Oggi 30 Novembre 2020 si è svolta la conferenza per la presentazione del progetto DELTA e per la comunicazione dei primi risultati.
Oggi 30 novembre 2020, dalle 16:00 alle 18:30, si è tenuto un workshop online sulla piattaforma Google Meet per presentare il Progetto Delta. Dopo i saluti istituzionali della Prof.ssa Sogliani e del Prof. Roubis, la Prof.ssa Francesca Sogliani ha spiegato nel dettaglio il corso Delta e l’ISP, il programma di studio intensivo DELTA. Successivamente, altri esperti del settore hanno svolto i loro interventi, come da programma.
Digital Excavation: verso l’apprendimento digitale
Il progetto DELTA ha uno scopo ben preciso: quello di aggiornare, per mezzo di un corso di 4 moduli (“Digital Excavation”), il curriculum degli studenti di archeologia. C’è il tentativo di colmare i gap digitali e di formare gli allievi all’utilizzo di tecniche e approcci innovativi, permettendo così la creazione di nuove conoscenze, abilità e competenze. Come è stato spiegato dalla Prof.ssa Francesca Sogliani, sarà possibile iscriversi al corso per poter usufruire della Piattaforma DELTA. Le lezioni si avvarranno di metodi di apprendimento integrato: dalla piattaforma digitale a lezioni frontali, da attività sul campo a uno stage finale. Particolarmente interessante risulta il terzo modulo del corso, relativo alle tecniche digitali. La conoscenza di queste per gli archeologi di oggi e di domani è assolutamente fondamentale, per gestire e visualizzare dati digitali.
Le metodologie digitali per l’elaborazione dei dati post scavo
E’ intervenuto poi Carlo Citter, Professore dell’Università di Siena, per parlare dell’utilizzo delle tecniche e delle metodologie digitali per l’elaborazione dei dati post scavo. La sovrapposizione di cartografie diverse consente, infatti, di porre nuove domande sull’ubicazione di alcuni siti. I diversi casi di studio dimostrano l’esistenza di numerosi metodi e strumenti per reperire più informazioni e elaborare quindi il contesto di un sito, facendo dialogare più fonti diverse e in open source.
Il restauro fisico e il restauro virtuale
Segue l’intervento di Max Limoncelli, Professore dell’Università degli studi del Salento. Nella sua presentazione parla del “restauro fisico” e del “restauro virtuale”. Il restauro virtuale, definito restauro elettronico o digitale, rappresenta l’insieme di elaborazioni svolte con l’ausilio della computer graphic bidimensionale o tridimensionale. Questo permette una ricostruzione o un’ipotesi di ricostruzione di un bene artistico o archivistico che non può essere restaurato in modo tradizionale. L’iter metodologico per il restauro virtuale è costituito da sette passaggi: prima c’è il rilievo; poi, si effettuano la rappresentazione, il trattamento, la mappatura, le analisi non invasive della superficie. Infine, si eseguono l’integrazione e la ricostruzione delle superfici.
Le tecnologia AR e VR al servizio della divulgazione
L’intervento successivo è stato quello di Michele Scioscia e Sara Lorusso e ha riguardato le tecnologie AR e VR. Gli esperti hanno presentato quattro prodotti, due fatti con l’AR, due con il VR. Inventum Game è il primo videogioco in realtà aumentata (AR) per la valorizzazione e la fruizione del patrimonio storico-artistico. Questo gioco, creato dalla Effenove s.r.l.s, è stato fatto per il progetto CulturaCrea per aumentare la divulgazione attraverso il digitale. Inventum è fruibile nel Parco Archeologico di Venosa, attraverso il semplice smartphone. Un altro progetto con AR è Hold the Hut, un gioco in attesa di release, ma pronto all’uso. Hold the Hut racconta la storia della fondazione delle capanne arcaiche del sito di Serra, a San Chirico Nuovo (PO). Per quanto riguarda il VR, due sono i prodotti per la divulgazione: il Museo multimediale ex Convento di San Domenico di Ferradina e Pietragalla. Il VR è perfetto per questi luoghi della cultura e ricerca; permette infatti di fare un viaggio in ambienti o siti archeologici non facilmente accessibili o in ambienti ormai trasformati dal tempo.
Open Salapia, per un’archeologia alla portata di tutti
L’ultimo intervento, ma non per importanza, è quello di Roberto Goffredo, riguardante il progetto Open Salapia. La ricerca è inserito all’interno di Progetto Salapia, il progetto di ricerca e scavo archeologico dell’antica città di Salpi, condotto dall’Università di Foggia e dal Davidson College. Open Salapia è un progetto di archeologia pubblica che mira, attraverso una serie di eventi e iniziative, ad attivare un processo di sviluppo locale che favorisca il recupero e la valorizzazione della memoria storica rappresentata dal paesaggio archeologico e naturale della laguna di Salpi. L’obiettivo principale è quello di coinvolgere attivamente i cittadini, renderli partecipi e consapevoli dell’importanza dell’archeologia nel territorio.