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19 ottobre 1434, nasce l’Università di Catania

La più antica università di Sicilia

È 19 ottobre 1434: il re di Spagna e Sicilia Alfonso di Trastámara, detto il Magnanimo, fonda il Siciliae Studium Generale. Ad autorizzarne la costruzione sarà la bolla pontificia emanata il 18 aprile del 1444 da papa Eugenio IV; grazie ad essa il Siculorum Gymnasium inizierà a tenere insegnamenti di Teologia, Giurisprudenza, Medicina e Arti liberali.

Eccoci dunque dinnanzi la più antica Università di Sicilia, un ateneo tra i più antichi e attualmente frequentati in Italia.

Ingresso monumentale del Monastero dei Benedettini, sede del dipartimento di Scienze Umanistiche

 

Un Ateneo, secoli di storia

Grazie ad alcune fonti epigrafiche sappiamo che la presenza di un Gymnasium caratterizzò la città di Catania a partire dal V secolo a.C. Dell’antica struttura purtroppo non rimane nulla, sappiamo solo che fu il terzo gymnasium per prestigio dopo Rodi e Cnido. Vittima di spolia, l’edificio fu smantellato per costruire il Castello Ursino.

La fondazione di un’università a Catania matura nuovamente tra il 1434 e il 1444, come risarcimento alla città per il trasferimento della capitale di Sicilia a Palermo. In origine esistevano tre facoltà, caratterizzate da due insegnamenti l’una: Teologia, GiurisprudenzaMedicina. Il rapido crescere dell’università permise l’apertura della facoltà di Arti Libere e l’inserimento di nuovi insegnamenti nei principali dipartimenti.

I corsi vennero inizialmente tenuti presso alcuni locali della Platea Magna o Piano di Sant’Agata, ossia l’odierna Piazza Duomo: a fianco della Cattedrale, con l’annesso Seminario, e del palazzo del Comune. Con la distruzione dei locali (a causa del terremoto prima e della sistemazione della piazza poi), per molti anni l’Università ebbe sede mobile, ospite per lo più in luoghi privati, civili ed ecclesiastici. La costruzione del nuovo palazzo dell’Università fu completata soltanto intorno al 1760. La piazza preposta ad ospitare la nuova sede, tradizionalmente nota come Piazza della fiera del lunedì, prese il nome di Piazza degli Studi, oggi Piazza dell’Università.

Palazzo Università, piazza dell’Università a Catania

Siciliae Studium Generale

Fino al XIX secolo gli studenti provenivano dall’intera Sicilia. Catania fu per quasi quattro secoli l’unica università del regno di Sicilia: questo permise all’ateneo di godere della privativa, ossia del privilegio esclusivo di rilasciare lauree nel Regno di Sicilia.

Lo Studio venne più volte riformato: nel 1873 fu soppressa Teologia e, a seguire, furono riorganizzate tutte le altre facoltà. Gli attuali dipartimenti sono di istituzione novecentesca.

Anche la figura stessa del rettore mutò. Inizialmente, come in uso in tutte le antiche università, la carica veniva eletta tra gli studenti dell’ultimo anno e aveva il compito di proteggere e giudicare gli studenti stessi. Nel 1779 venne abolita per essere ripristinata solo nel 1840 con sostanziali cambiamenti. Il rettore novecentesco è ora un professore posto al vertice del governo dell’Ateneo.

Sigillo storico dell’Università di Catania

 

Unict, Università degli studi di Catania 

Ad oggi sono circa 40 mila gli studenti iscritti all’Università degli studi di Catania. Presenta un’offerta di 104 corsi di studio, suddivisi tra triennali, magistrali e a ciclo unico, cosi come presenta 20 corsi di dottorato di ricerca ed oltre 30 master. L’Ateneo permette inoltre l’iscrizione presso le scuole di specializzazione per medici, archeologi, fisici e specialisti delle professioni legali. L’organizzazione della didattica è affidata a 17 dipartimenti, tra questi abbiamo il Dipartimento di Scienze Umanistiche (DiSUm), situato all’interno di uno dei gioielli del patrimonio culturale siciliano, il Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena.

Patrimonio mondiale dell’Unesco, l’edificio monastico nasce nel 1558 e fu più volte sconvolto da calamità naturali. Distrutto e ricostruito, si sviluppa fino ai giorni nostri conservando tracce evidenti di ogni sua fase. Il Monastero è un luogo unico, un monumentale testimone, in grado di raccontare le vicende umane e storiche di Catania e di Monte Vergine. Oggetto di continui studi e scavi, il complesso custodisce sotto di sé i resti di una domus romana e tracce di Katane, la Catania Greca.

Resti di domus, età romana, Monastero dei benedettini di San Nicolò l’Arena

Articolo a cura di Chiara Ansini ed Eliana Fluca.

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I moti del 1848, quando la Sicilia stupì l’Europa

Il 12 Gennaio del 1848 Palermo si sveglia diversa, con la voglia, caratteristica del popolo siciliano, di sottrarsi al dominio straniero e tirannico. Così la città di Palermo, quella mattina, vede una folla di gente in rivolta contro la dominazione napoletana, contro le truppe regie di Ferdinando II. L’obiettivo era quello di  proclamare il Nuovo Regno di Sicilia, indipendente e autonomo dal potere borbonico.

Stampa allegorica dell’epoca. La Sicilia scaccia il potere borbonico

 

Il 12 Gennaio 1848, l’epoca gloriosa della universale rigenerazione

Nei giorni che precedevano i moti, diversi  manifesti circolavano sui muri di Palermo, chiamando a gran voce i cittadini all’insurrezione. In uno dei manifesti, riportato interamente in un’opera del 1863 di Felice Venosta, si poteva leggere:

Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha spezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e nella miseria, ardiremo ancora a riconquistare i legittimi diritti. All’armi figli della Sicilia! La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione. […] Chi sarà mancante di mezzi ne sarà provveduto. Con questi principi il cielo seconderà la giustissima impresa. Sicilia, all’armi!

Con queste parole, i palermitani, organizzavano la rivolta proprio nel giorno del compleanno di Ferdinando II di Borbone, nato a Palermo proprio il 12 Gennaio 1910. L’insurrezione era capeggiata dal mazziniano Rosolino Pilo e promossa insieme a Giuseppe La Masa.

La rivoluzione di Palermo in una stampa d’epoca

La sera stessa del 12 gennaio veniva istituito un “Comitato provvisorio” che chiedeva il recupero della Costituzione del 1812, incentrata sui principi della democrazia rappresentativa e sulla centralità del Parlamento. Nel frattempo, il 15 Gennaio, sbarcavano a Palermo i rinforzi borbonici che bombardarono le strade piene di rivoltosi. Il 22 gennaio Ferdinando II negava le richieste siciliane. Il 23 gennaio, il Comitato provvisorio si trasformava nel nuovo “Comitato Generale”, avente come presidente Ruggero Settimo e come segretario il patriota Mariano Stabile. Lo stesso 23 gennaio il “Comitato generale” dichiarava decaduta la monarchia borbonica. Il 25 gennaio 1848 le truppe borboniche evacuavano il Palazzo Reale.

Il vessillo del Nuovo Regno di Sicilia

 

La Sicilia insorge

Palermo era stata la prima di molte città a ribellarsi. Di lì a poco, nel giro di qualche mese, molte altre città del Regno borbonico ne seguirono l’esempio. Il 22 gennaio anche Girgenti (Agrigento) intraprende la via della rivolta seguito, il 29 gennaio, da Catania, Messina e Caltanissetta nella stessa giornata. Il 30 gennaio è il turno di Trapani e il 4 febbraio quello di Noto.

Il primo Governo del Nuovo Regno venne presentato il 27 marzo, con la nomina dei ministri: figure liberali come Mariano Stabile, il barone Pietro Riso, lo storico Michele Amari, il principe di Butera Pietro Lanza e il futuro primo ministro del neonato regno italiano Francesco Crispi.

Già nel settembre dello stesso anno, però, l’esercito borbonico riconquista Messina. Da qui, l’Esercito delle Due Sicilie si mosse per la riconquista del resto dell’isola.

L’assedio di Messina

Il 1° Settembre del 1487 già la città di Messina aveva manifestato comportamenti rivoltosi nei confronti dei Borbone. Quell’insurrezione improvvisata era stata sedata nel giro di poche ore. Ma era bastata a scatenare una scintilla rivoluzionaria tra i messinesi, e non solo, al punto di ricordarla in una lapide commemorativa, posta oggi proprio in via I Settembre.

Nel 1848 erano riprese le rivolte, stavolta più dure e, soprattutto, durevoli. Tuttavia, lo sforzo messinese, perpetrato per mesi non fu sufficiente. Il dominio borbonico, scacciato con le rivolte da tutta la Sicilia, manteneva infatti un suo presidio nella Cittadella di Messina, ben difesa e ben equipaggiata per la riconquista dei territori (contava infatti circa 300 cannoni).

Messina con la Real Cittadella in una stampa d’epoca

L’esercito borbonico sbarcò a Messina il 3 settembre 1848, guidato dal tenente Carlo Filangieri, principe di Satriano. Un esercito composto da circa 24.500 uomini si scagliò sulla città adoperando un totale di 450 cannoni. I bombardamenti colpirono tanto i rivoltosi (che potevano contare su un corpo armato di soli 6.000 uomini) quanto i civili, distruggendo e radendo al suolo interi quartieri. Nel frattempo, sul fronte sud di Messina, Filangieri guidava un ulteriore bombardamento navale. Il bombardamento di Messina, durato per cinque giorni ininterrotti, fece storcere il naso all’Europa intera che guardò ancora con più astio Ferdinando II che, con quell’attacco, ottenne il soprannome di “re bomba”.

Messina, in quei giorni di settembre 1848, cadeva sotto il peso e la crudeltà dell’esercito borbonico. Le forze siciliane chiedevano così la tregua, concessa il 18 settembre.

Nei primi mesi del 1849 anche Catania capitolava sotto la pressione dell’esercito borbonico. Palermo, invece, cadde il 14 maggio 1849 e con essa caddero, per il momento, anche le speranze di uno stato siciliano indipendente.

L’assedio di Messina in Piazza Duomo

 

La “Primavera dei Popoli”

Palermo era stata, inoltre, la città a ispirare moti rivoluzionari in tutta Europa, dando il via alla cosiddetta “Primavera dei Popoli”, periodo in cui la borghesia europea decideva di ribellarsi. Napoli seguì l’esempio palermitano già il 27 gennaio 1848; a Parigi tra il 22 e il 24 marzo dello stesso anno Luigi Filippo fu costretto ad abdicare, favorendo così la nascita della “Quarta Repubblica francese”; anche Berlino ebbe i suoi moti rivoluzionari proprio a Marzo. E, ancora, tra il 18 e il 24 marzo anche Milano si ribellò agli austriaci. Una stagione rivoluzionaria che si conclude con l’insorgere della stessa Roma, con la nascita della “Repubblica Romana”.

Il popolo palermitano aveva, nel suo piccolo, dato il via ai moti rivoluzionari del ’48, necessari per la futura spinta rivoluzionaria europea. Fu l’inizio del Risorgimento.

 

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ATTUALITÀ | Canti e racconti natalizi dei primi del ‘900: l’evento musicale a Catania

Giovedì 23 dicembre, alle 16.00, nella Chiesa Monumentale di San Nicolò l’Arena, l’evento musicale dedicato alle tradizioni musicali natalizie dei quartieri catanesi nei primi del ‘900, organizzato dal Dipartimento di Scienze della formazione.

Tradizioni musicali catanesi nei primi del ‘900

Riscoprire gli antichi “suoni” dei quartieri catanesi tra canti e racconti natalizi dei primi del ‘900. È una dimostrazione, aperta a tutta la cittadinanza, per far conoscere le risorse culturali, materiali e immateriali, proprio per preservarne e promuoverne l’identità culturale. Si terrà appunto giovedì 23 dicembre nella Chiesa Monumentale di San Nicolò l’Arena, grazie all’evento musicale “Natale in quartiere. Alla scoperta delle tradizioni musicali natalizie dei quartieri catanesi nei primi del ‘900”.

Angoli di Natale a Catania

Ad organizzarlo il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania in collaborazione col Comune di Catania (assessorato alla Cultura) e con le associazioni di quartiere Antico Corso e Acque Dotte.

All’evento interverranno Francesco Priolo, rettore dell’Università di Catania, il sindaco Salvo Pogliese e l’assessore alla Cultura Barbara Mirabella. Insieme ad essi, inoltre, anche la direttrice del Dipartimento di Scienze della formazione Loredana Cardullo e la docente Eleonora Pappalardo, delegata alla Comunicazione del Disfor.

nanareddi

Protagonisti saranno i Nanareddi, gruppo musicale guidato da Alfio Leocata (voce, friscalettu e zampogna) e composto da Francesco D’Arrigo (poeta), Rosa Alba Nicolosi (violino), Torquato Tricomi (chitarra), Piero Pia (chitarra) e Roberto Pia (contrabasso). Un gruppo che da anni conduce una meticolosa ricerca filologica sulle tradizioni novenistiche catanesi, in particolare quelle relative ai primi decenni del ‘900.

I Nanareddi

In quegli anni, infatti, i Nanareddi, artisti di strada improvvisati, dal 16 al 24 dicembre giravano per la Civita (antico quartiere etneo) esibendosi in canti e racconti natalizi, davanti alle case, alle botteghe ed alle cone (icone sacre), coniugando episodi del nuovo testamento a vanniate profane.

<<Incoraggiati dalla Chiesa, con lo scopo di diffondere il linguaggio “evangelico”, i Nanareddi traducevano, a modo proprio, i testi dal latino al siciliano, per renderli comprensibili a tutti gli abitanti del quartiere>>, spiega Alfio Leocata. <<La rappresentazione>>, continua il musicista, <<viene infatti riproposta così com’è nata all’origine, e questo è reso possibile grazie al ritrovamento “eccezionale” di un disco in 78 giri in bachelite del 1934 ed alle preziose testimonianze civitote>>.

Le parole della prof.ssa Pappalardo

«L’idea di un’esibizione dei Nanareddi aperta a tutta la cittadinanza è stata maturata nel tempo – ha spiegato la prof.ssa Eleonora Pappalardo, delegata alla comunicazione del Dipartimento di Scienze della formazione -. Abbiamo infatti la possibilità, grazie a questo evento, di assistere ad una “dimostrazione” concreta delle sonorità della tradizione catanese, e il Dipartimento di Scienze della Formazione ha, giustamente, voluto coinvolgere il territorio».

«Catania è senz’altro un grande “contenitore” eccezionale di risorse culturali, materiali e immateriali, e proprio quest’ultime sono senz’altro le più fragili, quelle che maggiormente rischiano di essere perdute e non tramandate alle generazioni future – ha aggiunto la docente dell’ateneo catanese -. Tuttavia, la cultura immateriale, che comprende, tra le altre cose, la lingua, le leggende, le tradizioni e la musica, costituisce una parte fondamentale della nostra identità. Una cultura, infatti, che va preservata, valorizzata e promossa; annoverata con orgoglio tra le risorse che rendono unica la nostra città. Proprio in questa direzione, dunque, l’Ateneo catanese si muove negli ultimi anni, all’insegna dei principi della Terza Missione che vedono l’Università come una realtà attiva nel territorio, al fine di preservarne e promuovere l’identità culturale».

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NEWS | L’archeologia partecipata: al via lo scavo didattico a Palazzo Ingrassia (CT)

Protagonisti dell’attività di bonifica da sterpaglie e rifiuti dell’area dei giardini di Palazzo Ingrassia (via Biblioteca) sono stati gli studenti di Beni Culturali e Archeologia dell’Università di Catania. L’operazione di bonifica è stata necessaria in vista dell’avvio dello scavo archeologico previsto dal “Progetto  Archeologico di Montevergine“.

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Durante i lavori di bonifica dell’area da indagare
Il lavoro di bonifica

Le azioni di bonifica, alla quale seguirà lo scavo archeologico, sono state supportate anche dal Comitato popolare Antico Corso (che ha messo a disposizione la strumentazione per ripulire l’area e parte attiva del progetto) e dal Servizio Igiene urbana e ambientale del Comune di Catania. Un progetto che prevede attività di ricerca, didattica e divulgazione e che, soprattutto, consentirà per la prima volta di toccare con mano l’archeologia in un’esperienza pubblica e partecipata, aperta a studenti e ai cittadini.

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L’area di Palazzo Ingrassia (CT)
L’archeologia partecipata

Previsti anche interventi di valorizzazione dell’area con specifiche azioni di archeologia partecipata, dirette agli abitanti del quartiere e ai visitatori e turisti della città di Catania. Il progetto sarà realizzato dall’ateneo catanese in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, il Parco archeologico di Catania e con il supporto logistico del Comune.

catania bonifica scavo archeologico
Gli studenti dell’Università di Catania impegnati nel lavoro di bonifica
Uno scavo archeologico con funzione didattica

«Gli interventi di scavo stratigrafico saranno avviati nelle prossime settimane e consentiranno di far scoprire l’archeologia da un punto di vista scientifico e didattico in un processo continuo e costante di integrazione con i residenti del quartiere». Ha spiegato così la docente Simona Todaro dell’ateneo catanese, responsabile del progetto, coadiuvata da Gioconda Lamagna del Parco archeologico di Catania e da Michela Ursino della Soprintendenza.

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NEWS | Elefante africano, al Museo di Zoologia dell’UNICT c’è l’antenato del “Liotru”

Tra la tigre, la zebra e il leone spicca proprio lui: l’Elefante africano. E non poteva essere altrimenti. È il simbolo di una città, “u Liotru” è per i catanesi un “marchio” a cui hanno affidato la protezione contro le eruzioni dell’Etna. E, ovviamente, da protagonista indiscusso, non può che fare bella mostra di sé al centro del salone grande del rinnovato Museo di Zoologia e Casa delle Farfalle dell’Università di Catania che ha riaperto i battenti.

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L’Elefante africano al Museo di Zoologia dell’Università di Catania

Ad accogliere i visitatori al Museo è, ovviamente, il padrone di casa, eletto “simbolo” di MuZoo: l’Elefante africano, arrivato nel giardino della villa Bellini a Catania nel lontano 1889, un “regalo” dell’imperatore d’Etiopia Menelik II al re d’Italia Umberto I a seguito della firma del trattato di Uccialli. Una volta imbalsamato è stato donato al Museo di Zoologia e, nel corso della cerimonia di riapertura, ha affascinato i primi visitatori.

I primi visitatori del Museo di Zoologia dell’Università di Catania
Orgogliosi i responsabili del Museo

«Un progetto che parte da lontano con il pieno contributo dell’Ateneo per offrire alla società civile un’altra struttura museale di prestigio e con una concezione moderna», ha spiegato il rettore Francesco Priolo. «Ancora una volta ci apriamo ai cittadini con una proiezione sul futuro di questo territorio».

«Oggi abbiamo restituito a tutti un museo open, grazie anche al prezioso contributo di studenti e dottorandi. In tempi brevi sarà ulteriormente implementato con una sezione dedicata alle specie aliene». Così ha spiegato il responsabile scientifico della struttura, Giorgio Sabella, alla presenza del responsabile delle attività didattiche e divulgative della struttura museale, Fabio Viglianisi.

I responsabili del Museo alla cerimonia d’inaugurazione
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NEWS | “Etna 1669”, la mostra di SopriCT a 350 anni dalla grande eruzione

L’Etna è il vulcano più alto d’Europa, ma anche uno dei più attivi al mondo da sempre. La Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania ha infatti organizzato una mostra sull’eruzione del 1669. Etna 1669. Storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione sarà inaugurata il 28 giugno, alle ore 18, al Palazzo Centrale dell’Università di Catania e sarà visitabile fino al 30 ottobre 2021.

1699

La tremenda eruzione del 1669

L’eruzione dell’Etna nel 1669 costituisce uno degli eventi più importanti di tutta la storia vulcanologica italiana. Un enorme fiume di lava distrusse la pendice meridionale dell’Etna e i paesi che sorgevano a valle. Frequenti scosse sismiche si aggiunsero al panorama generale di devastazione aprendo delle fenditure eruttive.

La colata del 1669 illustrata da Giacinto Platania, testimone oculare dell’eruzione

Dopo il collasso del grande cratere centrale, il fiume si ramificò in tre bracci e prese così la direzione di Catania. Il 23 aprile del 1669 il fuoco raggiunse il litorale e abbracciò il Castello Ursino, ampliando pian piano la linea di costa con oltre un chilometro di lava. Per una ventina di giorni Catania fu invasa dal fiume di fuoco: molti cittadini rimasero senza tetto e, poco a poco, la città si spopolò. La devastazione di 16 chilometri di colata lavica durò complessivamente ben 122 giorni.

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Particolare della colata lavica al Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena a Catania, ricostruito dal 1702 – immagine da INGVvulcani, foto S. Branca

Non è la prima volta, però, in cui Catania fa i conti con la potenza smisurata dell’Etna, ma questa è stata l’unica eruzione in grado di distruggerla, insieme ad altri quindici paesi etnei.

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Il corso del fiume di lava dell’eruzione del 1669 ricostruito da Branca et al. (2013) – immagine da INGVvulcani
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NEWS | Cavillier e Magro con ArcheoMe per il progetto “Iside”: domani la conferenza

Domani ci sarà un’altra conferenza sugli Aegyptiaca, i culti egizi e il progetto Iside afferente alla Sicilia orientale, con particolare riferimento a Catania e al suo territorio. Il professor Giacomo Cavillier, direttore del Centro di Egittologia e Civiltà Copta “J. F. Champollion”, annuncia un nuovo incontro online con focus su uno degli argomenti che, negli ultimi tempi, ha attirato l’attenzione di molti studiosi: la presenza dei culti isiaci e, soprattutto, della figura di Iside in Italia meridionale.

Già da tempo è in attivo un progetto di ricerca dedicato al culto di Iside in Sicilia orientale proprio in collaborazione con l’egittologo Cavillier, tra l’altro anche docente all’Università del Cairo.

Si tratta di un’iniziativa condivisa da importanti istituzioni culturali del territorio delle province di Catania e Messina, che si propone ricostruire e valorizzare i rapporti tra la Sicilia orientale e l’Egitto faraonico. Il progetto pone l’accento sulle testimonianze dei culti, sui commerci e sulle tradizioni locali, mediante l’analisi delle antichità egizie ed egittizzanti presenti; il tutto arricchito dall’apporto dei resoconti di viaggio in Egitto e in Nubia da parte di letterati, scienziati e collezionisti siciliani nell’800 e ’900.

cavillier

Il progetto ha come scopo quello di tentare di risalire all’origine e alla permanenza dei culti egizi in Sicilia e, al contempo, l’eventuale presenza in Egitto di tradizioni e costumi siciliani.

Protagonisti dell’incontro saranno, dunque, l’egittologo Cavillier e la dott.ssa Maria Teresa Magro, funzionaria archeologa della Soprintendenza di Catania. Il dott. Francesco Tirrito, archeologo e direttore di ArcheoMe, introdurrà la conferenza. ArcheoMe ha voluto infatti intervistare il professor Cavillier e la dott.ssa Magro in merito al progetto Iside: l’incontro dell’8 giugno alle 18 sarà in diretta sulla pagina Facebook della testata

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NEWS | SopriCT, al via la dichiarazione di interesse culturale per la villa di Battiato

La Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Catania ha avviato la procedura di dichiarazione di interesse culturale per “Villa Grazia”, la casa di Franco Battiato a Milo. A comunicarlo è direttamente l’assessore Samonà sul suo profilo Facebook. 

Alle pendici dell’Etna, e con lo sguardo rivolto alla costa ionica, Villa Grazia è stata il luogo nel quale l’artista siciliano aveva deciso di tornare ormai da diversi anni per vivere in un’atmosfera raccolta e di quiete. Molto più che una villa in senso stretto, ma un piccolo borgo circondato da un parco, con uno studio dove Franco Battiato era solito comporre i suoi brani, e con diversi ambienti dedicati alla meditazione, alla lettura e alla ricerca. La dimora dove, circondato dall’affetto dei familiari, ha trascorso anche questi ultimi anni.

Il procedimento, avviato dalla Soprintendenza, terminerà entro 120 giorni con l’apposizione del vincolo che dichiarerà la villa quale bene culturale.

“La nostra funzione è quella di preservare e tutelare ciò che ha un valore storico, etnoantropologico e culturale perché ne resti memoria nel tempo. La villa di Milo – precisa Donatella Aprile, Soprintendente di Catania – oltre ad essere un bell’esempio di casale rurale, è oggi un luogo simbolico che testimonia la vita di un artista siciliano riconosciuto in tutto il mondo per la peculiarità della sua produzione; la sua casa deve essere preservata perché possa testimoniarne la vita e diventare un luogo di riferimento, un Museo della Musica che ne possa mantenere la memoria”.

“Villa Grazia è un luogo unico – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – perché esprime quel silenzio e quella spiritualità che Franco Battiato ci ha donato con la sua arte. Il vincolo culturale è un gesto di amore verso l’artista, ma anche di rispetto e di attenzione per quella che fu la sua dimora. Un luogo che ci invita alla riflessione, all’introspezione e alla ricerca della verità: un microcosmo alle pendici della montagna sacra, che con questo gesto vorremmo che fosse ulteriormente valorizzato, nel nome di questo grande, grandissimo artista”.

“La casa di Franco Battiato – evidenzia Alfio Cosentino, Sindaco di Milo – rappresenta nel mondo culturale italiano un bene di enorme valore. Essa, infatti, è stata il luogo in cui l’artista ha composto la sua musica, approfondito i suoi studi, realizzato i suoi dipinti, raccolto gli oggetti a lui più cari. Apprezzo e accolgo, dunque, con grande soddisfazione l’iniziativa dell’assessore ai Beni Culturali, Alberto Samonà e della Sovrintendente dei beni culturali di Catania, architetto Donatella Aprile, i quali hanno mostrato grande attenzione e sensibilità ponendo il vincolo culturale su Villa Grazia, residenza di Milo che Battiato aveva scelto come luogo in cui vivere e da cui trarre ispirazione”.

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NEWS | Oggi lutto cittadino: tutta la provincia di Catania piange Franco Battiato

Proclamato, per la morte del cantautore Franco Battiato, il lutto cittadino per oggi, 19 maggio 2021, a Riposto, sua città natale; poi esteso alla provincia di Catania. «Figlio prestigioso e geniale, poeta, compositore e grande maestro di musica indimenticabile». Così è ricordato, a poche ore dalla dipartita, dai cittadini del piccolo borgo marinaro che lo ha visto nascere, Riposto (CT). 

Il sindaco di Riposto, Enzo Caragliano, ha subito proposto il lutto cittadino ed espresso il suo cordoglio pubblicamente. «Battiato è stato precursore e innovatore nel contempo per la sua musica raffinata e geniale. Assumendo, quando necessario, posizioni forti in tema sociale e culturale» così scrive su Facebook. Tutta l’amministrazione comunale è inoltre stata concorde nell’intitolazione al maestro di uno dei luoghi più rappresentativi della città natale.

Franco

Anche Catania si unisce al dolore e all’iniziativa dei ripostesi pubblicando, nelle prime ore dalla dipartita, un video dalla durata di pochi secondi: immagini di Battiato sono sovrapposte alle note de La cura.

Anche il sindaco di Catania, Salvo Pogliese, si è espresso pubblicamente: «Scompare un punto di riferimento insostituibile di artista eclettico, uomo libero per la sua integrità morale, forte della sua speciale visione della vita e del mondo. Con la sua generosità, donò a Catania insuperabili momenti artistici che ne hanno reso indelebile il suo legame con la città etnea, arricchito dal lungo sodalizio artistico con il filosofo catanese Manlio Sgalambro. Tutti i cittadini di Catania ricorderanno sempre con emozione Franco Battiato e per questa memoria condivisa, l’intitolazione di un luogo simbolo della città farà diventare perenne il suo percorso di vita, arte e cultura anche per le generazioni future».

Il maxi schermo in piazza dell’Università a Catania – foto: Comune di Catania

Catania proclama per oggi il lutto cittadino. Inoltre, il maxi schermo di piazza Università mostrerà video e immagini del maestro con sottofondo musicale. Le bandiere di Palazzo degli Elefanti sono a mezz’asta.

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NEWS | Riemerge un’altra parte della necropoli tardo romana di Catania

Riemerge ancora una parte della necropoli tardo romana di Catania; la scoperta è avvenuta durante i lavori della Terna S.p.A., proprio nel tratto tra via Androne e via Battiato. Sono state individuate quattro sepolture, tre del tipo a forma con pareti intonacate e una su terra con copertura a cappuccina. Le tombe sono povere: presentano pochi elementi di corredo che forniranno comunque preziose indicazioni per una più precisa collocazione cronologica.

Gli scavi dell’intera tratta sono stati seguiti da archeologi: il dott. Alberto D’Agata, direttore del cantiere da agosto 2020, nonché collaboratore della nostra testata, e il dott. Federico Caruso; entrambi in raccordo con una funzionaria della Soprintendenza di Catania, la dott.ssa Michela Ursino. Si ringrazia la Terna S.p.A. e la Ditta Tethys, che ha fornito il supporto per la parte relativa allo scavo archeologico.

Le indagini nella zona della necropoli tra ieri e oggi

Fin dall’inizio si intuiva che la zona avrebbe regalato grandi soddisfazioni: è stata ritrovata la necropoli nord di Catania e, su via Androne, erano stati inizialmente intercettati, senza possibilità di indagine, dei muri; un muro trova continuità con un rinvenimento di Paolo Orsi del 1917, l’archeologo aveva allora scavato una struttura funeraria in conci di calcare. Sono stati rinvenuti altri muri che hanno fatto pensare ad una struttura funeraria di età ellenistica, riutilizzata anche successivamente.

Poco più sotto, invece, in continuità con le tombe scoperte negli scavi tra gli anni ’50 e ’70, sono state ritrovate sepolture con orientamento nord-sud: seguivano quindi la viabilità dell’epoca; delle sei sepolture a cassa individuate, se ne conservano però due e mezzo circa, con un’altra metà sotto i tubi che non può essere raggiunta. Sembravano circondate da una sorta di piano di calpestio e, all’esterno di questo perimetro, dovevano trovarsi le cappuccine. La tomba con copertura a cappuccina scavata ha restituito la sepoltura di un infante, di cui si conservano pochissime ossa; trovati all’esterno solo delle borchie in bronzo e un vasetto.

Molte tombe sono state distrutte dai lavori precedenti, ma il tutto è stato sufficiente a individuare due tipologie di sepoltura: una singola e due plurime. Si aspetta l’antropologo per stabilire il sesso dei defunti. Il corredo della mezza sepoltura rinvenuta comprende: un anello, una brocchetta, che trova confronti nelle tombe povere di quest’area e di questo periodo, e monete spesso illeggibili. 

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I rinvenimenti in situ (Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino)

In copertina: sepoltura rinvenuta in situ – Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, foto della dott.ssa Michela Ursino.