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ACCADDE OGGI | La morte di Mussolini: gli ultimi giorni del dittatore

28 aprile 1945: 76 anni dal giorno in cui Benito Mussolini venne giustiziato con la sua amante, Claretta Petacci, a Giulino di Mezzegra, in provincia di Como.

L’ultimo baluardo fascista

Nel dicembre del 1944 Mussolini ipotizzò una possibile ritirata in Valtellina, dove attuare l’ultima resistenza tramite il piano militare RAR (Ridotto Alpino Repubblicano). Il piano non venne mai eseguito a causa del mancato sostegno da parte di alcuni gerarchi fascisti e del ritardo nell’approvvigionamento di armamenti e vettovaglie.

Mussolini
Mussolini impegnato in un discorso
La fuga e l’arresto

Già a marzo del 1945 il dittatore tentò un primo tentativo di tregua con gli alleati anglo-americani tramite il cardinale di Milano Ildefonso Schuster; tentativo fallito a causa della richiesta di resa incondizionata fatta a Mussolini.

Il 19 aprile si stabilì nella prefettura di Milano. Lì, resosi conto che la situazione stava precipitando velocemente, cominciò ad intrattenere contatti con le autorità svizzere per un possibile asilo politico, ma quelle rifiutarono. In seguito, il 25 aprile (giorno dell’insurrezione di Milano), Mussolini fece un ultimo tentativo con il cardinale e i delegati del CLNAI (Comitato di liberazione nazionale Alta Italia) per evitare una fine rovinosa. Durante questo incontro il dittatore apprese anche che i tedeschi stavano trattando una tregua in segreto, rendendolo un uomo solo, senza alleati: decise quindi di abbandonare il “campo”. Se il piano fosse stato quello di espatriare in Svizzera o Germania o, più probabilmente, di tentare un ultimo baluardo difensivo in Valtellina per avere maggior tempo per trattare una tregua, non sarebbe stato sicuro.

25 aprile 1945: Mussolini abbandona la Prefettura di Milano; l’ultima foto che lo ritrae vivo

La sera del 25 aprile si mise in marcia verso Como; il giorno seguente, a Menaggio (CO), venne raggiunto dall’amante Claretta Petacci e lì si unì, insieme ai gerarchi fascisti che lo accompagnavano, ad un convoglio tedesco in ritirata. La colonna di automezzi venne fermata dalla 52esima brigata partigiana «Luigi Clerici» il 27 aprile a Dongo (CO), dove Mussolini venne riconosciuto e arrestato. L’ormai ex dittatore venne portato prima nella caserma della Guardia di Finanza di Germasino (CO), poi, per precauzione, venne portato con la Petacci a Bonzanigo (CO), dove passò l’ultima notte in un’abitazione di contadini, i De Maria.

L’annuncio al popolo

Venne annunciato l’arresto nello stesso giorno su Radio Milano Libera da Sandro Pertini: «Lavoratori, il fascismo è caduto. […] Il capo di questa associazione a delinquere, Mussolini, mentre giallo di livore e di paura tentava di varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere consegnato a un tribunale del popolo perché lo giudichi per direttissima. E per tutte le vittime del fascismo e per il popolo italiano, dal fascismo gettato in tanta rovina, egli dovrà e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo, nonostante pensiamo che per quest’uomo il plotone di esecuzione sia troppo onore. Egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso».

La morte del dittatore

Mussolini
Cancello di Villa Belmonte, Giulino di Mezzegra (CO)

Il 28 aprile alle 16.10 Mussolini e la Petacci vennero fucilati davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra sul Lago di Como. Secondo la versione ufficiale, a compiere l’atto fu il colonnello partigiano Walter Audisio, conosciuto come “Valerio”, affiancato da altri due partigiani: Aldo Lampredi e Michele Moretti. La condanna non includeva la compagna del dittatore, ma, secondo le testimonianze, si aggrappò a lui nel momento degli spari. I corpi furono poi trasportati in piazzale Loreto, nel punto in cui circa 8 mesi prima erano stati fucilati 15 partigiani.

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NEWS | La testimonianza di Valeria, membro di ArcheoMe impegnato nella lotta al COVID-19

Nella giornata di oggi, abbiamo ricevuto un messaggio privato nel nostro gruppo whatsapp “ArcheoMe Community”, gruppo che tiene in contatto diverse realtà che, come noi, agiscono nel settore culturale ad ampio respiro. Abbiamo deciso di raccontare la testimonianza molto forte e accorata di Valeria, uno dei nostri membri, nel tentativo di sensibilizzare chi ancora non ha capito la gravità della situazione e si precipita in strada per passeggiate o futili motivi. 

Ciao a tutti. Mi chiamo Valeria Lodigiani e faccio parte del direttivo del gruppo ArcheoMe.

Molti di voi, immagino, siano del Sud o del centro Sud. Vi scrivo in quanto, vivendo in Lombardia (precisamente a Como), lavorando nella sanità e girando per ospedali ed ATS, vorrei che capiste un po’ tutti la situazione delicata che stiamo vivendo in questo momento. All’inizio anch’io avevo sottovalutato l’importanza della situazione, reputando il COVID-19 una semplice influenza; poi ho cominciato a vedere i numeri dei contagiati alzarsi, colleghi che rimanevano a casa con febbre, magari anche bassa, ma che non passava nemmeno dopo dieci giorni.

Vi scrivo perchè noi oggi siamo al collasso. Ho rifiutato lo smartworking in quanto, vivendo da sola e non avendo figli, ho preferito dare a chi ne avesse davvero bisogno la possibilità di lavorare da casa. Io e i miei colleghi ogni giorno rischiamo la vita mentre siamo a lavoro perché, purtroppo, c’è ancora un numero troppo alto di persone che prende alla leggera questa situazione. Siamo al collasso! Non abbiamo mascherine, non abbiamo guanti e, in generale non abbiamo DPI! Non abbiamo nemmeno la possibilità di fare il tampone per sicurezza in quanto di tamponi quasi non ce ne sono  più.

Se stai male per un motivo che non riguarda il COVID-19 e chiami il 112, devi solo aspettare che il paziente prima di te sia dimesso o, per assurdo, muoia per salvare te stesso. Gestisco il personale sanitario e, avendo “in mano“ tutti i medici di base delle provincie di Como e Varese, tutti i tirocinanti futuri MMG, posso testimoniare che la maggior parte di loro è in auto-isolamento o a casa con la febbre. Io sono in giro con la stessa mascherina da quasi una settimana; posso solo permettermi di lavarla la sera e sterilizzarla per poi riutilizzarla, con l’ansia che perda la sua efficacia.

Vi prego di non prendere la situazione sotto gamba. So che il clima è pesante anche da voi ma vi supplico, cercate di non arrivare al collasso come siamo arrivati noi. State chiusi in casa ed uscite solo ed esclusivamente per necessità urgenti come fare la spesa o andare in farmacia.

Ci sentiamo di raccomandare, ancora un volta e per rafforzare la testimonianza di Valeria, l’importanza dello stare a casa. Andrà tutto bene se faremo in modo che sia così, altrimenti…

Riflettiamo.

Grazie Valeria per quello che state facendo. I nostri eroi, oggi, hanno camice e mascherina.

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LOMBARDIA | Como, il Palio del Baradello

Un po’ di storia

Il palio del Baradello è una manifestazione storica che si tiene ogni anno a Como, nel periodo compreso tra agosto e settembre.

Secondo gli avvenimenti storici, nel XII secolo,  Como e Milano erano, infatti,  in guerra già da qualche anno per questioni commerciali ed ecclesiastiche; Milano, sotto il controllo della Chiesa, voleva sottrarsi dalle grinfie di questa e poteva garantirsi una sicurezza tale solo con il possesso del Lago di Como e delle Valli Ticinesi.

Il conflitto che ne scaturì durò circa 10 anni (1118 – 1127) e vide vittorie alternate da parte di  entrambi gli schieramenti;  solo il 27 agosto del 1127 il conflitto giunse al termine:  Como venne assoggettata e divenne territorio di Milano.

Fu soltanto sotto Federico I Hoenstaufen, detto il Barbarossa,  che la città lariana recuperò la propria indipendenza.  Dopo aver accordato la pace a Milano nel 1159, nella primavera del 1162, Milano venne conquistata. Federico Barbarossa fece riedificare sopra la città comasca, a guardia della stessa, la maestosa rocca Baradello, oggi uno dei simboli per eccellenza di Como.

Il palio del Baradello

Il Palio, attivo dal 1981, è un momento di festa atto a celebrare  la prima visita alla città di Como dell’Imperatore Federico I Hohenstaufen.

La manifestazione si svolge nel periodo tra fine agosto e settembre e celebra l’imperatore con festeggiamenti, banchetti, giochi e tornei.

La manifestazione si apre con lo sbarco della coppia imperiale sulla tipica imbarcazione della città di Como: la Lucia. Allo sbarco, la coppia reale viene accolta dal Vescovo e dal console della città.

Appuntamento imperdibile è la cena medievale, vero e proprio banchetto del XII secolo. Un momento conviviale in compagnia dell’Imperatore della sua bella consorte Beatrice e dei nobili commensali.

Particolarmente importanti sono le gare in cui si sfidano i vari borghi per aggiudicarsi il Pallium, il drappo in seta dipinto a mano ogni anno da vari artisti comaschi.

I borghi che si sfidano sono diversi; tra essi, figurano Cernobbio, Camerlata, Quartino, Rebbio, Tavernola, Cortesella, Sant’Agostino, Camnago Volta, Casnate con Bernate, Breccia,  Prestino, Sant’Antonio, e San Martino.

Le gare in programma sono disparate: il tiro alla fune, la gara degli astieri, la corsa delle lavandere, la gara delle Lucie e la corsa delle carriole.

     

Tutte le gare seguono un regolamento preciso; accanto a queste vi sono, poi, competizioni minori, organizzate dai singoli Borghi nell’ambito della propria festa. Non danno diritto a un punteggio, ma vi possono partecipare tutte le singole frazioni con i loro costumi medievali. 

A contornare il tutto non manca l’appuntamento con gli esperti dell’Associazione Archeologica Comense per parlare di storia medievale comasca, con la visita guidata alle mura occidentali.

A conclusione dell’evento, la terza domenica di settembre, si svolge il tradizionale corteo storico: è il momento clou dell’intera manifestazione e coinvolge non solo tutti i figuranti, che hanno partecipato ai vari eventi dell’anno, ma anche numerosissime persone appartenenti ai Borghi o perfino da altre località.

Al termine della manifestazione, riunito il corteo e tutti i nobili, in Piazza Cavour, l’imperatore elegge il borgo vincitore al quale consegna l’artistico drappo che resterà definitivamente di proprietà del Borgo vincitore.

 

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LOMBARDIA | Como, il Castello Baradello

Il castello Baradello è una fortificazione che domina dall’alto la città di Como. Deve il suo nome alla radice  bar, che significa “luogo elevato”.

Sono diverse le narrazioni inerenti alla sua costruzione: c’è chi la vorrebbe far risalire alla dominazione Gallica e chi, invece, la attribuisce al re Liutprando. Secondo un’ulteriore ipotesi, il castello sarebbe stato costruito nel X secolo, probabilmente dal vescovo Vallone.  Infine, la teoria più accreditata è quella che attribuisce l’edificazione dell’opera a Federico I Hohenstaufen, detto il Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero.

La posizione del Baradello, all’imbocco della strada proveniente da Milano e dominante un tratto della campagna, costituiva un valido punto d’appoggio per il popolo comasco.

In particolare, è durante la guerra tra Como e Milano (1118 – 1127) che il Castello Baradello assume un ruolo di fondamentale importanza.

Milano e Como erano già in lotta da alcuni decenni, soprattutto per questioni commerciali e religiose. Milano, nel XII secolo, era in assoluto la provincia più grande e potente e aspirava a controllare un territorio ben più vasto di quello milanese: in particolare, mirava a sottrarsi al controllo dell’imperatore e solo con il possesso del Lago di Como e delle Valli Ticinesi poteva garantirsi tale sicurezza.

Dal canto suo, Como non tollerava il fatto che parte del ramo orientale del lago fosse sotto il dominio politico di Milano.

Nel 1117, Milano tentò di assoggettare Como con una mossa politica: l’imperatore Enrico V, alleato di Milano, nominò vescovo di Como il milanese Landolfo da Carcano, nel tentativo di rendere la diocesi lariana egualitaria a quella ambrosiana.

Fu nel 1118 che il conflitto esplose. La causa scatenante fu l’attacco da parte della cittadina comasca nel territorio della Pieve di Agno; l’offensiva costò la vita ai nipoti di Landolfo, Ottone e Bianco, mentre Landolfo stesso venne, invece, imprigionato e consegnato al suo nemico Guido Grimoldi. A seguito di questo contrasto, Milano dichiarò guerra a Como.

Subito i Milanesi avanzarono nel territorio comasco, arrivando fin sotto al Castel Baradello. Qui ebbe luogo il primo scontro armato del conflitto che vide l’ago della bilancia pendere dalla parte dei comaschi.

Durante i dieci anni di guerra, si susseguirono numerose battaglie, anche navali, che portarono alle vittorie alternate di entrambi gli schieramenti.

Nel 1127, si verificò un ultimo assalto dei Milanesi contro la città nemica: i comaschi non furono in grado di rispondere come avevano fatto dieci anni prima e furono completamente  travolti dai nemici. La città cadde, venne saccheggiata e, infine, distrutta.

Con questo evento, il 27 agosto 1127, Como divenne territorio di Milano. Fu soltanto sotto Federico I Hoenstaufen, detto il Barbarossa, che la città lariana recuperò la propria indipendenza e partecipò alla campagna militare italiana dell’imperatore, culminata nel 1162 con l’assedio e la distruzione di Milano.

 

Il Palio del Baradello

Dal 1981 la città comasca allestisce, nel mese di settembre, una serie di eventi per festeggiare la prima visita dell’imperatore Federico Barbarossa e per ringraziarlo del suo aiuto nella lotta contro la dominazione milanese.

I diversi borghi si sfidano tra loro con giochi quali il tiro alla fune, la corsa delle carriole e la gara delle Lucie (la tipica imbarcazione del lago di Como) per la conquista del  “Pallium”, il drappo in seta dipinto a mano ogni anno da vari artisti comaschi.

Un momento imperdibile che diffonde in città un magico profumo di medioevo.

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Lombardia | Como: un tesoretto di monete di inestimabile valore

Nel 2018, durante dei lavori di edilizia, per opera della ditta Officine Immobiliari Srl di Como -una ditta privata che sta trasformando l’ex teatro Cressoni in un complesso residenziale, è venuto alla luce un tesoretto di monete di inestimabile valore.

La zona del ritrovamento è una zona centralissima, sia per la Como odierna ma, soprattutto, per quella antica: si scavava, infatti, un’area molto vicina a quello che era il foro di Comum, la Como romana.

Durante i lavori è stato riportato alla luce un edificio di epoca tardo-antica fabbricato con pezzi di reimpiego ed alcune epigrafi di epoca imperiale, di cui, però, non si conosce ancora bene la funzione.

Il tesoretto è stato trovato all’interno di un contenitore in pietra ollare sopra uno strato in cocciopesto, un materiale edilizio che i romani utilizzavano per impermeabilizzare le superfici, sia pavimenti che pareti.

 

Il recipiente

Il recipiente che contiene le monete d’oro è un boccale ad ansa quadrangolare e coperchio in pietra ollare grigia proveniente dalle Alpi Centrali.

La sua particolarità risiede nel fatto che è più largo alla base e più stretto sul collo: ciò fa pensare che si tratti di un contenitore molto prezioso.

La pietra ollare veniva, infatti, lavorata in un solo blocco in forme cilindriche o troncoconiche con l’orlo più largo rispetto alla base. Questo permette, infatti, di ridurre al minimo lo scarto; una lavorazione come quella del recipiente descritto prevede una grande quantità di scarto ed è pensabile solo per oggetti estremamente preziosi.

Il tesoretto

Per quanto riguarda le monete, esse sono ancora in fase di studio. Sappiamo per certo che si tratta di  1000 solidi del peso di circa 4,5 grammi;  sono state tutte riposte con cura e non abbandonate in fretta come capita in altri ripostigli. Probabilmente sono state impilate dentro a rotoli di stoffa o altro materiale deperibile che ora non c’è più.

Si può confermare la datazione al 472-474 d.C. grazie anche alla presenza di pezzi a nome di Onorio, Arcadio, Teodosio, Valentiniano III, Maggioriano, Libio Severo, Antemio e Leone I. Oltre alle monete sono stati ritrovati nel vaso alcuni oggetti in oro: un frammento di barretta, tre orecchini e tre anelli con castone.

 L’ingente quantitativo di monete e l’entità della somma sembrano confermare l’interpretazione già proposta come cassa pubblica.

 

Valorizzazione e tutela: dove andrà a finire il reperto?

Ma la domanda che sorge spontanea è una: chi dovrà occuparsi della valorizzazione e tutela di questo reperto? Dove sarà esposto una volta analizzato e studiato? La risposta a queste domande è chiara: il tesoretto appartiene alla città in cui è stato trovato: Como.

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LOMBARDIA | Como: il complesso termale di Viale Lecco


Le Terme di Como romana sono un complesso termale romano della città di Como, costruito nella seconda meta del I secolo d.C. grazie a una donazione di Plinio il Giovane e utilizzato fino alla fine del III secolo d.C.
Esso venne riportato alla luce nel 1971, durante alcuni lavori di edilizia urbana. Erano visibili le murature relative a otto diversi ambienti, alcuni a pianta ottagonale e altri a pianta rettangolare (probabili calidari e frigidari).

Una seconda area venne scoperta, invece, intorno agli anni novanta del secolo scorso: tali ambienti occupavano integralmente una zona di circa 1500 mq. Nel 2002, la Società Valduce Servizi s.p.a. la acquistò e ne finanziò accertamenti archeologici che permisero di constatare la conservazione delle strutture anche in questo tratto: furono, infatti, rinvenuti una decina di nuovi vani, di forme e dimensioni variabili; in relazione a questi, è stato possibile riconoscere due diverse fasi edilizie: una più antica, risalente alla seconda metà del I secolo d.C., e una più recente, databile al II secolo d.C.


La mancanza delle infrastrutture, che differenziano gli ambienti riscaldati da quelli freddi, ha, però, impedito di individuare con precisione la funzione dei diversi vani e di ricostruire il percorso termale.
Nel III secolo, le terme vennero abbandonate, le pavimentazioni e le decorazioni asportate e riutilizzate per la costruzioni di altri edifici. L’area divenne una vera e propria necropoli, caratterizzata da sepolture a inumazione. Tra queste, le più antiche sono due tombe a cappuccina, pertinenti a individui adulti, deposti con corredo, risalenti al V-VI sec.
Una notevole quantità di intonaci dipinti, per buona parte figurati, appartenenti alla decorazione pittorica del complesso, è stata recuperata nei livelli di distruzione dell’edificio: si tratta di un ritrovamento di estrema importanza, essendo la più consistente attestazione di decorazione parietale dipinta documentata finora a Como. Considerando la grandezza degli ambienti rinvenuti durante le varie campagne di scavo e lo schema tipico delle strutture termali, è stato ipotizzato che l’impianto termale di Como dovesse essere il più grande di tutto l’Impero Romano, dopo quello di Roma.
Le campagne di scavo discontinue si conclusero nel 2008, quando venne costruito un parcheggio pubblico annesso al vicino Ospedale Valduce.

Grazie a questo stabile, è stato possibile valorizzare ulteriormente il complesso termale e, a tal proposito, è stato realizzato un percorso museale che passa all’interno dei vari edifici ritrovati;  sono state costruite due piccole sale museali dove, in una, sono racchiuse vetrine comprendenti i resti delle decorazioni e dei pavimenti, nell’altra due esempi di tombe a cappuccina.

Grazie a questo lavoro di valorizzazione, le terme sono, oggi, fruibili a tutti.