Qualche giorno fa sono stato fermato da un vicino di casa che mi chiedeva se mi fossi vaccinato. La mia risposta è stata: “Certo!”. Non se l’aspettava questa risposta secca e decisa, nè io mi aspettavo la sua strana reazione.
Mi guarda, incredulo, stranito, e mi dice: “Ma perché hai fatto questa pazzia?” Non sapevo cosa rispondere perché volevo evitare di offenderlo, quindi inizialmente resto in silenzio, con gli occhi sgranati. Provo ad accennare un timido “forse apparteniamo a diverse scuole di pensiero” ma il suo “Ci vogliono controllare, è tutto un imbroglio” mi leva ogni possibilità (e voglia) di replica.
Quasi spaventato dall’udire una risposta ancora più bislacca, chiedo: “Scusa, ma perché dici questo? C’è un virus che sta mettendo in ginocchio il mondo.” “Ma quando mai”, dice lui, “è tutto un modo per controllarci e per far diminuire la popolazione. Guarda, ti faccio vedere una cosa. Qual è il braccio in cui hai fatto il vaccino?”
Gli indico il sinistro e lui tira fuori una monetina da 1 euro. “Guarda cosa succede!” Non so propriamente cosa si aspettasse, fatto sta che non successe nulla. Stranito, borbotta che la monetina da 1 euro non andava bene; sarebbe servita una monetina da 50 centesimi che lui non aveva. Ma io si. Gli passo la monetina, deciso ormai a vederla tutta questa assurda scena, e per almeno 10 minuti me la strofina su tutta la spalla, aspettandosi, probabilmente, di vederla agganciarsi in qualche modo alla mia cute. Boh. Del tipo “David Copperfield spostati”.
E questo in barba alle leggi della fisica, perché secondo il vicino in questione ci inietterebbero metalli pesanti che, al contatto con questa monetina da 50 centesimi, attrarrebbero la stessa verso la pelle. Vagli a spiegare il concetto dei poli e del magnetismo e che per vedere la cosiddetta “attrazione” bisognerebbe che uno dei due fosse un magnete. Insomma, considerazioni semplici che chiunque potrebbe fare. Certo, ammesso che quel chiunque abbia ben fatto almeno le elementari e le medie, momento in cui si spiega il magnetismo, ma anche tanta altra “roba” che dovrebbe meritare un pizzico di attenzione. Giusto per evitare queste e altre cialtronerie.
Tornando al nostro racconto, il vicino non è riuscito ovviamente a dimostrare il suo pensiero, dunque, visibilmente deluso, ha cominciato a sciorinare una serie di “a una persona che conosco è rimasta attaccata” e “evidentemente a te lo hanno fatto bene”, per concludere con “d’altronde non è un caso che abbiano avviato l’installazione del 5G nello stesso momento”.
Beh, un furbacchione, non c’è dubbio. A lui e a tutti quelli come lui di certo non la si fa. Perché loro sono più scaltri di te che leggi, che magari hai anche studiato “certe cose”. Ma quello che hai studiato per loro non è abbastanza, perché “la laurea possono prenderla tutti, anche io avrei potuto ma…”
La verità, invece, è che nella “testa” di queste persone mancano quelle conoscenze necessarie a comprendere, in maniera chiara e inequivocabile, quello che succede attorno a loro. Anche le cose più elementari sfuggono da ogni comprensione. D’altronde gli antichi non conoscevano l’elettricità e i fenomeni meteorologici, attribuendo questo o quell’episodio alla volontà degli dei.
Non comprendono, dunque, e non sono in grado di fare la scelta giusta. Ecco perché chiediamo al Governo, alle Istituzioni, che si obblighi la popolazione alla vaccinazione, bloccando qualsiasi attività a chi non si sottopone al trattamento.
Perché la mia salvezza non può dipendere da chi gioca con le monetine, plasmando le leggi della fisica a suo piacimento, o da chi non sa leggere dati e statistiche. E non può dipendere nemmeno da chi ride sui post riguardanti vaccini e Covid, anche quando viene fatta la conta dei morti, o da chi vede collegamento tra qualsiasi decesso e vaccini, anche in casi di incidenti automobilistici e malori sulla spiaggia (casi realmente accaduti, l’ultimo pubblicato nella nostra galleria immagini sui social).
Green Pass. Così è, se vi pare.
Nel frattempo preghiamo per i No Vax, perché loro non hanno i mezzi per capire e possono realmente nuocere a se stessi e a tutti quanti.
Il ritorno della Campania in zona gialla dà il lasciapassare alla riapertura del Parco archeologico di Paestum e Velia: da lunedì 26 aprile 2021, i due siti archeologici magno-greci saranno pronti a riaccogliere i visitatori in sicurezza. Il museo e l’area archeologica di Paestum e l’area archeologica di Velia potranno essere visitati tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, e questa volta anche nei week-end e nei giorni festivi, previa prenotazione obbligatoria.
Assicurate tutte le misure di prevenzione anti Covid-19 come i percorsi di visita obbligati, la misurazione della temperatura corporea, la presenza di contenitori con soluzioni alcoliche per i visitatori. Nel periodo di chiusura forzata il Parco ha continuato il proprio lavoro di ricerca, studio, manutenzione e restauro (clicca qui per la nostra intervista al direttore uscente del Parco, Gabriel Zuchtriegel, sul restauro del teatro di Velia) e anche il museo è oggetto di lavori di riallestimento.
Info riapertura
Dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle ore 19:30 (ultimo biglietto 18:45), prenotazione consigliata;
dal sabato alla domenica e tutti gli altri giorni festivi dalle ore 9:00 alle ore 19:30 (ultimo biglietto 18:45) con prenotazione obbligatoria da effettuarsi con almeno un giorno di anticipo cliccando su questo link.
In copertina: l’area archeologica di Velia (foto: Parco archeologico di Paestum e Velia).
Il Parco archeologico del Colosseo riapre al pubblico da lunedì 26 aprile 2021 tutti i giorni della settimana dalle ore 10.30 alle ore 19.15 (con ultimo accesso alle ore 18.15). Con le nuove disposizioni governative in fascia gialla l’apertura del Colosseo, del Foro Romano e del Palatino è adesso estesa anche al sabato e alla domenica. Le vendite dei biglietti, con prenotazione obbligatoria della fascia oraria, saranno aperte settimanalmente, dal lunedì alla domenica, a partire da oggi, sabato 24 aprile.
Il biglietto ordinario d’ingresso è di 16€, ridotto 2€, e acquistabile online sul sito ufficiale o tramite l’App scaricabile anche in situ. Sarà attivo l’info point sulla piazza del Colosseo-tempio di Venere e Roma per garantire la necessaria assistenza al pubblico. Il biglietto, con orario d’ingresso predeterminato per la visita al Colosseo, così da garantire il necessario distanziamento dei visitatori, è collegato all’App gratuita ParcoColosseo che contiene le mappe dei percorsi, i contenuti storici e tutte le informazioni utili alla visita.
Il percorso, al Colosseo, seguirà un tracciato a senso unico dall’ingresso sotto il cosiddetto Sperone Valadier fino all’uscita, senza possibilità di interferenze tra il pubblico. L’accessibilità è sempre assicurata con l’assistenza ai pubblici fragili e l’utilizzo degli ascensori, con interventi sistematici di igienizzazione.
La visita del I ordine dell’anfiteatro – senza passaggio sull’arena – e con affaccio ai sotterranei porta al II ordine attraversando gli spazi dell’esposizione permanente in cui è raccontata la storia del monumento in 11 tappe, e prosegue attraverso la mostra Pompei 79 d.C. Una storia romana. La mostra illustra in maniera emblematica il dialogo tra i due centri, Roma e Pompei, facendo emergere il progressivo allineamento di Pompei ai modelli culturali che si impongono a Roma nel corso della formazione del suo dominio mediterraneo. La visita, poi, prosegue fino alla terrazza Valadier con il suggestivo affaccio sulla piazza del Colosseo e il percorso dell’intero anello interno dell’anfiteatro. Lungo il percorso d’uscita è visibile il dipinto murale che rappresenta Gerusalemme ideale, oggetto di un recente restauro.
La visita al Foro Romano e al Palatino, spazio aperto e assimilabile a parchi e giardini, sarà aperta con un unico ingresso dalla via Sacra/arco di Tito, con orario libero, ma mantenendo il costante controllo dei flussi. L’uscita sarà consentita dall’arco di Tito, da via del Foro Romano e da largo Salara Vecchia. Al Foro Romano il percorso sarà indicato da apposita segnaletica per evitare le zone di cantiere lungo la Via Sacra e invitando il pubblico ad entrare nella Casa delle Vestali, per poi raggiungere l’area dell’Arco di Settimio Severo dove è in corso un cantiere recintato da teli didattici con contenuti testuali e multimediali.
Durante le chiusure di questi mesi l’attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del Parco è rimasta costante. “Monitoraggio, cura e conservazione del patrimonio monumentale e del verde non si sono mai fermati – dice Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo – Un intenso lavoro di cura del patrimonio che entro l’anno consentirà anche di aprire nuovi spazi di visita chiusi da decenni, come la Domus Tiberiana”. Un’attività che viene settimanalmente condivisa con il pubblico attraverso dirette sui canali social del Parco, in cui funzionari e restauratori condividono i progressi e le novità dei cantieri in corso.
Al Palatino l’intera area sarà percorribile: dall’arco di Tito fino ai rinnovati Horti Farnesiani, dalle cosiddette terme di Elagabalo alla Vigna Barberini, attraversando la Domus Augustana e la Domus Flavia con il sempre suggestivo affaccio sullo Stadio Palatino. In questa prima fase di riapertura non saranno ancora accessibili gli spazi chiusi del PArCo: Santa Maria Antiqua, Rampa Domizianea, Museo Palatino, Casa di Augusto e Casa di Livia, Criptoportico Neroniano e Aula Isiaca e Domus Aurea. La loro fruizione è infatti vincolata all’andamento della situazione sanitaria generale.
In copertina: veduta del Foro Romano dal Palatino (foto: Parco archeologico del Colosseo).
Le parole di un accademico del settore sono indispensabili per arricchire il panorama proposto dallo speciale di oggi. Soluzioni temporanee (così ancora si spera) sono state adottate nella Didattica a Distanza, che ha comunque penalizzato tantissimi studenti, ma la ricerca ha avuto una decisiva battuta d’arresto. Testimone è e continua ad essere il professor Giacomo Cavillier, egittologo, direttore del Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F. Champollion”, nonché membro del Comitato scientifico di questa redazione. Grazie ai numerosi contatti sul territorio, nazionale e non, la voce del professore è catalizzatrice delle tante esperienze di studiosi e ricercatori che di giorno in giorno si trovano a fronteggiare questa drammatica situazione.
Il Centro “Champollion” è diretto da Giacomo Cavillier e nasce nel 2007 all’interno dell’Insegnamento di Egittologia e Civiltà Copta dell’Università di Genova allo scopo di consentire a studenti e specializzandi di perfezionare la propria preparazione professionale mediante appositi programmi di formazione e di ricerca in Egitto e in Sudan. Nel 2008, con l’avvio di vari progetti di ricerca in Egitto e nel Mediterraneo, il Centro “Champollion” ha ampliato i suoi orizzonti operativi divenendo un organismo scientifico “dedicato”, convenzionato con università, musei ed istituti di ricerca nazionali ed internazionali. Il Centro “Champollion” ha all’attualità una missione archeologica in Egitto (Luxor) e due progetti di ricerca in Corsica, Sardegna e Sicilia dedicati ai “Popoli del Mare” e allo sviluppo dei culti egizi in età ellenistica e romana. Il Centro è convenzionato ed ha collaborato con alcune delle più importanti istituzioni museali e di ricerca nazionali e internazionali: il Museo Egizio di Firenze, il Museo Archeologico di Napoli, l’Ufficio Culturale Egiziano a Roma, il Centro Archeologico Italiano al Cairo, l’Università del Cairo e la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, solo per citarne alcuni. Per le attività di ricerca, il Centro dispone di una sede stagionale della missione archeologica a Luxor (West Bank), mentre le varie attività didattiche sono tenute in apposite strutture (aule, biblioteche e sale conferenze) presso gli enti e i musei convenzionati.
Quest’ultimo anno è stato difficile per qualsiasi attività, pubblica o privata che sia. Tra restrizioni e chiusure, parziali e totali, di dipartimenti, ministeri, musei, soprintendenze, qual è il quadro che si evince dall’ultimo anno della vostra attività?
Abbiamo dovuto svolgere numerose attività didattiche (conferenze, seminari e corsi) online e sospendere i progetti di ricerca e la missione in Egitto in attesa di tempi migliori. Tuttavia, l’attività divulgativa online ha riscosso successo e intendiamo proseguire oltre, tenendo in considerazione che la cultura può rappresentare l’essenziale strumento per superare l’attuale situazione.
Per quel che concerne il rapporto con le Università e/o con i progetti di ricerca, cosa è stato possibile realizzare in quest’ultimo anno? E quali e quante cose sono state rimandate ad un futuro prossimo?
Nel 2020 sono stati condivisi i progetti “Iside” e “Popoli del Mare”da importanti istituzioni archeologiche siciliane (Messina, Catania, Siracusa); agli inizi del 2021 è stato avviato in Sardegna il progetto “Iside” che vede coinvolte Soprintendenze Archeologiche di Sassari e Cagliari in spirito di fattiva collaborazione scientifica. Sono presupposti essenziali per proseguire nella ricerca e valorizzazione dei culti ed apporti egizi nelle due principali isole nazionali e, al contempo, tentare di dare una fisionomia culturale ai navigatori e guerrieri del Tardo Bronzo noti come Shardana e Shekelesh, di cui sappiamo ancora ben poco. Nel 2021 riprenderà lo studio della collezione di ushabti del Museo Egizio di Firenze ai fini della pubblicazione del terzo volume del catalogo previsto per il 2022. Si tratta di attività che potranno essere svolte a partire dal mese di settembre 2021, pandemia permettendo.
Musei e Cultura hanno subito un duro contraccolpo dalla pandemia, qual è la sua opinione a riguardo?
L’Italia ha dovuto fare i conti con una crisi senza precedenti e ha posto tutte le contromisure possibili; detto questo, i musei, già in molti casi in difficoltà per questioni di investimenti e di gestione non sempre facile, hanno subito danni notevoli sia in termini di afflusso che di “divulgazione”. L’assenza di una divulgazione capillare e sinergica del bene storico-archeologico, a livello locale, regionale e nazionale, soprattutto via web, si è rivelato il tallone d’Achille di tutto il comparto dei beni culturali; è toccato ai blog, alle singole entità museali e persino a studiosi o a giornalisti appassionati, proporre interviste, presentazioni di libri e docufilm, per sopperire alle carenze emerse in questo settore. Personalmente ritengo che una programmazione “centralizzata” del Ministero della Cultura di vari interventi di studiosi qualificati e direttori di musei, ab origine, avrebbe giovato e rappresentato l’idoneo stimolo culturale per i cittadini in lockdown.
L’Archeologia è sempre stato un settore molto complesso. La carriera universitaria è molto lunga, gli sbocchi lavorativi sono spesso insufficienti. Cosa si sente di consigliare ai giovani che si approcciano a questo mondo?
A mio giudizio, e lo si consideri come frutto della mia esperienza professionale di docente e di archeologo, occorre innanzitutto conseguire una formazione completa di base quale strumento per proseguire oltre; il conseguimento di una laurea, di un master o di un dottorato non apre orizzonti di impiego immediati, né consente di ritenersi professionalmente idonei ritenendosi “archeologi, filologi, storici, ecc.”. L’errore è quello di ritenersi già professionisti o, come si dice spesso “arrivati” al top, vantando competenze che possono poi essere smentite ben presto data la giovane età; dunque, a mio giudizio, occorre formarsi bene, seguire una passione per un settore di studio, tentare di concorrere presso l’università o soprintendenze e, in caso di iniziale fallimento, non smettere mai di crederci e di proseguire verificando varie possibilità di ricerca presso enti italiani e stranieri. Giova rilevare che la figura professionale di archeologo, per fare un esempio, è tale solo se si fa ricerca sul campo e acquisendo una metodologia di lavoro che nessun manuale è in grado di offrire, altrimenti basterebbe studiare volumi di settore per ritenersi pronti ad effettuare uno scavo; è come se per operare da chirurgo bastasse studiare l’enciclopedia medica senza aver maturato alcuna esperienza pratica frutto di anni di applicazione. Ovviamente, se non si riesce immediatamente nell’intento di vincere i concorsi, occorre mantenersi con lavori diversi ma sempre proseguendo nella ricerca, implementando esperienze e titoli. In altre parole, si vince solo se si è consapevoli dei propri limiti e si crede nel proprio intento!
La speranza per superare le difficoltà. Un pensiero, anzi una convinzione, che unisce tanti studenti italiani in questo strano, drammatico anno di pandemia che ha colpito tutti. Si, perché l’altra opzione sarebbe rassegnarsi e iniziare a vedere tutto più nero di quanto già non sia. Opzione che la maggior parte degli studenti e giovani laureati che sognano una carriera accademica, come Danielenrico Moschetti, studente magistrale in Etruscologia e Antichità italiche all’Università degli Studi di Napoli Federico II, pare non abbiano mai preso in considerazione; almeno loro. Innumerevoli le difficoltà da affrontare. Di una di queste sentiamo parlare ogni giorno e si traduce con una parola: DAD. Ma non è solo la didattica a distanza ad aver creato guai. A voler andare a fondo nella vita di ogni studente, nel percorso di studi di ognuno e nelle vita accademica, ci si rende conto della varietà di problematiche che l’emergenza da Covid-19 ha causato. Moschetti, con una sua riflessione, ad esempio, ci offre un interessante punto di vista sulla situazione degli studenti di archeologia.
“La pandemia dovuta al Covid-19 ha bloccato la “normalità” di tutti, ha sconvolto in pieno qualsiasi routine, colpendo anche quella degli studenti di archeologia, disciplina che proprio per i suoi obbiettivi richiede la possibilità di muoversi, visitare luoghi, lavorare in gruppo. Proprio per questo noi studenti di archeologia ci siamo visti, per cause di forza maggiore, sottratti tutti i mezzi con cui portavamo avanti la nostra passione e i nostri studi. Il più evidente esempio di queste difficoltà è stata la problematica della laurea a distanza, il sogno di ogni studente universitario è varcare la soglia dell’aula magna e poter discutere nella propria università il frutto del proprio lavoro, con la commissione che ti ascolta e partecipa al dibattito, purtroppo io sono stato uno dei tanti che questa emozione non l’ha potuta vivere, certo laurearsi è sempre un traguardo, ma così è sembrato quasi uno dei tanti esami sostenuti in DAD. Per non parlare poi dell’impossibilità di recarsi in musei, biblioteche e magazzini, luoghi vitali per la ricerca e lo studio, anche per affrontare lezioni e approfondimenti sui reperti, efficaci solo nei musei. Inoltre, tanti studenti che come me stavano portando a termine progetti di tesi sperimentali, che richiedevano di recarsi nei luoghi dei loro contesti e materiali archeologici, e invece si sono ritrovati a dover sopperire alle varie limitazioni della mobilità come meglio potevano, per poter portare a termine i loro studi sui reperti “a distanza”. Ma forse la ferita più grande per tutti gli studenti di archeologia è l’impossibilità di vivere i laboratori didattici su scavi e nei musei, perdendo così una parte fondamentale della propria formazione o addirittura come nel mio caso, oltre a perdere parte della propria formazione si perdono anche ore utili a cumulare l’esperienza necessaria secondo le norme ministeriali per iscriversi alla terza fascia di archeologi in seguito al conseguimento della laurea triennale, ma il mio pensiero è rivolto soprattutto a tutti i nuovi studenti che purtroppo ancora non hanno potuto vivere questa fondamentale ed emozionante esperienza. Spero e non ne dubito che davanti a noi ci sia un futuro di studio e ricerca, che non fa altro che aspettarci.”
La pandemia da Covid-19 ha portato al mutamento di tante delle nostre abitudini, anche nel settore dell’archeologia e dei beni culturali.Università, musei, poli culturali, scavi archeologici hanno dovuto fare i conti con la realtà e adattarsi alle nuove esigenze anche con l’aiuto dei mezzi tecnologici e informatici. Incalcolabili i danni e i disagi causati dalle restrizioni anti-Covid, soprattutto in ambito accademico e didattico: a soffrire di più sono le migliaia di studenti costretti non solo a una didattica oramai quasi esclusivamente a distanza, ma anche all’interruzione di tutte quelle attività formative come seminari, convegni, scavi didattici.
Lo stato degli scavi archeologici
Molte sono le campagne di scavo archeologico mai partite a causa della pandemia. Altre invece, sono state condotte con un numero ridotto di personale e per periodi di tempo più brevi.Non sono mancati le eccezioni come gli scavi proseguiti senza troppe limitazioni e che al contrario hanno incrementato notevolmente i risultati della ricerca sul campo, come nel caso di Pompei e dei suoi recenti e straordinari ritrovamenti.
Una discussione a parte merita la questione degli scavi didattici. Durante l’estate del 2020, il rallentamento dell’ondata epidemica e le temperature favorevoli, hanno permesso una piccola e claudicante ripresa degli scavi rivolti agli studenti. Ripresa che si è bruscamente arrestata con la nuova ondata epidemica, che ha causato un rallentamento della ricerca e un ingente danno per accademici e studenti.Non è cosa facile riuscire a fotografare in maniera universale la situazione degli scavi archeologici, soprattutto didattici, in Italia. L’incertezza lavorativa che ha contraddistinto il 2020, continuerà, probabilmente, ancora nel 2021, ma con una nuova e maggiore consapevolezza della situazione. L’impressione e l’intenzione è quella di ripartire, di scavare e lavorare sul terreno, a maggior ragione se i grandi spazi aperti lo permettono.
Le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti peseranno ancora molto: i gruppi di lavoro saranno meno numerosi e quando necessario si preferirà lavorare da remoto, con tutti i vantaggi e gli svantaggi.Un aspetto positivo, effetto della pandemia, si potrà rilevare nell’ambito della sicurezza. Le regole di igiene e distanziamento porteranno a una maggiore attenzione alle condizioni di lavoro e di alloggio di archeologi esperti e studenti; si tenderà sempre meno all’utilizzo di strutture spartane e di fortuna.
La testimonianza dall’Università di Pisa
“Un conto è la teoria, un altro è la pratica” e uno studente di archeologia questo lo sa bene.
Non importa quanto bene abbiamo studiato i testi di Carandini, quanti matrix abbiamo disegnato alla lavagna la notte prima dell’esame di metodologie dello scavo archeologico. Ogni studente ricorderà perfettamente l’esatto momento in cui, il primo giorno su un cantiere di scavo, Carandini & co sono spariti in una nuvola di fumo per fare spazio alla realtà di scavo nuda, cruda, e irresistibile.Ma se da un lato, la didattica a distanza ha permesso agli studenti di continuare a studiare l’archeologia sui pesanti manuali e sulle slide, meno fortuna ha avuto la parte più importante della formazione di un archeologo: lo scavo didattico.
Dall’inizio della pandemia molti sono stati i cantieri abbandonati e rimandati in un futuro prossimo(si spera!). Lo scavo archeologico, oltre ad essere una palestra indispensabile per i futuri archeologi, è un banco di prova. Molti ragazzi non hanno idea di come possa essere la vita durante un cantiere, e capita qualche volta che per quanto si possa amare l’idea dell’archeologia, ci si rende conto che quella non è la vita che fa per tutti. Questo è un aspetto molto importante, che i nuovi iscritti ai corsi di archeologia non hanno potuto sperimentare. Per non parlare del problema dello studio dei reperti e delle analisi di laboratorio post campagna di scavo. Tutto si è fermato, le ennesime cassette di materiali messe a prendere polvere nei magazzini!
Lo stop ai lavori non ha risparmiato nessun ateneo italiano, e noi di ArcheoMe abbiamo raccolto qualche testimonianza di studenti, docenti e ricercatori che ci hanno raccontato dei disagi che tutto ciò ha comportato.
Gianluca Martinez, responsabile dei rilievi e del GIS per gli scavi diretti dal dipartimento di Archeologia medievale dell’Università di Pisa, ci parla dei progetti che hanno dovuto interrompere e dell’importanza delle attività di laboratorio post scavo, che quest’anno sono rimaste ferme:
“L’Università stava indagando su tre diversi siti tardo antico-medievali: San Genesio, nel comune di San Miniato (PI), la villa dell’Oratorio a Capraia e Limite (FI) e uno scavo in Sicilia, in provincia di Ragusa. Essendo tutti fuori dal comune di Pisa, non abbiamo potuto proseguire con la campagna di scavo da quando è iniziata la pandemia. La nostra preoccupazione più grande è non sapere quanti e quali danni abbiano riportato le strutture parzialmente scavate e in che condizione troveremo la stratigrafia che avevamo messo in luce nelle scorse campagne di scavo. Probabilmente troveremo un terreno diverso da quello con cui ci eravamo rapportati gli anni scorsi“.
Un secondo problema è stato quello dello studio dei dati provenienti dallo scavo:
“Molti pensano che l’attività di ricerca si limiti al cantiere di scavo, tanti ragazzi passano con noi 2 o 3 settimane e poi vanno via, non sanno che la maggior parte del lavoro continua nei laboratori e dura tutto l’anno. Quest’anno tutto il materiale proveniente dai tre siti indagati è rimasto nelle cassette, ci sarà molto lavoro arretrato che dovremo svolgere giorno e notte se vorremo rimetterci al passo con le prossime campagne”.
Ma il dipartimento di Archeologia medievale non è rimasto completamente immobile ed è andato avanti, aprendo un nuovo cantiere nel cuore pulsante di Pisa: è nato così il San Sisto project che ha permesso agli studenti di continuare le attività di scavo, nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Anche le attività di laboratorio hanno trovato modo di raggiungere gli studenti a distanza: “Anche se non possiamo lavorare sui reperti, abbiamo portato avanti le attività di laboratorio in maniera del tutto digitale, con l’informatizzazione delle schede di cantiere e concentrandoci sulle tecniche di rilievo e GIS che saranno sempre di più parte integrante e fondamentale di uno scavo archeologico”.
(In copertina: studenti dell’Università di Pisa durante le prime campagne di scavo alla Villa dei Vettii (Oratorio, PI), 2010.
La testimonianza dall’Università di Messina
Come già accennato, sono poche le università che hanno deciso di gestire degli scavi in una situazione tanto complessa. La maggior parte delle università, invece, ha bloccato ogni esperienza diretta sul campo. Una di queste è l’Università di Messina, come testimonia la prof.ssa Caterina Ingoglia, docente di Metodologie dello scavo archeologico:
“Come in molte altre università si sono interrotte le attività, sia all’aperto che dentro i depositi. Si sono interrotti i tirocini di scavo e tutti i laboratori che non potevano essere svolti se non in presenza. Abbiamo quindi incrementato soprattutto le attività seminariali che non richiedono presenza. Un anno di interruzione dell’attività di scavo può favorire lo svolgimento di altri tipi di ricerca, ma con le biblioteche chiuse, o comunque parzialmente utilizzabili, anche quello non è facile”.
Ma il clima di incertezza e sconforto non si sofferma solo sul fermo scavi. “I rischi sono seri ovviamente” – continua la prof.ssa Ingoglia – “Bisogna evitare il contagio. Non è facile poter garantire agli studenti una stanza ed un bagno ciascuno, la possibilità di pranzare e cenare a distanza, etc. etc. quindi aspettiamo di essere tutti vaccinati, docenti e studenti”.
Ciò che è certo è che moltissimi studenti stanno perdendo l’opportunità di fare esperienza diretta sul campo, un’esperienza fondamentale in un contesto come quello archeologico. La professoressa si augura “di poter fare recuperare, per quello che riguarda il mio ruolo, l’attività di formazione sul campo a tutti gli studenti che sono stati penalizzati dal covid, ma potrò organizzare questi recuperi solo quando ci sarà la garanzia della sicurezza della salute“.
La testimonianza dall’Università di Milano
“Nel mio piccolo, ho sperato fino alla fine che i tirocini si potessero portare avanti. Ma così non è stato. Molti tirocini sono stati accantonati, non solo nell’ambito dell’archeologia, a causa dell’emergenza sanitaria dando, giustamente, priorità allo svolgimento dei tirocini per le aree mediche. Ciò che però dev’essere sottolineato è l’importanza fondamentale che il tirocinio, l’esperienza diretta sul campo, riveste per noi del settore archeologico. Durante la quarantena, inoltre, la mia speranza era quella di poter riprendere gli scavi in estate. Quando ho capito che non sarebbe stato possibile, la reazione non è stata sicuramente delle migliori”.
Uno stato di sconforto, dunque, quello che emerge con chiarezza dalle parole di Clelia Marchese, laureata in Archeologia all’Università di Messina e studentessa di Archeologia all’Università di Milano. La speranza di tornare alla normalità, però, non ricade solo ed esclusivamente sull’aspetto pratico degli scavi didattici. Le attività di tirocinio sul campo tengono viva una passione personale non indifferente, passione che nell’ultimo anno ha trovato appagamento solo per pochi fortunati.
Scavi di emergenza
L’unico settore, per quanto riguarda l’Archeologia e i Beni Culturali, a subire meno variazioni è quello degli scavi di emergenza. Al contrario si è notata una maggiore attenzione alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio culturale.
Fondi e incognite sul futuro
In che modo ripartirà il settore archeologico e in generale dei Beni Culturali? Ci saranno nuovi fondi e maggiori investimenti?
Le incognite sono ancora molte, non solo in riferimento agli aiuti economici, ma anche e soprattutto per ciò che riguarda l’organizzazione del lavoro sul campo per gli addetti ai lavori di tutte le fasce, studenti compresi.
Maria Carmela D’Angelo, Oriana Crasì e Vera Martinez
Sveglia alle 7:00, un lunedì mattina che sa di arancione; no, non faccio riferimento ai fiori, al polline, ai raggi caldi del sole primaverile. Arancione è il colore che prende una zona che sa di restrizioni già sentite e risentite. Esattamente come un anno fa, con troppe perdite alle spalle ed un domani totalmente incerto. Nel mezzo di questo lasso di tempo in cui il mondo si è fermato in pochi hanno dato rilevanza a quanto tutto ciò possa aver influito sulla psiche. Ho vent’anni, ventuno tra due settimane. Non sono mai stata eccessivamente produttiva, devo ammetterlo, ma mi colmavo di piccole cose: dei doveri essenziali, e dei piaceri. Ho perso la possibilità di godermi il primo anno di università, di arrivare in ritardo alle lezioni o lasciarne qualcuna in anticipo, di alzare la mano e guardare negli occhi i miei docenti mentre formulo una domanda.
La DAD non mi soddisfa, per quanto efficiente possa essere il servizio prestato, per quanto i docenti stessi si sforzino di renderla meno meccanica di quel che è; perché umana, spontanea, non può definirsi. Questo, insieme a molti altri aspetti che hanno caratterizzato quest’anno, ha contribuito ad instaurare in me un profondo stato d’ansia. Alle radici vi è indubbiamente un fatto che nulla ha a che vedere con quarantena, covid19 e restrizioni: viviamo in un mondo in cui a vent’anni devi rincorrere il tempo per sentirti realizzato. È andato perso oramai il piacere dello studio, dell’appropriarsi della cultura non per un obbligo bensì per appagamento personale. Studia, fai in fretta, datti gli esami, passa l’OFA, guadagna crediti, che altrimenti non ti laurei in tempo! E allora vai fuori corso, e se vai fuori corso perdi punti, se perdi punti hai meno probabilità di un buon voto alla laurea, e se non ottieni un buon voto alla laurea finisci in basso nelle scelte per un posto di lavoro.
Perché si sa che, ad oggi, va premiato chi corre all’impazzata perdendosi nel mentre pezzi di vita, anziché chi segue il proprio tempo senza rischiare di cadere. Ed è vero che nella vita si cade e ci si rialza, centinaia di volte, ma tutti temiamo un giorno di non avere più la forza di reggerci sulle proprie gambe. E cosa temiamo ancor più? Di sentirci dire ‘’per così poco, per un po’ di studio, non stai facendo niente dell’altro mondo, molti altri lo fanno!’’ Lo studente universitario passa i propri anni di studio a sentirsi dire ‘’hai visto **? Si è già laureato, come ha fatto? Come mai tu devi ancora darti le materie del primo anno?’’ ‘’Forse, se non riesci a passare quella materia, la facoltà non fa per te’’, ‘’forse non sei portato per lo studio, peccato che per trovare lavoro bisogna avere la laurea’’; e proprio qui volevo arrivare. Prendere una laurea è divenuto un obbligo dettato dalla necessità di trovare un lavoro, quando in realtà dovrebbe trattarsi niente più e niente meno del profondo desiderio di approfondire quelli che sono i propri interessi e acquisire conoscenze più approfondite per quelle che sono le ambizioni per il futuro.
Invece no, niente affatto! Corri, che devi prendere la laurea in una facoltà che hai scelto perché offre più sbocchi lavorativi, lasciati nel mentre alle spalle la facoltà di psicologia che tanto sentivi tua ma che non ti avrebbe permesso un posto di lavoro in poco tempo; lasciati alle spalle le passioni e pensa agli obblighi, agli obblighi, agli obblighi. Altrimenti non lavori, non ti sposi, non hai una macchina tua e non puoi comprare casa, e i genitori non sono eterni, e chi ti campa? Corri, dannazione, corri, che se sei nato in questo trentennio non c’è nulla che ti aspetta la fuori, a meno che tu non sappia cantare, ballare, vendere prodotti tramite storie Instagram o cercare l’amore della tua vita a uomini e donne. Non perdere neanche un anno, che altrimenti ti invalida, se ne perdi due ancor peggio. Prendi la licenzia media, che tanto non ti serve, hai bisogno del diploma.
Ah, hai preso il diploma? Ma con quanto sei uscito? Non sei arrivato al 100, nonostante i punti bonus? Ah, va bene, tanto ti serve la laurea, è quello che conta. Altrimenti non trovi lavoro, e se lo trovi sei sottopagato, messo in prova, con contratto a scadenza trimestrale, precario come una foglia poggiata sull’asfalto in pieno autunno. Arrenditi alla consapevolezza di essere costante preda dei venti, di doverti scansare dalle suole di chi ce l’ha fatta e non ti vede mentre rischia di calpestarti, dalla vecchia generazione che ti squadra con sdegno e disprezzo perché loro a vent’anni erano imprenditori e tu guardati, sei niente, niente, niente.
Allora zitto che si parte da zero, accontentati degli orari lunghi di lavoro e la paga bassa, e se sei donna ancor peggio, e se sei donna assicurati che il titolare non rimanga con te da solo che molti uniscono l’utile al dilettevole e tanto sei in prova, se non ci stai puoi anche andar via. Perché sei giovane, senza esperienza. Chi ti prende? Zitta, zitto, non lamentatevi, voi giovani d’oggi, impossibili da accontentare. Volete tutto, volete troppo. Ci avete tolto tutto, ci avete tolto troppo. Possiamo solo correre, cadere, sperare di rialzarci e piangere per chi invece a rialzarsi non ce la fa e rimane indietro, se ne va perché fa schifo il mondo che ci avete lasciato in mano. Solo ansia, panico, il respiro corto, i pianti, l’emicrania, l’inquinamento, i debiti, un governo precario, un virus che non sapete gestire e limitare, corruzione, delinquenza, abusi di potere, disparità, disuguaglianza. Che ingrati, noi giovani d’oggi, che vorremmo soltanto vivere la nostra età e ci rimane in bocca l’amaro, l’insoddisfazione, mentre sbracciamo per affogare nella realtà in cui ci avete lasciati.
La membrana antivirale è un’ottima soluzione per garantire l’accesso in sicurezza ai musei.
Agivir Culture potrebbe essere la soluzione alla chiusura forzata di musei e altri luoghi della cultura ai tempi del Covid19. Ciò che garantirebbe un sicuro accesso nei luoghi chiusi è una membrana adesiva riposizionabile, di lunga durata, produzione del gruppo Serge Ferrari, che l’ha sviluppata e brevettata. La pellicola è stata inoltre certificata come prodotto antivirale e antibatterico da un laboratorio indipendente. L’efficacia di Agivir Culture contro il Covid-19 e per la sanificazione degli spazi è garantita da un’innovativa tecnologia basata su particelle d’argento. Questo infatti è noto nel campo scientifico per le sue proprietà antivirali. La pellicola è prodotta in Francia e commercializzata dall’azienda italiana di Reggio Emilia GLAB.
L’impiego di Agivir Culture sarà uno dei punti all’ordine del giorno della conferenza stampa di domani lunedì 30 novembre alle ore 16.00, che si terrà presso la Sala Stampa della Camera dei deputati. Presente sarà anche l’Onorevole Vittorio Sgarbi e un team di esperti che illustreranno le caratteristiche tecniche della pellicola. Ora non bisogna che attendere l’esito della conferenza, che verrà trasmessa in streaming anche sulla webtv e sulla pagina Facebook della Camera dei deputati.
Le varie potenziali applicazioni di Agivir Culture
Con la membrana sarà possibile igienizzare ogni angolo dei musei in completa sicurezza: non sarà più necessario l’intervento umano nella sanificazione, cosa che diminuirà ancora di più il rischio di contagio. Anche se il numero di visitatori sarà sicuramente contingentato e controllato, i musei potranno riaprire senza alcun problema. Inoltre, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart) ha già applicato la nuova tecnologia. Ma Agivir Culture potrebbe anche essere applicato nelle scuole, biblioteche, in tutti i luoghi della cultura molto colpiti dal Covid-19. Non solo: questa sarebbe un’ottima soluzione anche per le palestre, per i trasporti, nonché nel campo della ristorazione.
“I docenti siciliani assunti, per l’immissione in ruolo, nelle regioni del Nord chiedono, come loro diritto, di esser tutelati, in tempi insicuri come questi pesantemente inficiati dal Coronavirus, da lunghi e rischiosi spostamenti con mezzi pubblici: è una migrazione inutile, arbitrariamente decisa, imprudente e imputabile, nelle sue non impossibili conseguenze a quanti hanno previsto un iter cosi pericoloso” lo afferma Giorgio Assenza mentre sottolinea che “sarebbe invece stato pertinente, poiché razionale, applicare il principio della immissione in servizio da remoto”.
Per questo, il presidente dei Questori ha depositato in Ars un’interpellanza, firmata da tutti i deputati di Diventerà bellissima (Aricò, Galluzzo,Savarino e Zitelli), ove rimarca, fra l’altro, che “non è stata presa in considerazione l’iscrizione di questi insegnanti nella graduatoria di assegnazione provvisoria nella propria provincia, come invece previsto dal Contratto collettivo nazionale, né la reale disponibilità di cattedre in Sicilia: “Con cosa le copriamo? Con professori del Nord? O, magari, anche questa volta – si concede sardonicamente il deputato ragusano – è impazzito l’algoritmo come due anni fa quando mescolò docenti e cattedre sì che da Lampedusa si andasse a Pontechiasso e da Aosta a Pantelleria?”.
L’amministrazione scolastica avrebbe dovuto disporre le assegnazioni provvisorie entro il 31 agosto. Termine non rispettato in toto quando, addirittura, in Sicilia, numerose cattedre si sono rese disponibili per le operazioni di mobilità provvisoria ben prima di questa data. Il colpevole e mai giustificato ritardo nelle assegnazioni ha fatto sì che gli stessi posti siano stati destinati non più alla assegnazioni provvisorie ma alle supplenze annuali e allo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. “Una procedura impropria e assolutamente da condannare in quanto lesiva dei diritti dei docenti in generale – conclude Assenza – e da raccapriccio in questo 2020… governato dalla pandemia”.
L’interpellanza vuole che il governo regionale “suggerisca” a Roma di rispettare i diritti degli insegnanti e, anche in base alle procedure per gli obblighi di contenimento del virus, blocchi la potenziale fonte di pericolo per la categoria e per i cittadini tutti, ossia, esodo e controesodo dei docenti, anche autorizzando le amministrazioni scolastiche ad attuare l’assunzione e la presa di servizio in modalità virtuale, in attesa che finalmente si esplicitino le procedure di assegnazione provvisoria.
L’app “Io prenoto” consente la prenotazione e un’ottimale gestione del flusso dei visitatori, per garantire l’accesso a musei e biblioteche pugliesi in totale sicurezza.
Scaricando l’app «Io prenoto» è possibile usufruire di un sistema di prenotazione digitale direttamente dal proprio smartphone. L’applicazione, sviluppata da DM Cultura, consente a museie biblioteche pugliesi di gestire, in modo facile e veloce, il flusso di visitatori, ottimizzando gli accessi. In questo modo, coloro che hanno necessità o volontà di accedere a questi luoghi della cultura, possono programmare la propria visita senza problemi e senza paura.
Il visitatore può scaricare l’app dagli store iOS Apple o Android Google, selezionare il luogo da visitare, il giorno e la fascia oraria, prenotando con un click. L’app quindi garantisce ai visitatori sicurezza e ambienti a prova di Covid-19. Inoltre, non è solo utile per i clienti e potenziali fruitori dei beni culturali, ma anche per i titolari di un’impresa, per monitorare ingressi e prenotazioni.
“Io prenoto” contribuisce anche alla diffusione della consapevolezza e alla valorizzazione del territorio pugliese e del Polo Bibliomuseale. Insomma, si spera che la “rete virtuale” fortifichi ancora di più la rete di musei e biblioteche di tutta la Puglia.
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