Torna l’appuntamento con l’evento dedicato all’amore in tutte le sue sfumature organizzato dall’Associazione Cultores Artium.
Sarà un gradevole pomeriggio in buona compagnia davanti al grande camino della sala dei ricevimenti di Palazzo Bonanome, palazzo storico nel cuore di Ceccano (Frosinone), l’elegante dimora storica che nacque in epoca medievale come dipendenza del Castello dei conti de Ceccano.
I punti focali dell’evento saranno le immancabili corrispondenze d’amore di personaggi celebri del passato con letture in italiano ma anche in lingua originale (spagnolo, portoghese, francese, inglese, arabo).
Le letture saranno accompagnate da sottofondo ed intermezzo con musiche medievali e d’atmosfera eseguite con chitarra classica dal Maestro Andrea Micheli ed una piccola estemporanea di pittura. All’interno dell’evento ci sarà un photo boot a tema a cura di Eleonora Di Mario Light Writer.
Durante la serata dell’evento, verrà inaugurato il “Gruppo di Lettura” dell’Associazione Cultores Artium, che si riunirà periodicamente ogni mese nelle suggestive sale del Palazzo per letture o presentazioni di libri; chiunque sia interessato ad vorrà aderire, può farlo prima del termine della manifestazione.
Un pomeriggio romantico di Febbraio tutto da non perdere quindi al bellissimo Palazzo Bonanome per sabato 15 febbraio 2020, ore 17.00.
Anche la quarta edizione della “Giornata del dialetto ceccanese“, organizzata dall’associazione Cultores Artium, è stata un grandissimo successo.
La giornata dedicata ai dialetti e alle lingue locali, è stata istituita otto anni fa dalla UNPLI (Unione nazionale proloco d’Italia); fissata per il 17 gennaio, possono aderire all’evento le proloco ma anche altre associazioni che vogliano promuovere la loro “prima lingua”.
Cultores Artium organizza questa giornata da quattro anni ormai, ed è ogni anno un successo crescente. Partiti il primo anno, quasi per gioco, con la scenetta delle commari che fu un successo inaspettato di pubblico e di consensi. Fu per l’associazione una grande soddisfazione essere ripresi dalle telecamere della RAI e ciò ha spinto i ragazzi e, invogliati soprattutto dai partecipanti, a continuare a portare avanti l’evento.
A raccontare il percorso dagli esordi ai giorni nostri è il presidente dell’associazione Andrea Selvini che racconta – “l’anno successivo, per la seconda edizione ci organizzammo di nuovo per replicare l’evento, organizzando una scena ispirata ad una delle novelle in Ciociaria di Targioni Tozzetti, gli reconsulo, ed una serie di scenette storiche basate su fatti divertenti della storia ceccanese. E anche lì, fu un grande successo. Quell’anno coinvolgemmo anche le amiche della compagnia teatrale Atto Primo e proiettammo le puntate di Fonzie a Ceccano”.
Tante realtà in un evento ma il dialetto è un patrimonio di tutti, ceccanesi e non, e va condiviso con tante altre realtà.
Prosegue nel racconto – “Dallo scorso anno l’evento viene realizzato a Santa Maria a Fiume. Proprio lo scorso anno realizzammo il sequel de gli reconsulo, con gli stessi personaggi ma in altra ambientazione, la fila dal medico, che ebbe la presenza di 150 persone! Ed eccoci al 2020. Quest’anno abbiamo cambiato completamente i personaggi ed abbiamo realizzato in chiave dialettale il trono di Maria de Filippi, ed il risultato è stato divertente e spassoso. Da settembre abbiamo lavorato alla scena e all’evento, e siamo stati ampiamente ripagati dalla presenza e dal calore delle persone!”
La formula vincente è ogni anno la stessa: promuovere il dialetto in ogni sua forma, con un occhio al passato, certo, ma indispensabilmente anche uno rivolto al futuro, alle giovani generazioni, che vanno coinvolte.
L’evento – la giornata del dialetto ceccanese 2020
La parte inziale dell’evento è stata dedicata alle radici e ha previsto l’introduzione storica a cura di Vincenzo Angeletti e l’intervento di numerose artiste, tra cui: Piera Tiberia, Enza Di Stefano, Anna De Santis, Umberta Di Stefano ed Enza Capoccetta, che hanno declamato i versi delle loro opere o di quelle degli artisti ceccanesi scomparsi.
Una figura indimenticabile nel patrimonio culturale ceccanese è quella di Angelo De Santis presente in sala era sua moglie Anna a cui l’associazione ha rivolto un ringraziamento omaggiando questa grande figura
L’evento è proseguito con la parte dedicata invece ai giovani attraverso la proiezione dei video realizzati dagli istituti che collaborano ogni anno con l’associazione, realizzati rigorosamente in dialetto. Quest’anno sono stati proiettati i video del Comprensivo Ceccano 2 e dell’Istituto Alberghiero.
Parte finale dell’evento è stata l’esilarante scenetta “Ommuni i vizzocu”, ispirata al trono di Uomini e Donne che ha visto membri (e non) di Cultores Artium: Andrea Selvini, Annaluce Liburdi, Eleonora Di Mario, Antonio Spaziani, Valeria Selvini, Rita Ronzullo, Marco Pizzuti, Anna Rita Spaziani Testa, Giovanna De Luca, Maria Luisa Frasca, Roberta Cassetti, Orietta Cecconi.
I ragazzi dell’associazione hanno così vestito i panni di corteggiatori, opinionisti e tronisti; ad accompagnare come ogni anno le numerose battute della scenetta, il suono di un campanellino a bloccare (spiritosamente) la scena per leggere una parola o un detto ceccanese tratta dal Dizionario Enciclopedico Ceccanese del Maestro Carlo Cristofanilli edito nel 1992, una vera e propria Bibbia per i cultori del dialetto ceccanese.
Conclude così il presidente Selvini – “Ringraziamo tutti i partecipanti, anche quest’anno numerosi, e diamo l’appuntamento al prossimo anno. Tra questi un doveroso ringraziamento all’Ex assessore al turismo Mario Sodani e all’ex consigliere al Patrimonio, Marco Mizzoni, che hanno accolto fin dalla prima edizione, con grande entusiasmo l’evento. Un enorme grazie al “padrone di casa”, Padre Antonio Mannara che ci ha ospitato e che ci supporta (e ci sopporta!), alle fantastiche signore della parrocchia per il rinfresco finale, al grande Vincenzo Angeletti, fonte di sapere e di ispirazione per noi, ai docenti che hanno collaborato con noi per i video con i loro alunni, alle poetesse che hanno scelto e declamato le poesie e a tutte le persone che hanno dedicato il loro prezioso tempo per l’ottima riuscita dell’evento!”
Appuntamento già confermato per il prossimo anno con quella che sarà quindi la quinta edizione della fantastica giornata dedicata al dialetto ceccanese.
Rocca Secca dei Volsci è uno dei piccoli comuni nella provincia di Latina che fa parte della Valle dell’Amaseno, uno dei feudi appartenenti, un tempo, alla grande Contea della famiglia De Ceccano, signori di Ceccano.
Il Borgo Medievale
Il Borgo Medievale di questa città è molto particolare; le case sono dislocate a forma di anello e nella parte più alta è ben visibile il Palazzo Baronale del Principe Massimo, appartenente alla famiglia dei Massimo.
Il palazzo risale al XIV secolo e al suo interno è possibile visionare un antico frantoio, tutt’ora ben conservato, per la molitura delle olive, che veniva azionato dal moto dei cavalli.
Nella cappella privata invece è ben visibile un affresco che raffigura “la Natività” e che viene attribuito alla scuola di Pietro Da Cortona. Nel cortile è anche possibile ammirare una cisterna dove, su un lato, è raffigurata una Meridiana ben visibile da tutte le stanze del primo piano del palazzo.
Di fronte al palazzo si può notare la bellissima chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo che rappresenta una piccola ma importante galleria d’arte. Gli affreschi in essa conservati sono opera di Pietro Aquila e Domenico Fiasella, seguace della scuola di Caravaggio. In questa chiesa riposano le spoglie di San Massimo, il protettore della Città.
Alle porte del centro storico è collocato il tempietto costruito nel 1659 e dedicato a San Raffaele. Esso si presenta come un monoambiente di forma rettangolare con un ampio timpano sporgente. Al suo interno sono conservati pregiati affreschi di Domenico Zampieri, detto il “Domenichino”, che raffigurano la piscina probatica, le nozze di Tobia, Tobia e Tobiolo e la Madonna degli Angeli.
Accanto al tempietto si trova la suggestiva chiesetta di Santa Croce che conserva la reliquia della Croce del Cristo e un crocefisso ligneo.
La storia
La nascita di Rocca Secca dei Volsci è dovuta ad un evento tragico per un altro paese: Privernum, oggi Priverno.
La storia narra, infatti, che la popolazione di Privernum, fuggendo dalla distruzione e dai saccheggiamenti che si stavano compiendo nel paese per opera dei Saraceni, si rifugiò su un colle poco distante chiamato il “Castrum Sanctae Crucis” e sui resti di quella che era un’antica torre di avvistamento romana, costituirono quella che oggi conosciamo come Rocca Secca dei Volsci.
La cittadina fu per molti anni amministrata da famiglie nobili molto importanti per l’epoca; si ricordano in particolar modo le famiglie Frangipane e quella dei De Ceccano, che vantavano già una notevole Contea e che furono possessori del paese nei secoli tra XII e il XIII.
Altre famiglie importanti furono i Carafa e i Massimo, questi ultimi la cedettero ai Gabrielli nel 1762.
Cosa visitare a Rocca Secca dei Volsci
La Madonna de gli Cimmorono
Nel mese di Giugno è suggestivo percorrere, assieme ai fedeli, il pellegrinaggio che arriva a ridosso della montagna dove è situata un’icona raffigurante “la Madonna de gli Cimmorono”.
Si tratta di una tradizione di origine pagana; i fedeli si rivolgevano ad essa per assicurarsi un buon raccolto delle mèssi. Ancora oggi resta una bella tradizione unita al culto verso la Madonna.
Il dipinto è suddiviso in tre parti; è la più antica opera pittorica della chiesa, risalente al XV-XVI secolo.
Nella parte centrale vi è la rappresentazione della Vergine in trono con in grembo un particolare Gesù Bambino; su un fondo oro si staglia la tunica di colore rosso, con manto azzurro e risvolti verdi.
Nelle tavole ai lati e, in particolar modo, nella parte destra, sono visibili le raffigurazioni di S. Andrea e San Paolo apostolo, mentre in quella di sinistra sono dipinti San Giovanni Evangelista e San Nicola di Bari.
Il quadro era molto adorato anche dagli abitanti dei paesi vicini che si apprestavano a raggiungere la chiesetta per affidarsi alla Madonna nella speranza che Essa potesse intervenire per contrastare le devastanti tracimazioni che il fiume Amaseno spesso arrecava.
Da visitare sono sicuramente anche:
Il Palazzo Baronale Principe Massimo che si trova nel Borgo medievale al cui interno è possibile visitare il Museo dell’Olio e delle tradizioni Popolari;
La chiesa di Santa Maria Assunta in cielo e i suoi preziosi affreschi;
Il tempietto di San Raffaele con le opere del Domenichino;
La chiesetta della Madonna della Pace in stile neoclassico
Piatti tipici
A Rocca Secca dei Volsci si svolge una sagra molto particolare: “la sagra della Capra”. Oltre ad essere un evento culinario molto apprezzato rappresenta, soprattutto, l’evento simbolo di questa cittadina che da sempre si contraddistingue per l’allevamento degli ovini. Durante questa sagra vengono organizzate mostre, convegni e spettacoli di ogni genere.
La cucina di Rocca Secca si contraddistingue per l’uso di prodotti semplici ma di ottima qualità come l’olio prodotto in zona, la “marzolina”, ovvero il formaggio tipico di pecora e i “cecapreti”, piatto composto da acqua e farina prodotto a mano dalle signore del paese. E’ possibile, inoltre, trovare pietanze come gli “stracci”, sfoglia di pasta, ragù e formaggio pecorino e il “canescione” una tipica pasta di pane che viene farcita con ricotta fresca.
Anche Rocca Secca dei Volsci rientra nell’offerta di promozione turistica di Cultores Artium che vuole ricostruire un percorso turistico sui territori che un tempo furono parte della Contea De Ceccano.
Per questo vi invitiamo a consultare le nostre pagine Facebook ed Instangram o rivolgervi direttamente a noi all’indirizzo e-mail: cultores.artium@gmail.com per eventuali visite o per conoscere in maniera più approfondita la bellezza di questa città.
Carpineto Romano sorge in una piccola vallata al centro dei Monti Lepini e si trova a ottocento metri d’altezza; da questo luogo è, ancora oggi, possibile accedere al tratto che conduce alla via “Francigena del Sud”, che collegava Roma e Brindisi ed era percorsa principalmente dai pellegrini che desideravano arrivare fin lì per poter raggiungere l’imbarco per la Terra Santa.
La Storia
Carpineto Romano era uno di quei Borghi che un tempo facevano parte della grande contea dei De Ceccano: in epoca medievale, infatti, apparteneva ai conti di Ceccano e, grazie a costoro, la città assunse un ruolo di notevole importanza e crescita sotto tutti fronti. Da qui, il borgo si sviluppò anche in due aree distinte, dammonte e dabballe.
Secondo alcuni storici, la città sorgerebbe nell’area in cui si trovava l’antica città volsca di Ecetra. Oggi è, invece, un bellissimo borgo in provincia di Roma, ricco di storia, arte e cultura.
Il Borgo conserva una storia antica come i popoli che l’abitarono. Nel territorio è possibile notare, ancora oggi, tracce di insediamenti sia preromani che romani; il borgo medievale, tuttavia, ebbe origine tra l’VIII e il IX secolo.
Esso fu sotto il dominio del Papa che ne aveva il totale controllo attraverso la gestione curata dall’autorità dei canonici lateranensi e il suo potere durò fino al 1077, anno in cui l’abitato fu affittato alla potente famiglia De Ceccano, già Conti di Ceccano.
Del periodo storico medievale e del legame con i conti di Ceccano restano numerose testimonianze e, in particolare, è nella meravigliosa chiesa di Sant’Agostino che restano vive tali tracce: osservando, infatti, il portale esterno di questa chiesa, è possibile ammirare lo stemma del cardinale Annibaldo De Ceccano.
Un’altra traccia evidente è legata al “Palio della carriera”, evento molto atteso e sentito che coinvolge tutti i rioni della città; in tale occasione, durante la sfilata dei Rioni, si può notare come il rione di Sant’Agostino porti fiero, ancora oggi, lo stemma del cardinale, ricordando un antico legame.
Nel 1299, Carpineto fu acquistata dai Conti Caetani: si trattava di una famiglia molto potente, legata a papa Bonifacio VIII, loro diretto familiare.
Nel 1323, Ceccano tornò di nuovo in possesso avendo costoro risolto questioni ereditarie, che ne avevano comportato la temporanea perdita. Nel XVI secolo, questa famiglia, tuttavia, si estinse e di conseguenza, la città fu gestita per trent’anni da un commissario, che diede alla cittadinanza il titolo di “Statuta et Ordinationes”.
Nel 1589 il borgo venne acquistato dalla famiglia del cardinale Pietro Aldobrandini che, insieme alla sorella Olimpia, lo rese un modello di “bello stato”, generandovi tanto benessere. Con essi, il borgo acquisì anche il titolo di “Ducato”, vedendo la nascita di importanti costruzioni, come la fondazione del Convento e la chiesa francescana di San Pietro Apostolo. Carpineto Romano divenne, così, un importante centro culturale, arricchendosi anche di personaggi illustri come il mistico San Carlo da Sezze.
Gli Aldobrandini furono l’ultima famiglia in possesso della città e il loro potere durò fino alla generale soppressione dei feudi, avvenuta nel 1816.
Durante il periodo dell’invasione napoleonica e fino al 1825, la città subì molti attacchi, specie all’epoca del brigantaggio.
Carpineto Romano città nativa di Papa Leone XIII
Di Carpineto Romano è considerevole ricordare, soprattutto, che essa sia stata la città natale di Papa Leone XIII, all’anagrafe Gioacchino Vincenzo Pecci (1878-1903), nato proprio nel palazzo di famiglia, il Palazzo Pecci, aperto oggi al pubblico per le visite. Papa Leone XIII è conosciuto come colui che scrisse l’enciclica sociale “Rerum Novarum” e fu anche il primo Papa della storia a essere filmato. Durante il suo pontificato, la città si abbellì di chiese meravigliose, di fontane pubbliche, di un ospedale, di scuole.
Cosa vedere a Carpineto Romano
La chiesa di Sant’Agostino con il suo convento;
Palazzo Pecci, casa natale di Papa Leone XIII e il Museo i cimeli di Papa Leone XIII dove poter trovare appunto oggetti realmente usati dal Pontefice;
Palazzo Aldobrandini che oggi è la sede del Museo la Reggia dei Volsci.
Eventi da non perdere:
Il Palio della Carriera è l’evento è più seguito e atteso di questo Borgo.
Il Palio rievoca il periodo storico in cui la città era governata dagli Aldobrandini, sotto il ducato di donna Olimpia. Sono stati riportati alla luce anche le consuetudini di quel tempo, come l’abbinamento di cavalli e cavalieri dei sette rioni storici. Suggestiva è l’offerta dei ceri alla vigilia della festa del Santo Patrono della città, Sant’Agostino (27 Agosto) nella colleggiata. Questo Palio non è soltanto una rievocazione storica, ma un momento di forte aggregazione in cui vengono esposte mostre, rappresentazioni, prodotti di artigianato e percorsi enogastronomici.
Carpineto Romano è conosciuta anche per le Castagne che, nel periodo che va da ottobre a novembre, sono le protagoniste della seguita “Sagra della Callarrosta”, un evento culinario molto apprezzato.
Prodotti Tipici
La “Ciammella Carpinetana”
Uno dei prodotti tipici di Carpineto è, sicuramente, la Ciambella Carpinetana, la cosiddetta “Ciammella”. La Ciammella Carpinetana ha, anch’essa, origini antiche e una leggenda popolare vuole che Papa Leone XIII amasse questo cibo tanto da consumarlo perfino a colazione; pare, inoltre, che, qualora si trovasse lontano dalla sua terra natia, per poter assaporare i prodotti che questa offre ancora oggi, vi inviasse uomini di fiducia a fare scorta di una simile prelibatezza.
Altro prodotto tipico di questa città sono i Giglietti, tipico prodotto da forno; assai apprezzate sono anche le Castagne di Carpineto e il tartufo nero pregiato, vere eccellenze culinarie.
Carpineto Romano, essendo parte della grande Contea de Ceccano, è uno dei luoghi che rientrano nel lavoro di promozione territoriale dell’Associazione Cultores Artium. E’ sempre piacevole ripercorrere i vicoli del borgo, ricchi di storia, dove il tempo sembra essersi fermato. E’ un onore, inoltre, per noi di Cultores Artium accompagnare i visitatori in questa meravigliosa passeggiata culturale.
Per info e prenotazioni consultare la pagina Facebook Cultores Artium o scrivete alla mail: cultores.artium@gmail.com
Cultores Artium, associazione culturale di promozione turistica e ricerca storica di Ceccano, è lieta di invitarvi all’evento di novembre “Il Cimitero racconta“.
Appuntamento per domenica 10 Novembre alle ore 10.00 davanti l’ingresso del vecchio Cimitero a Ceccano (Fr) via Peschieta, 3.
Torna l’appuntamento con la visita al “quartiere più popoloso di Ceccano”, dove il tempo scorre molto lentamente e traffico e rumori sono banditi.
Un luogo di silenzio e di profonde meditazioni, che da sempre accoglie tutti, senza discriminazioni, ma che da tutti, però è evitato (senza risultato).
La passeggiata “Il Cimitero racconta”, giunta alla quarta edizione, è organizzata dall’associazione Cultores Artium in collaborazione con l’Architetto Vincenzo Angeletti Latini.
Nel tour all’interno del Cimitero Monumentale di Ceccano, i visitatori passeggeranno tra monumenti, personaggi e storie, ascoltando, come nella Divina Commedia di Dante o come nell’Antologia Spoon River di Edgar Lee Masters, i defunti raccontare le loro vicende, spesso con risvolti divertenti e inaspettati.
Per info e prenotazioni contattare il 371 1419131 oppure scrivere alla mail dell’Associazione: cultores.artium@gmail.com
Castel Sindici è il secondo Castello di Ceccano (Frosinone), non per importanza, ma per epoca di realizzazione.
Si tratta di un elegante edificio, costruito alla fine dell’800 per volere dell’enologo e Cavaliere del lavoro Stanislao Sindici.
Il progetto del Castello venne realizzato dal Conte Giuseppe Sacconi, importante architetto e politico italiano, noto principalmente per essere stato il progettista dell’Altare della Patria di Roma.
Architettura del Castello
Il castello venne costruito in pietra calcarea, facilmente reperibile nelle zone circostanti, sul modello di un’antica fortezza medievale. Fu realizzato al centro di un grande parco verde che presenta, tuttora, un’interessante varietà faunistica.
Nel 1928, la tenuta di Castel Sindici venne dichiarata, per la sua bellezza e per la sua storia, zona di Interesse Artistico Nazionale.
L’edificio nacque, tuttavia, come cantina per la conservazione del vino: proprio qui, infatti, veniva prodotto il celebre “Castel Sindici”, paragonato al bianco di Frascati, molto apprezzato e venduto sia in Italia che all’estero, vincitore di ben otto medaglie d’oro. Fu, per questo, menzionato tra i vini pregiati del Lazio, nella prima edizione del 1931 della “Guida Gastronomica d’Italia” del Touring Club Italiano, ed esposto anche tra i vini del padiglione italiano della EXPO Mondiale del 1935 a Bruxelles. Ancora oggi è possibile, durante alcuni eventi, ammirare le bellissime botti di ceramica, nelle quali esso veniva conservato.
Da Cantina a Salotto di Artisti
Con il passare del tempo, Castel Sindici venne convertito da semplice cantina a residenza della famiglia, divenendo, soprattutto, luogo di ritrovo per gli importanti artisti che gravitavano attorno agli stessi Sindici: visitatori graditi, di cui si hanno notizie certe, furono i fratelli e pittori romani Aurelio e Cesare Tiratelli.
Proprio grazie a una tela di Cesare Tiratelli del 1887, raffigurante Caterina Gizzi Sindici, moglie di Stanislao, è stato possibile dedurre che la data della costruzione del palazzo debba essere sicuramente antecedente alla realizzazione del quadro.
Nell’elegante dimora, inoltre, venne ospitato anche il celeberrimo Gabriele D’Annunzio, che pare fosse intimo amico della pittrice Francisca Stuart e di suo marito Augusto Sindici, forse cugino dello stesso Stanislao.
Dal secondo conflitto mondiale ad oggi
Dopo il 1943, l’edificio venne requisito dai Nazisti che ne fecero sede di comando militare di zona delle S.S.; secondo alcuni racconti, inoltre, avrebbero qui eseguito anche la condanna a morte di un civile.
Il palazzo, attualmente, è in possesso dell’Amministrazione Comunale che, dopo anni di abbandono, è riuscita ad acquistare la proprietà, con il proposito di disporne un adeguato restauro, al fine di renderla nuovamente fruibile alla popolazione.
Il parco circostante, invece, ricco di piante secolari, è aperto al pubblico tutti i giorni e al suo interno hanno luogo numerosi eventi culturali e sportivi.
Per un’anteprima del sito, utile il link sottostante:
Si tratta di una clip, realizzata dall’Associazione Culturale di Ceccano Cultores Artium, per la promozione dei monumenti e delle bellezze che può offrire la città.
Per ulteriori informazioni:
Castel Sindici, pagina Fb Associazione Cultores Artium (cultores.artium@gmail.com), pagine Fb e Instagram.
Si terrà il prossimo Sabato 9 novembre, alle ore 17.30, nella splendida location del Castello dei Conti di Ceccano (Frosinone), la Terza edizione del “Convegno Nazionale sui Templari”.
Questo Grande Evento, già nelle due scorse edizioni, ha ottenuto un grande successo di pubblico, accorso numeroso ad ascoltare i vari interventi e le relazioni tenute da illustri studiosi della Storia Templare.
Fortemente voluto dall’ex Assessore alla Cultura del Comune di Ceccano, Dott. Stefano Gizzi, il Convegno ha attirato, già negli scorsi anni, la grande attenzione di tantissimi appassionati e cultori della Storia dei Templari.
Coordinato dal ricercatore storico Giancarlo Pavat, il Convegno, quest’anno, appare già di particolare interesse, con una relazione iniziale, affidata al giovane ricercatore di Ceccano Alessio Patriarca, che illustrerà aspetti nuovi di assoluta importanza della Chiesa di Santa Maria a Fiume, con foto e documenti inediti.
Seguiranno relazioni di altri studiosi, che saranno a Ceccano appositamente in occasione di questo Terzo Convegno, per far conoscere aspetti importanti della grande esperienza storica dei Templari.
Giuliano di Roma è un piccolo borgo della Ciociaria, in provincia di Frosinone.
È, tuttavia, così chiamato, secondo la tradizione, poiché fino al 1927 apparteneva alla provincia di Roma: solo in un secondo momento, venne inglobato nell’area di Frosinone.
Il piccolo centro storico, sebbene ristrutturato in tempi più recenti, mantiene ancora vive le caratteristiche del periodo medievale, come dimostrano le particolari stradine e gli angoli che un tempo ospitavano botteghe e cantine.
Attraversando il borgo, si può scorgere anche uno dei vicoli che richiamano fortemente le caratteristiche di un’antica colonia ebraica, il “vicolo del Ghetto”.
Nella parte alta del paese, è ben visibile la chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, che risale al sec. XI, dà il nome alla piazza centrale e si caratterizza per un’ architettura barocco-neoclassica..
Nella piazza si trova anche il Campanile, che è uno dei simboli di Giuliano e si innalza possente sulle case del centro storico, dominando tutta la vallata dal passo della Palombara all’Amaseno (il fiume).
Il campanile misura circa trenta metri ed è l’edificio più alto del paese. Anticamente, era il Maschio della Rocca dei Conti Colonna e fu fatto costruire intorno al XV secolo per volere della stessa famiglia.
CENNI STORICI
Le prime notizie che si hanno su Giuliano di Roma le troviamo intorno all’anno mille nelle Cronachedi Fossanova e negli Annales Ceccanenses, cronologie di eventi riguardanti la famiglia dei De Ceccano.
In uno dei racconti delle Cronachedi Fossanova, viene riportato un fatto eclatante, legato ai cattivi rapporti tra il Papa e la famiglia: si tratta del momento in cui Papa Onorio II si reca nel paese di Giuliano di Roma con il suo esercito per farlo saccheggiare e incendiare insieme ad altri centri vicini.
Quella non fu l’unica volta in cui Giuliano subì un simile attacco: pare, infatti, che sia stata saccheggiata da Federico Barbarossa, che si opponeva al Papa Alessandro III e, in seguito, delle truppe papali, con l’aiuto di Guglielmo I Re di Sicilia, per riprendere il controllo sul paese.
Nel 1187, il papato entra in possesso di Giuliano di Roma e la situazione rimarrà tale fino all’elezione di Innocenzo III nel 1198.
Innocenzo III aveva rapporti familiari con i Conti De Ceccano i quali, in cambio di appoggio allo stesso Papa, videro restituite le terre perse, Giuliano compreso.
A testimoniare la situazione di pace finalmente ritrovata, vi è il racconto, presente nelle Cronache, sulla sosta che Innocenzo III fa a Giuliano di Roma nel 1208.
Nel mezzo del viaggio per Fossanova, egli fa tappa al paese e, in suo onore, Giovanni da Ceccano organizza banchetti e ricchi festeggiamenti.
I De Ceccano restano i signori del Paese per lungo tempo, ma, nel XIV secolo, con la continua crescita del potere della famiglia Caetani, iniziano i primi contrasti.
I Caetani, infatti, strappano, o tentano più volte di farlo, questo feudo ai De Ceccano che, però, se ne riappropriano una prima volta con azioni belliche e una seconda grazie a uno strategico matrimonio tra di Nicola III di Ceccano e Miozia Caetani.
Nel 1420, Sveva Caetani sposa Lorenzo Colonna, portando in dote alcune terre, tra cui la stessa Giuliano. Suo fratello, Francesco Caetani, con un falso testamento, riesce a togliere il paese a Sveva che, rivolgendosi alla Camera Apostolica, lo ottiene nuovamente.
Nel 1501, Papa Alessandro VI, in contrapposizione con i Conti Colonna, decide di dare il feudo di Giuliano di Roma al nipote Rodrigo, figlio di sua figlia Lucrezia Borgia.
Alla morte del nonno, Alessandro VI, il feudo ritorna, però, di nuovo ai Colonna.
Il loro potere su Giuliano dura ininterrottamente fino al 1816, quando fu confiscato da Paolo III e da Paolo IV.
Nel XVIII sec., Giuliano di Roma e tutto lo Stato Pontificio subiscono l’occupazione delle truppe francesi, ma il popolo di Giuliano si difende coraggiosamente ed eroicamente.
In questi anni, si sviluppa anche il Brigantaggio: molti briganti restano nella storia e, ancora oggi, la popolazione giulianese ricorda leggende legate a costoro.
Giuliano di Roma è stata anche teatro di scontri funesti nel secondo conflitto mondiale, poiché, in queste terre, le truppe Alleate e i Tedeschi si scontrano violentemente.
COSA VEDERE A GIULIANO DI ROMA
Il campanile
La Chiesa di Santa Maria Maggiore
Muve il Museo del Vulcanismo Ernico
La passeggiata ecologica sul Monte Siserno dove sorge anche la chiesetta medievale di San Biagio patrono del paese riedificata su una struttura del VIII sec.
Amaseno, piccolo borgo medievale della provincia di Frosinone, conta una popolazione di 4300 abitanti; la sua posizione strategica si colloca tra i Monti Ausoni, a est-sud-ovest, e i
Monti Lepini, a nord. Intorno a esso, sorgono il Monte Rotondo, che raggiunge i 546 metri, e il Monte delle Fate, che tocca, invece, i 1090 metri di altezza.
Amaseno, inseme ad altri borghi, apparteneva, un tempo, alla contea De Ceccano. Si trova in una valle storicamente e culturalmente importante, già nota in antico per il mito di Camilla, regina delle Amazzoni e dei Volsci, capostipite del popolo ciociaro, le cui gesta vengono citate sia dal poeta latino Virgilio che da Dante, nel canto I dell’Inferno: qui, è lo stesso Alighieri a interrogare la sua guida sulla donna che, insieme ad altri personaggi, grazie alle vicende di cui si era resa protagonista, avrebbe fornito un importante esempio da seguire lungo il cammino di redenzione.
Il nome attuale del borgo, Amaseno, deriva dall’omonimo fiume che bagna questa terra; è stato assegnato alla località solo nel 1872, in luogo del precedente San Lorenzo, già adottato in sostituzione di Castum Sanctu Laurentii, risalente a epoche più remote.
L’origine medievale di Amaseno è da collocare intorno all’anno 800: il paese, originariamente, si sviluppava nei pressi di un’antica abbazia di monaci, le cui prime notizie risalgono soltanto all’anno 1000, quando il borgo aveva ancora il nome di San Lorenzo, situato nell’omonima valle.
Il centro storico mantiene il carattere medievale: sul punto più alto del colle, spicca la mole massiccia del Castello Feudale, mentre, in prossimità dell’ingresso principale del paese, la cosiddetta Porta Santa Maria, si trova l’omonima chiesa. Essa può ritenersi il primo monumento nazionale di architettura gotica, introdotta in Italia dai cistercensi francesi.
La reliquia più preziosa qui custodita è l’ampolla contenente il sangue di San Lorenzo, pregiata teca, realizzata da maestranze romane nel 1739 in argento sbalzato, riposta, dal 1970, in una custodia di rame..
Questo sangue, che normalmente troviamo solidificato, è formato da massa sanguigna mista a grasso, ceneri e a un brandello di pelle. Ogni anno si verifica il miracolo, in occasione della celebrazione del Santo (9-10 agosto), quando il sangue si liquefa, assumendo il colore rosso rubino e lasciando, così, trasparire tutti gli elementi. Abbiamo notizia che tale prodigio abbia avuto luogo, per la prima volta, nel 1600.
Ancora, ad Amaseno, risultano di singolare interesse la collegiata di Santa Maria Assunta, riconosciuta monumento nazionale, e il museo civico diocesano, ospitato nell’edificio che, un tempo, fu anche il Castello dei Conti De Ceccano.
Sul portale www.valledellamaseno.it è possibile scoprire un virtuoso progetto ideato per la valorizzazione e fruizione sostenibile del patrimonio territoriale di questa meravigliosa terra, promosso dalla Dott.ssa Sara Carallo, ricercatrice dell’Università Roma3.
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