Il Treno di Dante ha percorso il suo viaggio inaugurale il 3 luglio 2021. Intorno alle 9 è partito dalla stazione Santa Maria Novella di Firenze diretto a Ravenna, ripercorrendo le terre del sommo poeta nell’anno del 700esimo anniversario della sua morte. Dalla sua natia Firenze, fino al luogo della sua sepoltura ravennate, passando per le terre che hanno contrassegnato parte della sua vita, sull’antica ferrovia Faentina, a bordo di un convoglio storico. Il treno, infatti, si compone di tre carrozze del modello “100 porte”, realizzato ai primi del ‘900, a cui si aggiungono la motrice diesel D445, il vagone postale (visitabile) e il vagone-deposito per le biciclette. Un treno già di per sé molto suggestivo, con gli interni in legno, che riporta il viaggiatore in un’altra epoca.
A far da cornice, inoltre, anche la tratta storica di una linea ferroviaria che, inaugurata nel 1893, finalmente collegava Adriatico e Tirreno. Proprio su questo storico percorso, il Treno di Dante accompagnerà i viaggiatori lungo un itinerario d’eccezione. Dopo la partenza da Firenze, prevista alle 8.50, il treno fermerà a Borgo San Lorenzo, a Marradi, Brisighella e Faenza con arrivo a Ravenna intorno alle 12.20.
Il treno porterà i viaggiatori sulle orme di Dante tutti i weekend fino al 10 ottobre 2021. Vengono offerte, inoltre, diverse soluzioni d’acquisto del biglietto, tra le quali una che dà diritto alla visita gratuita, nei comuni delle fermate, ad alcuni luoghi del patrimonio storico-artistico.
“La piazza vicino alla piazza” è il sottotitolo dell’iniziativa Agorà Archeologia, promossa dal Museo Civico Archeologico di Bologna. Un modo per continuare a ospitare visitatori da tutto il mondo nonostante la chiusura temporanea di alcune sale del Museo.
Agorà Archeologia, vivere la piazza come gli antichi greci
Dal primo luglio lo spazio del piano terra del Museo diverrà parte integrante del percorso espositivo temporaneo, pensato come le antiche piazze delle città greche: per l’incontro e il confronto dei cittadini e di tutti i visitatori. Una piazza “archeologica” per mantenere e rinsaldare il legame tra la città e il suo patrimonio attraverso mostre, incontri, visite guidate, laboratori e uno spazio dedicato all’accessibilità.
Dante Alighieri, primo ospite della “Piazza”
Il Sommo Poeta sarà il primo ospite dell’iniziativa. Dal primo luglio al primo novembre, infatti, la “Piazza” sarà il teatro espositivo di una mostra su Dante Alighieri: … che mi fa sovvenir del mondo antico. L’esposizione analizza personaggi e tradizioni di miti e storia del mondo antico riprese da Dante, che le rielaborò in chiave cristiana nella costruzione dell’Aldilà nella Divina Commedia.
Tutti gli elementi che ritroviamo nel viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso sono, infatti, un insieme di influssi e apporti culturali, filosofici, teologici e letterari provenienti dal mondo classico; derivati anche dalle aree orientali del bacino del Mediterraneo, filtrati dalle tradizioni ebraica, greco-romana e cristiana e dalle successive dottrine medievali.
Agorà Archeologia: i reperti delle sale chiuse saranno esposti a rotazione
I lavori del Museo Civico Archeologico di Bologna, commissionati dal Settore Manutenzione del Comune di Bologna, avranno una durata di circa 10 mesi. Dal 28 giugno 2021 non sarà più possibile visitare le collezioni relative alla storia di Bologna, le collezioni Etrusco-Italica, Greca, Romana e la Gipsoteca. Il percorso Agorà Archeologia darà la possibilità ai visitatori di poter osservare alcuni reperti provenienti dalle sale chiuse. A rotazione, infatti, verrà esposta una selezione di reperti di maggiore pregio, conservati al primo piano, temporaneamente chiuso.
L’acquedotto romano ritrovato sotto il nuovo Ospedale Materno Infantile di Reggio Emilia (MIRE), sarà il fulcro di un museo multimediale. L’obiettivo è congiungere passato e presente per valorizzare l’area archeologica dell’antica Regium Lepidi.
All’interno dell’ospedale sarà presente dunque uno spazio museale 2.0 con filmati e ricostruzioni visive dell’acquedotto. Infatti si cercherà di raccontare l’importanza dell’acqua nella zona e dell’esperienza architettonica e ingegneristica romana, oltre ai mutamenti della città nel tempo. Inoltre, nel giardino esterno alla struttura nascerà un parco archeologico, dove la restante sezione dell’acquedotto potrà essere visitabile. Il progetto nasce dall’accordo stipulato tra il Comune di Reggio Emilia, la Soprintendenza locale dei Beni Archeologici e l’AUSL IRRCS. Le operazioni per rendere fruibili i manufatti rinvenuti dureranno circa 2-3 anni.
“Il progetto di valorizzazione prevede quindi la realizzazione di uno spazio conoscitivo all’interno del MIRE, dotato di foto e di strumenti multimediali, dove sarà collocata anche una sezione dell’acquedotto posta all’interno di una gabbia protettiva. La restante parte dell’acquedotto portato in superficie resterà nel giardino del MIRE e potrà essere visibile da tutti i cittadini, come il reperto collocato all’interno del MIRE.” Spiega il restauratore della Soprintendenza Mauro Ricci.
Il Ritrovamento dell’acquedotto romano
La scoperta della presenza dell’opera romana non ha sorpreso gli archeologi. Difatti, numerosi reperti romani furono portati alla luce a partire dalla costruzione del CORE (Centro Oncologico ed Ematologico RE) nel 2011 e 2012, fino agli attuali studi che hanno scoperto la presenza di tre condotte idriche. Probabilmente le condotte erano funzionali al trasporto delle acque dalla sorgente di Acque Chiare alla città di Regium Lepidi.
“La novità è stata la scoperta del principale acquedotto della città romana. Nell’area sorgono tre opere idriche diverse. La prima è un doppio canale di tubuli di terracotta, la seconda è un canale unico in laterizi con voltino e la terza è l’acquedotto principale, che è invece un’opera di tipo monumentale, individuato per ora per una lunghezza di oltre 140 metri. Si tratta di una struttura a volta alta 1.8 metri, composta da varie gettate contro terra di conglomerato di scaglie di pietra, frammenti di laterizi, malta, con canale interno per lo scorrimento delle acque ed è in buone condizioni di conservazione. Le tre condotte idriche saranno ora oggetto di studio per datarne la costruzione.” Afferma l’archeologa della SoprintendenzaAnnalisa Capruso.
La costruzione dei portici nacque dall’esigenza dei cittadini bolognesi di ampliare lo spazio dell’abitazione non potendone modificare le caratteristiche strutturali. Si pensò, dunque, a un modo ingegnoso per “prolungare” verso la strada il solaio del primo piano della propria casa.
I portici: settecento anni di storia
Per realizzare queste prime strutture vennero utilizzate forme di sostegno con travi diagonali infisse al muro, supporti in muratura e, infine, tronchi di legno appoggiati a blocchi di selenite o di pietra. Il Comune approvò la costruzione dei portici ed emanò regole di realizzazione e manutenzione delle case con portico fino al 1250. La prima legislazione cercò di introdurre il concetto di “suolo pubblico”: anche se il portico veniva costruito da privati, doveva essere usato come spazio pubblico. Questa normativa, nonostante siano passati 700 anni è ancora in vigore. Nel XV secolo, per evitare gli incendi, venne emanato un decreto che imponeva la costruzione dei supporti per i portici in pietra e non più in legno. La legge non venne pienamente rispettata, infatti ancora oggi si possono osservare alcuni esemplari in legno, come Casa Isolani in Strada Maggiore. Il portico veniva utilizzato dagli artigiani come bottega, in questo modo si poteva sfruttare al meglio la luce naturale. I commercianti mostravano le merci protetti dalle intemperie e i mendicanti, o gli studenti, la usavano come dormitorio provvisorio. Complessivamente, oggi la lunghezza dei portici del centro e nella periferia è di 53 chilometri: la più lunga del mondo! Per la loro importanza artistico-culturale nel 2006 sono entrati nella Tentative List italiana dei siti candidati a diventare Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
ARCHITECTURE | The history of the ancient porticos in Bologna
The construction of the porticos was born from the need of the Bolognese citizens to expand the space of the house, not being able to change the structural characteristics. An ingenious way was therefore thought of to ‘extend’ the attic of the first floor of one’s home towards the street.
Porticos: seven hundred years of history
To create these first structures, forms of support were used with diagonal beams fixed to the wall, masonry supports and, finally, wooden logs resting on blocks of selenite or stone. The Municipality approved the construction of porticos and issued rules for the construction and maintenance of houses with porticos until 1250. The first legislation tried to introduce the concept of ‘public land’: even if the portico was built by private individuals, it had to be used as a public space. This legislation, despite having passed 700 years is still in force. In the fifteenth century, to avoid fires, a decree was issued that required the construction of supports for the porticos in stone and no longer in wood. The law was not fully respected, in fact, some wooden examples can still be seen today, such as Casa Isolani in Strada Maggiore. The portico was used by artisans as a workshop, in this way it was possible to make the most of natural light. Traders displayed the goods protected from the bad weather and beggars, or students, used it as a temporary dormitory. Overall, today the length of the porticos in the centre and in the suburbs is 53 kilometers: the longest in the world! Due to their artistic and cultural importance in 2006 they entered the Italian Tentative List of candidate sites to become a UNESCO World Heritage Site.
Article translated and curated by Veronica Muscitto
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