attila

News

NEWS | Il “flagello di Dio” fermato dalla malaria

Tracce di malaria sulle ossa di neonati del V secolo d.C. potrebbero spiegare perché Attila e i suoi uomini tornarono indietro invece di avanzare verso Roma.

Lugnano in Teverina (Terni), 450-452 d.C. circa

Nei magazzini, ormai in disuso, di una villa romana d’età augustea sorge un cimitero. 58 corpicini, appartenenti a feti abortivi o a neonati con pochissimi mesi di vita, vengono sepolti quasi simultaneamente. Negli stessi anni, Attila, vicinissimo a conquistare Roma, sulle rive del Po decide di rinunciare all’impresa e tornare indietro verso il Danubio. Riguardo alla decisione di Attila, tante sono le ipotesi ma nessuna risposta soddisfacente a spiegarne le motivazioni. Che il Flagello di Dio abbia avuto paura di un altro flagello che stava già seminando “terremoto e terrore” in Europa?

Operazioni di scavo nella villa di I secolo d.C. di Poggio Gramignano (TR)

La risposta potrebbero rivelarla proprio le ossa di quei corpicini scoperti nell’insediamento di Poggio Gramignano, a 5 km da Lugnano in Teverina.

L’epidemia di malaria che potrebbe aver fermato Attila

L’area cimiteriale infantile di Poggio Gramignano, risalente a metà del V secolo d.C., fu allestita probabilmente dopo un’epidemia di malaria. Tale circostanza è avvalorata dall’analisi del Dna eseguita su un frammento osseo di uno degli scheletri rinvenuti. Sono ancora in corso le analisi di altri 11 soggetti, il cui risultato, se confermato, potrebbe suffragare la tesi dell’epidemia, sostenendo ulteriormente le ipotesi sul ruolo attivo che la malaria avrebbe avuto nel proteggere l’impero dall’avanzata degli Unni, spingendo nel 452 d.C. Attila a ritirarsi, rinunciando di fatto ad avanzare su Roma.

Una collaborazione internazionale a Poggio Gramignano

Lo studio dell’area cimiteriale è frutto di una collaborazione internazionale tra Soprintendenza dell’Umbria, Università dell’Arizona, Yale University, Stanford University e il Comune di Lugnano in Teverina.

Uno degli scheletri infantili provenienti da Poggio Gramignano (TR)

Tra gli obiettivi della ricerca – spiegano l’archeologo italiano Roberto Montagnetti e il collega David Pickel – c’è infatti quello di “far luce sull’effettiva portata, intensità e durata che questa epidemia può aver avuto e quanto essa possa aver inciso sulla storia delle popolazioni tardo-antiche altomedievali dell’Italia centrale”.