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SPECIALE COVID | Archeologia ai tempi del Covid-19 tra incertezze e difficoltà, ma si guarda al futuro

La pandemia da Covid-19 ha portato al mutamento di tante delle nostre abitudini, anche nel settore dell’archeologia e dei beni culturali. Università, musei, poli culturali, scavi archeologici hanno dovuto fare i conti con la realtà e adattarsi alle nuove esigenze anche con l’aiuto dei mezzi tecnologici e informatici. Incalcolabili i danni e i disagi causati dalle restrizioni anti-Covid, soprattutto in ambito accademico e didattico: a soffrire di più sono le migliaia di studenti costretti non solo a una didattica oramai quasi esclusivamente a distanza, ma anche all’interruzione di tutte quelle attività formative come seminari, convegni, scavi didattici. 

Lo stato degli scavi archeologici 

Molte sono le campagne di scavo archeologico mai partite a causa della pandemia. Altre invece, sono state condotte con un numero ridotto di personale e per periodi di tempo più brevi. Non sono mancati le eccezioni come gli scavi  proseguiti senza troppe limitazioni e che al contrario hanno incrementato notevolmente i risultati della ricerca sul campo, come nel caso di Pompei e dei suoi recenti e straordinari ritrovamenti. 

Una discussione a parte merita la questione degli scavi didattici. Durante l’estate del 2020, il rallentamento dell’ondata epidemica e le temperature favorevoli, hanno permesso una piccola e claudicante ripresa degli scavi rivolti agli studenti. Ripresa che si è bruscamente arrestata con la nuova ondata epidemica, che ha causato un rallentamento della ricerca e un ingente danno per accademici e studenti. Non è cosa facile riuscire a fotografare in maniera universale la situazione degli scavi archeologici, soprattutto didattici, in Italia. L’incertezza lavorativa che ha contraddistinto il 2020, continuerà, probabilmente, ancora nel 2021, ma con una nuova e maggiore consapevolezza della situazione. L’impressione e l’intenzione è quella di ripartire, di scavare e lavorare sul terreno, a maggior ragione se i grandi spazi aperti lo permettono. 

Le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti peseranno ancora molto: i gruppi di lavoro saranno meno numerosi e quando necessario si preferirà lavorare da remoto, con tutti i vantaggi e gli svantaggi. Un aspetto positivo, effetto della pandemia, si potrà rilevare nell’ambito della sicurezza. Le regole di igiene e distanziamento porteranno a una maggiore attenzione alle condizioni di lavoro e di alloggio di archeologi esperti e studenti; si tenderà sempre meno all’utilizzo di strutture spartane e di fortuna. 

La testimonianza dall’Università di Pisa

“Un conto è la teoria, un altro è la pratica” e uno studente di archeologia questo lo sa bene. 

Non importa quanto bene abbiamo studiato i testi di Carandini, quanti matrix abbiamo disegnato alla lavagna la notte prima dell’esame di metodologie dello scavo archeologico. Ogni studente ricorderà perfettamente l’esatto momento in cui, il primo giorno su un cantiere di scavo, Carandini & co sono spariti in una nuvola di fumo per fare spazio alla realtà di scavo nuda, cruda, e irresistibile. Ma se da un lato, la didattica a distanza ha permesso agli studenti di continuare a studiare l’archeologia sui pesanti manuali e sulle slide, meno fortuna ha avuto la parte più importante della formazione di un archeologo: lo scavo didattico.

Dall’inizio della pandemia molti sono stati i cantieri abbandonati e rimandati in un futuro prossimo (si spera!). Lo scavo archeologico, oltre ad essere una palestra indispensabile per i futuri archeologi, è un banco di prova. Molti ragazzi non hanno idea di come possa essere la vita durante un cantiere, e capita qualche volta che per quanto si possa amare l’idea dell’archeologia, ci si rende conto che quella non è la vita che fa per tutti. Questo è un aspetto molto importante, che i nuovi iscritti ai corsi di archeologia non hanno potuto sperimentare. Per non parlare del problema dello studio dei reperti e delle analisi di laboratorio post campagna di scavo. Tutto si è fermato, le ennesime cassette di materiali messe a prendere polvere nei magazzini!

Lo stop ai lavori non ha risparmiato nessun ateneo italiano, e noi di ArcheoMe abbiamo raccolto qualche testimonianza di studenti, docenti e ricercatori che ci hanno raccontato dei disagi che tutto ciò ha comportato. 
Il dott. Gianluca Martinez, responsabile dei rilievi di scavo

Gianluca Martinez, responsabile dei rilievi e del GIS per gli scavi diretti dal dipartimento di Archeologia medievale dell’Università di Pisa, ci parla dei progetti che hanno dovuto interrompere e dell’importanza delle attività di laboratorio post scavo, che quest’anno sono rimaste ferme:

“L’Università stava indagando su tre diversi siti tardo antico-medievali: San Genesio, nel comune di San Miniato (PI), la villa dell’Oratorio a Capraia e Limite (FI) e uno scavo in Sicilia, in provincia di Ragusa. Essendo tutti fuori dal comune di Pisa, non abbiamo potuto proseguire con la campagna di scavo da quando è iniziata la pandemia. La nostra preoccupazione più grande è non sapere quanti e quali danni abbiano riportato le strutture parzialmente scavate e in che condizione troveremo la stratigrafia che avevamo messo in luce nelle scorse campagne di scavo. Probabilmente troveremo un terreno diverso da quello con cui ci eravamo rapportati gli anni scorsi“.

Un secondo problema è stato quello dello studio dei dati provenienti dallo scavo: 

Molti pensano che l’attività di ricerca si limiti al cantiere di scavo, tanti ragazzi passano con noi 2 o 3 settimane e poi vanno via, non sanno che la maggior parte del lavoro continua nei laboratori e dura tutto l’anno. Quest’anno tutto il materiale proveniente dai tre siti indagati è rimasto nelle cassette, ci sarà molto lavoro arretrato che dovremo svolgere giorno e notte se vorremo rimetterci al passo con le prossime campagne”.

Ma il dipartimento di Archeologia medievale non è rimasto completamente immobile ed è andato avanti, aprendo un nuovo cantiere nel cuore pulsante di Pisa: è nato così il San Sisto project che ha permesso agli studenti di continuare le attività di scavo, nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Anche le attività di laboratorio hanno trovato modo di raggiungere gli studenti a distanza: “Anche se non possiamo lavorare sui reperti, abbiamo portato avanti le attività di laboratorio in maniera del tutto digitale, con l’informatizzazione delle schede di cantiere e concentrandoci sulle tecniche di rilievo e GIS che saranno sempre di più parte integrante e fondamentale di uno scavo archeologico”. 

(In copertina: studenti dell’Università di Pisa durante le prime campagne di scavo alla Villa dei Vettii (Oratorio, PI), 2010.

Veduta aerea dell’impianto termale della Villa dei Vertici, anche detta dell’Oratorio (Capraia e Limite, FI)
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Cripta dell’insediamento religioso di San Genesio (PI)
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Mosaico della “caccia al cinghiale”, Villa dell’Oratorio (Capraia e Limite, FI)

La testimonianza dall’Università di Messina

Come già accennato, sono poche le università che hanno deciso di gestire degli scavi in una situazione tanto complessa. La maggior parte delle università, invece, ha bloccato ogni esperienza diretta sul campo. Una di queste è l’Università di Messina, come testimonia la prof.ssa Caterina Ingoglia, docente di Metodologie dello scavo archeologico: 

“Come in molte altre università si sono interrotte le attività, sia all’aperto che dentro i depositi. Si sono interrotti i tirocini di scavo e tutti i laboratori che non potevano essere svolti se non in presenza. Abbiamo quindi incrementato soprattutto le attività seminariali che non richiedono presenza. Un anno di interruzione dell’attività di scavo può favorire lo svolgimento di altri tipi di ricerca, ma con le biblioteche chiuse, o comunque parzialmente utilizzabili, anche quello non è facile”.

Ma il clima di incertezza e sconforto non si sofferma solo sul fermo scavi. “I rischi sono seri ovviamente” – continua la prof.ssa Ingoglia – “Bisogna evitare il contagio. Non è facile poter garantire agli studenti una stanza ed un bagno ciascuno, la possibilità di pranzare e cenare a distanza, etc. etc. quindi aspettiamo di essere tutti vaccinati, docenti e studenti”. 

Ciò che è certo è che moltissimi studenti stanno perdendo l’opportunità di fare esperienza diretta sul campo, un’esperienza fondamentale in un contesto come quello archeologico. La professoressa si augura “di poter fare recuperare, per quello che riguarda il mio ruolo, l’attività di formazione sul campo a tutti gli studenti che sono stati penalizzati dal covid, ma potrò organizzare questi recuperi solo quando ci sarà la garanzia della sicurezza della salute“. 

La testimonianza dall’Università di Milano

“Nel mio piccolo, ho sperato fino alla fine che i tirocini si potessero portare avanti. Ma così non è stato. Molti tirocini sono stati accantonati, non solo nell’ambito dell’archeologia, a causa dell’emergenza sanitaria dando, giustamente, priorità allo svolgimento dei tirocini per le aree mediche. Ciò che però dev’essere sottolineato è l’importanza fondamentale che il tirocinio, l’esperienza diretta sul campo, riveste per noi del settore archeologico. Durante la quarantena, inoltre, la mia speranza era quella di poter riprendere gli scavi in estate. Quando ho capito che non sarebbe stato possibile, la reazione non è stata sicuramente delle migliori”.

Uno stato di sconforto, dunque, quello che emerge con chiarezza dalle parole di Clelia Marchese, laureata in Archeologia all’Università di Messina e studentessa di Archeologia all’Università di Milano. La speranza di tornare alla normalità, però, non ricade solo ed esclusivamente sull’aspetto pratico degli scavi didattici. Le attività di tirocinio sul campo tengono viva una passione personale non indifferente, passione che nell’ultimo anno ha trovato appagamento solo per pochi fortunati.

Scavi di emergenza

L’unico settore, per quanto riguarda l’Archeologia e i Beni Culturali, a subire meno variazioni è quello degli scavi di emergenza. Al contrario si è notata una maggiore attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale.  

Fondi e incognite sul futuro

In che modo ripartirà il settore archeologico e in generale dei Beni Culturali? Ci saranno nuovi fondi e maggiori investimenti? 

Sono considerevoli le cifre destinate dal governo al mondo della Cultura. Senza soffermarsi sulla difficile situazione che stanno vivendo musei, teatri e cinema, nuovi fondi sono necessari anche e soprattutto in ambito archeologico. Lo Stato avrebbe stanziato quasi 900 milioni di euro destinati alla tutela del patrimonio e circa 145 milioni invece a Musei e mostre d’arte.

Le incognite sono ancora molte, non solo in riferimento agli aiuti economici, ma anche e soprattutto per ciò che riguarda l’organizzazione del lavoro sul campo per gli addetti ai lavori di tutte le fasce, studenti compresi.

 

Maria Carmela D’Angelo, Oriana Crasì e Vera Martinez