L’arrivo in Piazza Duomo fu un boato di voci; le campane del campanile che suonavano a festa, la folla che si accalcava attorno alla Vara, tra sorrisi e lacrime. Poi le voci scemano, cala un silenzio surreale quando l’Arcivescovo invita tutta la cittadinanza ad unirsi in una preghiera e invoca la benedizione di Maria sulla folla. Quella che la Madonnina dall’alto del Forte San Salvatore rivolge a tutti coloro che la guardano, arrivando o partendo dal porto: Vos et ipsam civitatem benedicimus.
Credo che, in fondo, Messina rivolga alla Vara la sua preghiera per un futuro migliore.
Ci riunimmo tutti alle 23, per concludere col botto una giornata unica e fantastica, in cui Messina si sente grande, come in realtà è, nel suo passato che si rinnova nel presente. I fuochi d’artificio illuminarono il mare dello Stretto e la stele della Madonnina del Porto e si riflettevano negli occhi delle persone, grandi e piccini, che assistevano gioiosi edorgogliosi allo spettacolo.
È questa la magia del Ferragosto messinese: ricordarci almeno una volta l’anno quanto sia bella e grande questa città e quanto la collettività possa sentirsi unita nell’andarne fiera.
La seconda tappa del Giro di Sicilia, che ha avuto inizio presso Capo d’Orlando (clicca qui) si è appena conclusa nella antica città di Palermo, capoluogo della Sicilia. Manuel Belletti ha vinto in volata la seconda tappa davanti a Riccardo Stacchiotti, vincitore della prima tappa di ieri (clicca qui), e al colombiano Juan Molano.
Il centro siciliano, arrivo di prestigio per un giro che mancava da ben 42 anni, possiede una storia gloriosa e millenaria di cui ancora oggi rimane traccia.
Venne fondata dai Fenici, che la chiamarono probabilmente “ziz” (fiore). A partire dal V sec. a.C. subì una forte influenza greca ed infatti furono i naviganti ellenici ad attribuirle il nome antico di Palermo (gr. Πάνορμος, lat. Panormus). Tra il VIII ed il IV sec. a.C. la Sicilia fu teatro di aspre contese tra i Cartaginesi, che risiedevano a Palermo ed in generale nel suo territorio, ed i Greci delle colonie siciliane (Messina, Siracusa, Agrigento, Gela, Catania, Taormina ecc..). A Palermo infatti risiedettero sia l’esercito che le navi cartaginesi protagonisti di alcune violente guerre come come quelle del 480 a.C., del 406a.C. e del 391 a.C..
Dopo la breve occupazione di Pirro nel 276 a.C., il capoluogo venne conquistato, dopo un duro assedio, dai Romani. (254-253a.C.). Vari furono i vani tentativi di riconquista intrapresi dai Cartaginesi come, ad esempio, quelli guidati da Asdrubale, Amilcare Barca ed Annibale.
Palermo continuò ad essere un centro ricco e florido anche durante la dominazione romana ed infatti la città fu dichiarata prima libera e immune e poi, sotto Augusto, dedotta in colonia.
Centro importante durante il periodo bizantino, fu però dopo la conquista islamica della Sicilia (827 d.C.) che Palermo riprese il suo antico splendore. Con queste parole, il Geografo arabo Idrisila descrive: Bella ed immensa città, il massimo e splendido soggiorno, Palermo ha edifici di tanta bellezza che i viaggiatori si mettono in cammino attratti dalla fama delle meraviglie che offre qui l’architettura, lo squisito lavoro, l’ornamento di tanti peregrini trovati dall’arte.
Palermo divenne il centro militare ed amministrativo dell’emirato arabo di Sicilia ed assunse il suo ruolo di Capitale. Questa città fu, a partire dal 1061, il principale obiettivo nelle mire espansionistiche dei Normanni. Questi, guidati da Ruggero I e Roberto il Giuscardo, infatti dopo la presa di Messina (Porta della Sicilia e chiave del Regno), si diressero proprio a Palermo, impadronendosene nel 1072.
Già fiorente e rigogliosa, Palermo assunse maggior importanza, commerciale, politica e culturale, in particolare nel XIII sec. con Federico II di Hohenstaufen.
Durante il controllo angioino della Sicilia (dal 1266) invece l’asse politico e militare del regno si spostò verso Napoli, la nuova capitale, e la città decadde. Queste scelte politiche del governo francese portarono alla famosa rivolta dei Vespri siciliani (31 marzo 1282), favorendo la conquista del potere in Sicilia da parte degli Aragonesi. Questa fu un epoca di rinascita per la città di Palermo che acquisì indipendenza e piena autonomia amministrativa.
La città però, pur rimanendo il centro burocratico dell’isola nel XV sec., sotto il governo di Ferdinando I, perse nuovamente gran parte della sua prosperità economica. Tale crisi si protrasse durante tutta la dominazione spagnola, ed infatti tra il XVI ed il XVIII sec. riuscì a sopravvivere grazie agli aiuti delle altre cittàsiciliane. Questo è il periodo che vide nascere l’aspra contesa tra le città “gemelle” di Messina e Palermo per il ruolo di capitale. La condizione di Palermo migliorò, seppur senza raggiungere i fasti passati, sia sotto il dominio sabaudo (1711 -1718) sia durante la successiva dominazione austriaca (conclusasi con l’instaurazione della dinastia borbonica nel 1736).
Durante il XIX sec. Palermo divenne il centro propulsivo di movimenti indipendentisti e furono infatti da qui che iniziarono i primi moti rivoluzionari, assumendo, dopo l’unità d’Italia il ruolo di Capoluogo della Regione Sicilia.
Rimangono ancora oggi tracce del suo glorioso passato come ad esempio le necropoli puniche (Caserma Tukory), le abitazioni romane (Pizza della Vittoria – Villa Bonanno), i Qanat di Palermo, ovvero l’Acquedotto arabo (Fondo “La vignicella” – Via G.LaLoggia c/o Ospedale L. Biondo), il Palazzo dei Normanni (antico Palazzo Reale ed odierna sede dell’Assemblea Regionale Siciliana), la Chiesa normanno-bizantina di Monreale, le mura cinquecentesche e molto altro. Palermo inoltre possiede uno dei più importanti musei archeologici d’Italia ovvero il “Museo Archeologico Regionale Salinas”.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
– Idrisi, Libro del Re Ruggero, Umebrto Rizziano (trad. a cura di), Flaccovio Editore Palermo, 2008.
– Giuseppe Giarrizzo e Francesco Benigno, Storia della Sicilia, vol. 2, Bari-Roma, Laterza, 1999.
– Salvatore Tramontana, Il Mezzogiorno medievale. Normanni, svevi, angioini, aragonesi nei secoli XI-XV, Roma, Carrocci Editore, 2000.
– Hubert Houben, Normanni tra Nord e Sud. Immigrazione e acculturazione nel Medioevo, Roma, Di Renzo Editore, 2003.
– Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medievale e moderna, traduzione di Lucia Biocca Marghieri, 9ª ed., Bari-Roma, Laterza, 2009 [1968].
Era il 28 Febbraio dello scorso
anno e mi accingevo a caricare sulla mia automobile molti, moltissimi oggetti.
Sfruttavo l’effetto tetris per impilare nella maniera più compatta (e sicura)
possibile tutto ciò che ritenevo vitale e di assoluta necessità per i primi
giorni, gli effetti personali a cui tenevo di più e che non avrei potuto fare a
meno di portare con me, vuoi per un reale utilizzo pratico, vuoi per un forte
legame affettivo. Nel loro piccolo, speravo mi aiutassero ad affrontare ed
alleviare il senso di “non appartenenza” che avrei avvertito inizialmente.
E così, sotto la neve, caricavo e
sistemavo, finché la macchina non fu piena zeppa e non fu possibile inserire
altro. A Pescara nevicava da giorni e io non potevo scegliere scenario più
romantico e struggente per il giorno in cui avrei cambiato radicalmente la mia
vita, costruita con soddisfazione e determinazione.
Io e Domenico, il mio fidanzato,
salimmo in macchina, una vecchia Yaris Luna, alla quale stavo chiedendo di
affrontare un viaggio di 800 km, un po’ troppo per la sua lunga vita fatta di
anni di onorato servizio, e salutati amici e familiari, ci mettemmo in viaggio.
La macchina non era mai carica quanto il mio cuore, che pesava molto più di tutto quello che ero riuscita a portare
a bordo.
Iniziava la mia nuova vita. Un po’ alla Lucia Mondella, dall’autostrada davo il mio “addio ai monti” innevati, tra le lacrime e il riso. La scena in effetti doveva apparire tragicomica agli occhi di Domenico, che mi consolava e rideva con me.
Un salto nel buio.
Ad attendermi la famiglia del mio
fidanzato e nulla più, un contratto di affitto dell’appartamento che avevamo
scelto e poi basta. Un salto nel buio!
Ero già stata a Messina altre
volte, di passaggio, permanendo solo qualche giorno per volta, ed ero ben
consapevole che queste brevi visite non potevano certo restituirmi e darmi
un’idea precisa della città di Messina nel suo complesso.
Mi chiamo Chiara, sono pescarese
di origine, e vivo a Messina da 10 mesi.
Pochi, ma sufficienti a farmi
un’idea della città che ora è la mia seconda casa.
Ho deciso di aprire questa rubrica per raccontare ai
messinesi la loro città, da un punto di vista nuovo, quello di una pescarese
trapiantata nella città che sorge sullo Stretto più famoso d’Italia.
E la domanda, quindi, sorgerà spontanea: ma che ne sa una
pescarese di Messina?
Ma la prima domanda che in realtà tutti, o quasi, mi hanno
rivolto quando ho detto loro di essermi trasferita dal “continente” per vivere
qui è stata un’altra: “Ma cu t’a fà fari??”
E da qui, una, due, tre, dieci volte, ho capito che i messinesi
che stavo conoscendo non mostravano di avere una concezione tra le più rosee della loro città.
Ebbene, vi scrivo per raccontarvi di una Messina sconosciuta ai più e che può risollevare la dignità di questa città e del suo popolo. Una città con millenni di storia e troppo spesso bistrattata e considerata ingiustamente l’ultima ruota del carro, lo zimbello di tutte le altre province della Trinacria, e difesa in maniera non abbastanza risoluta e convinta dagli stessi messinesi, che dicono che a Messina non c’è niente, ma in fondo guai a chi gliela tocca.
Vi lancio la sfida: vi mostrerò che non è vero che “a
Messina non c’è nenti!”. Scommettiamo?
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