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NEWS | “Le molte facce dell’Archeologia”, il resoconto dell’incontro del MAUC

Come annunciato, si è tenuto ieri, tramite una diretta su YouTube, il terzo appuntamento con i dialoghi del MAUC (Museo di Archeologia dell’Università di Catania); a interagire sul tema delle molte facce dell’Archeologia, sono stati il Professore Daniele Manacorda, il Professore Daniele Malfitana, entrambi docenti di Metodologia della ricerca archeologica. A introdurre la conferenza è stato il Professore Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico e Responsabile scientifico MAUC.

Dalla definizione di Archeologia alla pratica e ai contesti

Professore Manacorda, cos’è per lei l’Archeologia vista nella linea del tempo della sua formazione fino ad oggi?

Il Professore Malfitana ha chiesto così a Manacorda, il quale ha risposto: “L’Archeologia è una delle forme più fantastiche di vivere il tempo, un tempo che è sempre mutevole e che scorre in uno spazio che persiste. Quel qualcosa che ci permette di calarci in spazi che sono stati vissuti prima di noi e che quelli dopo di noi vivranno in modo diverso. L’Archeologia ci permette di ridare vita a luoghi del passato immersi in un silenzio senza fine.

Manacorda ha continuato sottolineando come l’Archeologia non sia altro che una forma di conoscenza che si occupa del passato delle società e della loro relazione con l’ambiente. È importante, ha ribadito Manacorda, capire che l’Archeologia contemporanea non può più ergersi come “ancella della storia”. La sua funzione deve essere quella di fornire una ricostruzione globale, fondata sui singoli eventi e contesti nella lunga durata del tempo storico.

Uno spunto per i giovani

Ai giovani voglio dire che nulla sfugge all’occhio dell’Archeologia contemporanea. Per me l’Archeologia è uno strumento d’interpretazione della realtà che si fonda su concetti molto semplici e alla portata di tutti, spesso difficili da trasformare in ricerca. Occorrono metodo, fatica e tempo“. 

Questi concetti guidano la comprensione del mondo. Si potrebbe creare in un triangolo virtuoso – afferma Manacorda – comprendente le indagini stratigrafiche, tipologiche e tecnologiche che stanno alla base delle facoltà umane nel tempo. In questi tre elementi consiste ciò che chiamiamo “cultura materiale” e che è comune a tutte le Archeologie. Il professore Manacorda ha applicato questa sua indagine per ricavare dei risultati in un contesto di scavo da lui indagato negli anni ’80 del Novecento vicino Brindisi, antico luogo di produzione anforacea.

“L’Italia agli italiani” e il tema della valorizzazione del Colosseo

Prima dell’apertura del dibattito, Malfitana ha discusso con Manacorda sul tema della valorizzazione dei beni culturali; è partito dal titolo di un contributo di Manacorda del 2014: “L’Italia agli italiani: istruzioni e ostruzioni per il patrimonio culturale”. Infatti, in quella sede, il Professore Manacorda ha affrontato il tema dell’integrazione tra Archeologia e mondo moderno, cercando di analizzare il processo di nascita dell’Archeologia pubblica, avviatosi in Italia solo tra il 2010 e il 2011.

Un processo che ha permesso di avere un dialogo con la politica e con i conseguenti sistemi di riforma. A tal proposito, Manacorda ha così avuto l’occasione di fornire un quadro aggiornato del suo progetto sull’area del Colosseo, iniziativa che sembra stia cominciando a prendere concretezza grazie all’uscita di un bando del Ministero.

In questa idea, rientrerebbe l’obiettivo di Manacorda di valorizzare uno dei luoghi più importanti di Roma. Vuole restituire al Colosseo il suo spazio vitale originario, affinché non sia più visto come “un dente cariato”, a causa della messa in vista degli ambienti sotto l’arena, con i muri esposti alle intemperie. Un ambiente che, gli architetti romani avevano costruito per rimanere sotterraneo e non per essere visto. Una questione di tutela, ma anche di etica ed estetica di estrema importanza.

Il rispetto per l-origine delle cose

Continua Manacorda, “L’architettura è fatta di un’armonia di forme. Se un tempio antico non ha più il tetto, e se non ci sono motivi particolari che lo impongano, non c’è nessun motivo per dargli un tetto; dobbiamo rispettare il concetto di rovina come forma storicamente determinata“. Ciò non vuol dire che, in caso di calamità, elementi architettonici non debbano essere rialzati, come è successo con l’anastilosi nel Foro della Pace a Roma.

Anche nelle definizioni si deve ritornare all’origine: l’arena del Colosseo è stata tale solo per 400 anni, per il resto del tempo è stata una piazza, un luogo di incontro sociale. Il Colosseo ha diritto alla sua “piazza”. Non bisogna avere paura di confrontarsi con la modernità, ha sottolineato fortemente Manacorda, sacralizzando all’estremo ogni cosa. “Invito i giovani a riflettere quindi su questi condizionamenti culturali”.

Il dibattito e gli ospiti intervenuti

In conclusione si è aperto un dibattito, in cui sono intervenuti figure come Marcello Barbanera, Professore di Archeologia e Storia dell’Arte greco-romana alla Sapienza di Roma. Egli ha discusso con Manacorda sul rischio delle ultra-specializzazioni delle discipline archeologiche rispetto ad un’Archeologia globale; un argomento che deve esser sempre preso in considerazione, in particolare dalle giovani menti degli studenti di Archeologia. Le nuove generazioni non devono avere paura della visione olistica del mondo, ha risposto Manacorda; devono integrare anche i mezzi tecnologici a loro disposizione.

Si è poi aperto un ulteriore dialogo con la Professoressa Rita Lucarelli, egittologa e Professoressa all’Università di Berkeley (California); è intervenuta sull’importanza di non abbassare il livello di conoscenze, tenendo sempre presente l’importanza dell’antropologia e della filologia nello studio archeologico.

Si è poi concluso l’incontro con un dialogo tra il Professore Malfitana e il Professore Laneri. Si è parlato di scavi urbani e della ripresa delle ricerche a Catania, soprattutto in Via Crociferi. Una zona del centro storico molto indagata dal Malfitana e su cui si spera di poter coinvolgere a breve gli studenti dell’Università di Catania.

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Daniele Manacorda in un momento della conferenza
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NEWS | Il “Tesoro di Morgantina” non più oltreoceano, il dibattito continua

L’Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà, si è interessato alla questione dei famosi “Argenti di Morgantina“; conosciuti anche con il nome di “Tesoro di Morgantina” o “Tesoro di Eupolemos”, il tale che si crede l’ultimo proprietario. Ad intervenire in merito è il deputato regionale all’ARS, l’On. Carmelo Pullara:

“Così come all’assessore Samonà, – spiega Pullara – anche a me sta a cuore preservare l’integrità di così importanti tesori; non solo per il loro pregio artistico, ma anche per il significato che hanno per il territorio della provincia di Enna e della città di Aidone”.

Come deputato e componente della commissione Cultura, farò quanto in mio potere affinché si riesca a trovare una soluzione ragionevole; il tutto al fine di non pregiudicare l’integrità di questo tesoro siciliano. Il prestito degli argenti rientra in un accordo di scambio molto più ampio, ma datato e stipulato quando ancora non erano ben noti i rischi per l’integrità di questo tesoro.

Ora che siamo a conoscenza del pericolo che corre il “Tesoro di Morgantina” – conclude il deputato – dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per ottenere una modifica del contratto tra USA ed Italia.

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Il “Tesoro di Morgantina” – fonte: Regione Siciliana

Un Tesoro tanto prezioso quanto conteso

Si tratta di 15 pezzi in argento risalenti al III secolo a.C. Gli americani hanno scavato Morgantina (EN) che, durante la II guerra punica, aveva defezionato da Roma ed era stata oggetto di incursioni romane (214-211 a.C.). Il sito conservava piccoli ripostigli di gioielli e monete: ripostigli di emergenza secondo il dato numismatico, alcuni contengono monete che appartengono al sistema del denario, altre sono parte di emissioni più antiche; le monete sono fior di conio, nuove di zecca. Tra i monili spiccano le profonde coppe, due pissidi, di cui una con lamina decorata a sbalzo, un’olpe, uno skyphos, una coppia di corna, dei recipienti per mescere il vino e piatti per sacrifici.

Ma il Tesoro non si trova sempre dove dovrebbe. Un patto tra Italia e Stati Uniti sancisce che deve stare in mostra quattro anni al Met di New York e quattro anni al museo archeologico di Aidone (EN). Quando non è esposto al museo dell’antica Morgantina è sostituito da una gigantografia che ne mostra i reperti. Ciò dovrebbe ripetersi per altri trenta lunghi anni, ne son passati già dieci dalla firma dell’accordo tra MiBACT e il Met. Le riflessioni davanti alle tristi vetrine vogliono che il Tesoro resti a Morgantina e non faccia ritorno negli USA, un sogno per cui si combatte a braccio di ferro ancora oggi. Il lungo viaggio che ogni quattro anni gli oggetti devono affrontare genera preoccupazione per la conservazione dei reperti stessi: è il perno su cui tutt’oggi si fonda il tanto acceso dibattito.

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NEWS | Proposta Lega per sospendere l’Archeologia preventiva, gli archeologi promettono battaglia

Le tante associazioni di Archeologia aderenti al Tavolo sono in allarme per la proposta di emendamento n. 13.183 della I Commissione Permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni). Il documento raccoglie gli emendamenti proposti dal cosiddetto “Decreto Milleproroghe” (D.l. 31 dicembre 2020, n. 183 ); si tratta dunque di una modifica al comma 1 dell’art. 25 del D.Lgs. 50 del 18 aprile 2016 riguardo la verifica preventiva dell’interesse archeologico. Nonché firmato dagli On. Silvana Andreina Comaroli, Massimo Garavaglia, Giuseppe Ercole Bellachioma, Claudio Borghi, Vanessa Cattoi, Emanuele Cestari, Rebecca Frassini, Vannia Gava, Paolo Paternoster e tutti del Gruppo della Lega.

L’emendamento in oggetto chiede dunque che “per l’attuazione dei contratti disciplinati dal decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, i cui lavori non siano stati avviati alla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino alla data del 31 dicembre 2025, la verifica preventiva dell’interesse archeologico, di cui all’articolo 25 comma 1 del, decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, è necessaria solo per le aree soggette a specifica tutela negli interventi urbanistici. Per i casi non ricompresi nel precedente periodo è sufficiente l’autocertificazione a firma di un progettista abilitato”.

L’articolo 25 del DL 50/2016 deriva dall’Articolo 28 del DL 42/2004 che al comma 4 recita: “In caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non siano intervenute la verifica di cui all’articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all’articolo 13, il soprintendente può richiedere l’esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente”.

Patrimonio culturale, un interesse prioritario?

La Confederazione Italiana Archeologi (CIA) fa notare che l’emendamento e l’articolo del DL su riportati ignorano l’articolo 9 della Costituzione Italiana, che indica come interesse prioritario della Nazione la tutela del patrimonio archeologico, e la Convenzione Internazionale per la Protezione del Patrimonio Archeologico firmata a La Valletta nel 1992 e ratificata dall’Italia nel 2015.

Questa proposta inquadra l’Archeologia preventiva come un ostacolo ai lavori pubblici. Ciò significa che non ne è mai stata compresa la ratio: l’intervento dell’Archeologia pubblica deve esser messo in campo prima dell’inizio dei lavori, non in corso d’opera; è cruciale la sua applicazione per comprendere la fattibilità del progetto, appunto per non gravare su costi a carico dei privati durante la realizzazione. Necessario risulta più che altro rendere gli interventi dell’Archeologia preventiva concordi con le esigenze dello sviluppo; visione corretta è, per l’appunto, quella anglosassone per cui l’Archeologia preventiva è: development-led Archaeology, ovvero “Archeologia guidata dallo sviluppo”. La proposta in questione porta alla sospensione dell’Archeologia preventiva: ciò procurerebbe dei danni non solo al Patrimonio, ma anche all’economia del Settore. La realizzazione dei lavori pubblici conoscerebbe un’esponenziale crescita dei costi, nonché di tempi di consegna.

La nostra Redazione si unisce all’allarme delle Associazioni già in campo chiedendo il respingimento di tale emendamento, attraverso il quale non è possibile attuare le garanzie previste dalla Costituzione e dalla Legge a tutela del patrimonio archeologico nazionale.

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NEWS | Un nuovo strumento a tutela dei lavoratori della Cultura

Nasce il Tavolo permanente per i lavoratori della Cultura pesantemente colpiti dall’emergenza sanitaria ancora in corso; il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha firmato ieri il decreto ministeriale che lo istituisce ufficialmente. 

“Nasce il tavolo permanente per i lavoratori dei musei, degli archivi e delle biblioteche. Un nuovo spazio per un costante ascolto delle esigenze dei professionisti di uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia” – così ha commentato il ministro Franceschini. “In vista delle misure di rilancio si rafforza così il dialogo e il confronto già intrapreso”.

Tavolo
Il Ministro Franceschini

Il tavolo è presieduto dal Direttore generale Musei, Massimo Osanna, ed è composto dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni di settore. Vi partecipano anche il Direttore generale Archivi, il Direttore generale Biblioteche e diritto d’autore e i rappresentanti delle istituzioni culturali.

Il Tavolo vuole esaminare tutte le problematiche delle istituzioni legate al protrarsi della pandemia per capire come affrontarle. Si spera, però, che possa continuare a svolgere il suo compito di condivisione, dibattito e mediazione anche dopo l’emergenza.