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NEWS | Al via il progetto per riqualificare l’area del Castello di Falconara e Butera (CL)

Dopo anni di abusivismo e degrado prende finalmente il via il sopralluogo dell’assessore Cordaro all’area adiacente al castello di Falconara e Butera, in provincia di Caltanissetta.

L’idea è quella di riqualificare questa zona dell’ex lido «Sorriso», vicino al Castello. Ricordiamo infatti come questa struttura fosse stata costruita tra gli anni ’60 e ’80 in maniera totalmente abusiva. La demolizione avvenne grazie all’azione della Magistratura solo nel 2007.  

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Il lido «Sorriso» accanto al castello di Falconara (CL) prima della demolizione (foto da: Agrigento Ieri e Oggi)

Al sopralluogo presenti l’assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà e l’assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, Toto Cordaro. Insieme a loro anche la dirigente del Demanio marittimo regionale, Olimpia Campo, un dirigente della Soprintendenza di Caltanissetta, Daniela Vullo; il capo della segreteria tecnica dell’Assessorato ai Beni culturali, Carmelo Bennardo. A sostegno di questa attività anche i membri del comune di Butera, quali il sindaco Filippo Balbo, il vicesindaco Giuseppa Pisano e l’assessore Luigi Puci.

L’assessore Alberto Samonà e gli altri responsabili durante il sopralluogo dell’area dell’ex lido «Sorriso» (foto da: Alberto Samonà)

Si prospetta la valorizzazione di un tratto del litorale che sarà dato in concessione tramite bando pubblico regionale, atto a riqualificare beni immobili in stato di abbandono e degrado.

La Sicilia anche per questo progetto punterà all’abbattimento di alcune strutture in cemento ancora presenti sul luogo e alla realizzazioni di opere reversibili tramite l’uso di materiali ecocompatibili, soprattutto in legno. Il tutto rivolto anche a far apparire questa zona più accessibile e fruibile dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. 

Il Castello di Falconara (CL) oggi (da lasiciliainrete.it)
Immagine di copertina: Castello di Falconara-Butera (CL), foto di Massimiliano Labbate.
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ATTUALITÀ | “Architettura fortificata”, il ciclo di incontri dell’Istituto Italiano dei Castelli e SSBA di Matera

L’Istituto Italiano dei Castelli Sezione Basilicata presenta il I ciclo di incontri sull’architettura fortificataDalla difesa militare alle dimore feudali. Conoscere, restaurare e valorizzare le architetture fortificate, questo il titolo della serie di cinque incontri previsti dall’8 maggio al 5 giugno 2021. Il ciclo di incontri è organizzato dall’Istituto Italiano dei Castelli in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata e il CNR-ISPC. Il tutto è reso possibile grazie al patrocinio degli Ordini degli Architetti P.P.C. delle province di Matera e Potenza e della SAMI – Società degli Archeologi Medievisti Italiani. Tra i promotori dell’evento anche la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera (SSBA).

Il programma

Si tratta, dunque, di un evento di alto profilo per l’approfondimento del tema dell’architettura dei castelli sul suolo italiano, con particolare attenzione al contesto lucano. Cinque incontri su Google Meet della durata prevista di circa 2 ore, che ospiteranno docenti ed esperti del settore provenienti da diversi atenei e istituti culturali italiani. Alla fine di ogni incontro, inoltre, ci sarà uno spazio per il dibattito con domande e risposte.

8 maggio 2021, ore 10-12.30
Castelli e siti fortificati quali poli di organizzazione territoriale e del paesaggio.

15 maggio 2021, ore 10-12
Il processo conoscitivo dell’architettura fortificata: dal rilievo alla diagnostica.

22 maggio, ore 10-12
Dall’analisi del rischio all’intervento di restauro.

29 maggio 2021, ore 10-12
Riuso e Valorizzazione.

5 giugno 2021, ore 10-12.30
Approcci multidisciplinari per la conoscenza e la valorizzazione dell’architettura fortificata.

L’evento è aperto ai soci, agli studenti e agli esterni, previa prenotazione e compilazione del modulo di iscrizione. Il modulo compilato dovrà essere inoltrato all’indirizzo iic.basilicata@gmail.com. È previsto, inoltre, il rilascio di 11 CFP agli architetti regolarmente iscritti ai rispettivi Ordini professionali di Potenza e Matera.

Di seguito il programma completo e il modulo di iscrizione scaricabili in pdf.

In copertina il castello di Melfi (Pz), immagine via Turismo.it

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NEWS | Nasce “Borghi dei Tesori”, il network di 42 piccoli comuni siciliani

Si tratta di 42 borghi siciliani sotto i cinquemila abitanti, in qualche caso poco più grandi, sotto i diecimila, di tutte le nove province dell’Isola. Custodi di centinaia di tesori artistici, naturalistici, umani, artigianali che raccontano millenni di storia, dalle testimonianze archeologiche fino al Novecento. E possono essere una delle risposte alla vita e al turismo post-pandemia.

Adesso, consapevoli della necessità di fare sistema, si strutturano in un network sotto il patrocinio della Fondazione Le Vie dei Tesori, che ha condotto, con la loro collaborazione, un censimento del patrimonio: castelli, abbazie, chiese, miniere, piccoli musei, conventi, osservatori astronomici, siti rupestri, grotte, cave, fari.

Caccamo (PA)

Ma il patrimonio culturale non conta solo beni materiali. Anche i tesori immateriali saranno interessati dall’iniziativa: sapienze antiche custodite dagli ultimi artigiani – veri tesori viventi – ricette tradizionali, tradizioni. Guidati dal Comune di Sambuca di Sicilia con la Fondazione Le Vie dei Tesori, i 42 borghi hanno partecipato al bando del Ministero Borghi in Festival, con un progetto che punta alla realizzazione del Festival Le Vie dei Tesori nei sei fine settimana compresi tra il 29 maggio e il 5 luglio con 210 luoghi aperti, 70 esperienze collaterali, e il coinvolgimento di 500 giovani del territorio, adeguatamente formati. Ma la Fondazione e i 42 Comuni hanno inoltre scelto di strutturarsi – oltre la partecipazione al bando per il Festival – in modo stabile per portare avanti politiche di rigenerazione, valorizzazione, lotta allo spopolamento, creando così un vero e proprio network dei borghi.

Elenco dei “Borghi dei Tesori”

  • Provincia di Agrigento
    Sambuca di Sicilia; Comitini; Narò.
  • Provincia di Caltanissetta
    Butera; Montedoro; Sutera.
  • Provincia di Catania
    Licodia Eubea; Militello in Val di Catania; Vizzini; Zafferana Etnea.
  • Provincia di Enna
    Centuripe; Sperlinga.
  • Provincia di Messina
    Santa Lucia del Mela; Condrò; Roccavaldina; Mirto; San Piero Patti; San Marco d’Alunzio; Frazzanò; San Salvatore di Fitalia; Montalbano Elicona; Graniti; Castelmola; Savoca.
  • Provincia di Palermo
    Gangi; Castelbuono; Polizzi Generosa; Vicari; Geraci Siculo; San Mauro Castelverde; Petralia Soprana; Petralia Sottana; Caccamo; Lercara Friddi; Roccapalumba; Godrano; Castronovo di Sicilia.
  • Provincia di Ragusa
    Chiaramonte Gulfi; Monterosso Almo.
  • Provincia di Siracusa
    Buccheri; Portopalo di Capo Passero.
  • Provincia di Trapani
    Custonaci.
borghi dei tesori
Mappa dei “Borghi dei Tesori”
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NEWS | Castel del Monte, la fortezza di Federico II diventa un HoloMuseum

Il museo di Castel del Monte, la fortezza costruita nel XIII secolo per volontà di Federico II di Svevia, diventerà un HoloMuseum. L’uso della realtà virtuale mirerà a migliorare l’esperienza di visita del sito, rendendola più coinvolgente. Questa strategia si inserisce in un progetto più ampio, che investirà sulla digitalizzazione al fine di valorizzare maggiormente l’area del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (tra le province di Bari e di Barletta-Andria-Trani).

Il progetto

Hevolus Innovation ha sviluppato l’iniziativa in collaborazione con Infratel Italia e Microsoft Italia, nell’ambito del progetto Piazza Wi-Fi Italia, per sostenere la diffusione di connettività e strumenti digitali e valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese. Grazie alle nuove tecnologie Microsoft di Cloud Computing, Intelligenza Artificiale e Realtà Mista, Castel del Monte diventerà così un HoloMuseum. Ma cosa si intende per HoloMuseum? Secondo il comunicato

L’HoloMuseum potenzia e amplifica all’infinito la capacità narrativa ed espositiva di una mostra, offrendo la possibilità di integrare durante il percorso di visita livelli informativi ed esperienziali aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall’allestimento fisico. Il tutto completamente personalizzabile in base alle esigenze e agli obiettivi curatoriali del comitato scientifico dell’ente museale”. 

Nel caso specifico di Castel del Monte, si tratterà di una visita phygital, cioè dove all’esperienza propriamente fisica se ne aggiungerà una digitale. Per prima cosa, il visitatore dovrà scaricare l’app MVRGIA sul proprio smartphone (disponibile sia per Android sia per iOS). Una volta all’interno del castello, attraverso appositi totem multimediali, sarà possibile godere delle aggiunte in realtà aumentata. Tra queste vi saranno: il servizio di guida, l’avatar 3D di Federico II di Svevia che accompagnerà il visitatore illustrando le diverse tappe della mostra, la visualizzazione di contenuti multimediali e materiali audio-visivi sulla storia del sito, nonché l’interazione con modelli digitali 3D per approfondire alcuni temi ed elementi della struttura architettonica del castello.

Verso una nuova fruizione

“Dal punto di vista del turismo, la cultura ha uno straordinario potere” commenta Antonella La Notte, CEO di Hevolus Innovation. “Così abbiamo ideato HoloMuseum, un concept di museo phygital, che fa evolvere il contesto espositivo tradizionale in ambiente espositivo ibrido facendo coesistere mondo fisico e contenuti virtuali digitali. Grazie alle tecnologie Microsoft di Realtà Estesa XR, Intelligenza Artificiale e Cloud Computing visitare un museo o una mostra può diventare un’esperienza amplificata, immersiva, altamente coinvolgente, immediata e interattiva”.

Senza dubbio, in tempi di Covid-19, c’è stato un incentivo in più anche per programmare la fruizione da remoto. Infatti, la modalità Mixed Reality renderà possibile anche l’esperienza a distanza (grazie al computer olografico Microsoft HoloLens 2). Sarà così possibile prenotare una visita virtuale da remoto, dove la guida presente nel Castello potrà condividere la propria vista degli ambienti reali e dei contenuti digitali extra con il visitatore non fisicamente presente.

 

Castel del Monte diventa un HoloMuseum (da https://www.parcoaltamurgia.gov.it).
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NEWS | San Severino (SA), gli scavi restituiscono le tombe di sei bambini

Centola (SA). Durante gli scavi effettuati nel castello di epoca longobarda, gli archeologi hanno messo in luce le mura della fortezza e le sepolture di sei bambini.

“Siamo ancora in una prima fase di scavo – spiega Maria Tommasa Granese, funzionaria – archeologa della Soprintendenza – ma, grazie a questi primi interventi, è già possibile osservare alcuni ambienti del castello: la cappella, la cisterna e altre aree ancora oggetto di studio. Gli archeologi – continua la Granese – stanno elaborando dati e relazioni per ricostruire con esattezza la storia del castello. Per quanto riguarda le sepolture ritrovate – aggiunge l’esperta – stiamo analizzando i reperti per risalire all’esatta datazione”. 

I ritrovamenti fatti dagli archeologi sono stati portati via dal sito per uno studio più approfondito in laboratorio.

Il borgo fantasma di San Severino, dai Longobardi all’abbandono agli inizi del ‘900

Da ciò che si evince dalle stratificazioni archeologiche, dallo studio dei resti visibili e dalle fonti storiografiche, la prima fase di frequentazione del sito risale al X secolo, durante l’occupazione longobarda. Sempre all’epoca longobarda risale anche il nome del Borgo: i Sanseverino erano la più ricca e potente famiglia del Principato longobardo di Salerno. Uno tra i primi edifici a essere costruiti fu senza dubbio proprio il loro castello. La fortezza sorge sulla roccia che domina la sottostante Valle del Mingardo: da questo punto, infatti, era possibile avere il pieno controllo della così detta Gola del Diavolo, da cui si accedeva al borgo di San Severino. Alle prime fasi di vita dell’abitato risale anche una cappella e una torre di avvistamento.

Nonostante le successive dominazioni, quella normanna e sveva, la famiglia Sanseverino mantenne il controllo sul borgo, tramandandolo di generazione in generazione, dal X al XIV secolo. Fu solo a causa di aspri contrasti con il re spagnolo Carlo V, che nel 1552 la famiglia perse il potere e fu esiliata fuori dal Regno di Napoli.

Nel corso dei secoli, il borgo si è ingrandito, sono sorti altri palazzi e altri edifici religiosi oltre a quelli della prima fase longobarda. Lo stesso castello ha subito numerose modifiche: oggi ritroviamo degli archi a sesto acuto, una sala dai cui resti si vedono alcune finestre e una nicchia. Troviamo anche parte della cappella palatina, dell’abside e della navata.

Nel 1624 un’epidemia di peste decimò la popolazione di San Severino; proprio a questo periodo sembra appartenere la consacrazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli, protettrice contro il morbo.

La storia del borgo arriva al capolinea nel 1888, in seguito alla costruzione della linea ferroviaria Pisciotta-Castrocucco. Agli inizi del ‘900, la popolazione era quasi tutta scesa a valle, lasciando il borgo completamente abbandonato.

Gli scavi archeologici e la rinascita del borgo di San Severino

 “Abbiamo sempre creduto nella valenza artistica e culturale del borgo e del castello di San Severino – spiega il sindaco Carmelo Stanziola – e fin dal primo giorno del nostro insediamento ci siamo attivati per reperire risorse per gli scavi e la messa in sicurezza dell’intera area. E oggi, finalmente, raccogliamo i primi risultati, le prime soddisfazioni. Faremo in modo che si continui a scavare e a studiare – continua il primo cittadino – ma soprattutto cercheremo di rendere fruibile ai turisti gli scavi e il borgo già per la prossima primavera”.

Gli scavi sono stati commissionati dal comune di Centola e finanziati dal Ministero dell’Interno. La direzione è stata affidata alla Soprintendenza “Archeologia, belle arti e paesaggio” delle province di Salerno e Avellino. La speranza del primo cittadino di Centola e degli studiosi è quella di rendere il borgo già visitabile in primavera. Il progetto di riqualificazione riguarda anche l’allestimento di un padiglione museale per contenere i resti della cultura materiale provenienti dagli scavi.

 

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ARCHAEOLOGY | The Acropolis of Lipari and the Castle overlooking the Mediterranean

The Acropolis of Lipari is the promontory on which the Castle stands. Located in a large bay between Marina Corta and Marina Lunga, it was formed less than 40,000 years ago. It is a real rock of volcanic lava, about 50 m high. Its steep walls and flat surface provide natural protection. This feature has meant that the site was inhabited since the Neolithic. The evidence of the settlements that have followed one another over time have created a notable elevation of the promontory; moreover, the fortress is the subject of an interesting inverse natural phenomenon: the wind, instead of eroding the walls, contributed to the accumulation of volcanic ash, favoring the growth of the deposits of the earthy layers. The archaeological excavations, in fact, as evidence of this accumulation, have brought to light a long stratigraphic sequence of overlapping settlements more than 10 metres high.

The Castle of Lipari

The Castle of Lipari represents one of the most important centres of the cultural life of the Aeolian Islands and is the repository of a millenary history. Its current appearance derives from the reconstruction, commissioned by the Spaniard Charles V, around 1560. This reconstruction became necessary following the attack of the Tunisian pirate Khayr ad-Din Barbarossa who in 1544 had conquered and destroyed the city, deporting part of the inhabitants as slaves.

The mighty Spanish fortifications covered the rocky ridge to the base and were equipped with numerous positions for artillery and cannons. The latter are now closed by walls. The Spanish walls have incorporated the previous Norman towers, dating back to the 12th century. Among these, there is a tower-gate, which was the ancient entrance to the Civita and which today is the access to the Castle. Of particular interest is the presence of a tower from the Greek age (4th century BC), made up of 23 rows of square blocks of Monte Rosa stone, incorporated into the walls.

Greek tower integrated in the castle walls
Archaeological remains

Going along the access road from the Roman age and passing the entrance door, you will find a short gallery with barrel vaults. Here is kept the machicolation in which the iron gate was housed. The gallery leads to a second open-air passage, later covered by pointed vaults in the 19th century. You arrive in front of an imposing door, on the top of which there is a coat of arms depicting an eagle, symbol of the Bourbons. The surrounding area of the castle, until the eighteenth century, housed part of the city. What remains are various religious structures, including the now disused church of Santa Caterina, the Church of the Addolorata from the 16th century, characterized by a Baroque-style facade, and the Cathedral of San Bartolomeo, in the centre of the plateau.

In the early 1900s, the built-up area inside the Castle was abandoned and the inhabitants moved to the city built on the plain below. Then the bishop, in order not to go through the sad destroyed houses, decides to build a large access staircase in front of the Cathedral. In doing so, however, he cuts a large section of the Spanish fortifications and destroys the remains of the oldest settlements. Today, the Acropolis of Lipari is home to the Castle, which houses, inside, the Regional Archaeological Museum “L. Bernabò Brea “.

Prehistoric village seen inside the Castle area
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ARCHEOLOGIA | L’Acropoli di Lipari e il Castello a picco sul Mediterraneo

L’Acropoli di Lipari corrisponde al promontorio sul quale sorge il Castello. Posto in un’ampia baia tra le insenature di Marina Corta e Marina Lunga, si è formato meno di 40.000 anni fa. Si tratta di una vera e propria rocca di lava vulcanica, alta circa 50 m. Le sue ripide pareti e la sua superficie pianeggiante forniscono una naturale protezione. Tale caratteristica ha fatto sì che il sito fosse abitato sin dal Neolitico. Le testimonianze degli insediamenti che si sono succeduti nel tempo hanno creato un notevole innalzamento del promontorio; inoltre, la rocca è oggetto di un interessante fenomeno naturale inverso: il vento, invece di erodere le pareti, ha contribuito all’accumulo di ceneri vulcaniche, favorendo l’accrescimento dei depositi degli strati terrosi. Gli scavi archeologici, infatti, a testimonianza di tale accumulo, hanno messo in luce una lunga sequenza stratigrafica di abitati sovrapposti alta più di 10 metri.  

Il Castello di Lipari

Il Castello di Lipari rappresenta uno dei centri più importanti della vita culturale delle Isole Eolie ed è depositario di una storia millenaria. Il suo aspetto attuale deriva dalla ricostruzione, voluta dallo spagnolo Carlo V, intorno al 1560. Tale ricostruzione si è resa necessaria in seguito all’attacco del pirata tunisino Khayr ad-Din Barbarossa che nel 1544 aveva conquistato e distrutto la città, deportando parte degli abitanti come schiavi.

Torre greca integrata nelle mura del Castello

Le possenti fortificazioni spagnole rivestivano il costone roccioso fino alla base ed erano provviste di numerose postazioni per l’artiglieria e i cannoni. Quest’ultime sono oggi chiuse da murature. Le mura spagnole hanno inglobato le precedenti torri normanne, risalenti al XII secolo. Tra queste, vi è una torre-porta, che costituiva l’ingresso antico alla Civita e che oggi è l’accesso al Castello. Di notevole interesse è la presenza di una torre di età greca (IV secolo a.C.), costituita da 23 filari di blocchi squadrati di pietra del Monte Rosa, inglobati nelle mura.

I resti archeologici

Percorrendo la via di accesso di età romana e oltrepassando la porta d’ingresso, ci si trova davanti una breve galleria con volte a botte. Qui si conserva la caditoia in cui alloggiava la saracinesca in ferro. La galleria conduce a un secondo passaggio all’aperto, successivamente coperto da volte ogivali nel XIX secolo. Si arriva dinnanzi ad un imponente portone, sulla cui sommità è presente uno stemma raffigurante un’aquila, simbolo dei Borbone. L’area cinta del Castello, fino al XVIII secolo, ospitava parte della città. Ciò che rimane sono varie strutture religiose, tra cui la ormai dimessa chiesa di Santa Caterina, la Chiesa dell’Addolorata del XVI secolo, caratterizzata da una facciata in stile barocco, e la Cattedrale di San Bartolomeo, al centro del pianoro.

Villaggio preistorico visibile all’interno dell’area del Castello

Camminando lungo quello che è stato identificato come il decumanus maximus, è possibile intercettare i resti dell’età del Bonzo e del quartiere ellenistico-romano del II secolo a.C. L’unico documento che appartiene al periodo della fondazione cnidia del 580 a.C. è la fossa votiva denominata bòthros di Eolo, profonda più di 7 m e chiusa da un coperchio di pietra lavica sormontato da un leone, simbolo cnidio per eccellenza. Sotto il livello greco, si collocano i resti delle capanne di ben quattro villaggi dell’età del Bronzo, assimilabili alle culture di Capo Graziano, Milazzese, Ausonio I e Ausonio II.  

Nei primi anni del 1900, l’abitato interno al Castello è abbandonato e gli abitanti si trasferiscono nella città sorta nella piana sottostante. Allora il vescovo, per non passare attraverso le tristi case distrutte, decide di costruire una grande scalinata di accesso di fronte la Cattedrale. Così facendo, però, taglia un ampio tratto delle fortificazioni spagnole e distrugge i resti degli insediamenti più antichi. Oggi, l’acropoli di Lipari è sede del Castello, che ospita, al suo interno, il Museo Archeologico Regionale “L. Bernabò Brea”.

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ABRUZZO | Roccascalegna, il castello tra cielo e terra

Sulla sommità di uno sperone roccioso, in posizione dominante sulle vallate del fiume Sangro, in provincia di Chieti, sorge il Castello di Roccascalegna.

La fondazione

La sua fondazione si fa risalire ai Longobardi che, a partire dal 600 d.C., discesero dall’Italia settentrionale fino a occupare gli odierni territori di Abruzzo e Molise. Inizialmente, fu costruita una torre di avvistamento e, nell’XI-XII secolo, l’intero castello. 

La prima fonte storiografica sul castello è del 1525 e riporta i lavori di restauro effettuati sulla struttura.

L’abbandono e il recupero

Dal 1700 il castello ha vissuto tre secoli di abbandono, durante i quali è stato vittima di saccheggi e di intemperie.

Finalmente, nel 1985, l’ultima famiglia feudataria di proprietari, i Croce Nanni, donarono  il castello al Comune di Roccascalegna, che iniziò i lavori di restauro che lo hanno riportato all’antico splendore nel 1996.

L’etimologia del nome

Per la ricostruzione dell’etimologia di Roccascalegna, due le ipotesi formulate: il nome potrebbe derivare da Rocca-Scarengia, da connettersi a scarenna, termine che indica il fianco scosceso di un monte, oppure dal longobardo Aschari, da cui, dunque, Rocca Ascharenea.

La leggenda della Mano di Sangue

Si narra che, nel 1646, il barone Corvo de Corvis avesse reintrodotto la prepotente pratica medievale dello Jus Primae Noctis: ogni neo sposa del feudo di Roccascalegna avrebbe dovuto consumare la prima notte di nozze con lui, anziché con il legittimo marito. L’ultima novella sposa, o il consorte travestito da sposa, si sarebbe recata al castello per obbedire a tale ordin, ma, una volta giunta presso il talamo nuziale, avrebbe accoltellato il barone ed egli, morente, avrebbe lasciato su una roccia della torre l’impronta indelebile della sua mano insanguinata.

Secondo la leggenda, l’impronta del barone, sebbene venisse più volte lavata, continuava a riaffiorare.

La torre crollò nel 1940, ma, ancora oggi, anziani del luogo affermano di aver visto la mano di sangue anche dopo la sua distruzione.

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NEWS | Sabato 9 novembre Terzo Convegno sui Templari a Ceccano (Fr)

Si terrà il prossimo Sabato 9 novembre, alle ore 17.30, nella splendida location del Castello dei Conti di Ceccano (Frosinone), la Terza edizione del “Convegno Nazionale sui Templari”.
 
Sabato 9 Novembre ore 17.30 _ III convegno nazionale sui Templari al Castello dei Conti De Ceccano
Questo Grande Evento, già nelle due scorse edizioni, ha ottenuto un grande successo di pubblico, accorso numeroso ad ascoltare i vari interventi e le relazioni tenute da illustri studiosi della Storia Templare.
 
Fortemente voluto dall’ex Assessore alla Cultura del Comune di Ceccano, Dott. Stefano Gizzi, il Convegno ha attirato, già negli scorsi anni, la grande attenzione di tantissimi appassionati e cultori della Storia dei Templari.
 
Coordinato dal ricercatore storico Giancarlo Pavat, il Convegno, quest’anno, appare già di particolare interesse, con una relazione iniziale, affidata al giovane ricercatore di Ceccano Alessio Patriarca, che illustrerà aspetti nuovi di assoluta importanza della Chiesa di Santa Maria a Fiume, con foto e documenti inediti.
 
Seguiranno relazioni di altri studiosi, che saranno a Ceccano appositamente in occasione di questo Terzo Convegno, per far conoscere aspetti importanti della grande esperienza storica dei Templari.
 
 
 
 
 
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ABRUZZO | L’incantevole castello di Rocca Calascio (AQ)

Un viaggio in Abruzzo non può certo concludersi senza aver visitato il Castello di Rocca Calascio, in provincia dell’Aquila. Costruita  nel corso dell’XI – XII secolo, la fortificazione è posta a 1460 metri di altezza e il borgo è, dunque, uno dei più alti dell’Appennino centrale. Il paese e la sua rocca si trovano all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Il Castello

Il castello era assai funzionale agli avvistamenti: infatti, dalla sua posizone, è possibile godere di uno dei panorami più incantevoli e suggestivi della regione; la veduta abbraccia il Gran Sasso, il monte Velino – Sirente, la Maiella e i Monti Marsicani.  

La rocca domina tutto il territorio circostante ed è stata inserita dal National Geographic tra i quindici castelli più belli al mondo.

È uno dei castelli più alti d’Italia, nonché uno dei simboli dell’Abruzzo, insieme all’antico borgo medievale sottostante, ancora abitato.

I lavori di restauro

Durante gli anni ’80, furono effettuati lavori di restauro che permisero il recupero delle abitazioni e delle antiche botteghe artigiane. Ancora oggi, è possibile passeggiare tra le viuzze, tra salite e discese, e fermarsi ad assaporare i prodotti tipici del luogo o ad ascoltare i racconti orgogliosi e appassionati di chi ha scelto di rimanere e lavorare nel borgo, mantenendo viva anche la preziosa tradizione casearia, collegata alla centenaria storia rurale del posto. Rocca Calascio, infatti, era una tappa fondamentale nel tragitto degli antichi pastori che, durante la transumanza, si incamminavano con le loro greggi dall’Aquila e percorrevano il Tratturo Magno, che attraversava l’Abruzzo, per arrivare in Puglia.

I servizi

Dopo un buon pasto a base di piatti della tradizione abruzzese, con prodotti locali e genuini, è possibile soggiornare e pernottare in una delle sistemazioni dell’albergo diffuso, che offre camere immerse nella pace del borgo,  sapientemente recuperate restaurando gli antichi ruderi.

La posizione suggestiva, quasi “incantata”, tra le nuvole e le montagne, sulla cima della rocca, ha permesso al castello di essere scelto come set cinematografico per film quali Il nome della rosa e Ladyhawke.

Il Castello di Rocca Calascio e il suo borgo costituiscono, dunque, un grande orgoglio per gli abruzzesi ed un vero gioiello da non perdere per gli appassionati di cultura, storia ed escursionismo.