NEWS | L’arco borbonico precipita negli abissi portando con sé un pezzo di Napoli
Negli ultimi giorni una pioggia intensa, a tamburo battente e senza sosta, si è riversata sulla città di Napoli, mettendola a dura prova. Il cielo in tempesta si è tinto di nero. Il maltempo unito al forte vento ha aizzato il mare contro la città: in modo inarrestabile, ha dischiuso le fauci abbattendosi sul lungomare, più e più volte.
Lo stesso mare che, nei giorni sereni, lambisce una delle città più belle d’Italia, non ha lasciato scampo: al suo passaggio ha danneggiato le istallazioni esterne dei locali napoletani, la strada e le auto. I danni, tuttavia, non si sono limitati a ledere la ridente vita cittadina del capoluogo campano, ma soprattutto quella culturale e la sua memoria storica. Dopo l’ennesima mareggiata, l’arco borbonico, tra via Caracciolo e via Partenope, è crollato.
Crolla in mare l’arco borbonico e la sua memoria
Nonostante l’incuria e l’abbandono, e il precario equilibrio sul filo dell’acqua dell’unico masso superstite, il monumento storico era rimasto ancora in piedi. L’arco in pietra aveva lottato contro le vicissitudini tempestose che, negli ultimi giorni, avevano già arrecato ingenti danni a lungomare, ristoranti e al famoso Castel dell’Ovo. Sui diversi social si vedono ancora le foto scattate e pubblicate dai napoletani del monumento tanto amato, che fino a qualche giorno fa, sebbene messo a dura prova, era sopravvissuto alla catastrofe. Sciaguratamente, le ultime ondate di maltempo sono state fatali. Oggi del monumento restano solo le macerie, precipitate in acqua.
L’arco borbonico: evidenza dell’antico molo o del sistema fognario?
Il monumento in pietra viene considerato, forse erroneamente, l’estrema testimonianza del vecchio e pittoresco porticciolo borbonico, ritratto in tanti dipinti della Scuola partenopea. Un’immagine dei primi del ‘900 ha indotto a credere che si trattasse di quel restava di un antico molo borbonico, un approdo realizzato, nel 1700 per le barche dei pescatori, i cosiddetti “luciani”, che abitavano il vicino borgo di Santa Lucia.
In realtà, probabilmente, esso costituì fin dalla sua realizzazione nel 1800 una struttura di protezione della parte finale dell’antica cloaca maxima partenopea, ribattezzata dai napoletani “ ‘O Chiavicone”. Durante l’Ottocento, infatti, l’unico tratto a cielo aperto del Chiavicone fu interrato e fu realizzato l’arco a far da frangiflutti.
L’ultimo “schiaffo” alla storia e alla memoria di Napoli
Erano ormai decenni che lo storico arco era a rischio, sul punto di “cadere in rovina”. Gli appelli da parte della popolazione di mettere in sicurezza questo documento lapideo della storia napoletana non sono stati ascoltati. I forti temporali degli ultimi giorni avevano messo a dura prova il monumento e lasciato, fin da subito, poche speranze nei napoletani, che si aspettavano di vederlo crollare da un momento all’altro. Ecco perché l’iniziale resistenza dell’arco ha generato il giubilo collettivo: “Chiavicone aveva retto, nonostante tutto“.
Tuttavia, il sospiro di sollievo esalato inizialmente dal popolo napoletano affezionato a questo pezzo di storia si è tramutato ben presto in grande dolore nel vederlo crollare, nell’ennesimo confronto con il mare in tempesta.
Nel generale dispiacere, gli anni d’indifferenza, negligenza e menefreghismo dell’uomo, unitamente all’azione inesorabile della natura, hanno portato via alla città partenopea l’ennesimo pezzo di cuore.