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ATTUALITÀ | Al Parco e al Museo di Lipari arriva il festival “Isole. Dialoghi tra arte e letteratura”

Cosa unisce l’immagine con la parola e quali possono essere le declinazioni possibili di questo incontro? Per scoprire alcune delle modalità, il festival Isole. Dialoghi tra arte e letteratura dall’8 all’11 luglio 2021 propone quattro serate – aperte gratuitamente al pubblico – che vedranno protagonisti alcuni dei nomi più interessanti degli ambiti artistici e letterari internazionali.

Cuore del festival sarà l’ex chiesa di Santa Caterina, nella cittadella fortificata che domina Lipari, nell’area del Parco Archeologico delle Eolie con il suo grande Museo dalla ricca collezione di reperti. È qui che attraverso esposizioni, sonorità e letture, artisti e scrittori, musicisti e narratori racconteranno al pubblico come nasce un’opera, ciascuno secondo la propria scelta espressiva.

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Orgogliosamente ne parlano l’assessore Samonà e il direttore Vilardo

«Isola nell’Isola, Lipari – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – si conferma luogo fisico e spirituale di riflessione: uno spazio fisso nella fluidità del mare delle idee. Attraverso queste quattro giornate, la Parola, strumento principe della comunicazione, diventa il ponte tra realtà ed esperienze diverse che si raccontano. Da Lipari il Parco Archeologico delle Eolie recupera la propria centralità come luogo che custodisce e racconta la storia millenaria della Sicilia e che, attraverso quest’iniziativa, si propone come cenacolo in cui ospitare un confronto dialettico e creativo fra artisti e pensatori in un momento di incontro e di ritrovata convivialità».

L’assessore Alberto Samonà

Si esprime anche il direttore del Parco, l’architetto Rosario Vilardo: «Incoraggiati dal gradimento del pubblico, il festival “Isole” torna al Parco Archeologico delle Eolie. Un’esperienza positiva, che conferma il ruolo del Parco come polo culturale delle Eolie, luogo di conoscenza e svago di qualità che, partendo dal nucleo fondamentale della collezione archeologica, accoglie e abbraccia le altre discipline come le espressioni figurative, teatrali, artistiche, letterarie e cinematografiche».

Rosario Vilardo, direttore del Parco Archeologico delle Eolie
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ATTUALITÀ | Al Museo di Lipari arriva la mostra “Dipinti sull’acqua”

Che sia il ruggito di un oceano in tempesta o il placido corso del Tevere, le luci notturne e tremule del golfo di Palermo o il promontorio di Portofino schiaffeggiato dalle onde, dal 26 giugno al 31 ottobre 2021 sull’isola di Lipari arriva la mostra Dipinti sull’acqua. Da Sartorio a De Conciliis, allestita fra le sale del Museo Archeologico Bernabò Brea e le celle dell’ex Carcere, trasformato dal 2015 in Polo d’Arte contemporanea.

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È qui, tra le anfore recuperate negli abissi marini delle Eolie, i vasi policromi del “Pittore di Lipari” e la più ricca collezione di maschere della tragedia e della commedia greca che si fanno spazio – come improvvise finestre sul blu – diciannove tele di artisti vissuti negli ultimi due secoli. Artisti che all’acqua, simbolo della vita per eccellenza – ed elemento della natura più ineffabile, sotto il profilo pittorico, per la sua stessa fisicità e trasparenza – hanno dedicato paesaggi, scene di vita quotidiana o istanti di ingenua felicità.

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Carla Celesia di Vegliasco, Acqua e sole, olio su tela, 1912

A cura di Brigida Mascitti, la mostra è quindi promossa dal Parco Archeologico delle Eolie e realizzata in collaborazione con la Regione Siciliana, che la ospita degli spazi del Museo Archeologico Bernabò Brea. La mostra nasce infatti da un’idea del direttore, l’architetto Rosario Vilardo, e di Lorenzo Zichichi e aggiunge un nuovo capitolo all’indagine sulla “pittura d’acqua”.

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Karl Lindemann Frommel, Passeggiata di Poussin verso Monte Mario, olio su tela, 1859
Le parole dell’assessore Samonà

«Inodore, insapore, incolore, priva di forma eppure origine primigenia della vita sulla Terra. Dipingere l’acqua, per un pittore, può essere la sfida di una  stagione creativa o l’ossessione di una vita intera, come è stato infatti per alcuni fra gli artisti in mostra a Lipari. E quale spazio, meglio di un’isola, per sua stessa natura circondata dall’acqua, si presta ad accogliere una mostra come questa che vivifica e rigenera il percorso espositivo di uno tra i più sorprendenti musei della nostra Regione? Siamo certi, dunque, che i viaggiatori attesi alle Eolie nei prossimi mesi ameranno moltissimo questa raffinatissima, liquida suggestione che i “Dipinti sull’acqua” donano a questo museo e alla sua ricchissima collezione di reperti».

L’assessore Alberto Samonà
Gli approcci all’acqua spiegati dalla curatrice Brigida Mascitti
Brigida Mascitti, curatrice della mostra

Spiega la curatrice, Brigida Mascitti, storica e critica dell’arte specializzata nel Novecento storico: «La gamma degli approcci stilistici, concettuali e tematici all’immagine dell’acqua è assolutamente varia, e prescinde dunque dalla cronologia delle opere. Ed è così che il Tevere, con le sue enormi anse, è protagonista della tela Passeggiata di Poussin verso Monte Mario del 1859 di Karl Lindermann Frommel come della Valle del Tevere 1 del 2000 di Ettore De Conciliis. L’acqua spesso è anche l’elemento caratterizzante la città: così ne Il porto di New York del 1912 di Attilio Pusterla, nella tela Brasile. Nei dintorni di Olinda del 1924 di Giulio Aristide Sartorio e nel Canale di Venezia del 1939 di Bruno Croatto».

Bruno Croatto, Canale a Venezia, olio su tela, 1939

Continua: «I contemporanei De Conciliis e Piero Guccione si soffermano sulle placide sfumature di blu del mare con Perenni transiti III del 2015 e lo studio da Il nero e l’azzurro del 2003. Immancabile, inoltre, l’omaggio alla Sicilia, isola bagnata contemporaneamente da tre distinti mari ed immortalata da Vito Bongiorno con l’opera omaggio alla propria terra natale My land del 2021 o con una veduta spettacolare al crepuscolo del Porto di Palermo, opera del 2010 di Ettore De Conciliis».

Piero Guccione, Studio nero e azzurro, 2003

In copertina: Francesco Santosuosso, Tempesta sull’oceano primordiale, olio e acrilico su tela, 2019.

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NEWS | Madeleine Cavalier al Museo Archeologico di Lipari

Domani, 20 giugno 2021, alle ore 11, ci sarà una conferenza al Castello di Lipari dal titolo Una chiacchierata con Madeleine. L’incontro si svolgerà in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia.

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Chi è Madeleine Cavalier

Madeleine Cavalier è l’archeologa francese che dal 1950 fino a pochi anni fa ha svolto la sua attività di ricerca e di studio soprattutto nell’arcipelago Eoliano, ma anche a Tindari, Milazzo e in altri siti siciliani. Lavorando quindi assieme a Luigi Bernabò Brea, ha contribuito in maniera determinante alla fondazione del Museo Archeologico di Lipari e allo sviluppo delle sue collezioni.

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Madeleine Cavalier in archivio – foto: Regione Siciliana

Non è possibile qui elencare gli innumerevoli e fondamentali scavi e gli studi da lei realizzati, molti dei quali assieme al grande archeologo Luigi Bernabò Brea. Possiamo ricordare, tuttavia, tra le molte onorificenze ricevute, la Medaglia di bronzo dal Ministero della Pubblica Istruzione per i benemeriti della Cultura e dell’Arte; nonché la nomina a Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e a Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres.

Cavalier e Brea – foto: Archivio Storico Eoliano

Durante le Giornate Europee dell’Archeologia, Madeleine Cavalier è a Lipari e domenica 20 luglio, assieme al direttore Rosario Vilardo ed all’archeologa Maria Clara Martinelli, incontrerà i cittadini dell’arcipelago Eoliano che tanto le debbono.

In copertina: Luigi Bernabò Brea con Madeleine Cavalier sugli scavi di Lipari.

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ARCHEOLOGIA | L’antichissima Salina, fertile isola delle Eolie

Salina, con i suoi 26,4 km², è la seconda isola più grande delle Eolie, dopo Lipari. Essa è morfologicamente composta da due montagne gemelle, Monte Fossa delle Felci e Monte dei Porri: proprio per questa sua particolare caratteristica, gli antichi Greci la chiamavano Didyme, ossia “gemello”. L’isola è formata da ben sei antichi vulcani spenti: due, le montagne gemelle, sono ben visibili e rappresentano il primo e il terzo rilievo più alto dell’arcipelago. Salina, con i suoi tre comuni, Santa Marina Salina, Malfa e Leni, è l’unica tra le isole Eolie a non rientrare nell’amministrazione del Comune di Lipari: appartiene, infatti, a quella di Messina. L’attuale nome deriva da un laghetto, situato nella frazione di Lingua, nel Comune di Santa Marina Salina, dal quale si estraeva il sale. A Salina, isola fertile e ricca d’acqua, si coltivano uve pregiate, dalle quali si ricava la Malvasia delle Lipari, un vino dal sapore dolce, e capperi, esportati in tutto il mondo.

L’isola durante la Preistoria

L’isola di Salina, assieme a Lipari, fu la sede dei primi abitanti che popolarono le Eolie. Al primissimo insediamento, risalente alle fasi centrali del Neolitico e, cioè, agli ultimi secoli del V millennio, fanno riferimento alcuni rinvenimenti ceramici nella zona di Rinicedda, località presso Rinella, collegati alla cultura di Stentinello. Anche per quest’isola, i criteri insediativi si basano sullo sfruttamento del fertile terreno e sul commercio dell’ossidiana. La continuità abitativa durante il periodo Eneolitico (fase finale del Neolitico) ha poche testimonianze, che si localizzano nella zona di Serro Brigadiere. Nella stessa zona, sono stati rinvenuti frammenti di materiali appartenenti alla cultura di Piano Conte e alla successiva cultura di Piano Quartara. Durante l’età del Bronzo Medio (metà del II millennio a.C.), l’isola venne abitata dalle genti della cultura di Thapsos-Milazzese, che costruirono i loro villaggi in posizioni dominanti e ben difesi naturalmente. Tra gli insediamenti, conosciamo quello su Serro Brigadiere, dove permangono i resti mal conservati delle abitazioni, distruttesi nel tempo; su Serro dei Cianfi, invece, si è dedotta la presenza di tale cultura dalla scoperta di una stratificazione dovuta al dilavamento di materiale archeologico, che si è accumulato in una piccola valle; da ultimo, quello sulla cresta di Portella si presenta in ottimo stato di conservazione. Nel XIII secolo a.C., a causa delle devastazioni provocate dagli Ausoni, anche Salina rimase disabitata, fino all’arrivo degli Cnidii a Lipari.

L’età greca

Dagli inizi del IV secolo a.C. Didyme fu stabilmente abitata. Sappiamo per certo che anche questi nuovi abitanti greci si dedicavano alle attività agricole ed estrattive: ce lo testimonia Tucidide, riferendo che “di là recandovisi, coltivano le altre isole e cioè Didyme, Strongyle e Hiera” (antichi nomi, rispettivamente, di Salina, Stromboli e Vulcano). Probabilmente, fin dal IV secolo a.C., sorgeva un santuario sul sito che è oggi quello della Madonna del Terzito a Valdichiesa: qui, infatti, sono stati rivenuti manufatti che testimoniano il primo abitato greco, come le terrecotte figurate, riferibili al culto di Demetra e Kore. L’esistenza di una necropoli collegata a questo primo nucleo abitativo greco è, al momento, documentata solo da vasetti di corredo, raccolti sporadicamente a Valdichiesa, a Leni, a Malfa e da alcune tombe e stele funerarie.

Il periodo romano

Le fonti ci dicono che l’isola di Salina, così come le Eolie, continuò a essere abitata tra il I secolo a.C. e il I d.C. Gli abitati, sicuramente, sorgevano nella località Valdichiesa, il cui territorio fertile consentiva di mantenere attiva la pratica dell’agricoltura. Un agglomerato urbano di età romana tardo-imperiale è presente anche a Santa Marina Salina. Inoltre, in età romana era ancora attivo il commercio del sale, grazie alla presenza delle saline di Lingua, sfruttate già nel periodo greco. Al commercio del sale era collegata l’attività della salagione del pesce, all’interno della fabbrica tardo-romana rinvenuta a Punta Lamie e che sorgeva su un complesso termale di età imperiale.

L’età bizantina e medievale

In età bizantina e altomedievale l’isola continuò a essere abitata, come documentano l’abitato di Vallone del Castagno, la ceramica di Valdichiesa e le tracce di frequentazione, rinvenute a Rinicedda e Punta Megna. Non bisogna dimenticare, infatti, che, durante i lavori per la banchina portuale, sono state rinvenute alcune monete di Costantino e dei suoi figli, insieme a una moneta di Teodosio. Queste poche testimonianze sono di fondamentale importanza, in quanto provano la continuità abitativa di Salina, anche oltre l’ultimo livello di vita accertato a Lipari dagli scavi archeologici.

Dagli arabi a oggi

Le invasioni arabe resero Salina deserta fino alla fine del 1500, quando tornò a popolarsi. Grazie alle concessioni enfiteutiche del Vescovo di Lipari, famiglie provenienti da tutto il basso Tirreno confluirono sull’isola, attratte dall’illusione di ottenere una piccola proprietà. Questa comunità, priva di tradizioni comuni, era economicamente dipendente dalla più grande e organizzata Lipari. Tale dipendenza ebbe fine solo agli inizi del XIX secolo, quando un’improvvisa domanda di Malvasia permise agli abitanti di Salina di affermarsi finalmente nei mezzi di scambio: per 10 anni i commissari per gli approvvigionamenti dell’armata britannica, giunta a Messina per fronteggiare la possibile avanzata di Napoleone in Sicilia, richiesero il noto “passito eoliano”, sulle tavole dei loro ufficiali. Si innescò, così, un processo di sviluppo locale, tale da permettere il distaccamento economico e amministrativo dall’isola da Lipari. Era il 1867 e Salina veniva dichiarata Comune a sé.  

Oggi, Salina continua a vivere della coltivazione e produzione di Malvasia e, grazie ai suoi numerosi siti di interesse archeologico, di turismo. 

ARCHAEOLOGY | The ancient Salina, fertile Aeolian island

With an area of 26.4 km², Salina is the second largest island of the Aeolian archipelago after Lipari. It is morphologically composed of two twin mountains, Monte Fossa delle Felci and Monte dei Porri: for this particular characteristic, the ancient Greeks called it Didyme, meaning ‘twin’. The island is composed of six ancient extinct volcanoes: two, the twin mountains, are clearly visible and represent the first and third highest peaks of the archipelago. Salina together with its three Municipalities of Santa Marina Salina, Malfa and Leni is the only Aeolian island that is not administered by the Municipality of Lipari: it belongs, in fact, to Messina. Its current name is taken from a small lake located in the small village of Lingua, in the Municipality of Santa Marina Salina, from which salt was extracted (i.e., ‘salina’ is also the Italian word for ‘salt mine’). The fine grapes that are grown in Salina, a fertile island rich in water, are used to obtain Malvasia delle Lipari, a sweet-tasting wine, whereas its capers are exported all over the world.

The island during the Prehistoric Age

The island of Salina together with Lipari was the seat of the first populations that inhabited the Aeolian Islands. Some ceramic finds in the area of Rinicedda, a locality near Rinella linked to the Stentinello culture, are related to the very first settlement in the island, dating back to the central phases of the Neolithic period, that is, to the last centuries of the fifth millennium. Also, settlements were based on the exploitation of the fertile soil and on the obsidian trade. During the Eneolithic period (final phase of the Neolithic), evidences of uninterrupted settlement are few and located in the Serro Brigadiere area. In the same area, fragments of materials belonging to the Piano Conte and the subsequent Piano Quartara cultures were found. During the Middle Bronze Age (mid-second millennium BC), the island was inhabited by the Thapsos-Milazzese civilization, who built villages in dominant and naturally well-defended positions. Among these settlements, there is that on Serro Brigadiere, where it is possible to find the poorly-preserved remains of houses destroyed over time; that on Serro dei Cianfi, where evidence of such culture was given by the discovery of a stratification resulting from the washing away of archaeological material accumulated in a small valley; and last but not least, that on the Portella crest, which is in excellent condition. In the thirteenth century BC, due to the devastation caused by the Ausones, Salina had remained abandoned until the Cnidii arrived in Lipari.

The Greek period

Didyme has been permanently populated since the beginning of the fourth century BC. It is a well-known fact that the new inhabitants from Greece engaged themselves in agriculture and mining: this is attested by Thucydides, who reported that “once they got there, they cultivated the other islands, namely Didyme, Strongyle and Hiera” (ancient names of respectively Salina, Stromboli and Vulcano). Since the fourth century BC, there might have been a sanctuary on today’s site of Madonna del Terzito in Valdichiesa: here, in fact, artifacts have been found that testify to the first Greek settlement, such as illustrated terracotta, which may refer to the cult of Demeter and Kore. The existence of a necropolis connected to this first Greek settlement is, at the moment, only attested by funerary vases, sporadically collected from Valdichiesa, Leni, Malfa, and by some tombs and funerary stelae.

The Roman period

According to the sources, the island of Salina as well as the other Aeolian Islands were still inhabited between the first century BC and the first century AD. The populated areas were certainly located in the Valdichiesa locality, whose fertile territory allowed agriculture. In Santa Marina Salina there was also an urban settlement of the late Imperial period. Furthermore, in Roman times the salt trade was still active thanks to the presence of salt mines in Lingua, already exploited in the Greek period. Linked to the salt trade was the practice of curing fish with salt, found inside the late Roman factory in Punta Lamie, standing on a thermal complex of the Imperial period.

The Byzantine period and the Middle Ages

During the Byzantine period and the Early Middle Ages, the island continued to be inhabited, as proven by the town of Vallone del Castagno, by the ceramics of Valdichiesa and the traces of occupation found in Rinicedda and Punta Megna. In fact, it is worth mentioning that, during the construction work on the wharf, some coins depicting Constantine and his sons were found together with a coin of Theodosius. These few evidences are of fundamental importance, as they prove Salina’s uninterrupted settlement, even beyond the last level of life ascertained in Lipari by archaeological excavations.

After the Arabs until today

The Arab invasions had turned Salina into a wasteland until the end of 1500, when it began to be repopulated. Thanks to the usufructuary concessions granted by the Bishop of Lipari, families from all over the lower Tyrrhenian area came to the island, attracted by the illusion of getting hold of a small property. This community, lacking in common traditions, was economically dependent on the larger and more organised Lipari. This dependency had only ended at the beginning of the nineteenth century, when a sudden demand for Malvasia allowed the inhabitants of Salina to stand their ground in the market: the supply commissioners of the British army, arrived in Messina to face the possible advance of Napoleon in Sicily, had been requesting the well-known “Aeolian passito” on their officers’ tables for ten years. This triggered local development, so as to allow the economic and administrative detachment of the island from Lipari. It was 1867 when Salina was declared a Municipality of its own.

Today Salina keeps living off agriculture, the production of Malvasia and tourism, thanks to its numerous archaeological sites.

Article translated by Cristina Carloni.

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ARCHEOLOGIA | Filicudi, l’isola del diavolo

Anticamente, i Siciliani chiamavo Filicudi “Isola del diavolo”. Forse, questo appellativo deriva dagli otto vulcani che la compongono e che, in tempi passati, dovevano creare un continuo gioco di fumo e detriti vulcanici. Il più alto di questi è il monte Fossa delle Felci, ormai spento.

La storia

Quest’isola fu stabilmente abitata, con insediamenti appartenenti alla cultura di Diana, a partire dalla fine del IV millennio a.C. Ma il momento preistorico più importante è sicuramente quello che vede la nascita dell’insediamento di Filo Braccio. Secondo lo storico archeologo Luigi Bernabò Brea, gli abitanti di questo sito corrispondono al popolo protoegeo degli Eoli. Questa popolazione leggendaria avrebbe anche ispirato il nome dell’intero Arcipelago.

Il nome con il quale questo popolo è riconosciuto dalla comunità scientifica archeologica è cultura di Capo Graziano, dal nome del promontorio su cui sorge il sito. Gli uomini di questa cultura erano sicuramente ottimi navigatori che si dedicavano al commercio marittimo. I manufatti realizzati da questi personaggi sono talmente peculiari da non avere confronti con le culture contemporanee della Sicilia e dell’Italia peninsulare. Si è notata, invece, la somiglianza con alcuni modelli greci che potrebbero avvalorare l’ipotesi che questo popolo provenisse dall’area egea.

Come nel resto delle isole, agli inizi del XIII secolo a.C. anche il sito di Capo Graziano viene abbandonato. Filicudi resta disabitata fino all’età greca. Con l’arrivo dei greci, l’isola viene chiamata Phoinikòdes o Phoinikussa, derivante dalle felci che ancora oggi crescono nel cratere del grande Fossa delle Felci. Le restanti notizie storiche sono molto scarse: Plinio e Strabone riferiscono che Filicudi, assieme Alicudi, erano adibite a pascolo brado. In realtà, le testimonianze archeologiche proverebbero l’esistenza di un insediamento greco stabile nel piano del porto. La vita di questo insediamento sembra protrarsi nel periodo romano e in quello bizantino.

Il mito

Le antiche leggende dei Greci narrano le vicende del re Eolo che, di indole buona e ospitale, accoglie il ramingo Ulisse. Il re era anche il dio dei venti e, secondo il racconto dell’Odissea, prima di partire, regala a Ulisse un otre colmo di tutti i venti tranne uno. Se solo pensiamo al fatto che questi naviganti avevano i mezzi e le esigenze per condurre viaggi e reperire materie prime da commerciare, ecco che la leggenda incontra l’archeologia.