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ACCADDE OGGI | Brucia sul rogo Fra Dolcino, il predicatore eretico

Il 1 Giugno 1307 le fiamme misero fine alla vita di Fra Dolcino. Fu predicatore eretico che con tale vigore influenzò il suo mondo da meritarsi una citazione nella Divina Commedia. Infatti, Maometto, attraverso la penna di Dante, ne profetizza l’arrivo. Lo fa da un luogo singolare: la bolgia dei seminatori di discordie e degli scismatici.

Il fatto storico

Il 1306 la predicazione di Fra Dolcino chiamò contro di sé una crociata. Furono Papa Clemente V e il vescovo Raniero di Vercelli a volerla, e così i dolciniani si ritrovarono costretti a combattere per difendere la propria vita, non solo le proprie idee. Il Monte Rubello divenne fortezza per eretici che riuscirono, per quasi un anno, ad opporsi alle forze di Raniero. Tuttavia, dopo un lungo logoramento, i dolciniani furono alfine sopraffatti. L’assedio li aveva costretti a mangiar i morti tanto erano affamati, e per questo i crociati giustiziarono i sopravvissuti. Non tutti. Fra Dolcino, la sua compagna Margherita ed il luogotenente Longino, furono processati e condannati a morte nel 1307. Margherita e Longino finirono arsi vivi sulle sponde del torrente Cervo. Dolcino subì invece l’umiliazione pubblica prima estinguersi tra le fiamme di fronte la Basilica di Sant’Andrea a Vercelli.

Litografia di Fra Dolcino, Michele Doyen (1809 – 1881)
Le idee

Il pensiero di Fra Dolcino rientra nel più vasto panorama di idee millenariste che circolavano diffusamente in epoca medievale. Nello specifico, la predicazione dolciniana consisteva in una stretta adempienza al messaggio evangelico, sostenendo un forte principio di povertà e credendo in un imminente castigo divino. La Chiesa, in particolare, era accusata di immoralità, di aver tradito i veri valori cristiani. Dolcino seppe essere così convincente da conquistarsi la fiducia di Matteo Visconti, con il quale ottenne militarmente il controllo della Valsesia nel 1304. Eppure, il successo durò poco: solo un anno più tardi il Visconti ritirò il proprio appoggio, e le truppe crociate guidate dal vescovo di Vercelli si misero in marcia.

Lapide commemorativa posta da Tavo Burat e Roberto Gremmo
Curiosità oltre la storia

La vicenda dolciniana è l’ombra che aleggia sui personaggi de “Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Nel romanzo numerosi sono gli accenni al contesto storico e sociale in cui si mosse Dolcino. Tra gli altri il personaggio di Bernando Gui fu effettivamente l’inquisitore che sentenziò la morte per i dolciniani nel 1307.  

F. Murray Abraham interpreta Gui nell’adattamento cinematografico del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud
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I Viaggiatori | Ibn al-Athir e l’importanza strategica di Messina

Lo storico arabo Ibn al-Athir, vissuto tra il 1160 ed il 1233, fu uno studioso dai vasti interessi ed autore di una importante storia del mondo, chiamata al-Kāmil l-ta’rīkh, La perfezione nella storia o La storia completa, una sorta di Storia universale scritta con una prospettiva musulmana. Nel testo si ritrovano le più disparate notizie, da quelle riguardanti i Rus (Russi) a quelle concernenti la storia della Sicilia; si sofferma, in particolare, sulle crociate.

Ibn al-Athir mostra con grande evidenza l’importanza strategica di Messina quale base logistica d’eccellenza e piattaforma operativa per intraprendere spedizioni sia verso le aree interne dell’isola che verso la penisola.

Veduta prospettica di una fantasiosa
Messina medievale, Anonimo

L’autore arabo infatti fornisce in particolare interessanti elementi riguardanti la Città dello Stretto perché, nell’analizzare le vicende della conquista musulmana della Sicilia, narra le operazioni militari svoltesi a Messina e menziona alcune fasi di assedio con riferimento alle fortificazioni.

Fondamentale risulta la testimonianza di Athir per quegli episodi di cui lui stesso fu testimone oculare; militò infatti come soldato, all’età di 28 anni, nell’esercito di Saladino; altrettanto utili i dati offertici sulla scorta delle indicazioni provenienti da fonti importanti quali Ibn al Qalansi ed Imad al-Din.

Le prime notizie su Messina riguardano l’anno 842, in occasione dell’attacco del condottiero ‘Al Fadl, il quale sbarcò con un’armata nel porto di Messina. Interessanti le precisazioni tattiche sull’assedio arabo: combattè fieramente la città di Messina, senza poterla espugnare. Quindi un corpo dell’esercito, facendo un giro dietro il monte che sovrasta alla città, salivvi sopra, e di lì scese in Messina, mentre i cittadini erano tutti intenti a combattere.

Proseguendo racconta che nel 901 una potente armata fu allestita da un altro condottiero, ‘Abu ‘al ‘Abbas e fu condotta da Messina a Reggio, venendo quest’ultima depredata. ‘Abu ‘al ‘Abbas fatto ritorno a Messina abbattè le mura della città; nel cui porto avendo trovate delle navi che venivano da Costantinopoli, ne prese ben trenta e fece ritorno alla capitale.

Da queste brevi indicazioni si può evincere come l’importanza fondamentale di Messina derivava dalla sua posizione di porta della Sicilia e “ponte” verso la penisola. Messina infatti era una base logistica d’eccellenza ed un’importantissima piattaforma operativa per intraprendere spedizioni sia verso la penisola sia verso le aree più interne dell’isola.

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Le cronache di Ibn al-Athir, D.S. Richards

 

Amari M., Biblioteca arabo-sicula, 2 voll., Torino 1880, Roma 1881.

Amari M. – Schiapparelli C., L’Italia descritta nel “Libro del re Ruggero” comp. da Edrisi, 1881-1886.

Amari m., Storia dei musulmani in Sicilia, 3 voll., Catania, 1933.  

Rizzitano U., Il Libro di Re Ruggero, Palermo, 1966.