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I moti del 1848, quando la Sicilia stupì l’Europa

Il 12 Gennaio del 1848 Palermo si sveglia diversa, con la voglia, caratteristica del popolo siciliano, di sottrarsi al dominio straniero e tirannico. Così la città di Palermo, quella mattina, vede una folla di gente in rivolta contro la dominazione napoletana, contro le truppe regie di Ferdinando II. L’obiettivo era quello di  proclamare il Nuovo Regno di Sicilia, indipendente e autonomo dal potere borbonico.

Stampa allegorica dell’epoca. La Sicilia scaccia il potere borbonico

 

Il 12 Gennaio 1848, l’epoca gloriosa della universale rigenerazione

Nei giorni che precedevano i moti, diversi  manifesti circolavano sui muri di Palermo, chiamando a gran voce i cittadini all’insurrezione. In uno dei manifesti, riportato interamente in un’opera del 1863 di Felice Venosta, si poteva leggere:

Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha spezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e nella miseria, ardiremo ancora a riconquistare i legittimi diritti. All’armi figli della Sicilia! La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione. […] Chi sarà mancante di mezzi ne sarà provveduto. Con questi principi il cielo seconderà la giustissima impresa. Sicilia, all’armi!

Con queste parole, i palermitani, organizzavano la rivolta proprio nel giorno del compleanno di Ferdinando II di Borbone, nato a Palermo proprio il 12 Gennaio 1910. L’insurrezione era capeggiata dal mazziniano Rosolino Pilo e promossa insieme a Giuseppe La Masa.

La rivoluzione di Palermo in una stampa d’epoca

La sera stessa del 12 gennaio veniva istituito un “Comitato provvisorio” che chiedeva il recupero della Costituzione del 1812, incentrata sui principi della democrazia rappresentativa e sulla centralità del Parlamento. Nel frattempo, il 15 Gennaio, sbarcavano a Palermo i rinforzi borbonici che bombardarono le strade piene di rivoltosi. Il 22 gennaio Ferdinando II negava le richieste siciliane. Il 23 gennaio, il Comitato provvisorio si trasformava nel nuovo “Comitato Generale”, avente come presidente Ruggero Settimo e come segretario il patriota Mariano Stabile. Lo stesso 23 gennaio il “Comitato generale” dichiarava decaduta la monarchia borbonica. Il 25 gennaio 1848 le truppe borboniche evacuavano il Palazzo Reale.

Il vessillo del Nuovo Regno di Sicilia

 

La Sicilia insorge

Palermo era stata la prima di molte città a ribellarsi. Di lì a poco, nel giro di qualche mese, molte altre città del Regno borbonico ne seguirono l’esempio. Il 22 gennaio anche Girgenti (Agrigento) intraprende la via della rivolta seguito, il 29 gennaio, da Catania, Messina e Caltanissetta nella stessa giornata. Il 30 gennaio è il turno di Trapani e il 4 febbraio quello di Noto.

Il primo Governo del Nuovo Regno venne presentato il 27 marzo, con la nomina dei ministri: figure liberali come Mariano Stabile, il barone Pietro Riso, lo storico Michele Amari, il principe di Butera Pietro Lanza e il futuro primo ministro del neonato regno italiano Francesco Crispi.

Già nel settembre dello stesso anno, però, l’esercito borbonico riconquista Messina. Da qui, l’Esercito delle Due Sicilie si mosse per la riconquista del resto dell’isola.

L’assedio di Messina

Il 1° Settembre del 1487 già la città di Messina aveva manifestato comportamenti rivoltosi nei confronti dei Borbone. Quell’insurrezione improvvisata era stata sedata nel giro di poche ore. Ma era bastata a scatenare una scintilla rivoluzionaria tra i messinesi, e non solo, al punto di ricordarla in una lapide commemorativa, posta oggi proprio in via I Settembre.

Nel 1848 erano riprese le rivolte, stavolta più dure e, soprattutto, durevoli. Tuttavia, lo sforzo messinese, perpetrato per mesi non fu sufficiente. Il dominio borbonico, scacciato con le rivolte da tutta la Sicilia, manteneva infatti un suo presidio nella Cittadella di Messina, ben difesa e ben equipaggiata per la riconquista dei territori (contava infatti circa 300 cannoni).

Messina con la Real Cittadella in una stampa d’epoca

L’esercito borbonico sbarcò a Messina il 3 settembre 1848, guidato dal tenente Carlo Filangieri, principe di Satriano. Un esercito composto da circa 24.500 uomini si scagliò sulla città adoperando un totale di 450 cannoni. I bombardamenti colpirono tanto i rivoltosi (che potevano contare su un corpo armato di soli 6.000 uomini) quanto i civili, distruggendo e radendo al suolo interi quartieri. Nel frattempo, sul fronte sud di Messina, Filangieri guidava un ulteriore bombardamento navale. Il bombardamento di Messina, durato per cinque giorni ininterrotti, fece storcere il naso all’Europa intera che guardò ancora con più astio Ferdinando II che, con quell’attacco, ottenne il soprannome di “re bomba”.

Messina, in quei giorni di settembre 1848, cadeva sotto il peso e la crudeltà dell’esercito borbonico. Le forze siciliane chiedevano così la tregua, concessa il 18 settembre.

Nei primi mesi del 1849 anche Catania capitolava sotto la pressione dell’esercito borbonico. Palermo, invece, cadde il 14 maggio 1849 e con essa caddero, per il momento, anche le speranze di uno stato siciliano indipendente.

L’assedio di Messina in Piazza Duomo

 

La “Primavera dei Popoli”

Palermo era stata, inoltre, la città a ispirare moti rivoluzionari in tutta Europa, dando il via alla cosiddetta “Primavera dei Popoli”, periodo in cui la borghesia europea decideva di ribellarsi. Napoli seguì l’esempio palermitano già il 27 gennaio 1848; a Parigi tra il 22 e il 24 marzo dello stesso anno Luigi Filippo fu costretto ad abdicare, favorendo così la nascita della “Quarta Repubblica francese”; anche Berlino ebbe i suoi moti rivoluzionari proprio a Marzo. E, ancora, tra il 18 e il 24 marzo anche Milano si ribellò agli austriaci. Una stagione rivoluzionaria che si conclude con l’insorgere della stessa Roma, con la nascita della “Repubblica Romana”.

Il popolo palermitano aveva, nel suo piccolo, dato il via ai moti rivoluzionari del ’48, necessari per la futura spinta rivoluzionaria europea. Fu l’inizio del Risorgimento.

 

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Giro di Sicilia | La resistenza di Milazzo per la difesa della Sicilia. L’arrivo

La grande volata di Stacchiotti, che stacca Belletti e Pacioni, conclude la prima tappa del Giro di Sicilia. La gara, accolta con tanto entusiasmo, si è conclusa a Milazzo, terzo comune in ordine di grandezza della provincia messinese dopo Messina e Barcellona Pozzo di Gotto.

Fondata dai Greci intorno al 716 a.C. e dal 36 a.C. riconosciuta come civitas Romana, la città è stata al centro della storia anche durante la Prima Guerra Punica (260 a.C.).

I Mamertini di Mylae (nome romano di Milazzo) conquistarono Messana nel 270 a.C., consegnando di fatto la rocca milazzese nelle mani dei siracusani di Gerone II, essendo il contingente militare stanziato nel capoluogo e non impiegabile per la difesa di Milazzo.

I Mamertini, rimasti a Messana, si rivolsero prima ai Cartaginesi, chiedendo un loro intervento per far cessare le attività belliche siracusane. Probabilmente per evitare il predominio cartaginese, successivamente chiesero aiuto ai Romani, con i quali stipularono un accordo che avrebbe visto gli isolani impegnarsi a fianco di Roma, a condizione che Roma a sua volta intervenisse in difesa del territorio mamertino.

Ma la richiesta fu lungamente dibattuta dal Senato Romano, il quale aveva appena stipulato un accordo di pace e collaborazione proprio con i Cartaginesi. Il Senato sapeva bene che, se avesse accettato la proposta dei Mamertini, non avrebbe più potuto evitare il conflitto con i punici, che nel frattempo controllavano quasi tutta l’isola (ad eccezione, appunto, di Milazzo, Messina e Siracusa).

Nel 264 a.C. i Romani accettano l’accordo e sbarcano a Messina, località in cui si consuma il primo di una lunga serie di scontri con Siracusani e Cartaginesi, risolti poi con la vittoria di Roma e la famosa vicenda di Carthago Delenda Est.

Passata sotto il controllo bizantino dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la città subisce le incursioni arabe per poi essere successivamente conquistata, nel 1101, da Ruggero d’Altavilla. Sotto i Normanni si avrà il potenziamento del vecchio centro, con il rifacimento delle vecchie mura e del Castello, noto ancora oggi come uno dei più grandi mai realizzati nella storia!

L’ingresso del Castello di Milazzo

Nel luglio 1860, con l’arrivo delle camicie rosse, si consumò la grande Battaglia di Milazzo. Il Castello era l’ultima delle fortezze, insieme alla Real Cittadella di Messina, che ancora resisteva alla conquista garibaldina. Ricevuti i rinforzi dai Borbone stanziati presso la città dello Stretto, la battaglia sembrava volgere al termine in favore dei milazzesi quando l’esercito Borbone, condotto dal generale Giacomo Medici, optò per la ritirata strategica a Napoli, lasciando scoperta la fortezza e la Real Cittadella come ultimo baluardo per la difesa della Sicilia.

La prima tappa dell’antico Giro di Sicilia non poteva che concludersi in una località degna del suo prestigio. 

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News | Ritorna l’annuale appuntamento alla Real Cittadella (VIDEO)

Sabato 16 Marzo alle ore 16.30 presso il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca di Messina, in occasione del 158° dell’ultima caduta della Real Cittadella, verra’ presentato il volume La grande beffa di Alessandro Fumia, Marco Grassi, Franz Riccobono e Rodo Santoro.

Il giorno successivo è previsto un omaggio floreale alla Statua di Carlo di Borbone a Piazza Cavallotti, prima di raggiungere la Cittadella per la classica visita guidata e la deposizione di una corona di fiori nel rappresentativo Bastione Santo Stefano.

 

Porta Grazia e Real Cittadella (parte II)

Porta Grazia e Real Cittadella (parte II)Approfittando dell’iniziativa voluta dall’Associazione Amici del Museo di Messina, abbiamo potuto realizzare la seconda parte del nostro video.Con l’ausilio del Dott. Franz Riccobono e il supporto fotografico degli amici di Insidemessina, ci addentriamo nei meandri di quel che resta della fortezza più grande del Mediterraneo. Abbiamo, inoltre, voluto mettere un accento sullo stato di abbandono in cui versa la struttura, bisognosa di un intervento immediato per la sua messa in sicurezza.Nb. Perdonate la scarsa qualità dell’audio: la giornata è stata particolarmente ventosa!

Gepostet von ArcheoMe am Donnerstag, 22. März 2018
La visita guidata alla Real Cittadella dello scorso anno
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Ferdinando II di Borbone, un Re passato alla storia come cattivo

Una  statua eretta e collocata nel 1973 alla Passeggiata a mare di  Messina, raffigurante Ferdinando II di Borbone, ricorda al popolo messinese quel controverso periodo nel quale la città e non solo, fu in mano alla dinastia borbonica. Questo monumento scolpito nel 1839 da Pietro Tenerani, progettato in marmo ma poi realizzato in bronzo a Monaco di Baviera e collocato in origine a piazza Duomo il 30 maggio 1845, celebra una delle figure più importanti della storia messinese e siciliana, un re accolto favorevolmente dalla popolazione che nutriva grandi speranze sul suo operato.

Una figura questa sulla quale si  continua a dibattere fra gli studiosi, della quale probabilmente non tutto si sa, molto forse è ancora da scoprire. Le fonti certe ed incontestabili, ci dicono che Ferdinando Carlo Maria di Borbone, nacque a Palermo il 12 gennaio 1810, figlio di Francesco I e Maria Isabella di Spagna, nel 1827 divenne capitano generale dell’esercito e l’8 novembre 1830 salì al trono (a soli 20 anni), divenendo re del Regno delle Due Sicilie e restandovi sino al 22 maggio 1859. Sotto il suo dominio, questo Regno conobbe una serie di riforme burocratiche e innovazioni in campo tecnologico, fu un re abile e un onesto amministratore, gelosissimo dell’indipendenza del regno.  Inaugurò la ferrovia Napoli-Portici (la prima ferrovia costruita in Italia, 1839), dette grande incremento alla marina mercantile, concluse trattati di commercio con varie potenze (1841-45), promosse l’eversione della feudalità in Sicilia (1841), reprimendo duramente ogni tentativo liberale. 

Il suo innovativo progetto  vacillò pesantemente con i moti rivoluzionari di Palermo del 1848, che segnarono la sua figura e inevitabilmente il suo operato, passato da un breve esperimento costituzionale ad una progressiva stretta assolutista, che lo costrinse prima a concedere la costituzione, ma il 15 maggio successivo, dopo un sanguinoso urto fra liberali e truppe regie, a riprendere il potere assoluto, domando poi alcuni mesi dopo (maggio 1849) l’intera Sicilia.

Di questo periodo controverso, altamente dibattuti da alcuni storici e faziosi, sono gli episodi, che portano forse in maniera troppo semplicistica ad annoverare questo sovrano fra i cattivi della storia, rendendo però altrettanto difficile, celebrarne positivamente la figura. In particolar modo il bombardamento di Messina (nel settembre 1848), che gli varrà l’appellativo di “Re Bomba“, uno degli episodi più cruenti e significativi  di questa rivolta, domata semplicemente da monarca, in maniera ne più ne meno differente da altri monarchi nella storia. Le fasi successive del suo regno contribuiranno e rendere sempre più negativa, forse eccessivamente, la sua figura di questo Re nel firmamento della storia di questa nostra affascinante Nazione.

Il periodo che poi ne seguì infatti, lo portò ad accentrare su di sé il peso dello Stato e ad attuare una politica economica parsimoniosa e paternalista che lasciò il reame, negli ultimi anni, in una fase statica. Alla sua morte, avvenuta a Caserta il 22 maggio del 1859, il Regno delle Due Sicilie passò al figlio Francesco II, che lo perse di li a poco, in seguito alla Spedizione dei Mille e all’intervento piemontese.

Il governo di Ferdinando II di Borbone si può dunque riassumere come una parabola discendente: quando sale al trono, gode di rispetto e ammirazione per le doti di intelligenza e di acume politico e, in quanto sovrano del Regno più potente d’Italia, viene visto come il possibile futuro re della nazione; poi, con il passare del tempo, la sua condotta assolutista e repressiva ne causeranno un calo di rispetto e ammirazione.

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Re Carlo di Borbone (1716-1788)


Re del Regno delle Due Sicilie, fu incoronato “Rex utriusque Siciliae” il 3 luglio 1735 nella Cattedrale di Palermo.

Il 25 marzo 1744, dopo aver sedato a più riprese il conflitto apertosi con l’Austria, re Carlo decise infine di intervenire a comando del suo esercito per contrastare le armate austriache del principe di Lobkowitz.

Le truppe Austriache, arrivate al confine del Regno, furono affrontate e sconfitte a Velletri (nei pressi di Roma) dall’esercito Napoletano e Siciliano guidato da Re Carlo, a fianco delle truppe Spagnole e di quelle del ducato di Modena (con comandante Francesco III d’Este). La pesantissima vittoria consolidò il possesso del Regno di re Carlo, definitivamente consacrato da tutte le nazioni.

In foto: Monumento a Carlo III, realizzato nel 1859 dallo scultore messinese Saro Zagari, posto oggi in piazza Felice Cavallotti a Messina.

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Cimitero degli Inglesi (XVIII secolo)


Concesso dal re Ferdinando IV ai marinai inglesi giunti in Sicilia in aiuto dei Borboni, i quali si opponevano alla conquista da parte dei francesi guidati da Napoleone I.

Il camposanto cominciò a ospitare civili inglesi (con le rispettive famiglie) a partire dal 1815 ma anche mercanti tedeschi (Grill, Aders, Falkenburg, Jaeger), svizzeri, danesi, greci e russi, piccole comunità che operavano a Messina almeno fino al terremoto del 1908 prevalentemente nel settore industriale.

Il 5 aprile 1925, il cimitero fu visitato dal re Giorgio V e dalla regina Mary, accompagnati dai Principi Giorgio e Maria Vittoria.

Una targa commemorativa fu posta all’ingresso del nuovo sito (visibile nella prima foto). Nel 1942 fu trasferito all’interno del Gran Camposanto dal luogo originalmente posto nella zona di San Raineri. Il vecchio sito fu utilizzato per scopi militari e durante questa operazione vennero spostate 280 tombe.

Giorgio Attard curò personalmente i lavori di manutenzione e catalogazione.