Il 20 maggio del 325 d.C. il mondo dovette fermarsi. Era iniziato il Concilio di Nicea, un evento che, in un modo o nell’altro, avrebbe plasmato il futuro dell’umanità intera. Non è, infatti, sbagliato affermare come le scelte fatte in quell’occasione abbiano poi influenzato la storia sino ai nostri giorni. Decreti e dogmi che ancora condizionano la nostra vita, tanto nel sentito religioso quanto nella politica.
Preservare la pace
Grazie all’imperatore Costantino il Cristianesimo passò dall’essere un sussurro diffuso ad un vero e proprio culto religioso manifesto (clicca qui per La diffusione del Cristianesimo in Sicilia). Comparvero così le prime chiese cristiane, fuori e addirittura dentro le mura cittadine. Eppure, in soli 20 anni, si arrivò ad una tale confusione, e anche a tali divergenze in seno alla chiesa stessa, che l’imperatore dovette nuovamente intervenire per plasmare la storia. Venne, quindi, organizzato un concilio nella città di Nicea, in Bitinia, nel 325 d.C. In particolare, fu la natura di Cristo a motivare l’incontro dei 220 vescovi intervenuti in quell’occasione, un argomento di tale portata da poter sbriciolare l’impero stesso.
Un nuovo mondo, fatto di dogmi ed eretici
Quanto deciso dal Concilio di Nicea servì per dar nuova struttura ad uno stato sempre più influenzato dai valori cristiani. Troppi, in effetti. Il Concilio rifiutò con forza l’interpretazione ariana della Trinità che, in particolare, considerava Gesù in maniera subalterna rispetto a Dio: solo una creazione priva della stessa sostanza del Padre. Inoltre, venne decretato come miracoloso il concepimento di Gesù da parte di Maria, quindi non carnale, per opera dello Spirito Santo. Si stabilì, pertanto, un dogma, cioè una verità imposta che avrebbe determinato la fede di lì in avanti. Venne poi riorganizzata la struttura della Chiesa stessa, ad esempio affermando l’autorità dei vescovi di Roma ed Alessandria sugli altri. Eppure, stando alle fonti, il Concilio di Nicea finì per essere un fuoco di paglia. In breve, i movimenti eretici ripresero forza, accompagnando l’impero nella sua progressiva trasformazione.
Il progetto In the Footsteps of Early Christian Rural Communities (social: Fb – Sacred Landscape; IG – Sacred Landacape Sicily) finanziato dalla Society for Church Archaeology e dall’Università di Leicestersta per prendere il via. ArcheoMe ha scelto di seguire passo passo questa attività di ricerca accademica per la sua singolarità. Non si tratta, infatti, di pura analisi documentaria, ma di un “viaggio nel tempo”: un’esplorazione fisica del territorio per ricostruire la mobilità nella Sicilia centrale tra le prime comunità rurali cristiane dell’isola.
Vivere il paesaggio sacro
L’esplorazione del paesaggio sacro nella Sicilia centrale si concentrerà nelle aree di Enna, Caltanissetta e Catania. Un scelta non casuale: numerosi studi scientifici rivelano l’esistenza di un paesaggio archeologico decisamente ricco e articolato. Scopo della ricerca è quello di individuare i possibili percorsi che, secoli fa, vennero seguiti dai primi cristiani. Parliamo delle comunità rurali che abitarono la regione tra IV e IX secolo d.C. e che lasciarono a ricordo di sé chiese rurali, monumenti, necropoli. Proprio per comprendere le dinamiche di viaggio di quest’epoca così antica l’esplorazione avverrà a piedi ma non senza un piccolo aiuto: per il trasporto delle attrezzature, infatti, ci si avvarrà di due asini, i principali “veicoli” del passato, che contribuiranno a dare il giusto passo all’attività di ricerca. Il progetto Sacred Landscape Sicily riscrive, dunque, la pura attività di ricerca accademica in una forma nuova, sperimentale, uno studio attivo del territorio in cui s’immerge.
Il percorso tra paesaggio ed archeologia
L’esplorazione Sacred Landscape Sicily, che ArcheoMe avrà cura di documentare, sarà guidata dalla dottoressa Margherita Riso dell’University of Leicester, direttrice e ideatrice del progetto. Il viaggio ci permetterà di scoprire un paesaggio siciliano inedito ai più: parliamo di un orizzonte archeologico poco noto, eppure di fondamentale importanza e indescrivibile bellezza. ArcheoMe seguirà il gruppo di ricerca attraverso le ville romane di Gerace, Rasalgone e del Casale; tra il grande villaggio rurale di Philosophiana ed altri insediamenti abitati dalla preistoria al medioevo; lungo l’asse viario di epoca romana imperiale che collegava Catania ad Agrigento. Tasselli di un puzzle separati tra loro, che il team di ricerca tenterà di riunire ancora una volta. Rifacendoci alle parole della dott.ssa Riso, i tempi e le difficoltà di viaggio “verranno sperimentati dal nostro team all’interno di un paesaggio culturale divenuto un vero e proprio contenitore della memoria, individuale e collettiva”.
Prima del primo passo
È bene chiarire che alle spalle di un’indagine sperimentale come quella di Sacred Landscape Sicily corre un lungo tempo di studio e preparazione scientifica. Quella che potrebbe sembrare una “passeggiata spensierata” in realtà non lo è. I possibili percorsi individuati dal gruppo di ricerca non sono influenzati dalla moderna morfologia del territorio ma da quella ricostruibile per l’era passata presa in esame, in questo caso l’alto medioevo. In particolare, la ricerca filologica e le ricognizioni di superficie si accompagnano alle elaborazioni digitali GIS (Geographic Information Sistem). Tramite questo software possono essere mappati i principali elementi del territorio, archeologici e ambientali, elementi con cui intendere l’ipotetico tracciato delle antiche rete stradali. Il riscontro “umano” è indispensabile, a questo punto, per validare o meno il ventaglio di possibilità ottenute dall’analisi informatica.
Non manca molto: il 24 settembre 2022 Sacred Landscape Sicily muoverà il primo passo con una conferenza di presentazione che si terrà a Piazza Armerina, il caratteristico comune ennese che ospita la famosa Villa Romana del Casale e da sempre al centro di una sistematica ricerca archeologica. Presente alla conferenza di avvio anche l’immancabile Gruppo Archeologico “Litterio Villari”, da sempre al fianco degli archeologi che operano sul territorio della Sicilia centrale.
Costantino I, il Vincitore, il Grande. Questi sono alcuni dei nomi con cui era conosciuto uno dei personaggi più importanti della storia romana, l’uomo che riformò l’Impero e favorì la diffusione del Cristianesimo.
La politica amministrativa e religiosa
Nato il 24 febbraio 274 d.C., dopo un periodo turbolento segnato da lotte interne, divenne Imperatore nel 306. Durante la sua carica mise in pratica una serie di riforme di grande importanza. Non appena si assicurò il potere, Costantino procedette con la riorganizzazione amministrativa e territoriale dell’Impero, riformando la burocrazia e l’Impero stesso che venne suddiviso in quattro prefetture.
Ogni prefetto aveva poteri amministrativi e giuridici ma non quelli militari: il potere militare spettava unicamente all’Imperatore. In modo progressivo le truppe vicine al palazzo imperiale presero sempre più potere, mentre quelle al confine conobbero un progressivo imbarbarimento.
Ebbe importanti conseguenze il trasferimento della capitale a Costantinopoli. La posizione della città, odierna Istanbul, consentiva di controllare in maniera più efficace sia le frontiere che le vie commerciali.
La morte di Costantino
La morte di Costantino fu tanto inaspettata quanto improvvisa.
Morì il 22 maggio del 337 d.C., in una residenza imperiale nei pressi di Nicomedia. Si spense nel trentunesimo anno di regno, durante le festività di Pentecoste e poco dopo essersi ammalato. Pochi giorni prima della morte, resosi conto della propria fine, l’Imperatore decise di farsi battezzare da Eusebio, vescovo cristiano della città, che negli ultimi tempi era diventato il suo consigliere in materia ecclesiastica. La pratica di ricevere il battesimo sul punto di morte, al tempo, non era insolita: in questo modo il battezzato aveva la possibilità di cancellare tutti i propri peccati senza aver tempo di commetterne dei nuovi.
Costantino, infatti, non solo legalizzò il Cristianesimo ma favorì la diffusione della dottrina cristiana. Oltre a restituire i beni confiscati da Diocleziano, fissò una serie di privilegi per la Chiesa: la riformò uniformando la dottrina cristiana e dando così inizio all’Impero cristiano.
Ad oggi, sia la Chiesa ortodossa che le Chiese di rito orientale lo venerano come santo. A livello locale il culto di San Costantino è comunque autorizzato anche nelle chiese di rito romano-latino.
Riceviamo e pubblichiamo la riflessione della studentessa Camilla Vallone sulla figura di San Giorgio, nel giorno a lui dedicato, patrono di Reggio Calabria. Ogni 23 aprile viene celebrato Giorgio (280-303 circa).
Tracce nei secoli
La vita del giovane è avvolta da un alone di mistero. Poche sono le notizie in nostro possesso e molte di queste non sono ritenute attendibili. La figura di Giorgio è stata inizialmente ricostruita grazie all’opera Passio Georgii, datata attorno al V secolo, ma ben presto considerata apocrifa con il decretum Gelasianum del 496. Il giovane romano venne venerato già a pochi decenni dalla sua morte: lo testimonia una basilica costruita in suo onore a Lydda (attuale Lod, città in Israele). Un’epigrafe greca del 368 ca., rinvenuta ad Eraclea di Betania, cita questo edificio religioso sorto sulla tomba del martire: “casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni”, così come fa Teodoro Perigeta nel suo De situa Terrae Sanctae (530 circa).
Attualmente il corpo del santo non è presente poiché trafugato, ma anche la basilica non è più quella originaria: più volte è stata distrutta (una di queste, durante il dominio di Saladino) per poi essere ricostruita.
Tra storia e leggenda
La leggenda attorno al giovane prese forma durante il XIII secolo. Ne parla l’opera “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze (1293), il quale associò San Giorgio militare alla figura di Perseo che sconfisse il mostro marino salvando Andromeda.
Attenendosi alla versione romanzata, a Silene (città della Libia) vi era un drago (raffigurazione del male) che veniva tenuto a bada quotidianamente prima tramite il sacrificio di due pecore e poi tramite quello di un abitante scelto attraverso sorteggio. Il giorno in cui il caso scelse la figlia del re di Silene, Giorgio la salvò dal drago e ordinò al popolo di convertirsi per rendere docile il mostruoso animale. Nelle icone, quindi, il martire viene rappresentato a cavallo durante l’atto di uccisione del male.
Il protettore di Reggio Calabria
La figura di santo cavaliere si diffuse nell’XI secolo, a seguito della battaglia navale di Siracusa del 1086, tra il saraceno Bonavert (che aveva condotto razzie in territorio reggino) e il Duca Ruggero Borsa (nipote di Ruggero I di Sicilia). Il normanno vinse il saraceno e la leggenda narra che in cielo apparvero un cavaliere bianco ed un cavaliere nero, rispettivamente San Giorgio e San Michele Arcangelo.
Da questo momento in poi il giovane martire, non solo fu rappresentato come cavaliere, ma divenne protettore di Reggio Calabria. Ben sette chiese vennero costruite in suo onore e attualmente sono presenti sul territorio sia la chiesa di San Giorgio extra moenia sia quella di San Giorgio intra moenia (definita anche “S.Giorgio al corso”).
Il cavaliere oltre ad essere patrono di molte altre località (per citarne alcune: Barcellona, Genova, Venezia, Ferrara, Inghilterra, Lituania e Georgia) è anche il protettore degli scout e dei combattenti. La figura di Giorgio viene invocata contro le malattie della pelle e, addirittura, le donne musulmane visitano la sua tomba a Lydda per ricevere la grazia della fertilità. Nonostante nel 1969, la Chiesa di Roma indicò la festa del martire come facoltativa (date le scarse notizie possedute e il racconto surreale e leggendario), moltissimi sono ancora i fedeli profondamente devoti a San Giorgio.
Nella sua terza stagione, la missione archeologica franco-norvegese che lavorava nel sito di Tala sud di Qasr Al-Ajouz nell’oasi di Bahariya, ha annunciato di aver riportato alla luce il più antico monastero cristiano d’Egitto.
Il monastero ha rivelato una serie di edifici costruiti con pietra di basalto scavata nella roccia e edifici costruiti con mattoni di argilla. Il dottor Usama Talaat, capo del settore delle antichità islamiche, copte ed ebraiche presso il Consiglio supremo delle Antichità, ha spiegato che gli edifici in mattoni di fango si datano tra il IV e il VII secolo d.C. Gli edifici sono suddivisi in sei settori, includendo i resti di tre chiese e le celle dei monaci. Le pareti recano graffiti e simboli con iscrizioni copte.
Il dottor Victor Ghica, capo della missione, ha indicato che durante la missione per l’anno 2020 sono state rivelate 19 stanze scavate nella roccia e una chiesa con annessa una struttura con due stanze scavate nella roccia. Le pareti recano iscrizioni in giallo che includono testi religiosi dalla Bibbia in lingua greca. Le iscrizioni danno informazioni riguardo la vita monastica in questa regione. I monaci si erano stabiliti in questa regione a partire dal V secolo d.C.
Victor Ghica spiega che l’edificio sembra risalire al IV sec. d.C., rendendolo, di fatto, il più antico complesso monastico in Egitto. Gli ambienti, dunque, comprendono una chiesa, il refettorio, le stanze per la residenza dei monaci e un certo numero di ambienti-magazzino. Tra i rinvenimenti anche molti frammenti di ostraca (frammenti ceramici), recanti iscrizioni greche databili tra il V e il VI secolo d.C. L’importanza della scoperta risiede non solo nella collocazione temporale di tale monastero (il più antico, appunto), ma è utile per la comprensione della formazione delle prime congregazioni monastiche in Egitto in questa regione.
Con l’Editto di Milano del 313 d.C., l’imperatore Costantino proclamò la libertà di culto, equiparando la nascente religione, il Cristianesimo, ai restanti credi diffusi in tutto il mondo conosciuto. La tolleranza verso una nuova forma cultuale, nonché la regolarizzazione della stessa, diminuì la piaga interna che via via andava aprendosi nel cuore dell’Impero Romano, consolidando la struttura imperiale messa a dura prova dalle sempre più frequenti incursioni barbariche.
Una nuova religione
La nuova religione si basava sul concetto di “redenzione”, vera e propria innovazione culturale rispetto alle più antiche religioni politeiste e pagane. La nuova figura dell’unico Dio amorevole, che prende spunto dalla figura ebraica di YHWH (Yehowah – Geova), viene diffusa in tutto il Mediterraneo piuttosto rapidamente. L’insurrezione degli Ebrei contro l’Impero Romano del 66 d.C., con la conseguente distruzione della città di Gerusalemme nel 70 d.C., avrebbe facilitato la diffusione della parola di Cristo (“evangelizzazione”) in tutto il bacino del Mediterraneo. Infatti, le comunità ebraiche presenti a Gerusalemme durante gli anni dell’assedio romano furono costrette a fuggire. Una seconda e fallimentare rivolta di poco successiva, sedata dal comando di Adriano (135 d.C.), portò alla cacciata degli Ebrei dal territorio di Palestina (diaspora).
L’arrivo in Sicilia
In Sicilia sono attestate già dal I secolo d.C. diverse comunità ebraiche in tutto il territorio isolano. La loro presenza, inizialmente vincolata alle zone costiere, avrebbe veicolato la diffusione di questa nuova cultura all’interno di un tessuto profondamente misto e omogeneo. Difatti, se nei grandi centri costieri la diffusione del Cristianesimo è resa più semplice dall’ondata migratoria di queste comunità, la cristianizzazione della Sicilia può reputarsi completa intorno al V secolo, cioè quando la presenza cristiana è documentata anche nei centri abitati interni, meglio difesi e meno accessibili.
Le prime menzioni agiografiche in Sicilia si hanno nel 251 d.C. sotto il breve comando dell’imperatore militare Decio, il quale, nel suo tentativo di riportare in auge la religione e i “mores” romani, brutalmente in contrapposizione con il nascente credo messianico, si macchiò di una delle prime persecuzioni a danno dei Cristiani. Il documento in questione, la lettera di Cipriano, lascia supporre la presenza di una comunità cristiana stanziale già a partire da questa data; la più antica epigrafe cristiana, l’epitaffio di Julia Florentina, è datata 296 d.C. ed è stata rinvenuta nel territorio catanese.
I primi Santi siciliani
In questo contesto perse la vita Agata da Catina (Catania, da allora patrona della città etnea) per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana. Per lo stesso motivo, ma qualche anno più tardi, nel 304 d.C. perse la vita Lucia da Siracusa, il cui culto è dimostrato dal ritrovamento di un’iscrizione funeraria ad opera di Paolo Orsi. L’iscrizione, del IV secolo d.C. e di ovvio carattere votivo, raccontava della vita di una donna di nome Euschia che “morì nella festa della mia Santa Lucia”.
Anche Santa Lucia, al pari di Sant’Agata a Catania, è protettrice della città di Siracusa. Nella tradizione messinese, che trova riscontro soltanto in fonti di epoca tardo-medievale, si ricorda la visita di San Paolo nel 42 d.C. recante una missiva da parte di Maria madre di Cristo in persona (Vos et Ipsam Civitatem Benedicimus, queste alcune parole della lettera, oggi impresse a caratteri cubitali sulla base della statua votiva a lei dedicata situata presso il porto della città).
La conversione dall’Ebraismo
Situazione differente per quel che concerne la porzione più interna del territorio siciliano. I commerci e i contatti del popolo costiero basterebbero da soli a giustificare la diffusione del Cristianesimo più rapidamente nei porti di mare anziché nelle zone rurali. Definisce il quadro la reticenza da parte delle diverse etnie che occupavano le zone interne della Sicilia, ancora fortemente legate alla tradizione greco-ortodossa, nonché alla lingua greca, a discapito di lingua e tradizione latina, più diffuse nelle zone di mare. Ma non sarebbe una visione del tutto corretta. La commistione di diverse etnie, difatti, avvenne in maniera abbastanza semplice anche nelle zone più interne. Il Cristianesimo penetrò attraverso le vie di comunicazione che dalla costa si spingevano all’interno dell’isola, come ad esempio la tratta Catania-Agrigento. Lungo tutto quest’asse viario, unica via interna che collega la Sicilia orientale con la porzione sud-occidentale dirimpetto alle coste africane, sono state rinvenute notevolissime tracce di edifici e necropoli ascrivibili al periodo paleocristiano, in località ad oggi disabitate ma floride in epoca tardoantica. I rinvenimenti che si hanno nel territorio di Piazza Armerina e della Villa del Casale, Barrafranca, Riesi, Pietraperzia, Calloniana e Sofiana, tutti ascrivibili al periodo compreso tra III e IV secolo d.C. (monete, monili, lucerne, corredi funebri), sono testimonianze di una penetrazione del culto cristiano già dagli albori del III secolo, coesistendo con la più radicata cultura pagana e con quella ebraica.
Unità religiosa e linguistica
La conversione diventa, così, un fattore anche linguistico, nonché culturale e cultuale, in grado di appiattire le differenze tra le varie popolazioni che abitavano la Sicilia di allora (Greci ed Ebrei). Dopo la definitiva cristianizzazione della Sicilia nel V secolo, si parlerà, infatti, di “popolazione sicula” per intendere tutti gli abitanti del territorio isolano e senza alcuna distinzione etnica.
The spread of Christianity in Sicily
With the Edict of Milan in 313 AD, the Emperor Constantine proclaimed freedom of worship, equating the nascent religion, Christianity, with the remaining creeds spread throughout the known world. Tolerance towards a new form of worship, as well as its regularization, the internal scourge diminished that was gradually opening up in the heart of the Roman Empire, consolidating the imperial structure put to a severe test by the increasingly frequent barbarian incursions.
A new religion
The new religion was based on the concept of ‘redemption’, a real cultural innovation with respect to the most ancient polytheistic and pagan religions. The new figure of the one loving God, inspired by the Jewish figure of YHWH (Yehowah – Jehovah), is spread across the Mediterranean rather quickly.The Jewish insurrection against the Roman Empire in 66 AD, resulting in the destruction of the city of Jerusalem in 70 AD, would have facilitated the spread of the word of Christ (‘evangelization’) throughout the Mediterranean basin. In fact, the Jewish communities present in Jerusalem during the years of the Roman siege were forced to flee. A second and unsuccessful revolt shortly after, quelled by the command of Hadrian (135 AD), led to the expulsion of the Jews from the territory of Palestine (diaspora).
The arrival in Sicily
In Sicily, several Jewish communities have been attested since the 1st century AD throughout the island. Their presence, initially linked to the coastal areas, would have conveyed the spread of this new culture within a deeply mixed and homogeneous fabric. In fact, if in the large coastal centres the spread of Christianity is made easier by the migratory wave of these communities, the Christianization of Sicily can be considered complete around the fifth century, that is when the Christian presence is also documented in the internal inhabited centres, better defended and less accessible.
The first hagiographic mentions in Sicily are in 251 AD under the brief command of the military emperor Decius, who , in his attempt to revive the religion and the Roman ‘mores’, brutally in contrast with the nascent messianic creed, was guilty of the first persecutions against Christians. The document in question, the letter of Cyprian, suggests the presence of a permanent Christian community already from this date; the oldest Christian epigraph, the epitaph of Julia Florentina, is dated 296 AD and was found in the Catania area.
The first Sicilian Saints
In this context, Agata da Catina (Catania, patron saint of the city since then) lost her life for never having betrayed the profession of her Christian faith. For the same reason, but a few years later, in 304 AD Lucia of Syracuse lost her life, whose cult is demonstrated by the discovery of a funerary inscription by Paolo Orsi. The inscription, from the 4th century AD and of obvious votive character, told of the life of a woman named Euskia who “died on the feast of my Saint Lucia”.
Even Saint Lucia, like Sant’Agata in Catania, is the protector of the city of Syracuse. In the Messina tradition, which is confirmed only in late medieval sources, we remember the visit of St. Paul in 42 AD bearing a letter from Mary, mother of Christ in person (Vos et Ipsam Civitatem Benedicimus, these are some words of the letter , today imprinted in large letters on the base of the votive statue dedicated to her located at the port of the city).
Conversion from Judaism
Situation is different with regard to the innermost portion of the Sicilian territory. The trade and contacts of the coastal people alone would be enough to justify the spread of Christianity more rapidly in seaports than in rural areas. The picture is defined by the reticence from the different ethnic groups that occupied the inland areas of Sicily, still strongly linked to the Greek Orthodox tradition, as well as to the Greek language, to the detriment of the Latin language and tradition, more widespread in the sea areas. But it would not be a completely correct view : the mixture of different ethnic groups, in fact, took place quite simply even in the most internal areas. Christianity penetrated through the communication routes that went from the coast into the island, such as the Catania-Agrigento section. Along this entire road axis, the only internal road that connects eastern Sicily with the south-western portion opposite the African coasts, remarkable traces of buildings and necropolis attributable to the early Christian period have been found, in places that are currently uninhabited but flourishing in late antiquity.The findings that occur in the territory of Piazza Armerina and Villa del Casale, Barrafranca, Riesi, Pietraperzia, Calloniana and Sofiana, all attributable to the period between the third and fourth centuries AD (coins, jewels, lamps, funeral equipment), are evidence of a penetration of Christian worship since the dawn of the third century, coexisting with the more deeply rooted pagan and Jewish culture.
Religious and linguistic unity
Conversion thus becomes a linguistic factor, as well as a cultural and religious one, capable of flattening the differences between the various populations living in Sicily at the time (Greeks and Jews). After the definitive Christianization of Sicily in the fifth century, we will speak, in fact, of ‘Sicilian population’ to mean all the inhabitants of the island and without any ethnic distinction.
Article translated and curated by Veronica Muscitto
Gestisci Consenso Cookie
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.