1975 Ciasca si recò a Tharros (Sardegna), negli anni ’80 in Algeria e Tunisia, a Cap Bon e Ras ed-Drek; infine, nel 1998 riprenderà, con immuntato vigore, le ricerche a Tas Silg.
Un’archeologa eccezionale Antonia Ciasca pare fosse di carattere molto riservato. I suoi collaboratori la descrivono come una donna allegra ma silenziosa, che amava l’archeologia più di ogni cosa e trascorreva ore nel suo studio a catalogare e studiare i reperti. L’archeologa melfitana concepiva la ricerca come un continuo lavoro di lima e cesello. Risultati evidenti della sua opera di archeologa sono centinaia di stele e di urne rinvenute nel Tofet di Mozia, oggi custodite sull’isola presso il Museo Whitaker, gli imponenti tratti di mura e le torri scavate nel tratto nord-est della cinta difensiva della città. Antonia Ciasca si spense a Roma il 1° Marzo del 2001. A lei è dedicata un’aula nell’edificio della facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza. Per volere della famiglia, l’intero patrimonio librario della studiosa è stato donato al Dipartimento di Scienze dell’Antichità, dove, attualmente, costituisce il cosiddetto “Fondo Ciasca”, gestito direttamente dalla Missione Archeologica a Mozia dell’Università La Sapienza che, nel segno di Antonia Ciasca, continua brillantemente le ricerche ancora oggi.
È un privilegio irrinunziabile, infatti, quello di rivedere le proprie idee senza aggrapparsi a esse.
S. Moscati, L’enigma dei Fenici, 1982
Dagli studi di arabistica alla cattedra di lingue semitiche
La figura di Sabatino Moscati, orientalista, semitista ed esperto di civiltà mediterranea, ha avuto un peso determinante per lo sviluppo degli studi italiani sulle civiltà del Vicino Oriente, in particolare sui Fenici.
Moscati nacque a Roma il 24 Novembre del 1922 da una famiglia di origine ebraica. Proprio a causa delle sue origini (l’Italia era in pieno periodo fascista) gli fu vietato di iscriversi all’Università pubblica. Desideroso di continuare gli studi, si iscrisse alla facoltà orientalistica del Pontificio Istituto Biblico dove conseguì la licenza nel 1943. Finalmente, nel 1945, potè conseguire anche la laurea in Arabistica presso l’Università La Sapienza con una tesi sul califfato di al-Mahdi, terzo califfo della dinastia abbaside. F. Gabrieli, che di Moscati fu uno dei maestri, già alla fine degli anni ’40 parlava dell’allievo come di uno studioso “esperto nel trattare di storia politica e religiosa, preciso e sagace nella valutazione e utilizzazione delle fonti, prudente nelle ipotesi e penetrante nei giudizi onde è da rimpiangere, dal punto di vista della storia arabo-islamica, che dopo appena un decennio questa così promettente energia si sia per intero dedicata a un diverso settore degli studi orientali” (La storiografia arabo-islamica in Italia, 1975, p. 84).
Nella produzione scientifica di Moscati possiamo distinguere tre fasi: una fase giovanile, in cui il filologo si impegnò ad approfondire gli studi sulla civiltà araba, da lui vista come importante fattore di diffusione della cultura orientale nel Mediterraneo. Nella seconda fase della sua vita Moscati si dedicò in special modo agli studi comparati di lingue semitiche, mentre negli ultimi trent’anni della sua carriera fondò e promosse gli studi sulla civiltà fenicia.
Dopo vari incarichi di insegnamento come assistente alla cattedra e professore incaricato, nel 1954, a soli 32 anni, vinse il concorso da professore per la cattedra di ebraico e lingue semitiche comparate alla Sapienza, cattedra che reggerà fino al 1982, quando si trasferirà a Tor Vergata. Fondatore e direttore dell’Istituto di Studi sul Vicino Oriente del CNR, accademico dei Lincei, le sue pubblicazioni ammontano a circa 600 scritti, che spaziano dalla filologia all’archeologia.
La grammatica comparata delle lingue semitiche
L’incontro con Giorgio Levi della Vida e l’impegno nell’insegnamento della cattedra di Lingue Semitiche portarono Moscati, durante gli anni ’50 e ‘60, a impegnarsi sempre di più nel campo della filologia. Nel 1964, in collaborazione con numerosi ricercatori (semitisti, assiriologi, epigrafisti), pubblica An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, testo fondamentale ancora oggi per chi si accosta alle lingue semitiche. Nel 1958 il volume Le antiche civiltà semitiche riscuoteva enorme successo: Moscati era riuscito a superare la barriera dello studio della storia come mera successione di eventi, per concentrarsi sui problemi e i fenomeni complessi che avevano portato le civiltà del Levante mediterraneo a fiorire ed espandersi, fino a influenzare, anche pesantemente, la cultura greca e quella del Mediterraneo occidentale.
L’archeologia fenicio-punica e la civiltà Mediterranea
Negli stessi anni il filologo partecipa agli scavi della cittadella fortificata di Ramath Rahel, a sud di Gerusalemme (1958), e di Akhziv (1960), importante centro fenicio sulla costa settentrionale di Israele. Moscati promuove e dirige missioni archeologiche in Siria, Tunisia e a Malta. Queste esperienze lo portano a concentrarsi sempre di più sull’archeologia fenicio-punica: obiettivo dei progetti di scavo era spostare l’attenzione degli studi orientali in Italia dal campo della filologia e dell’epigrafia a quello, fino ad allora poco sviluppato nel nostro paese, dell’archeologia nei paesi del Mediterraneo.
Nel 1966 usciva la prima edizione de Il mondo dei Fenici, poderoso lavoro che, più tardi, avrebbe portato Moscati e i suoi allievi ad approfondire le ricerche in Tunisia, Sicilia e Sardegna, inaugurando la grande stagione degli studi fenicio-punici in Italia. Sarebbe impossibile elencare in questa sede le numerosissime pubblicazioni, gli studi, le missioni archeologiche: riassumendo, possiamo senza dubbio affermare che le ricerche di Moscati furono sempre finalizzate a sottolineare l’importanza di interrelazioni e connessioni tra le sponde del Mare Nostrum, restituendo all’Oriente l’importantissimo ruolo storico avuto dall’antichità al Medioevo, in quella che lo studioso vedeva come “l’altra faccia della storia, la storia che non va da noi agli altri ma dagli altri a noi” (da L’enigma dei Fenici, 1982).
Sabatino Moscati si spense a Roma l’8 settembre del 1997. Il suo lascito al mondo degli studi sul Vicino Oriente antico risiede ancora oggi in una impostazione metodologica moderna e pluridisciplinare, che richiede allo studioso di padroneggiare al meglio discipline diverse come l’epigrafia, l’archeologia, la storia e la filologia.
ILLUSTRIOUS FIGURES | Sabatino Moscati: a glimpse at the Orient and the ‘discovery’ of the Phoenicians
It is an indispensable privilege, in fact, to review one’s ideas without clinging to them.
Moscati, L’enigma dei Fenici, 1982
From Arabic studies to the chair of Semitic languages
The figure of Sabatino Moscati, orientalist, semitist and expert in Mediterranean civilization, had a decisive weight for the development of Italian studies on the civilizations of the Near Eastern, in particular on the Phoenicians.
Moscati was born in Rome on November 24, 1922 from a family of Jewish origin. Precisely because of his origins (Italy was in the midst of the Fascist period) he was forbidden to enroll at the public university. Eager to continue his studies, he enrolled in the orientalist faculty of the Pontifical Biblical Institute where he obtained his license in 1943. Finally, in 1945, he was also able to obtain a degree in Arabistics at the La Sapienza University with a thesis on the caliphate of al-Mahdi, the third caliph of the Abbasid dynasty. F. Gabrieli, who was one of Moscati’s masters, already at the end of the 1940s spoke of the pupil as a scholar “expert in dealing with political and religious history, precise and sagacious in the evaluation and use of sources, prudent in hypotheses and penetrating in the judgments from which it is to be regretted, from the point of view of Arab-Islamic history, that after just a decade this promising energy has entirely dedicated itself to a different field of oriental studies “(La storiografia arabo-islamica in Italia, 1975, p. 84).
In the scientific production of Moscati we can distinguish three phases: a juvenile phase, in which the philologist undertook to deepen his studies on the Arab civilization, which he saw as an important factor in the diffusion of oriental culture in the Mediterranean. In the second phase of his life Moscati devoted himself especially to comparative studies of Semitic languages, while in the last thirty years of his career he founded and promoted studies on the Phoenician civilization.
After various teaching positions as assistant to the chair and professor in charge, in 1954, at the age of 32, he won the competition as professor for the chair of Hebrew and Semitic languages compared at Sapienza, a chair that he will hold until 1982, when he will move to Tor Vergata. Founder and director of the Institute of Studies on the Near East of the CNR, academic of the Lincei, his publications amount to about 600 writings, ranging from philology to archaeology.
The comparative grammar of Semitic languages
The meeting with Giorgio Levi della Vida and the commitment to teaching the chair of Semitic Languages led Moscati, during the 1950s and 1960s, to become increasingly involved in the field of philology. In 1964, in collaboration with numerous researchers (Semitists, Assyriologists, epigraphists), he published An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, a fundamental text still today for those who approach Semitic languages. In 1958 the volume Le antiche civiltà semitiche was a big success: Moscati had managed to overcome the barrier of the study of history as a mere succession of events, to focus on the problems and complex phenomena that had led the civilizations of the Eastern Mediterranean to flourish and expand, to the point of influencing, even heavily, Greek culture and that of the Western Mediterranean.
Phoenician-Punic archaeology and Mediterranean civilization
In the same years the philologist participated in the Excavations at Ramath Rahel, south of Jerusalem (1958), and of Akhziv (1960), an important Phoenician centre on the northern coast of Israel. Moscati promotes and directs archaeological missions in Syria, Tunisia and Malta. These experiences led him to focus more and more on Phoenician-Punic archaeology: the aim of the excavation projects was to shift the attention of oriental studies in Italy from the field of philology and epigraphy to that, until then little developed in our country , of archaeology in the Mediterranean countries.
In 1966 the first edition of The World of Phoenicians was released, a powerful work that, later on, would lead Moscati and his students to deepen their research in Tunisia, Sicily and Sardinia, inaugurating the great season of Phoenician-Punic studies in Italy. It would be impossible to list here the numerous publications, studies, archaeological missions: summing up, we can undoubtedly affirm that Moscati’s research was always aimed at underlining the importance of interrelationships and connections between the shores of the Mare Nostrum, giving back to the East the very important historical role played from antiquity to the Middle Ages, in what the scholar saw as “the other side of history, the history that does not go from us to others but from others to us” (from L’enigma dei Fenici, 1982).
Sabatino Moscati died in Rome on 8 September 1997. His legacy to the world of ancient Near Eastern studies still resides today in a modern and multidisciplinary methodological approach, which requires the scholar to master different disciplines such as epigraphy, archaeology, history and philology.
Article translated and curated by Veronica Muscitto
La missione archeologica dell’Università di Roma “La Sapienza”, diretta dal Prof. Lorenzo Nigro, annuncia di aver rinvenuto una stele funeraria fenicia.
Il cippo, in alcuni tratti ancora coperto da una vernice rossa, reca un’iscrizione in fenicio:
QBR / Tomba di ‘ABD|M / ‘servo di LQRT / Melqart’ BN / figlio di…
Il “servo” di Melqart’, la divinità più importante attestata a Mozia, in realtà altro non sarebbe che il Re della città.
”Ritrovamento eccezionale – afferma Nigro – in quanto per la prima volta potremmo apprendere i nomi dei Re di Mozia e di chi viveva in questo insediamento”.
Di seguito il video integrale con la scoperta, pubblicata dalla pagina Facebook ufficiale della Missione.
Stele funeraria con iscrizione monumentale dalla Torre 6 di Moziascoperta l'ultimo giorno di scavo…QBR Tomba del'ABD|M 'servo diLQRT Melqart'BN figlio di…
Da anni l’equipe archeologica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, guidata da Lorenzo Nigro, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico, porta avanti una campagna di scavo sull’isola di Mozia. Ultimo prodotto delle preziose ricerche condotte su questo sito archeologico è la ricostruzione della statua di Baal, divinità astrale venerata dai Fenici.
Il monumento in questione risulta essere uno dei primi colossi nella storia del Mediterraneo e la sua riproduzione sta per essere ricollocata al centro del Kothon, la piscina sacra collegata al tempio dedicato alla divinità. L’evento avrà luogo il 7 e l’8 Settembre e, data la spettacolarità del momento, sarà riservato a un numero massimo di 150 partecipanti, i quali saranno guidati dal prof. Lorenzo Nigro e dal suo staff, che presenteranno l’opera dietro la suggestiva cornice dagli ultimi raggi solari. Durante la manifestazione, sarà possibile anche degustare prodotti e vini locali.
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