Dal 6 dicembre il Transatlantico di Palazzo Zanca ospiterà l’esposizione “Caravaggio, ritratti dell’anima”.
Per ricordare Caravaggio nell’anno in cui si celebra il 450esimo anniversario della sua nascita, sarà infatti visitabile una mostra “silenziosa”.
L’iniziativa, promossa dall’Assessore alla Cultura Enzo Caruso e curata dall’esperto comunale di arte contemporanea Alex Caminiti. La mostra prevede anche una personale dell’artista campano Alessandro Follo, caratterizzata da una carrellata di volti, figure, e posture di una intensa straordinarietà.
Follo intende raccontare l’evoluzione del genere ritratto, traendo spunto dal realismo noto nei capolavori assoluti di Caravaggio. <<Un vero piacere scoprire il lavoro di un artista di nuova figurazione che oltre a dimostrare abilità creativa, riesce con le sue opere a porsi umilmente al pubblico con verità e sincerità>>, ha evidenziato l’esperto Caminiti.
La pandemia, nel 2020, aveva messo in pausa le grandi celebrazioni in occasione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio (1483-1520). E, proprio per questo, Sky e Nexo Digital ricominciano da dove avevano interrotto: la Grande Arte al Cinema riparte con Raffaello. Il giovane prodigio. L’evento si propone di celebrare l’artista urbinate ripercorrendone arte e vicende umane; lo farà affidando il compito alla protagonista della sua vita: la pittura. Quella di Raffaello è una pittura potente, capace di attraversare i secoli e di offrire sempre nuove emozioni.
Il docufilm, diretto da Massimo Ferrari e prodotto da Sky, sarà presente nelle sale italiane (quil’elenco dei cinema) solo nelle date del 21, 22 e 23 giugno. Raffaello. Il giovane prodigio racconta, con la voce narrante di Valeria Golino, la vita e le opere di Raffaello a partire dai suoi ritratti femminili; segue una prospettiva inedita data dal ruolo della donna nella vita dell’artista: la madre, l’amante, la committente, la dea. Sky e Nexo Digital sono, inoltre, fieri di annunciare che, tra le numerose riprese in altissima definizione delle opere, spiccano anche quelle realizzate ad alcune opere custodite all’interno delle Scuderie del Quirinale in occasione della mostradello scorso anno, Raffaello 1520-1483.
Il docu-film
«Raffaello. Il giovane prodigio pone l’accento sulla metamorfosi artistica del pittore e sulla sua capacità di far evolvere la propria arte senza mai ripetersi», così presenta il film la Nexo Digital. «A otto anni Raffaello perse la madre. Secondo la leggenda, il padre, Giovanni Santi, ritrasse la moglie Magìa nelle vesti di una Madonna che fa addormentare il proprio bambino; ha mantenuto così vivo nel figlio il suo ricordo. La Madonna e il bambino diventano così temi portanti di tutta la carriera di Raffaello e, insieme ai ritratti femminili, sono quelli che meglio raccontano la sua straordinaria abilità di interpretare la bellezza. La sua ricerca parte da figure realmente esistite per approdare a una bellezza ideale che culmina nella realizzazione della Galatea, la ninfa che racchiude in sé le parti più belle di ogni donna».
Sky e Nexo Digital si sono avvalse della consulenza di numerosi esperti, tra cui Vincenzo Farinella, professore ordinario di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Pisa e consulente storico-scientifico del progetto. E, ancora, interverranno Lorenza Mochi Onori, storica dell’arte ed esperta di Raffaello, Giuliano Pisani, filologo classico e storico dell’arte italiana, Ippolita di Majo, sceneggiatrice e storica dell’arte e Gloria Fossi, storica dell’arte medievale e moderna. Il racconto, inoltre, prenderà vita grazie alle animazioni dell’illustratore Giordano Poloni, che accompagneranno lo spettatore in un mondo evocativo e sognante, tra arte, leggenda, realtà e mito.
Immagine in copertina: Madonna Sistina, dettaglio. Di seguito il trailer del docu-film.
Dal primo giorno di zona gialla, in Sicilia ha riaperto a tutti gli effetti laGalleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Lucio Barbera”, situata in via XXIV Maggio a Messina. È possibile visitare la Galleria dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13. Il costo dell’entrata è di tre euro, un euro per gli studenti e gratuito per gli invalidi e i loro accompagnatori.
Dedicata al critico d’arte messinese, la Galleria è stata inaugurata nel 1998. All’interno è possibile ammirare opere di diverse correnti artistiche: l’Arte Povera, la Pop Art, i “Concetti Spaziali” di Fontana, l’Astrattismo. Oltre a tanti altri quadri appartenenti a grandi nomi del Novecento: tra gli italiani Boetti, Bonalumi e Casorati; tra gli artisti internazionali vi sono quadri e sculture di Liberman e Hodgkin.
Un’intera sezione della galleria è dedicata agli artisti contemporanei messinesi che hanno fatto conoscere l’arte sicula a livello nazionale e internazionale, come Mazzullo, Migneco, Freiles e Samperi.
Riceviamo e pubblichiamo la riflessione della studentessa Giorgia Castiglione che ci introduce nella travolgente storia dell’arte contemporanea.
Siamo appena entrati nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e come prima opera vediamo esposta una balla di fieno, “Ah, ma lo potevo fare anch’io!”, dovete sapere però che l’arte dei nostri giorni non può essere fatta da chiunque.
Il punto dell’argomentazione è far capire l’utilità dell’arte contemporanea e perché considerarla tale.
Ritorniamo un po’ indietro: siamo nel 1400-1500, in pieno Rinascimento, e stiamo ammirando Leonardo Da Vinci che dipinge la Gioconda o Raffaello che affresca una delle Stanze Vaticane con la Scuola di Atene o, ancora, Michelangelo che poco più che ventenne realizza la Pietà. Capolavori che hanno segnato la Storia dell’Arte realizzati da veri e propri maestri con una tecnica che ai loro tempi non si era mai vista. Ai loro tempi, sì perché prima di loro, prima del Rinascimento, prima della prospettiva di Brunelleschi, della quarta dimensione di Leonardo, dei colori vividi di Raffaello, della plasticità di Michelangelo non c’erano altro che figure bidimensionali, senza prospettiva, senza colori, senza plasticità. Loro hanno stravolto tutte le certezze, le hanno fatte cadere: hanno fatto la rivoluzione.
I loro insegnamenti sono stati presi d’esempio e nei secoli successivi sono nate scuole d’arte che insegnavano questo modo di dipingere e scolpire, alla maniera del Rinascimento, classica.
Spostiamoci ora al 15 aprile del 1874 a Parigi, saltiamo Barocco e Neoclassicismo per vedere, nello studio del fotografo Felix Nadar, la prima mostra impressionista; questo dopo che Napoleone III inaugurò il Salon des Refusésnel 1863 dove vi erano esposte tutte le opere escluse dal Salon ufficiale, quindi anche quelle impressioniste. Gli impressionisti erano dei reietti, disprezzati destavano scandalo con il loro nuovo modo di dipingere. Eppure, se si chiede ad una persona qualsiasi quale sia il suo movimento artistico preferito, risponderà con fierezza: “L’Impressionismo!”.
L’Impressionismo è una corrente artistica amata da tutti oggi, ma che quando nacque provocò scandalo e fu rifiutata da tutti. Talmente amato oggi, che è come se la mente della gente comune si fermasse a questo movimento o a Van Gogh, un post-impressionista. Ecco, Van Gogh, l’artista preferito di chiunque che è quasi diventato una moda amarlo e postare sui social i suoi dipinti con frase annessa cercata un minuto prima su www.frasicelebridiartisti.com. Ma non andiamo fuori tema, perché il punto è che anche un artista amatissimo come Van Gogh era un reietto che non riusciva a vendere i suoi quadri, tant’è vero che erano comprati solo da suo fratello Teo.
Van Gogh esprimeva i suoi sentimenti nei dipinti, allora perché le tele tagliate e bucate di Lucio Fontana non vengono apprezzate? Lucio Fontana intendeva esprimere un concetto ben preciso e cito proprio le sue parole: “Il buco, il famigerato buco, non è il buco della tela, è la prima dimensione di vuoto. La libertà data agli artisti, agli uomini di creare l’arte con qualsiasi cosa. L’arte è pura filosofia”. Con i suoi tagli e buchi voleva portare lo sguardo dello spettatore oltre e dentro il quadro, restituendogli una certa vitalità.
Fino ad adesso, però, abbiamo parlato solo di tecniche pittoriche e si potrebbe andare avanti per ore parlando di tutte le innovazioni portate fino ad oggi, dal Cubismo all’Espressionismo astratto (quest’ultimo neanche apprezzato, per giunta). Ma se vi dicessi Marcel Duchamp? Con la sua arte intendeva provocare e il Dadaismo in generale è stato un movimento di rivoluzione, di ribellione; ci sentiamo presi in giro da un tizio che ad una mostra presenta con lo pseudonimo “R. Mutt” un orinatoio e probabilmente il pensiero che l’artista ha voluto esprimere, almeno secondo il filosofo Stephen Hicks, è quello secondo il quale “l’arte è qualcosa su cui puoi pisciare”. Una provocazione a tutte le scuole d’arte e agli artisti stessi. Jerry Saltz scrisse su The Village Voice nel 2006:
«Duchamp asserì duramente che voleva “de-deificare” la figura dell’artista. I ready-made fornirono una strada alternativa a quelli che erano inflessibili aut aut di proposizioni estetiche. Esse rappresentano un cambiamento copernicano nell’arte. Fontana è un così definibile “Acheropoietoi”,cioè un’immagine non modellata dall’artista. Fontana ci porta in contatto con un originale che rimane sì un originale, ma esiste in uno stato filosofico e metafisico alterato. È una manifestazione del sublime kantiano: un’opera d’arte che trascende una forma ma che è anche intellegibile, un oggetto che abbatte un’idea permettendole di nascere più forte».
Come vedete, ogni cosa ha un significato e non è da tutti pensare una cosa del genere e mostrarla facendola diventare un’opera d’arte. L’arte contemporanea si caratterizza per le idee che si hanno e non per la tecnica, sarebbe noioso vedere sempre gli stessi dipinti. Essere un vero artista oggi significa pensare a cose banali, su cui nessuno normalmente si focalizza e mostrarle agli altri facendo vedere il proprio punto di vista; essere un vero artista significa prendere i problemi della società del nostro tempo ed esplicarli in arte.
Sia una balla di fieno, sia un orinatoio, sia un quadro completamente bianco, sia un barattolo di feci con scritto “Merda d’artista” sono da considerarsi arte anche solo per il fatto che ci facciano riflettere sull’oggi, sul presente. Definire un’opera arte solamente per la sua complessità tecnica non ha senso oggigiorno, non basta.
Sì, anche noi avremmo potuto esporre una balla di fieno in un museo, così come avremmo potuto esporre un orinatoio, ma per qualche ragione non l’abbiamo fatto e gli artisti contemporanei ce lo ricordano mostrando la loro arte. A noi non resta altro che ammirare.
Palma Bucarelli è stata una delle figure più influenti nell’ambiente artistico italiano del XX secolo, nonché la prima donna a dirigere un museo pubblico, la Galleria d’Arte Moderna di Roma, alla quale legherà il suo nome per oltre 30 anni.
Una giovane donna intelligente Nata nel 1910 a Roma da una famiglia della media borghesia, Palma ebbe modo di laurearsi in Storia dell’Arte alla Sapienza, dove fu allieva di Adolfo Venturi e Pietro Toesca. Tra i suoi compagni di corso vi fu anche Giulio Carlo Argan, cui Palma restò sempre legata da una profonda amicizia. Nel 1933, a soli 23 anni, vinse il concorso al Ministero per l’Educazione Nazionale come funzionaria per le Belle Arti e venne assegnata alla Galleria Borghese di Roma. Nel 1936 fu trasferita per un breve periodo a Napoli, dove, a casa di Benedetto Croce, conobbe Paolo Monelli, giornalista e grande amore della vita di Palma, che sposerà nel 1963.
La Galleria d’Arte Moderna e la guerra Tornata a Roma già nel 1937 e assegnata alla Soprintendenza del Lazio, dall’anno successivo iniziò a lavorare alla Galleria d’Arte Moderna, diventandone direttrice nel 1941, in piena guerra mondiale. Primo compito fu pertanto quello di preservare l’integrità delle opere d’arte della Galleria dai rischi generati dal conflitto mondiale: nel suo “Cronaca di sei mesi” la Soprintendente Bucarelli racconta come, già nell’autunno del 1941, la maggior parte delle opere (672 pezzi della collezione) venne trasferita nei magazzini di Palazzo Farnese a Caprarola. Con la salita del fronte verso nord e l’approssimarsi delle rappresaglie tedesche sul Lazio, Palma Bucarelli, coadiuvata da alcuni validi collaboratori e da Rodolfo Siviero, predispose un nuovo trasferimento delle opere nei sotterranei di Castel Sant’Angelo, considerati inviolabili in quanto territorio vaticano. Dopo i tragici mesi dell’inverno del 1944, la liberazione di Roma, avvenuta a giugno, venne celebrata da una serie di iniziative artistiche tra cui una nuova mostra alla GNAM, inaugurata il 10 Dicembre.
Gli anni ’50 e ’60: una direttrice rivoluzionaria Sotto la direzione Bucarelli le esposizioni della GNAM iniziarono a privilegiare le correnti dell’avanguardia e dell’astrattismo, aprendosi al panorama artistico internazionale: negli anni ’50 e ’60 vennero allestite grandi mostre, dedicate ad artisti internazionali quali Picasso (1953), Mondrian (1956) e Pollock (1959). Con l’apertura all’arte contemporanea internazionale iniziò, non senza polemiche, un processo di revisione nell’organizzazione del museo, avviato a diventare un’istituzione di ampio respiro, non più mero contenitore ma punto d’incontro tra le varie arti, nonché centro didattico aperto a tutti. In particolar modo la Bucarelli cambiò radicalmente il contenuto del museo e il modo di presentare le opere al grande pubblico: dotata di un grande intuito per le avanguardie, la direttrice della GNAM non esiterà a fare scelte controverse, acquistando quadri di Fontana, Burri, Vedova e Manzoni. Proprio l’acquisizione dell’opera “Sacco Grande” di Burri fece esplodere la polemica astrattismo-realismo. Furono anni difficili, in cui Palma, difesa da una generazione di artisti e di critici a lei affini (soprattutto Argan e Venturi), era costantemente attaccata sia sul piano culturale che su quello gestionale, con accuse piuttosto pesanti riguardo alla gestione finanziaria del museo.
La Regina di Quadri La dedizione al lavoro era tale che nel 1952 Palma Bucarelli era arrivata a trasferirsi in un appartamento ricavato all’interno della stessa Galleria. Donna di grande fascino e di grande carisma, immortalata da pittori celebri come Alberto Savinio e Carlo Levi, coltissima, intelligente e dotata di un’innata eleganza nel parlare e nel vestire, difese inflessibilmente le sue idee innovative – tanto che Marino Mazzacurati la chiamava “Palma e sangue freddo” – in un settore in cui le donne erano poche e, raramente, ricoprivano ruoli di primo piano. Rachele Ferrario, autrice della biografia di Palma Bucarelli, l’ha definita, per tutte queste sue doti, la “Regina di Quadri”. A lei si deve, sicuramente, il merito di aver portato l’Italia del dopoguerra fuori da quel provincialismo artistico che era stato tipico del ventennio fascista. Nel 1975 lascia la direzione della Galleria, probabilmente ormai stanca delle infinite polemiche sul suo operato e dei pettegolezzi sulla sua vita privata. Dopo la sua morte, avvenuta il 25 luglio 1998, 58 opere della collezione personale di Palma Bucarelli sono state donate alla GNAM e sono tutt’ora contrassegnate da un cartellino con una palmetta disegnata.
EMINENT FIGURES | Palma Bucarelli, the Queen of Paintings
Palma Bucarelli was one of the most influential figures in the Italian artistic environment of the twentieth century, as well as the first woman to direct a public museum, the National Gallery of Modern Art, to which she will link her name for over 30 years.
An intelligent young woman Born in 1910 in Rome into a middle-class family, Palma was able to graduate in History of Art at La Sapienza, where she was a pupil of Adolfo Venturi and Pietro Toesca. Among his classmates there was also Giulio Carlo Argan, to whom Palma always remained tied by a deep friendship. In 1933, at the age of 23, she won the competition at the Ministry for National Education as an official for the Fine Arts and was assigned to the Galleria Borghese in Rome. In 1936 she was transferred for a short time to Naples, where, at the home of Benedetto Croce, she met Paolo Monelli, a journalist and great love of Palma’s life, whom she married in 1963.
The National Gallery of Modern Art and the war Returned to Rome in 1937 and assigned to the Superintendency of Lazio, the following year she began working at the National Gallery of Modern Art, becoming its director in 1941, in the middle of the World War. The first task was therefore to preserve the integrity of the works of art in the Gallery from the risks generated by the world war: in her “Cronaca di sei mesi” the Superintendent Bucarelli tells how, in the autumn of 1941, most of the works (672 pieces from the collection) were transferred to the warehouses of Palazzo Farnese in Caprarola. With the rise of the front to the north and the approach of German reprisals on Lazio, Palma Bucarelli, assisted by some valid collaborators and Rodolfo Siviero, arranged a new transfer of the works in the basement of Castel Sant’Angelo, considered inviolable as Vatican territory. After the tragic months of the winter of 1944, the liberation of Rome, which took place in June, was celebrated by a series of artistic initiatives including a new exhibition at the GNAM, inaugurated on December 10th.
The 1950s and 1960s: a revolutionary director Under the Bucarelli direction, the GNAM exhibitions began to favor avant-garde and abstract art currents, opening up to the international art scene: in the 1950s and 1960s large exhibitions were set up, dedicated to international artists such as Picasso (1953), Mondrian (1956) and Pollock (1959). With the opening to international contemporary art, a process of revision in the organization of the museum began, not without controversy, to become a wide-ranging institution, no longer a mere container but a meeting point between the various arts, as well as educational centre open to all. In particular, Bucarelli radically changed the content of the museum and the way of presenting the works to the large public: endowed with a great intuition for the avant-garde, the director of GNAM will not hesitate to make controversial choices, buying paintings by Fontana, Burri, Vedova and Manzoni. The acquisition of Burri’s work “Sacco Grande” caused the abstraction-realism controversy to explode. These were difficult years, in which Palma, defended by a generation of artists and critics similar to her (especially Argan and Venturi), was constantly attacked both on a cultural and managerial level, with rather heavy accusations regarding the financial management of the museum.
The Queen of Paintings The dedication to work was such that in 1952 Palma Bucarelli had moved into an apartment in the same Gallery, a woman of great charm and charisma, immortalized by famous painters such as Alberto Savinio and Carlo Levi , intelligent and gifted with an innate elegance in speaking and dressing, inflexibly defended her innovative ideas – so much so that Marino Mazzacurati called her “Palm with cool head” – in a field in which women were few and, rarely, they held prominent roles. Rachele Ferrario, author of the biography of Palma Bucarelli, defined her, for all these qualities, the “Queen of Paintings”. Certainly we owe the credit to her for having brought post-war Italy out of that artistic provincialism that had been typical of the Fascist period. In 1975 she left the direction of the Gallery, probably by now tired of the endless controversies about her work and the gossip about her private life. After her death on 25 July 1998, 58 works from Palma Bucarelli’s personal collection were donated to GNAM and they are still marked by a tag with a drawn palmette.
Translated and curated by Veronica Muscitto
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