Il 30 luglio del 101 a.C. fu combattuta la battaglia dei Campi Raudii. Lo scontro avvenne nel territorio della Gallia Cisalpina e vide contrapporsi l’esercito romano, capeggiato dal console Gaio Mario, e un corpo di spedizione di Cimbri, una delle tribù germaniche. La battaglia si rivelò una totale disfatta per i Cimbri, che, seppur in un notevole vantaggio numerico, furono dunque decimati dalle truppe di Gaio Mario.
Anche la battaglia dei Campi Raudii, come tante altre, ha bloccato l’avanzata delle truppe germaniche in Europa e ha portato all’egemonia di Roma nel mondo. Infatti, dopo lo scontro, la tribù dei Cimbri scomparì e il pericolo cessò di esistere.
In copertina: I legionari portano in trionfo Gaio Mario – fonte: Romano Impero.
Fabio Maniscalco, archeologo, professore e tenente dell’Esercito italiano è stato senza dubbio la figura di maggior rilievo per quanto riguarda la tutela dei Beni Culturali nell’area mediterranea.
La giovinezza a Napoli
Maniscalco nasce a Napoli il 1° Agosto 1965. Si laurea in Lettere classiche all’Università Federico II di Napoli, specializzandosi poi in Archeologia Subacquea ad Aix en Provence. Nel 1993 diviene Ispettore onorario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, collaborando con la Procura della Repubblica di Napoli a casi riguardanti la tutela del patrimonio e le cosiddette “archeomafie”. Nel frattempo sposa Mariarosaria Ruggiero, storica dell’arte, che affiancherà il lavoro del marito fino alla fine, ricordandolo anche in numerose pubblicazioni di alto livello scientifico.
I Balcani: Bosnia, Albania, Kosovo
Dal 1995 al 1998 è tenente dell’Esercito italiano nella Brigata Garibaldi, nell’ambito delle varie missioni di peacekeeping che si susseguono negli anni ’90 al fine di pacificare l’area dell’ex Yugoslavia.
In Bosnia chiede e ottiene dai suoi superiori di dirigere una squadra di ricognizione e monitoraggio dei Beni Culturali: è il primo tentativo effettivo di applicare, all’interno di un esercito, le raccomandazioni della “Convenzione UNESCO per la protezione dei Beni Culturali durante i conflitti armati” (Convenzione dell’Aja, 1954). Nel 1997 in Albania dirige ancora una volta una squadra appositamente creata per monitorare lo stato del patrimonio culturale albanese durante l’operazione “Alba”. Proprio durante quegli anni nei Balcani il “tenente archeologo” inizia ad elaborare un metodo pionieristico nell’osservazione dei danni al patrimonio in area di guerra, che sarà poi pietra miliare per tutti coloro che, sul campo, continuano ad occuparsi di tutela e salvaguardia. L’esperienza in Bosnia e quella successiva in Kosovo (nel 2000) permisero a Maniscalco di pubblicare numerosi volumi, sia di taglio scientifico che di taglio divulgativo.
Nel 1999 fonda l’Isform (Istituto per lo sviluppo, la formazione e la ricerca nel Mediterraneo) il quale ne diventerà Direttore nel 2001 e l’Osservatorio permanente per la protezione dei beni culturali e ambientali in area di crisi. Infine, nel 2000 il Governo Italiano impiega il tenente in Kosovo al fine di continuare a svolgere l’opera di tutela e salvaguardia nell’ambito dell’ultimo conflitto interetnico dei Balcani.
La Palestina: lo “scudo blu” per dare voce a chi non ne aveva
Durante i primi anni del nuovo secolo il viaggio di Fabio Maniscalco, diventato nel frattempo docente di Archeologia subacquea presso l’Università di Napoli “L’Orientale”, prosegue instancabilmente tra Italia e Palestina, realizzando tre progetti in collaborazione con l’Università al-Quds di Gerusalemme. Le azioni in Palestina si pongono come obiettivo, oltre alla tutela e al restauro di alcuni edifici storici a Hebron e Nablus, l’apposizione del simbolo dello scudo blu, il segno di riconoscimento stabilito dalla Convenzione dell’Aja per i Beni Culturali. I beni su cui campeggia lo “scudo blu” non possono essere usati per scopi militari e le forze in conflitto sono tenute al rispetto di essi, a meno che cause di forza maggiore non impongano altrimenti. L’apposizione dello scudo blu sugli edifici storici palestinesi ha avuto più che altro un forte valore simbolico: per la prima volta un team di palestinesi e italiani dichiarava a gran voce che il patrimonio culturale palestinese era importante e andava protetto dai nefasti effetti dell’occupazione e del conflitto che in Terra Santa si protrae da oltre 50 anni. Alla fine della sua esistenza Maniscalco aveva condotto anche un progetto pilota sui danni causati dal Separation Wall (il muro costruito per separare Israele dai Territori Palestinesi) sui Beni Culturali, constatando come la barriera di cemento abbia avuto effetti pesantemente negativi non solo dal punto di vista politico-economico, ma anche dal punto di vista dei numerosi siti archeologici da esso danneggiati.
Le azioni di Maniscalco in Palestina erano volte a ribadire, ancora una volta, che l’uso dei Beni Culturali, la loro appropriazione per scopi nazionalistici o la loro distruzione non sono più, dopo la catastrofe del Balcani, tollerabili in qualsiasi parte del mondo.
L’oro dentro
Fabio Maniscalco è stato vittima del suo stesso senso del dovere: nei Balcani, infatti, era stato pesantemente esposto ai metalli pesanti impiegati nelle munizioni. Un cancro al pancreas lo ha ucciso a Napoli il 1° febbraio del 2008, a soli 43 anni. Nella bellissima biografia, scritta da Laura Sudiro e Giovanni Rispoli, si dice che tra i metalli che i medici trovarono nel sangue dell’archeologo, oltre ad uranio e piombo, ci fosse anche l’oro.
Maniscalco conosceva l’importanza dei Beni Culturali, ostaggio troppo spesso delle ideologie delle comunità nel cui territorio essi si trovano, grazie alle operazioni svolte come ufficiale ma anche grazie ai suoi molteplici studi. Ancora oggi, assieme alla precisione e al metodo rigoroso propri di uno studioso brillante, dai suoi scritti traspare la grande passione e la grande coscienza civile di un uomo che alla cultura e alla pace ha donato anni di lavoro, studio e, alla fine, anche la propria vita.
EMINENT FIGURES | Fabio Maniscalco, the archaeologist in the trenches
Fabio Maniscalco, archaeologist, professor and Lieutenant in the Italian Army was undoubtedly the most important figure with regard to the protection of Cultural Heritage in the Mediterranean area.
Youth in Naples
Maniscalco was born in Naples on 1 August 1965. He graduated in Classics at the Federico II University of Naples, then specializing in Underwater Archeology in Aix en Provence.In 1993 he became Honorary Inspector of the Ministry for the underwater archaeology (Ministero per i beni e le attività culturali), collaborating with the Naples Public Prosecutor’s Office on cases concerning the protection of heritage and the so-called “archeomafia”.In the meantime he marries Mariarosaria Ruggiero, art historian, who will support her husband’s work until the end, also remembering him in numerous publications of high scientific level.
The Balkans: Bosnia, Albania, Kosovo
From 1995 to 1998 he was a lieutenant of the Italian Army in the Garibaldi Brigade, as part of the various peacekeeping missions that followed one another in the 1990s in order to pacify the area of the former Yugoslavia.
In Bosnia he asked and obtained from his superiors to direct a reconnaissance and monitoring team of Cultural Heritage: it is the first effective attempt to apply, within an army, the recommendations of the “UNESCO Convention for the protection of cultural patrimony during conflicts armed “(The Hague Convention, 1954).In 1997 in Albania he once again directed a team specifically created to monitor the state of the Albanian cultural patrimony during the “Alba” operation.Precisely during those years in the Balkans, he begins to develop a pioneering method in the observation of damage to the patrimony in the war area, which will then be a milestone for all those who, in the field, continue to deal with protection and safeguard.The experience in Bosnia and the subsequent one in Kosovo in 2000 allowed Maniscalco to publish numerous volumes, both scientific and popular.
In 1999 he founded I.S.FO.R.M (Istituto per lo sviluppo, la Formazione e la Ricerca nel Mediterraneo) became then Scientific Director in 2001and OBPC (Safeguard of Cultural Patrimony) in crisis areas. Finally, in 2000 the Italian government employed the lieutenant in Kosovo in order to continue to carry out the work of protection and safeguarding in the context of the last inter-ethnic conflict in the Balkans.
Palestine: the “blue shield” to give voice to those who did not have one
During the first years of the new century, the journey of Fabio Maniscalco, who in the meantime became professor of underwater archeology at the University of Naples “L’Orientale”, continued tirelessly between Italy and Palestine, carrying out three projects in collaboration with the University of Quds of Jerusalem.The actions in Palestine aim, in addition to the protection and restoration of some historic buildings in Hebron and Nablus, to affix the blue shield symbol, the sign of recognition established by the Hague Convention for Cultural Heritage. The goods bearing the “blue shield” cannot be used for military purposes and the forces in conflict are required to respect them, unless cases of force majeure requires otherwise. The affixing of the blue shield to Palestinian historic buildings had more than anything else a strong symbolic value: for the first time a team of Palestinians and Italians loudly declared that Palestinian cultural heritage was important and should be protected from the harmful effects of the occupation and the conflict that has been going on in the Holy Land for over 50 years. At the end of his existence, Maniscalco had also conducted a pilot project on the damage caused by the Separation Wall (the wall built to separate Israel from the Palestinian Territories) on Cultural Heritage, noting how the concrete barrier had heavily negative effects not only from the political and economic point of view, but also with regard to the numerous archaeological sites it has damaged.
Maniscalco’s actions in Palestine were aimed at reiterating, once again, that the use of Cultural Patrimony, their appropriation for nationalistic purposes or their destruction are no longer tolerable in any part of the world after the Balkan catastrophe.
The gold inside
Fabio Maniscalco was the victim of his own sense of duty: in the Balkans, in fact, he had been heavily exposed to the heavy metals used in ammunition. A pancreatic cancer killed him in Naples on 1 February 2008, at the age of only 43. In the beautiful biography, written by Laura Sudiro and Giovanni Rispoli, it is said that among the metals that the doctors found in the archaeologist’s blood, in addition to uranium and lead, there was also gold.
Maniscalco knew the importance of Cultural Patrimony, too often victim of the ideologies of the communities in which they are located, thanks to the operations carried out as an officer but also thanks to his multiple studies. Even today, together with the precision and rigorous method of a brilliant scholar, his writings reveal the great passion and great civil conscience of a man who gave so many years of work, research,and in the end, his own life to culture and peace.
Article translated and curated by Veronica Muscitto
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