Nella zona archeologica di Gibil Gabib, a Caltanissetta, è stata trovata una matrice, uno stampo in terracotta di fattezze femminili, probabilmente attribuibili a Persefone. La matrice è databile tra la fine del VI secolo e gli inizi del V secolo a.C.
Un tesoro ritrovato
A scovare lo stampo a matrice è stato Francesco Lauricella, Magistrato in servizio al Tribunale di Caltanissetta e appassionato di archeologia. Il giudice Lauricella lo ha prontamente consegnato alla Soprintendente dei Beni culturali e Ambientali di Caltanissetta, Daniela Vullo. A sottolineare l’importanza del gesto è l’Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà: “Un importante ritrovamento reso ancora più prezioso perché la sua consegna alla Soprintendenza è frutto di quella responsabile e proficua collaborazione dei privati cittadini. Siamo tutti custodi di ciò che la storia ci ha consegnato. Avrò il piacere di incontrare il dottore Lauricella che ai nostri occhi è un testimone di bellezza”.
La matrice
La matrice è uno stampo usato per agevolare la produzione massiva, quella fittile ritrovata a Gibil Gabib è alta 9cm e larga circa 4.5cm e presenta solo la pagina dello stampo frontale. Lo stampo raffigura una Kóre (κόρη), un modello statuario che rappresenta una giovane ragazza offerente. La matrice mostra chiari segni della tradizione coroplastica geloa akragantina. La Kóre è abbigliata con chitone e himation, abiti tipici della tradizione ionica, mentre i capelli sono raccolti in trecce e ricadono sul petto.
Il suo ritrovamento è particolarmente significativo. Il reperto attesta la produzione seriale in situ di manufatti fittili connessi al culto di Demetra e Persefone. Il bene, dopo le operazioni di schedatura e inventario, verrà esposto al Museo archeologico di Caltanissetta, dove sono custoditi altri reperti provenienti dal sito archeologico di Gibil Gabib.
Il 12 Gennaio del 1848 Palermo si sveglia diversa, con la voglia, caratteristica del popolo siciliano, di sottrarsi al dominio straniero e tirannico. Così la città di Palermo, quella mattina, vede una folla di gente in rivolta contro la dominazione napoletana, contro le truppe regie di Ferdinando II. L’obiettivo era quello di proclamare il Nuovo Regno di Sicilia, indipendente e autonomo dal potere borbonico.
Il 12 Gennaio 1848, l’epoca gloriosa della universale rigenerazione
Nei giorni che precedevano i moti, diversi manifesti circolavano sui muri di Palermo, chiamando a gran voce i cittadini all’insurrezione. In uno dei manifesti, riportato interamente in un’opera del 1863 di Felice Venosta, si poteva leggere:
Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha spezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e nella miseria, ardiremo ancora a riconquistare i legittimi diritti. All’armi figli della Sicilia! La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione. […] Chi sarà mancante di mezzi ne sarà provveduto. Con questi principi il cielo seconderà la giustissima impresa. Sicilia, all’armi!
Con queste parole, i palermitani, organizzavano la rivolta proprio nel giorno del compleanno di Ferdinando II di Borbone, nato a Palermo proprio il 12 Gennaio 1910. L’insurrezione era capeggiata dal mazziniano Rosolino Pilo e promossa insieme a Giuseppe La Masa.
La sera stessa del 12 gennaio veniva istituito un “Comitato provvisorio” che chiedeva il recupero della Costituzione del 1812, incentrata sui principi della democrazia rappresentativa e sulla centralità del Parlamento. Nel frattempo, il 15 Gennaio, sbarcavano a Palermo i rinforzi borbonici che bombardarono le strade piene di rivoltosi. Il 22 gennaio Ferdinando II negava le richieste siciliane. Il 23 gennaio, il Comitato provvisorio si trasformava nel nuovo “Comitato Generale”, avente come presidente Ruggero Settimo e come segretario il patriota Mariano Stabile. Lo stesso 23 gennaio il “Comitato generale” dichiarava decaduta la monarchia borbonica. Il 25 gennaio 1848 le truppe borboniche evacuavano il Palazzo Reale.
La Sicilia insorge
Palermo era stata la prima di molte città a ribellarsi. Di lì a poco, nel giro di qualche mese, molte altre città del Regno borbonico ne seguirono l’esempio. Il 22 gennaio anche Girgenti (Agrigento) intraprende la via della rivolta seguito, il 29 gennaio, da Catania, Messina e Caltanissetta nella stessa giornata. Il 30 gennaio è il turno di Trapani e il 4 febbraio quello di Noto.
Il primo Governo del Nuovo Regno venne presentato il 27 marzo, con la nomina dei ministri: figure liberali come Mariano Stabile, il barone Pietro Riso, lo storico Michele Amari, il principe di Butera Pietro Lanza e il futuro primo ministro del neonato regno italiano Francesco Crispi.
Già nel settembre dello stesso anno, però, l’esercito borbonico riconquista Messina. Da qui, l’Esercito delle Due Sicilie si mosse per la riconquista del resto dell’isola.
L’assedio di Messina
Il 1° Settembre del 1487 già la città di Messina aveva manifestato comportamenti rivoltosi nei confronti dei Borbone. Quell’insurrezione improvvisata era stata sedata nel giro di poche ore. Ma era bastata a scatenare una scintilla rivoluzionaria tra i messinesi, e non solo, al punto di ricordarla in una lapide commemorativa, posta oggi proprio in via I Settembre.
Nel 1848 erano riprese le rivolte, stavolta più dure e, soprattutto, durevoli. Tuttavia, lo sforzo messinese, perpetrato per mesi non fu sufficiente. Il dominio borbonico, scacciato con le rivolte da tutta la Sicilia, manteneva infatti un suo presidio nella Cittadella di Messina, ben difesa e ben equipaggiata per la riconquista dei territori (contava infatti circa 300 cannoni).
L’esercito borbonico sbarcò a Messina il 3 settembre 1848, guidato dal tenente Carlo Filangieri, principe di Satriano. Un esercito composto da circa 24.500 uomini si scagliò sulla cittàadoperando un totale di 450 cannoni. I bombardamenti colpirono tanto i rivoltosi (che potevano contare su un corpo armato di soli 6.000 uomini) quanto i civili, distruggendo e radendo al suolo interi quartieri. Nel frattempo, sul fronte sud di Messina, Filangieri guidava un ulteriore bombardamento navale. Il bombardamento di Messina, durato per cinque giorni ininterrotti, fece storcere il naso all’Europa intera che guardò ancora con più astio Ferdinando II che, con quell’attacco, ottenne il soprannome di “re bomba”.
Messina, in quei giorni di settembre 1848, cadeva sotto il peso e la crudeltà dell’esercito borbonico. Le forze siciliane chiedevano così la tregua, concessa il 18 settembre.
Nei primi mesi del 1849 anche Catania capitolava sotto la pressione dell’esercito borbonico. Palermo, invece, cadde il 14 maggio 1849 e con essa caddero, per il momento, anche le speranze di uno stato siciliano indipendente.
La “Primavera dei Popoli”
Palermo era stata, inoltre, la città a ispirare moti rivoluzionari in tutta Europa, dando il via alla cosiddetta “Primavera dei Popoli”, periodo in cui la borghesia europea decideva di ribellarsi. Napoli seguì l’esempio palermitano già il 27 gennaio 1848; a Parigi tra il 22 e il 24 marzo dello stesso anno Luigi Filippo fu costretto ad abdicare, favorendo così la nascita della “Quarta Repubblica francese”; anche Berlino ebbe i suoi moti rivoluzionari proprio a Marzo. E, ancora, tra il 18 e il 24 marzo anche Milano si ribellò agli austriaci. Una stagione rivoluzionaria che si conclude con l’insorgere della stessa Roma, con la nascita della “Repubblica Romana”.
Il popolo palermitano aveva, nel suo piccolo, dato il via ai moti rivoluzionari del ’48, necessari per la futura spinta rivoluzionaria europea. Fu l’inizio del Risorgimento.
Oggi, lunedi 24 maggio alle ore 10 a Caltanissetta, sarà presentato il restauro della cripta della chiesa di San Domenico. All’evento, sarà presente anche l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà.
Il restauro è stato finanziato con risorse F.S.C. 2014-2020 “Patto per la Sicilia”, per 360.000,00 di euro. Il lavoro è stato curato dalla Soprintendenza ai BB.CC. di Caltanissetta e in collaborazione con i funzionari Michele Miccichè e Filippo Ciancimino. La ditta che ha eseguito il progetto è la C.M.C. di Mussomeli (CL). L’assessore, dunque, oggi restituirà alla curia nissena, proprietaria dell’immobile, proprio la cripta della chiesa di San Nicola dopo i lavori. Parteciperà anche la soprintendente dei Beni Culturali di Caltanissetta, che ha diretto i lavori, nella figura di Daniela Vullo. Saranno presenti inoltre il vescovo mons. Mario Russotto e il sindaco di Caltanissetta, Roberto Gambino.
La storia della cripta e il restauro
La cripta di San Domenico si trova all’interno della chiesa ed è stata realizzata nel 1758. Occupa quasi interamente lo spazio sottostante la navata centrale della chiesa domenicana. In origine si accedeva alla cripta proprio dalla chiesa, dove si trovava una cappella di cui restano poche tracce a causa di un crollo pavimentale, avvenuto a metà del ‘900. Il grande spazio sotterraneo è suddiviso in vari ambienti, separati da un corridoio centrale e destinati alla sepoltura dei defunti. Elemento caratterizzante di molte cripte siciliane è la presenza di tre tipologie di colatoi in uso a quel tempo: quelli costituiti da sedili in muratura, aventi un foro al centro ove si raccoglievano i resti organici, altri con sostegni laterali in muratura e ripiano superiore realizzato con “catusi” in terracotta, dove il defunto veniva collocato in posizione supina, e altri ancora come piccole nicchie, dove il cadavere veniva posto in piedi fino alla completa decomposizione organica.
Nella zona in cui è avvenuto il crollo, che è accessibile attraverso l’ingresso della cripta, dopo il restauro è stato collocato un servoscala per consentire l’ingresso anche ai portatori di handicap. Sono state eliminate le infiltrazioni d’acqua dal sottosuolo e i colatoi sono stati restaurati. Si è poi rimessa in luce la vecchia scala che portava dalla chiesa alla cripta. Grazie a un supporto in vetro sarà possibile vedere la cripta sottostante, con parte della pavimentazione in cotto, direttamente dalla chiesa. Una lapide commemorativa ricorda simbolicamente le sepolture.
Le parole di Samonà
«La restituzione della cripta della chiesa di San Domenico dopo i lavori di restauro effettuati dalla Soprintendenza di Caltanissetta – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – è un’occasione importante per ribadire, dal cuore della Sicilia, l’attenzione e il valore che l’amministrazione regionale dedica al proprio patrimonio culturale. In quest’occasione desidero evidenziare l’importante opera di vigilanza, progettazione e direzione dei lavori svolta quotidianamente dalle Soprintendenze di tutta la Sicilia, nell’attività di custodia e valorizzazione dei beni culturali».
Dopo anni di abusivismo e degrado prende finalmente il via il sopralluogo dell’assessore Cordaro all’area adiacente al castello di Falconara e Butera, in provincia diCaltanissetta.
L’idea è quella di riqualificare questa zona dell’ex lido «Sorriso», vicino al Castello. Ricordiamo infatti come questa struttura fosse stata costruita tra gli anni ’60 e ’80 in maniera totalmente abusiva. La demolizione avvenne grazie all’azione della Magistratura solo nel 2007.
Al sopralluogo presenti l’assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà e l’assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, Toto Cordaro. Insieme a loro anche la dirigente del Demanio marittimo regionale, Olimpia Campo, un dirigente della Soprintendenza di Caltanissetta, Daniela Vullo; il capo della segreteria tecnica dell’Assessorato ai Beni culturali, Carmelo Bennardo. A sostegno di questa attività anche i membri del comune di Butera, quali il sindaco Filippo Balbo, il vicesindaco Giuseppa Pisano e l’assessore Luigi Puci.
Si prospetta la valorizzazione di un tratto del litorale che sarà dato in concessione tramite bando pubblico regionale, atto a riqualificare beni immobili in stato di abbandono e degrado.
La Sicilia anche per questo progetto punterà all’abbattimento di alcune strutture in cemento ancora presenti sul luogo e alla realizzazioni di opere reversibili tramite l’uso di materiali ecocompatibili, soprattutto in legno. Il tutto rivolto anche a far apparire questa zona più accessibile e fruibile dal punto di vista paesaggistico e naturalistico.
Immagine di copertina: Castello di Falconara-Butera (CL), foto di Massimiliano Labbate.
Una preziosa lucerna con scena erotica, risalente al I secolo d.C., è stata scoperta a Vallelunga Pratameno, in Sicilia, in provincia di Caltanissetta; il reperto è riemerso durante gli scavi archeologici condotti in contrada Manca. La lucerna raffigura una scena erotica e risale probabilmente al I secolo d.C., come testimonia il confronto con una lucerna molto simile ritrovata a Pompei. La scoperta è avvenuta durante i lavori di sorveglianza archeologica predisposti dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Caltanissetta, in occasione del raddoppio della linea ferroviaria Catania-Palermo.
Lo scavo della Domus e il parere degli esperti
Gli scavi archeologici, avviati nel luglio 2020 e attualmente ancora in corso, hanno portato alla luce i resti di un vasto complesso di età romano-imperiale. Si tratta probabilmente di una Domus appartenuta ad un facoltoso proprietario vissuto tra il I e il II secolo d.C. La lucerna con scena erotica, dunque, si aggiunge ai già numerosi reperti di età imperiali ritrovati nella medesima area, databili tra I e II secolo d.C.
La Soprintendente ai Beni Culturali di Caltanissetta, Daniela Vullo, ha dichiarato: «La lucerna è una nuova e preziosa testimonianza che arriva dal sito, la cui scoperta rappresenta un evento eccezionale. Nella zona, infatti, non ci sono altri insediamenti di questo tipo. Al momento si sta lavorando per calcolare le esatte dimensioni della Domus; è stata accertata un’estensione di 600 metri quadrati, ma quella complessiva è di gran lunga superiore»
Prosegue la terza tappa del giro di Sicilia, con partenza da Caltanissetta e arrivo a Ragusa. Tappa che si snoda nell’entroterra siculo con finale misto tra discese e salite.
La storia di Caltanissetta affonda le sue radici in un passato lontanissimo, costellato da svariate dominazioni che hanno lasciato la loro impronta in maniera indelebile: greca, romana, araba-normanna, sveva, angioina, aragonese e castigliana.
Petilina era il nome della colonia fondata dai Romani nel 123 a.c.
La colonia corrispondeva alla città di Nissa, nome ritrovato per la prima volta su un’epigrafe sicana. Il nome fu ripreso in parte anche sotto la dominazione araba, tramutandolo in Qal’at al-nisa’ (“Castello delle donne”). Nel XI secolo, con Ruggero I di Sicilia, la città divenne prima Calatanesate poi Caltanixettum, feudo della famiglia reale.
La feudalità verrà abolita nel 1812, fino ad allora sotto il dominio di Moncada di Paternò. Nel 1816, sotto la dominazione borbonica, Caltanissetta divenne capoluogo di provincia.
Tra il 1848-1849 Caltanissetta aderì ai moti rivoluzionari guidati Ruggero Settimo e nel 1860 divenne parte del Regno D’Italia. Da qui in poi e conseguentemente all’Unità d’Italia, Caltanissetta visse un periodo di massimo splendore e boom economico, grazie ad un’intensa attività mineraria. Non mancarono, però, diversi eventi tragici legati, appunto, alle miniere.
Ricordiamo quello a Trabonella del 1867 con 42 morti, quello di Gessolungo del 1881 con 66 decessi o quello del 1991 a Deliella e Trabonella con 51.
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il 9 Luglio del 1943, la città venne interamente bombardata provocando 351 vittime. Il 18 Luglio del 1943, le truppe americane, provenienti da Gela riuscirono a liberare Caltanissetta dalla presenza dei nazisti.
Caltanissetta possiede dei luoghi davvero caratteristici e di profondo interesse, che meritano molta attenzione e che vi invitiamo a visitare.
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