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NEWS | Archeologia a domicilio: il Museo di Arona (NO) lancia il tour virtuale

Il Museo Archeologico di Arona (NO) sarà affiancato nel percorso di visita da un tour 3D, accessibile a tutti direttamente da casa propria.

Il Museo di Arona

Il Museo Archeologico di Arona è stato inaugurato nel 1997. Al suo interno racchiude la storia dell’insediamento del territorio; conserva reperti che coprono un ampio spettro temporale: dal Neolitico fino al Rinascimento; le ceramiche cinquecentesche sono state rinvenute durante gli scavi per l’ampliamento dell’ospedale cittadino.

Una sala del museo
Il tour virtuale

Per migliorare la fruibilità e, di conseguenza, la conoscenza della storia del territorio, è stato creato un tour tramite la ricostruzione virtuale 3D del Museo.

Spaccato tridimensionale del museo

La possibilità di immergersi all’interno del Museo, navigando dal proprio computer, è stato possibile grazie a Mauro Bonifacio, professionista aronese; il tour è stato progettato tramite il software Matterport.

Ad esempio, è possibile osservare: la planimetria, una riproduzione 3D da cui selezionare i punti da visualizzare, per non parlare della possibilità di scorrere con il cursore la riproduzione fotografica tridimensionale ad alta risoluzione e, quindi, immergersi nelle sale espositive da varie angolazioni.

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La prima vetrina con i reperti della Cultura di Golasecca visitabile in tour 3D
Il pensiero dell’assessore alla Cultura di Arona

A proposito di ciò, Chiara Autunno coglie l’opportunità con queste parole:

«Il tour virtuale è un eccellente strumento per “portare” il museo a domicilio e far scoprire, in parte, i reperti che custodisce nella sede di Piazza San Graziano; il fatto che sia frutto del dono di un benefattore della città lo rende ancora più speciale e meritevole di elogio. Il nostro museo è una piccola, ma fondamentale realtà per il nostro territorio e per chi ha sete di conoscenza, e aspetta solo di essere visitato grazie anche alla bravura della conservatrice e delle operatrici museali».

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L’assessore Chiara Autunno
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NEWS | Elefante africano, al Museo di Zoologia dell’UNICT c’è l’antenato del “Liotru”

Tra la tigre, la zebra e il leone spicca proprio lui: l’Elefante africano. E non poteva essere altrimenti. È il simbolo di una città, “u Liotru” è per i catanesi un “marchio” a cui hanno affidato la protezione contro le eruzioni dell’Etna. E, ovviamente, da protagonista indiscusso, non può che fare bella mostra di sé al centro del salone grande del rinnovato Museo di Zoologia e Casa delle Farfalle dell’Università di Catania che ha riaperto i battenti.

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L’Elefante africano al Museo di Zoologia dell’Università di Catania

Ad accogliere i visitatori al Museo è, ovviamente, il padrone di casa, eletto “simbolo” di MuZoo: l’Elefante africano, arrivato nel giardino della villa Bellini a Catania nel lontano 1889, un “regalo” dell’imperatore d’Etiopia Menelik II al re d’Italia Umberto I a seguito della firma del trattato di Uccialli. Una volta imbalsamato è stato donato al Museo di Zoologia e, nel corso della cerimonia di riapertura, ha affascinato i primi visitatori.

I primi visitatori del Museo di Zoologia dell’Università di Catania
Orgogliosi i responsabili del Museo

«Un progetto che parte da lontano con il pieno contributo dell’Ateneo per offrire alla società civile un’altra struttura museale di prestigio e con una concezione moderna», ha spiegato il rettore Francesco Priolo. «Ancora una volta ci apriamo ai cittadini con una proiezione sul futuro di questo territorio».

«Oggi abbiamo restituito a tutti un museo open, grazie anche al prezioso contributo di studenti e dottorandi. In tempi brevi sarà ulteriormente implementato con una sezione dedicata alle specie aliene». Così ha spiegato il responsabile scientifico della struttura, Giorgio Sabella, alla presenza del responsabile delle attività didattiche e divulgative della struttura museale, Fabio Viglianisi.

I responsabili del Museo alla cerimonia d’inaugurazione
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NEWS | “La Potente” dea Sekhmet arriva al Museo di Bologna

Dal 7 luglio 2021 al 31 dicembre 2023 un’ospite di eccezionale rilievo troverà dimora presso il Museo Civico Archeologico di Bologna grazie al progetto espositivo Sekhmet, la Potente. Una leonessa in città, a cura di Daniela Picchi. L’iniziativa è resa possibile dalla generosa collaborazione con cui il Museo Egizio di Torino ha concesso in prestito uno dei suoi capolavori più rappresentativi: una statua colossale di Sekhmet, materializzazione terrestre della temibile divinità egizia con testa di leonessa e corpo di donna, di cui il museo torinese conserva una delle più grandi collezioni al di fuori dell’Egitto, composta da 21 esemplari.

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La statua della dea Sekhmet del Museo Egizio di Torino in esposizione al Museo Civico Archeologico di Bologna – foto: Alessandro Galli
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Altro esemplare del busto di Sekhmet conservato al Museo di Bologna – foto: Sergio Anelli
Il male e il bene di Sekhmet

Divinità dalla natura ambivalente, al contempo di potenza devastatrice e dispensatrice di prosperità, Sekhmet, ovvero “la Potente”, venne raffigurata in varie centinaia di statue per volere di Amenhotep III, uno dei faraoni più noti della XVIII dinastia (1388-1351 a.C.), allo scopo di adornare il recinto del suo “Tempio dei Milioni di Anni” a Tebe Ovest.

Sekhmet

Alcuni studiosi ipotizzano che il gigantesco gruppo scultoreo fosse composto da due gruppi di 365 statue, una in posizione stante e una assisa per ogni giorno dell’anno, così da creare una vera e propria “litania di pietra”, con la quale il faraone voleva pacificare Sekhmet tramite un rituale quotidiano. La regolarità dei riti in suo onore servivano infatti a placarne l’ira distruttrice che la caratterizzava quale signora del caos, della guerra e delle epidemie, trasformandola in una divinità benevola e protettrice degli uomini.

 Particolari della dea Sekhmet in esposizione al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi (questa e precedente foto)
La Sekhmet del Museo di Bologna

Nella collezione egizia del Museo Civico Archeologico di Bologna è presente il busto di una di queste sculture che – grazie al confronto con la Sekhmet seduta in trono proveniente dal Museo Egizio di Torino – potrà così riacquistare, almeno idealmente, la propria integrità creando una proficua occasione di confronto e ricerca scientifica. La statua sarà esposta nell’atrio monumentale di Palazzo Galvani e arricchirà un importante repertorio di materiali lapidei.

Posizionamento della statua di Sekhmet al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi

Dall’alto dei suoi 2,13 metri di altezza, Sekhmet potrà così accogliere il pubblico e introdurlo alla visita della collezione egizia, continuando a svolgere quella funzione protettrice per la quale era stata commissionata da Amenhotep III mentre, al suo cospetto, il visitatore potrà rivivere la stessa emozione che il sacerdote dell’antico Egitto doveva provare quando entrava nel cortile del Tempio per pronunciare il nome della “Potente” e invocarla nelle sue preghiere per placarla e propiziare ogni estate la fertile esondazione delle acque del Nilo.

La statua della dea Sekhmet al Museo di Bologna – foto: Giorgio Bianchi
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NEWS | La mostra “Natura e Verità” arriva nella “Wunderkammer” della GAM di Torino

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino allestisce nello spazio Wunderkammer (“Camera delle Meraviglie”, sezione della GAM) l’esposizione Natura e Verità 1861-1871. La mostra pone l’accento sulle ricerche più audaci condotte sul fronte del paesaggio tra Piemonte e Liguria: la cosiddetta “Scuola dell’Avvenire”, l’appellativo con cui la critica bollò la cerchia degli estimatori e degli allievi di Antonio Fontanesi.

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Antonio Fontanesi, Aprile, olio su tela, 1872-3
Gli artisti che fecero del paesaggio una scelta

La resa della luce e l’uso dei colori accesi, l’adozione di tagli compositivi non convenzionali e la libertà della stesura pittorica costituiscono scelte che avvicinano le opere esposte: in questi soggetti, che suscitarono scandali e polemiche, riverberano la lezione di Fontanesi e la consonanza con le ricerche di quegli anni che, sotto la spinta del realismo, rinnovavano la scena artistica europea.

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Federico Pastoris, Spiaggia presso Bordighera, acquaforte, 1868

L’idea è stata quella di porre l’accento sul loro modo di intendere il paesaggio attraverso alcuni dipinti che funzionavano come veri e propri casi-studio, come Bosco con portatori di canapa e Le cave di calce di Rivara, entrambi di Alfredo de Andrade. In questi esempi è possibile osservare il procedere del loro lavoro dal vero, immersi nella natura, attraverso la sbozzatura dei disegni e poi degli studi di piccolo formato, in grado di registrare rapidamente le forme della vegetazione, le luci, l’infinita varietà dei verdi, fino a giungere a opere finite o rimaste incompiute.

Alfredo De Andrade, Le cave di calce di Rivara, carbone e gessetto bianco su carta, 1869
La corrispondenza tra Fontanesi e de Andrade in mostra

Un ulteriore e significativo elemento di novità accompagna la mostra in Wunderkammer. Si tratta di un nucleo di sedici trascrizioni di lettere di Antonio Fontanesi ad Alfredo de Andrade: quattordici lettere coprono un arco cronologico dal 1861 al 1866, mentre le ultime due recano la data 1873. Una documentazione inedita che conferma o svela trasferimenti e viaggi, aspirazioni, ambizioni e delusioni che accompagnarono i percorsi del maestro e del suo più giovane allievo, verso il quale Fontanesi esprime un costante e sincero apprezzamento.

Ritratto fotografico di Antonio Fontanesi eseguito dall’allievo Alfredo de Andrade

In copertina: Alfredo de Andrade, Castelfusano, olio su tela, 1867.

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NEWS | Riapre al pubblico il Teatro Antico di Taormina (ME) con un’esposizione unica (PHOTOGALLERY)

Come annunciato dall’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana Alberto Samonà, il Parco Archeologico Naxos Taormina (ME) riapre oggi, 17 maggio 2021. Oggi ricorre anche il centenario della nascita dell’artista siciliano Pietro Consagra e, per l’occasione, è stata allestita un’esposizione all’interno del Teatro. Una selezione di opere dell’artista, realizzate tra il 1964 e il 2003, intrecciano un inedito dialogo con le memorie del Teatro Antico di Taormina e con il paesaggio circostante, in un percorso en plein air aniconico e atemporale.

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Pietro Consagra, Ferro e Fuoco (1997) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
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Pietro Consagra, Oracolo di Tebe (1988) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021

«Oggi la poetica di Consagra – sottolinea Gabriella Tigano, direttrice Parco Archeologico Naxos Taormina (ME) – approda qui, nel Teatro Antico di Taormina, spazio scenico che da millenni accoglie e consacra – in un unicum fra natura, architettura e paesaggio – il verbo dell’arte, declinato in infinite pluralità di linguaggio. Lo accogliamo con gioia certi che il dialogo ravvicinato fra archeologia e arte contemporanea sarà per i visitatori una nuova e vibrante esperienza di viaggio e di conoscenza in Sicilia».

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Pietro Consagra, Ferro trasparente rosso (1965) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
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Pietro Consagra, Controluce n. 2 (1976) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
Il percorso espositivo

La scultura da cui muove il percorso espositivo è Piano sospeso bianco del 1964, una rottura semantica netta realizzata dall’artista siciliano nella sua carriera, dirompente rispetto alle opere precedenti; l’opera è sospesa su una delle due pàrodoi del Teatro, frontale alla cavea e agli spettatori. Attraverso la poetica della frontalità, Consagra ha infatti instaurato le condizioni di un dialogo immediato, con un osservatore libero e a sua volta reattivo, creando le premesse dell’arte “partecipata”. Quest’opera appartiene allo stesso momento di svolta dei Giardini e dei Ferri trasparenti del 1964-66, opere tutte monocrome, bianche, rosa, violette, blu, carminio, lilla, nere, che si incurvano, si frammentano e si gonfiano come sul punto di levitare, ponendosi agli occhi dello spettatore come oggetti sensitivi mobili dalla doppia frontalità, in un allentamento liberatorio della tensione morale.

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Pietro Consagra, Piano sospeso bianco (1964), opera sospesa su una delle due pàrodoi del Teatro – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021

Come sarà possibile vedere in mostra anche con il Giardino bianco del 1966, il colore assume una tale intensità e uniformità da cancellare il materiale da cui è invisibilmente supportato, esprimendo la nuova apertura di Consagra a una felicità individuale. Nuove dinamiche dello sguardo e del corpo saranno attivate anche dal Matacubo esposto, scultura dalle forme tondeggianti e sensuali che attirerà il visitatore a sedersi sopra. La voce, in dialetto siciliano, definisce oggetti molto compatti e spesso ingombranti, ma viene utilizzata dall’artista come termine “paradossale” per indicare opere ludiche, realizzate in marmo e in ferro dipinto, proposte in alternativa alle panchine, costituite comunemente da rigide sbarre di ferro e legno, considerate dall’artista “repressive”.

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Pietro Consagra, Giardino bianco (1966) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
Pietro Consagra, Metacubo (1985) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
Il messaggio dell’esposizione

Il confronto diretto, faccia a faccia, con le opere di Consagra, strategicamente disposte negli spazi del Teatro sarà un’esperienza emozionante: l’artista stesso non escludeva che si potesse alleviare la sofferenza umana con il piacere della bellezza, con la forza di un artificio intelligente, nella consapevolezza che ci può essere una essenzialità, un rigore, un pensiero anche nell’aspetto leggiadro di una scultura. E l’opera di Consagra continua a essere un messaggio di speranza perché proprio oggi l’arte sia nuovamente «la salvezza della spiritualità collettiva e della fiducia in crisi».
La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da Electa.

Pietro Consagra, Ferro rosso (2003) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021
Pietro Consagra, Nero del Belgio e diaspro rosso (1990) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021

In copertina: le opere viste dalla cavea del Teatro Antico di Taormina (ME) – fotografia di Fabrizio Villa ©Pietro Consagra, by SIAE 2021.

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ATTUALITÀ | “The Phair”, la fiera di arte contemporanea e fotografia a Torino Esposizioni

«“The Phair”– un neologismo che è un manifesto, sintesi di Photography e Fair – è un appuntamento annuale dedicato alla fotografia, all’immagine come evento concettuale prima che tecnico e descrittivo del reale». Così l’organizzazione presenta un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati d’arte contemporanea e fotografia.

Inizialmente in programma per la fine di maggio, sembra, invece, che la fiera si terrà dal 18 al 20 giugno 2021. Un rinvio che prevede la fruizione di un evento per come è sempre stato, in presenza. «È un segnale importante per l’Italia, un punto di ripartenza per un settore che ha molto sofferto», commenta Roberto Casiraghi, ideatore della fiera insieme a Paola Rampini.

Un’italianità che incontra il mondo

La manifestazione avrà luogo all’interno del Padiglione 3 di Pier Luigi Nervi, a Torino Esposizioni, nel Parco del Valentino. Uno spazio di quattromila metri ospiterà, così, 50 importanti gallerie d’arte contemporanea italiane che lavorano in Italia o all’estero. Sarà, dunque, un inno all’italianità che incontra il mondo. Si tratta di un evento dedicato non solo ai fotografi in senso stretto, ma soprattutto agli artisti che usano la fotografia per esprimere la propria arte. Infatti, The Phair si rivolge ad alcune gallerie d’arte contemporanea che presentano dei progetti artistici legati al tema dell’immagine e opere create con materiale fotografico o video.​ Ci sarà la partecipazione anche di molti collezionisti piemontesi. Con il programma Collector on air, si racconteranno in brevi interviste, aneddoti e curiosità.

The Phair, inoltre, ha una sezione fotografica visitabile online, Torino Photo Tales, una raccolta virtuale di immagini presentate dalle gallerie che partecipano a questo progetto. Si tratta di una raccolta collettiva di immagini, un’inedita finestra sul panorama artistico nazionale e internazionale della fotografia. Su questa scia, in occasione della fiera è prevista una settimana dedicata alla fotografia, Torino PhTo Days.

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Alcune immagini della raccolta Torino Photo Tales  (fonte: The Phair, Torino Photo Tales)
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NEWS | “Napoli e il Risorgimento greco”, online il virtual tour

Le sale dell’Archivio di Stato di Napoli ospitano la mostra “Napoli e il Risorgimento greco” curata da Jannis Korinthios, in cui sono esposti oltre 150 documenti fruibili attraverso un virtual tour.

La mostra è stata inaugurata il 23 marzo ad opera dell’Archivio di Stato di Napoli, degli Archivi Generali della Grecia e dalla Società di Studi Ciprioti.
Il presidente della Camera, Roberto Fico, commenta: “I legami storici, culturali, politici, commerciali tra Italia e Grecia sono fortissimi e si sono consolidati in tremila anni di storia, sino a culminare nella comune partecipazione al percorso di integrazione europea”. L’iniziativa ci dimostra che la cultura e la bellezza non hanno confini!

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Il virtual tour in azione!
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NEWS | Inaugurata la mostra dedicata a Filippo Juvarra nella Biblioteca Universitaria di Torino

“Filippo Juvarra, regista di corti e capitali. Dalla Sicilia, al Piemonte, all’Europa” è il titolo della mostra inaugurata alla Biblioteca Universitaria di Torino. A renderlo noto è l’Assessore alla Cultura di Messina, Enzo Caruso, che esprime compiacimento per l’iniziativa. La mostra è dunque promossa dalla Biblioteca torinese ed offre la più grande raccolta di disegni del grande architetto e incisore messinese. L’Assessore ha ricordato che già nel maggio scorso, nell’ambito del progetto “Il Maggio dei libri 2019”, fu presentata la ristampa di “Amore ed Ossequio di Messina in solennizzare l’acclamazione di Filippo V di Borbone” di Nicolò M. Sclavo. Capolavoro edito a Messina nel 1701 con otto incisioni di Filippo Juvarra, curato da Giovanni Molonia, lo scomparso studioso di storia patria.

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La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino

Cosa custodisce la Biblioteca di Torino

L’esposizione di Torino conserva la cospicua raccolta di disegni del celebre architetto e dei suoi collaboratori; le opere furono quindi acquisite dalla Biblioteca torinese negli anni 1762-1763. La collezione si arricchì poi, nel 1857, dell’unico composto dell’artista messinese dotato di un originale titolo: “Penzieri diversi p. studio d’architettura fatti da me D. Filippo Juvarra a 9 luglio 1707 in Roma”.

Gli album esposti offrono il profilo di un artista “a tutto tondo”, dentro e oltre il barocco: non soltanto quello di geniale architetto, ma anche di vedutista e scenografo. Tre sono i filoni nei quali si sviluppa il percorso espositivo, arricchito da un apparato multimediale che permette lo sfoglio di tutto il corpus su monitor a parete. Il primo è dedicato agli studi di Juvarra e dei suoi collaboratori più legati alle architetture religiose e civili. Il secondo nucleo ripercorre l’attività di Juvarra scenografo; in particolare quella degli anni romani, tra il 1709 e il 1714. La terza sezione è incentrata sul legame storico-politico-culturale tra Sicilia, Piemonte ed Europa.

In copertina: Filippo Juvarra, Veduta ideale del Po con il Monte dei Cappuccini e Superga, Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, Ris. 59.1, disegno 16 – via: Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino

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NEWS | Donata a Marsala (TP) un’opera d’arte di 80mila euro

Si arricchisce la prestigiosa collezione di Arte contemporanea della città di Marsala (TP). L’Archivio Accardi-Sanfilippo ha infatti comunicato all’Ente Mostra “Città di Marsala” la concessione in comodato gratuito di uno dei capolavori del maestro Sanfilippo; si tratta dell’opera esposta dallo scorso settembre nel Convento del Carmine per la mostra di Arte astratta del Novecento, “L’avventura del segno”.

L’opera verrà dunque accolta nell’esposizione permanente d’Arte contemporanea di Palazzo Grignani con le tele di Guccione, Sarnari, Accardi, Sironi, Cagli e molti altri ancora. Il suo nome è “Blu Verde”, una tempera su tela del 1963 di grandi dimensioni e il cui valore assicurativo ammonta a 80.000,00 Euro.

“Blu Verde”, un’opera di “nubi e galassie”

La notizia è stata accolta con grande entusiasmo dai vertici dell’Ente, che hanno dunque organizzato la mostra “Accardi-Sanfilippo” in collaborazione con l’omonimo archivio che ha sede a Roma.

“Siamo felicemente orgogliosi – ha commentato il direttore dell’Ente, Felice Licari – per questo importantissimo contributo che la Pinacoteca consegna a Marsala e alla sua comunità. Si arricchisce così il patrimonio raccolto in questi anni di lavoro con professionisti del settore, come lo storico dell’arte Sergio Troisi. Con l’arrivo dell’opera di Sanfilippo, la collezione di Arte contemporanea di Palazzo Grignani cresce in qualità e quantità. Ciò conferma il posizionamento di Marsala fra le mete di viaggio preferite di turisti italiani e stranieri; tanta gente è attratta non solo dal mare, ma anche dai Beni culturali che, dall’Archeologia all’Arte contemporanea, sono declinati in un ampio arco temporale”.

Dell’opera “Blu Verde” parla Sergio Troisi, curatore della mostra di Marsala (TP).  La tela si inquadra in un ciclo produttivo collocato temporalmente agli inizi degli anni Sessanta: “Sanfilippo rimpicciolisce il segno – scrive in catalogo Troisi –; fase che successivamente definirà del segno piccolo esclusivamente, strutturando le sue nubi e galassie con una maggiore evidenza grafica a ellisse e facendola vibrare internamente del movimento generato dal colore. Sanfilippo organizza le nuvole in un modo che ricorda quello dei fumetti”.

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NEWS | La “Sanità” di Paolo La Motta in mostra a Capodimonte

Il pittore e scultore indipendente Paolo La Motta sarà in mostra con “Capodimonte incontra la Sanità” presso il Museo e Real Bosco di Capodimonte dal 18 febbraio al 19 settembre 2021. Il rione Sanità si mostra infatti negli occhi e nei volti dei suoi figli più giovani e fragili: bambini e ragazzi dipinti e scolpiti dall’ artista che vive e lavora nel quartiere. Le opere di La Motta sono dunque esposte nella sezione di arte contemporanea del Museo napoletano.

Nell’esposizione sono riuniti ventitré dipinti, nove sculture e il polittico Genny, ucciso nella notte tra il 5 e 6 settembre 2015, in piazza Sanità durante uno scontro fra bande rivali. Vittima innocente della camorra.  

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“Genny”, polittico di Paolo La Motta, 2007.
Foto di Luciano e Matteo Pedicini

La Motta, dunque, raffigura nelle sue opere i ragazzi dei quartieri Stella, Sanità e Vergini con cui organizza i laboratori di scultura all’Istituto Papa Giovanni XXIII. A conclusione del percorso espositivo è presente un video-documentario di circa venti minuti, girato in presa diretta alla Sanità. La telecamera segue La Motta nei vicoli del quartiere, soffermandosi quindi sul suo lavoro artistico e sul rapporto tra l’artista e i ragazzi durante i laboratori di scultura.

La mostra è a cura di Sylvain Bellenger e Maria Tamajo Contarini, promossa e organizzata dal Museo e Real Bosco di Capodimonte in collaborazione con l’associazione Amici di Capodimonte Ets e realizzata grazie al sostegno della Regione Campania.