Giornata della memoria, l’olocausto da non dimenticare
L’evento
Il 27 gennaio 1945 è una data molto importante per la storia europea, poiché in tale giorno, durante la Seconda guerra mondiale, le armate russe liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Qui si era svolta una delle pagine nere della storia umana: l’Olocausto, la persecuzione sistematica degli ebrei.
Preludio all’Olocausto
Con il termine Olocausto, si indica la persecuzione, la deportazione e l’uccisione da parte dei nazisti, di ben dodici milioni di persone tra il 1933-1945. Tra questi, sei milioni erano ebrei. Difatti, l’odio verso gli ebrei si diffuse nel 1933, quando Hitler, capo del partito nazionalsocialista, salì al potere in Germania. Da tale anno, fino alla fine della guerra, gli ebrei non ebbero pace. Solo perché ebrei, i nazisti li isolarono, maltrattarono, derubarono, picchiarono e uccisero. I seguaci del Fuhrer li considerarono la causa di ogni problema, soprattutto economico; per questo confiscarono i loro beni e vietarono loro di continuare qualsivoglia attività lavorativa, a partire dalla Notte dei cristalli, il 10 novembre 1938.
Inizio delle deportazioni
Nel 1933, Hitler organizzò un sistema di campi di lavoro o, meglio, di concentramento. Qui sarebbero confluite tutte le categorie sociali ed etniche ritenute un peso per la nazione tedesca: nemici politici, come i comunisti e socialisti, le categorie “deboli”, omosessuali ed ebrei. In questi campi, essi sarebbero stati costretti a vivere in condizioni disumane, fino alla morte; molti morirono a causa degli stenti, della fame e delle malattie, nonché per mano degli stessi nazisti. Il 20 gennaio 1942 l’organizzazione giunse al termine e, in Germania, in Austria e in Polonia, sorsero i campi di sterminio. I prigionieri vi arrivarono con lunghi viaggi in treno; le SS, i membri del partito e i funzionari statali si riunirono durante la conferenza di Wannsee e stabilirono le modalità delle deportazioni. Essi presero le vittime di forza, li strapparono dalle loro case, malmenarono, caricarono su un camion e poi su un treno, per portarli verso i campi.
Campi di concentramento
I nazisti crearono queste strutture a partire dal 1933. I campi tristemente più famosi, Auschwitz e Majdanek, si trovano in Polonia. Venivano chiamati “di concentramento” poiché dovevano concentrare in un unico luogo i prigionieri per poi eliminarli. Ad oggi, si conoscono circa 44.000 strutture del genere, anche se non si può saperne il numero esatto, giacché i nazisti distrussero parte delle prove; difatti, anche la stima delle vittime non è certa, forse furono più di 12 milioni. Nel 1938, in Austria sorsero altri campi, come Dachau e Mathausen. Alcuni sono presenti anche in Italia: è il caso della Risiera di san Saba, vicino Trieste, e della Casa Rossa, nel territorio di Alberobello. All’inizio, i campi avevano lo scopo di tenere i prigionieri ai lavori forzati; in seguito, a partire dal 1943, divennero degli strumenti di sterminio di massa. Qui i soldati uccisero i prigionieri tramite fucilazione, li asfissiarono con il gas o li bruciarono nei forni crematori.
Liberazione di Auschwitz
A partire dall’estate del 1944, l’Armata russa iniziò l’offensiva contro gli avversari, arrivando fino in Polonia, nei pressi di Auschwitz. Durante l’avanzata, i sovietici incontrarono molti fuggitivi malati e in evidente stato di malnutrizione. Heinrich Himmler, dato che la situazione stava volgendo in peggio, per evitare che i russi scoprissero le atrocità dei campi, fece evacuare i prigionieri nelle cosiddette “marce della morte”. Inoltre, egli diede l’ordine di distruggere le camere a gas rimaste in funzione e i forni crematori; l’eliminazione delle prove continuò nel gennaio 1945. Tuttavia, i nazisti non riuscirono a evacuare tutti i superstiti né a eliminare tutte le prove. Il mondo scopriva così cosa realmente stesse succedendo nei lager. La 9° armata dell’esercito russo liberò Auschwitz il 27 gennaio alle 8:00. I sopravvissuti all’Olocausto furono davvero pochi rispetto al numero delle vittime. I sovietici trovarono nei campi gli oggetti personali dei deportati, tra cui più di 800.000 vestiti e circa 6.000 kg di capelli. Ad Auschwitz persero la vita più di un milione di persone.
Una giornata per ricordare l’Olocausto
Dopo la fine della guerra, vennero fuori tutti gli orrori che erano stati perpetrati nei lager; i nazisti si macchiarono di crimini contro l’umanità. Gli alleati li punirono nel processo di Norimberga, che durò dal 20 novembre 1945 al 1° ottobre 1946. Costoro si macchiarono del genocidio degli ebrei e ciò suscitò lo sdegno dell’opinione pubblica. Anche se le deportazioni avvennero nell’indifferenza generale, non si era a conoscenza della sorte che sarebbe toccata a milioni di persone una volta raggiunti i “campi di lavoro”. Grazie al coraggio di molti cittadini, però, molti ebrei poterono salvarsi e chi non ce la fece lasciò comunque una testimonianza: come la piccola Anna Frank, che documentò quanto fu difficile vivere nascosta dai nazisti. O Luigi Ferri, che insieme a Primo Levi riuscì a sopravvivere fino alla Liberazione. Lo stesso scrittore che, in Se questo è un uomo, lasciò una forte testimonianza. Ancora oggi questa tragedia non può che causare un immenso dolore e ciò che si può realmente fare è non dimenticare mai, affinché non accada mai più. Infatti, per tale motivo è stata istituita la Giornata della memoria in occasione della liberazione di Auschwitz, a partire dall’1° novembre 2005.