borgo medievale

News

NEWS | Lago di Vagli (LU): il “paese fantasma” torna alla luce

A causa dell’emergenza Covid-19, lo svuotamento del lago artificiale di Vagli, inizialmente previsto per il 2021, verrà rimandato al 2022; a dare l’annuncio è stato l’ormai ex sindaco Mario Puglia. Il lago, situato nel comune di Vagli Sotto, in provincia di Lucca, è un vero e proprio custode di segreti, tra cui anche un paese fantasma.

lago di vagli
Lago di Vagli (LU) – foto: Vagli Park

L’origine del Lago e i suoi segreti

Di origine artificiale, il Lago si è formato in seguito allo sbarramento del Torrente Edron per la costruzione della diga idroelettrica, iniziata nel 1941 e terminata, anche a causa della guerra, nel 1947.

lago di vagli
Diga del Torrente Edron (LU)

Le acque, salendo di livello, andarono a coprire diversi borghi medievali tra cui il più importante, Fabbriche di Careggine (LU), conosciuto anche come “paese fantasma”; fondato nel 1270, era un tempo borgo di fabbri ferrai provenienti da Brescia, che lavoravano il ferro estratto dal Monte Tambura. Per motivi di manutenzione venne più volte svuotato: nel 1958, nel 1974, nel 1983 e nel 1994.

Progetto di valorizzazione

Il progetto di svuotamento del Lago, previsto ora per il 2022, è stato pensato nell’ottica di valorizzazione turistica del territorio; l’amministrazione comunale, guidata da Giovanni Lodovici, ha affermato che, a causa dell’emergenza sanitaria, non sarà possibile effettuare l’opera entro la fine del 2021; le restrizioni non permetterebbero un libero spostamento tra regioni o comuni, limitando di fatto l’arrivo dei turisti da tutta l’Italia. Per ovviare al problema, si è deciso di spostare l’evento al prossimo anno nella speranza che la situazione migliori.

Borgo di Fabbriche di Careggine (LU), foto: Vagli Park
News

NEWS | San Severino (SA), gli scavi restituiscono le tombe di sei bambini

Centola (SA). Durante gli scavi effettuati nel castello di epoca longobarda, gli archeologi hanno messo in luce le mura della fortezza e le sepolture di sei bambini.

“Siamo ancora in una prima fase di scavo – spiega Maria Tommasa Granese, funzionaria – archeologa della Soprintendenza – ma, grazie a questi primi interventi, è già possibile osservare alcuni ambienti del castello: la cappella, la cisterna e altre aree ancora oggetto di studio. Gli archeologi – continua la Granese – stanno elaborando dati e relazioni per ricostruire con esattezza la storia del castello. Per quanto riguarda le sepolture ritrovate – aggiunge l’esperta – stiamo analizzando i reperti per risalire all’esatta datazione”. 

I ritrovamenti fatti dagli archeologi sono stati portati via dal sito per uno studio più approfondito in laboratorio.

Il borgo fantasma di San Severino, dai Longobardi all’abbandono agli inizi del ‘900

Da ciò che si evince dalle stratificazioni archeologiche, dallo studio dei resti visibili e dalle fonti storiografiche, la prima fase di frequentazione del sito risale al X secolo, durante l’occupazione longobarda. Sempre all’epoca longobarda risale anche il nome del Borgo: i Sanseverino erano la più ricca e potente famiglia del Principato longobardo di Salerno. Uno tra i primi edifici a essere costruiti fu senza dubbio proprio il loro castello. La fortezza sorge sulla roccia che domina la sottostante Valle del Mingardo: da questo punto, infatti, era possibile avere il pieno controllo della così detta Gola del Diavolo, da cui si accedeva al borgo di San Severino. Alle prime fasi di vita dell’abitato risale anche una cappella e una torre di avvistamento.

Nonostante le successive dominazioni, quella normanna e sveva, la famiglia Sanseverino mantenne il controllo sul borgo, tramandandolo di generazione in generazione, dal X al XIV secolo. Fu solo a causa di aspri contrasti con il re spagnolo Carlo V, che nel 1552 la famiglia perse il potere e fu esiliata fuori dal Regno di Napoli.

Nel corso dei secoli, il borgo si è ingrandito, sono sorti altri palazzi e altri edifici religiosi oltre a quelli della prima fase longobarda. Lo stesso castello ha subito numerose modifiche: oggi ritroviamo degli archi a sesto acuto, una sala dai cui resti si vedono alcune finestre e una nicchia. Troviamo anche parte della cappella palatina, dell’abside e della navata.

Nel 1624 un’epidemia di peste decimò la popolazione di San Severino; proprio a questo periodo sembra appartenere la consacrazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli, protettrice contro il morbo.

La storia del borgo arriva al capolinea nel 1888, in seguito alla costruzione della linea ferroviaria Pisciotta-Castrocucco. Agli inizi del ‘900, la popolazione era quasi tutta scesa a valle, lasciando il borgo completamente abbandonato.

Gli scavi archeologici e la rinascita del borgo di San Severino

 “Abbiamo sempre creduto nella valenza artistica e culturale del borgo e del castello di San Severino – spiega il sindaco Carmelo Stanziola – e fin dal primo giorno del nostro insediamento ci siamo attivati per reperire risorse per gli scavi e la messa in sicurezza dell’intera area. E oggi, finalmente, raccogliamo i primi risultati, le prime soddisfazioni. Faremo in modo che si continui a scavare e a studiare – continua il primo cittadino – ma soprattutto cercheremo di rendere fruibile ai turisti gli scavi e il borgo già per la prossima primavera”.

Gli scavi sono stati commissionati dal comune di Centola e finanziati dal Ministero dell’Interno. La direzione è stata affidata alla Soprintendenza “Archeologia, belle arti e paesaggio” delle province di Salerno e Avellino. La speranza del primo cittadino di Centola e degli studiosi è quella di rendere il borgo già visitabile in primavera. Il progetto di riqualificazione riguarda anche l’allestimento di un padiglione museale per contenere i resti della cultura materiale provenienti dagli scavi.

 

News

DALL’ITALIA | Alla scoperta del Borgo di Maenza (FR)

Maenza è un borgo di circa 3,000 abitanti situato nei Monti Lepini, in provincia di Latina, nel Lazio Meridionale. Il centro ha origini medievali, collegate alla potente famiglia dei Conti di Ceccano, di cui fu feudo fino al 1400.

Secondo alcuni, l’origine del suo nome deriva da quello dell’eroe Magenzio, l’etrusco Mazentius costretto ad allontanarsi dalla patria Cere e ricordato nel libro X dell’Eneide come alleato di Turno contro Enea. Una diversa ipotesi sul nome e sulla fondazione del paese potrebbe essere legata all’invasione, dal Nord Europa, di popolazioni germaniche, che dopo la conquista del territorio edificarono qui una fortificazione, richiamandosi, nella denominazione, alla città di Magonza (Mainz). Secondo altri, infine, Magentia potrebbe risalire alla radice “mag” (crescere) che insieme a “gens” (gente) significherebbe “gente che cresce”.

La storia del popolo maentino ha inizio con la fuga degli abitanti della vicina città di Priverno che, nell’XI secolo, per scampare alle distruzioni romane, fondarono Maenza. In realtà, Maenza presentava dei nuclei abitativi già prima della distruzione di Priverno, risalenti all’età romana: ne dà testimonianza una lastra che omaggiava una casa in campagna risalente a un certo Lucio (oggi la lastra è custodita nel castello e la casa è divenuta la Chiesetta del Patrono Sant’Eleuterio).

La storia di Maenza, come quella di innumerevoli borghi medioevali, si intreccia strettamente con le vicende dei feudatari dominanti. Numerose casate ebbero in feudo Maenza e tra esse figurano gli Annibaldi, i Caetani, i Borgia, gli Aldobrandini, i Doria Pamphili, i Borghese, i De Cabanis e i Pecci. Ma quella che più strettamente si collega alle sorti di Maenza fu, senza dubbio, la casata dei “Conti de Ceccano”, della quale lo stesso Gregorovius scrive: «Nei Monti Volsci primeggia dinastia antichissima della contrada la casa dei Conti de Ceccano che, per ricchezza e dignità, era nella Chiesa tenuta in gran conto. Quei signori si erano fatti potenti prima ancora che sorgessero in fiore i Colonna; già fin dal tempo di Enrico IV si teneva nota che Gregorio, uno dei loro antenati, aveva ivi officio di Conte. La morte di lui (1104) è la prima volta che si faccia menzione di questa casa di Conti.» Tra i personaggi più significativi della casata troviamo Giovanni da Ceccano e ben quattro cardinali: Annibaldo, Giordano, Stefano e Teobaldo, domenicano, che insegnò teologia a Parigi e fu in stretti rapporti con san Tommaso d’Aquino di cui contribuì a diffondere la dottrina. Dei Conti di Ceccano ricordiamo Berardo I (1204-1254), che tra i suoi numerosi feudi scelse come residenza abituale proprio Maenza e vi fece costruire lo splendido Palazzo Baronale, che ospitò anche Tommaso d’Aquino, il quale, come risulta dai verbali del procedimento di canonizzazione, compì a Maenza il suo primo miracolo. Altro importante personaggio della casata fu Giacomo I (1299-1363) che prese parte attiva alle travagliate vicende che sconvolsero lo Stato della Chiesa nel periodo in cui la sede pontificia era trasferita ad Avignone: Giacomo I dispose che le sue spoglie fossero tumulate in una cappella del duomo di Maenza.

Tra gli avvenimenti che portarono Maenza alla ribalta, vi è un fosco episodio avvenuto nel settembre del 1123: un familiare pontificio di nome Crescenzio, forse incaricato dal pontefice di riscuotere i tributi dei feudatari della zona, fu assassinato e rapinato nel territorio di Maenza. Papa Callisto II ritenne responsabile del fatto il Signore di Maenza, contro il quale fece muovere immediatamente le truppe pontificie; il paese fu occupato e il feudatario, dopo un processo sommario, decapitato sulla piazza del castello. L’episodio è sintomatico della situazione di costante conflittualità esistente all’epoca tra la Santa Sede, che andava progressivamente consolidando il controllo politico-amministrativo sul proprio territorio, e i feudatari, che tentavano di resistere all’opera accentratrice dei Papi. Sempre nell’ambito delle contese territoriali, e in particolare della secolare rivalità tra Orsini e Colonna, rientra un significativo evento della storia di Maenza: con una bolla del 28 maggio 1300 papa Bonifacio VIII, sostenuto dagli Orsini, confiscò il feudo dei Conti di Ceccano, che erano schierati dalla parte dei Colonna, e lo passò direttamente sotto il dominio del cardinale Matteo Orsini. Maenza tornò ai conti di Ceccano nel 1304 per volere di papa Benedetto XI, che pretese, però, da loro formale atto di sottomissione.

Fra i rappresentanti della casata dei conti di Ceccano l’ultimo Signore di Maenza fu Raimondello, che rinnovò il castello e fece costruire una nuova cinta muraria. Dal 1346 Maenza passò ai Caetani e, successivamente, a varie altre casate che, però, le attribuirono scarsa importanza e la trascurarono, lasciandola lentamente decadere. Il colpo di grazia Maenza lo ricevette nel 1520, quando fu saccheggiata e distrutta da Giovanni dalle Bande Nere, inviato da papa Leone X. Un altro papa Leone, dopo quasi quattro secoli, si interessò di Maenza in termini positivi: si tratta di Leone XIII (1878-1903), nativo della vicina Carpineto.  Notevole fu l’impulso che costui diede alle attività di carattere religioso: fu ricostruita la chiesa collegiata di Santa Maria Assunta in Cielo e fu istituito un Educandato per le fanciulle di civil condizione, diretto dalle suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue fondato da santa Maria De Mattias.

I tempi cambiano e avanzano le forze borghesi: nel 1930 gli eredi Pecci alienano a favore del comm. Ercole Micozzi quasi tutti i loro beni siti nei comuni di Priverno e Maenza. Fra gli avvenimenti di maggior rilievo, ricordiamo la rivolta del marzo 1911, l’epidemia spagnola del 1918 e la distruzione di una parte dell’abitato a causa di un bombardamento aereo nel 1944. Nel 1928 il Comune fu soppresso e Maenza fu collegata a Priverno; è tornata sede comunale nel 1947.