DIETRO AL FASCISMO | L’E42, il rapporto tra regime e architettura
Il progetto dell’E42 rappresenta l’episodio più importante della volontà fascista con la cui costruzione viene data una svolta al rapporto tra regime e architettura. Il Duce identifica la “città mussoliniana” con l’architettura che richiama la classicità romana. Il progetto nasce dall’idea di Giuseppe Bottai, Governatore di Roma che prospettò nel 1935 a Mussolini l’intenzione di organizzare a Roma un’Esposizione Universale. L’intento era creare un’“Olimpiade delle Civiltà”, che avrebbe dovuto sancire l’approdo dell’Italia ad una pace e confrontarsi a livello culturale con le altre nazioni. L’Esposizione è denominata E42 poiché termine dei lavori è il 1942, ventennale della presa del potere da parte dei fascisti.
La sede dell’E42
L’ E42 è un progetto costituito da edifici permanenti, ad eccezione del Palazzo delle Acque, della Luce e del Turismo, che dovevano lasciare il posto ad un ulteriore espansione della città. Venne scelta un’area di circa 400 ettari, situata nella zona sud di Roma, in prossimità dell’abbazia delle Tre Fontane, intensificando così i collegamenti tra la città e il mare.
L’équipe del progetto
Mussolini nomina come commissario Vittorio Cini, uomo proveniente dall’ambito dell’industria e della finanza, e sceglie personalmente i sei architetti a cui affidare la realizzazione del progetto: Pagano, Piacentini, Piccinato, Muzio, Rossi e Vietti. La costruzione dell’E42 coinvolse tutti, non solo gli addetti ai lavori. Il Duce in quest’occasione parla di pace e di collaborazione tra le Nazioni, ma in realtà mira al successo economico per rinforzare le casse dello Stato e far fronte all’impegno bellico, previsto non prima del 1943-1944.
Il castrum romano
L’E42 fu concepito con lo schema tipico dei castra romani, con palazzi di vetro e acciaio, tutti riferibili ad un unico stile, lo “stile E42” della XX Era Fascista. Un’espressione che rivelava le tendenze di un’epoca, quindi sentimento classico, monumentalità e grandiosità.
Nella seconda versione del progetto, redatta nel 1938, Piacentini assunse il controllo diretto dell’operazione. L’architetto usò stilemi classici come l’arco, il colonnato e l’esedra. Ci si trovava di fronte ad un’atmosfera quasi sospesa, tendente alla solennità. Gran parte della superficie, poi, era occupata da parchi e giardini.
L’intero progetto era impostato sul sistema di cardo e decumano massimo: il cardo era la via dell’Impero, che avrebbe congiunto Roma al mare, mentre il decumano era l’asse che metteva in comunicazione il Palazzo dei Congressi con il Palazzo della Civiltà e del Lavoro. All’incrocio delle due strade, si innesta la Piazza Imperiale, cuore scenografico di tutto il progetto, con l’affaccio dei quattro palazzi simmetrici che dovevano ospitare i Musei delle Arti e delle Tradizioni Popolari e il Museo della Scienza. Questo tipo di sistema richiama l’acropoli di Selinunte e l’agorà di Mileto, mentre la forma pentagonale dell’impianto è ispirata alla pianta di Versailles di Blondel; infine, le aree verdi ricordano quelle di Villa Aldobrandini a Frascati.
La Porta imperiale e la Porta del Mare
Gli accessi monumentali erano la Porta Imperiale e la Porta del Mare, che conducevano agli ingressi dell’Esposizione. Per la Porta Imperiale, gli architetti inizialmente avevano pensato ad una sequenza allineata di torri, ma poi si optò per una fascia di fontane. Purtroppo, l’interruzione dei lavori a causa della guerra ne impedì la realizzazione. La Porta del Mare, invece, era un arco monumentale che avrebbe dovuto attraversare la Via Imperiale, a sud del lago artificiale. Tra i diversi progetti presentati fu approvato quello dell’ingegnere Covre, due archi in lega di alluminio di 200 e 320 m di luce. Il progetto definitivo venne completato nel marzo del 1941, troppo tardi per realizzare i lavori.
I Palazzi dell’INA e dell’INPS
La struttura definitiva dell’Esposizione comportò diverse modifiche nella sistemazione del primo piazzale d’ingresso, con l’introduzione delle due esedre contrapposte che davano forma ai due edifici dell’INA e dell’INPS, nella zona del grande bacino artificiale del lago, in cui si scorge un riferimento ai Mercati di Traiano. Il doppio colonnato delle esedre non aveva una funzione statica, ma solo decorativa ed era realizzato in marmo. Inoltre, i due palazzi erano ornati con quattro colossali bassorilievi di forma quadrata.
L’EUR negli anni Cinquanta
Nel 1940, a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, molti monumenti dell’E42 non furono completati e l’immenso cantiere viene abbandonato, assumendo un aspetto quasi spettrale.
I lavori furono ripresi, sotto la guida di Virgilio Testa, Segretario generale del Governatorato di Roma, soltanto negli anni ’50. L’intera area, ribattezzata EUR, fu trasformata in un quartiere per uffici e residenze e divenne la sede delle Olimpiadi nel 1960.
L’architettura dell’E42
L’architettura dell’E42 si rivolge alle masse. Rappresentava uno strumento di educazione delle stesse in senso fascista e testimonianza della missione di civiltà. L’architettura dell’Impero simboleggiava il mito della romanità, cogliendo immediatamente il legame tra la modernità del presente e la tradizione romana antica. Nell’antica Roma il Duce vede il modello di un rapporto tra l’individuo-artista e la collettività, da riprendere e inquadrare nella concezione totalitaria dello Stato.