ARCHEOLOGIA | Il Monte Sabucina (CL), simbolo dell’antica Sikania
Il Monte Sabucina si trova a circa 10 Km a nord-est di Caltanissetta. Dichiarato ufficialmente Parco Archeologico Regionale mediante decreto del 2001, insieme al vicino Monte di Capodarso, la montagna costituisce un unico sistema che domina, sulla vallata del fiume Salso, l’antica Himera. Il suo pianoro, a 720 m s.l.m., ha costituito nel tempo un importante punto di controllo e di dominio delle vie commerciali che si insinuano nel territorio dell’antica Sikania. Questa sua caratteristica non è sfuggita alle popolazioni che hanno abitato questo territorio dal Bronzo Antico fino all’età romana. Le prime indagini archeologiche risalgono agli anni ’60 del secolo scorso a opera di Piero Orlandini.
L’Età del Bronzo
Il primissimo sito del Bronzo Antico, ai piedi del Monte Sabucina, è composto da diversi villaggi corrispondenti alla cultura preistorica di Castelluccio. Successivamente, intorno al XIII secolo a.C., l’abitato si sposta sui pendii collinari, probabilmente per motivi difensivi. Tra il XIII e il X secolo l’abitato, ascrivibile alla facies di Pentalica Nord, si evolve. Questo unico grande abitato è costituito da capanne circolari, poste sia sulla piattaforma sia sul pendio del colle. Tra le capanne, inoltre, vi sono degli ipogei scavati nella roccia, utilizzati come luoghi di sepoltura, come depositi o ricoveri per animali. Infine, alcune capanne restituiscono matrici e oggetti ceramici che indicano la loro funzione come officine metallurgiche e botteghe ceramiche. Durante il X e il IX secolo a.C., le capanne vengono costruite con muri a secco e l’abitato è di più modeste dimensioni. Inoltre, il sito, dotato di terrazzamenti e canalette, rientra nell’orizzonte culturale di Cassibile.
Il Monte Sabucina nell’Età del Ferro
Tra l’VIII e il VII secolo a.C. un nuovo abitato si impianta sulla sommità e sulle pendici del Monte Sabucina. Le abitazioni sono a pianta rettangolare e l’abitato sembra organizzato in aree specializzate. Nell’area di culto si individuano due sacelli, forse dedicati alle divinità ctonie, che sono stati ampliati e modificati nel corso del tempo. Di notevole interesse è una delle celle, la quale si presenta orientata a Est. Si tratta di una cella circolare, costruita con pietre irregolari e rinforzata alla base da un secondo anello che ne raddoppia lo spessore murario. I resti ci dicono che si tratta di una struttura in antis (due colonne sulla fronte): questo testimonia i contatti tra il mondo indigeno e quello greco. Dall’area sacra proviene anche il famoso Sacello di Sabucina: un modellino fittile su alto piede di tempietto in antis a pianta rettangolare, il cui tetto spiovente è sormontato da figure di cavalieri e ornato in fronte da due gorgoni.
Il volto classico di Sabucina
Il processo di ellenizzazione, testimoniato dal Sacello di Sabucina, termina intorno al VI secolo a.C., con l’arrivo di coloni rodio-cretesi da Gela. L’abitato, seppur dotato di mura di fortificazione alla maniera greca, manca di un impianto urbanistico regolare. Esso, infatti, si presenta come un agglomerato di strade e stradine irregolari. Questa polis viene violentemente distrutta da Ducezio nel V secolo a.C., nell’ambito della rivolta delle città sicule contro i Greci. Nel corso del IV secolo, così come tante altre città dell’Isola, anche Sabucina si ripopola con nuovi coloni per opera di Timoleonte. La città viene anche ricostruita e protetta con possenti mura fortificate e dotate di torri rettangolari e semicircolari. Dopo il 310 a. C. il sito è stato abbandonato e la popolazione ritorna ad abitare i piedi della montagna.
Durante l’epoca romana, soprattutto in età imperiale, gli abitanti continuano a vivere in ville e abitazioni che si estendono ai piedi del Monte Sabucina. Il centro abitativo di Piano della Clesia e la necropoli in contrada Lannari, dove è stato ritrovato il busto in marmo dell’imperatore Geta (209 – 212 d. C.), testimoniano la continuità di vita del sito.