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NEWS| L’UniCt vola in Mesopotamia con un nuovo progetto di archeologia urbana

L’archeologia dell’Università di Catania incrementerà la sua presenza in Medio Oriente.

Dopo le scoperte archeologiche nel Caucaso meridionale, infatti, sarà avviato nel 2022 il primo progetto di archeologia urbana a Baghdad promosso dal prof. Nicola Laneri del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania. Il progetto è reso possibile grazie alla collaborazione con l’Iraqi State Board of Antiquities and Heritage (SBAH), diretto dal prof. Hussein Laith.
Il progetto archeologico è stato definito nel corso dell’incontro avvenuto in questi giorni a Baghdad dove il prof. Laneri siglerà la prossima settimana l’accordo di collaborazione tra l’Università di Catania con le autorità irachene. Gli scavi si svolgeranno nel sito di Tell Muhammed a Baghdad.

Il commento del Prof. Laneri

<<L’accordo che sarà siglato prevede uno scambio di know-how per il quinquennio 2022-26 e avrà l’obiettivo di far ripartire la ricerca archeologica – spiega il prof. Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente. Ma soprattutto – continua – una progettualità che possa permettere a Baghdad di tornare ad essere un polo d’attrazione turistica dopo le guerre che hanno martoriato l’Iraq durante il corso degli ultimi vent’anni. L’Urban Archaeology a Baghdad sarà anche una straordinaria opportunità per studiosi e studenti dell’Università di Catania di scoprire le vestigia di antiche società della Mesopotamia, la Terra tra i due fiumi culla delle prime civiltà, lungo il corso del fiume Tigri>>.


L’accordo – che verrà sottoscritto dal docente etneo con il prof. Hussein Laith, direttore dell’Iraqi State Board of Antiquities and Heritage – prevede anche un supporto da parte di studiosi e studenti dell’Università di Catania nello scavo dell’antica città di Baghdad che si trova lungo la sponda orientale del fiume Tigri.

Museo di Baghdad, il prof. Nicola Laneri accanto al Vaso di Warka

Nel corso della missione a Baghdad il prof. Nicola Laneri ha incontrato anche l’ambasciatore italiano in Iraq, Bruno Pasquino.
<<L’ambasciatore italiano – spiega il prof. Laneri – ha evidenziato l’importanza strategica del progetto che potrebbe consentire di mettere a disposizione delle autorità locali la conoscenza e la tradizione italiana nello studio, restauro e promozione del patrimonio archeologico della città di Baghdad creando così il primo parco archeologico urbano della capitale irachena. A partire dal 2022 l’Università di Catania avrà quindi un’altra opportunità per promuovere le straordinarie capacità dei suoi studiosi nello studio delle società antiche>>, conclude il docente etneo.

Da sinistra i docenti Nicolò Marchetti (Università di Bologna), Tim Harrison (Università di Toronto), Hussein Laith (direttore generale SBAH) e Nicola Laneri (Università di Catania)

 

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ATTUALITÀ | Alla scoperta della “città nascosta”, la mostra di Palazzo Ducale (MN): intervista al direttore Stefano L’Occaso

Verrà inaugurata il 7 maggio 2021 la mostra “La città nascosta – Archeologia urbana a Mantova” nel Museo Archeologico Nazionale di Mantova, all’interno della splendida cornice di Palazzo Ducale. L’idea di creare una vetrina per le attività di valorizzazione e tutela sul territorio è del direttore di Palazzo Ducale, Stefano L’Occaso; il progetto della mostra è stato affidato a due funzionari archeologi, Mari Hirose di Palazzo Ducale e Leonardo Lamanna della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cremona, Lodi e Mantova.

La mostra, che continuerà fino a gennaio 2022, si articolerà sui due piani di Palazzo Ducale, presenterà diverse sezioni incentrate su attività di tutela e attività di valorizzazione che hanno interessato il territorio nell’ultimo decennio. Sarà la vetrina dei lavori in corso che, giorno dopo giorno, permettono di ricostruire un tassello della storia del Mantovano, merito degli scavi seguiti dalla Soprintendenza in proficua collaborazione con Palazzo Ducale. 

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L’inizio del percorso mostra (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
Nelle viscere della “città nascosta”

Gli scavi archeologici hanno regalato soddisfazioni alla Mantova etrusca, romana, longobarda e rinascimentale. L’archeologia urbana ha fatto rivivere intere epoche attraverso molte scoperte: la domus romana di piazza Sordello, le mura dei Gonzaga in piazzale Mondadori, spostate con precisione ingegneristica, i mosaici romani di via Accademia.

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La domus romana in corso di scavo in piazza Sordello (MN)
Gli amanti di Mantova

Non possono mancare gli «Amanti di Valdaro», il grandioso ritrovamento del 2007 è un esempio compiuto di tutela e valorizzazione, emblema dell’archeologia mantovana: una sepoltura “bisoma”, due giovani sepolti insieme, rannicchiati, l’uno di fronte all’altro per più di 5500 anni. Sono state rimosse tutte le sepolture della necropoli con un’operazione delicatissima, ma necessaria alla conservazione nel Museo Nazionale di Mantova.

La Mantova preistorica e dei Gonzaga: lo scavo di Gradaro-Fiera Catena

Il Quartiere costituisce una sezione della mostra in quanto rientra nell’ampio progetto di tutela “Mantova Hub”, voluto dal Comune nel 2016 per recuperare e restituire alla collettività spazi abbandonati e in stato di degrado.

Lo scavo ha restituito reperti che si datano all’Età del Bronzo Finale (XII-X sec. a.C.) e all’epoca dei Gonzaga (1400-1600). In ambito preistorico è doveroso menzionare, per il grande lavoro condotto in laboratorio, un dolio a corpo ovoide e un vaso biconico. All’età dei Gonzaga risale una selezione di ceramica graffita, «fossile guida» (reperto che aiuta la ricostruzione della cronologia poiché ha buona presenza negli strati), e oggetti di uso quotidiano, come le prime pipe dopo l’introduzione del tabacco.

Olla decorata da un cordone plastico dopo la ricomposizione (Foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
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Esemplare di ceramica graffita da Fiera Catena (seconda metà XV-XVI sec.) in corso di studio (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
La Mantova etrusca, romana e medievale: lo scavo di via Rubens – Case dei Canonici di Santa Barbara

Nel V secolo a.C. nasce l’abitato etrusco di Mantova, dominante sulla valle del fiume Mincio, in cui selvicoltura e commercio fluviale sono solo due dei tanti punti di forza del territorio. Il sistema viene scosso dalla grande invasione celtica del secolo successivo. Nomi celti si ritrovano infatti inscritti su ceramica in alfabeto etrusco: gli stranieri dovevano essersi integrati nella comunità.

Alfabetario etrusco inciso sul fondo di una ciotola, riporta tutte le venti lettere in uso nel IV secolo a.C. (foto: Museo Archeologico Mantova)

Lo scavo si è concentrato sul quartiere residenziale di via Rubens portando in luce: utensili da cucina (frammenti di ciotole e pentole), pesi da telaio, scarti di produzione ceramica pertinenti a un’officina sul Mincio. Nell’area sono state poi scavate domus di epoca romana, ricche di mosaici; Invece, nelle Case dei Canonici di Santa Barbara, è stato rinvenuto un edificio monumentale di età medievale, ancora in corso di scavo e parte della cosiddetta Civitas Vetus di Mantova.

La sezione della mostra dedicata allo scavo di via Rubens-Case dei Canonici di Santa Barbara (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)

Il «Reperto W» è venuto alla luce dalla tomba del bimbo longobardo sepolto in via Rubens, ma è rimasto ignorato a lungo. Si tratta di una manciata di frammenti di ferro arrugginito, rinvenuta vicino alle guarnizioni in oro della cintura; i frammenti sono stati recentemente studiati dalla curatrice della mostra, la dott.ssa Hirose, e da altri esperti che hanno ricomposto un coltello; il fodero dell’oggetto doveva esser appeso alla cintura che reggeva la tunica e le brache del bimbo.

Come prenotare la visita alla mostra

L’inaugurazione è fissata per venerdì 7 maggio alle ore 17. La partecipazione è gratuita previa prenotazione in quattro diverse fasce orarie (17/17.20/17.40/18.00) durante le quali, a gruppi contingentati di 12 persone, sarà possibile partecipare a una visita guidata gratuita della mostra. Per prenotarsi è necessario compilare uno dei moduli online a questo link a seconda della fascia oraria scelta.

Parola al direttore Stefano L’Occaso

Della mostra “La città nascosta – Archeologia urbana a Mantova” nel Museo Archeologico Nazionale di Mantova parla per la nostra redazione Stefano L’Occaso, direttore di Palazzo Ducale.

Dirige la grande macchina di Palazzo Ducale, si è insediato in un momento difficile: novembre 2020. Come ha diretto il lavoro “a porte chiuse”? Cosa ha ereditato dalla precedente organizzazione e cosa ha cambiato?

«Dalla precedente direzione – e mi riferisco a quella di Peter Assmann, piuttosto che all’interim di Emanuela Daffra che ha coperto circa un anno – ho ereditato un Museo vivace, pieno di iniziative e di attività, ma anche uno scarso interesse per i problemi di manutenzione e conservazione, nonché poca attenzione all’avvio delle procedure per i grandi interventi, per i grossi restauri. Questi sono quindi necessariamente le mie priorità. Su diversi fronti mi trovo quindi a lavorare in continuità, con una ricca programmazione di eventi, seppure meno rivolti al contemporaneo; ho tuttavia ritenuto improcrastinabile dedicarmi all’avvio dei lavori e alla programmazione di interventi di restauro e di manutenzione a breve e a lungo termine».

Stefano L’Occaso nella presentazione del restauro dell’Ultima Cena di Leonardo (photo credits: Paolo Gai)
Palazzo Ducale riapre in grande. Lei ha la paternità della mostra “La città nascosta – Archeologia urbana a Mantova”, com’è nata l’idea?

«Dal 2016 al 2018 il Museo Archeologico di Mantova, che accoglierà questa mostra, è stato gestito dal Polo Museale della Lombardia del quale ero direttore; allora mi occupai di allestire il Museo in via permanente dato che, fino al 2015, si visitava praticamente una sola sala. Ma un Museo Archeologico non può essere una realtà statica: deve anzi riflettere il continuo incremento di conoscenze che deriva dagli scavi, che sono oggi affidati alle Soprintendenze. Il mio desiderio era riallacciare il legame con la tutela, con il territorio, e fare del Museo Archeologico una realtà viva, attenta alle scoperte più recenti, che possono giorno dopo giorno aiutarci a scrivere od obbligarci a riscrivere la storia della città e suo contesto».

Il direttore Stefano L’Occaso durante una conferenza
La mostra presenterà grandi lavori, tra questi il restauro dell’imponente dolio ovoide del Bronzo Finale dal quartiere di Fiera Catena (MN). Dopo lo scavo in situ, il microscavo in laboratorio è stato impegnativo. Anche l’esposizione di questo recipiente ha richiesto condizioni e spazi particolari?

«Un primo intervento è stato effettuato proprio in situ dai restauratori di Palazzo Ducale (Daniela Marzia Mazzaglia) e della Soprintendenza (Aria Amato); successivamente l’intervento è stato affidato a una ditta di restauro di Torino. I due dolii trovati e restaurati sono stati accolti entro una teca di grandi dimensioni, appositamente disegnata nella splendida cornice del Museo Archeologico, il luogo che un tempo ospitò il teatro di corte dei Gonzaga e che oggi è deputato a raccontare la storia delle origini della città virgiliana».

Protagonista della mostra è anche il «Reperto W», un coltello idealmente ricostruito da sei frammenti di ferro arrugginiti dalla tomba del bimbo longobardo su via Rubens (MN). La ricostruzione vede in prima linea la dott.ssa Hirose, anche curatrice della mostra, com’è stato trattato il Reperto in vista dell’esposizione?

«Si tratta infatti di un reperto di notevole interesse, tanto per il contesto di provenienza, quanto per se stesso. Dall’area di scavi di via Rubens sono emersi i resti di una struttura a pianta ottagonale che si può forse interpretare come battistero: forse il battistero ariano, in contrapposizione a quello ortodosso, rinvenuto oltre mezzo secolo fa nell’area del Seminario Diocesano. In via Rubens, una sepoltura infantile, del tipo a “casa mortuaria”, ha restituito un ricco corredo, ma a lungo ci si è concentrati sulle guarnizioni d’oro della cintura, mentre solo ora si è compreso il valore di sei frammenti di ferro arrugginito, ricomposti per l’occasione in un coltello ancora nel fodero. Un coltello che doveva avere una lamina d’argento sul manico e inserti di osso o corno nella punta del fodero. Anche questo recupero è merito dei curatori, Mari Hirose e Leonardo Lamanna, ai quali sono davvero grato per l’eccellente lavoro svolto».

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Ricco corredo dalla tomba del bimbo longobardo (VI-VII sec. d.C.): guarnizioni, una crocetta e altri elementi in oro (foto: Museo Archeologico Nazionale di Mantova)
Il Palazzo Ducale di Mantova è dotato di autonomia speciale di tipo scientifico, finanziario, organizzativo e contabile. È stata un vantaggio durante il periodo di chiusura? Permetterà di attuare in meglio i suoi programmi dopo la riapertura?

«L’autonomia gestionale di Palazzo Ducale ha consentito nei recenti anni grandi investimenti in termini di valorizzazione, soprattutto eventi, mostre (in particolare di arte contemporanea), ma anche feste e sontuosi banchetti. Le risorse sono oggi calate a ragione della pandemia e, inoltre, le urgenze di carattere conservativo mi impongono di destinarne una parte alla manutenzione del Palazzo Ducale, ma credo molto nel connubio tra tutela e valorizzazione e stiamo infatti portando avanti un programma di importanti mostre anche per gli anni a venire. Anzi, sin da ottobre, quando presenteremo un’esposizione dedicata a “Dante e la cultura figurativa del Trecento a Mantova”. Le mostre in cantiere, questa è la differenza principale rispetto al passato, sono radicate nel contesto del Palazzo e da esso o dalle sue collezioni prendono spunto. Esse ambiscono a restituire a Mantova e al suo meraviglioso monumento la centralità che la città ebbe nel Rinascimento. Le prolungate chiusure sono state impegnate per la programmazione dei prossimi anni: i segnali di risposta del pubblico alla riapertura sono stati molto positivi».

Stefano L’Occaso e il ministro Franceschini con Obama in visita al Cenacolo nel 2017 (foto: Milano – La Repubblica)
In conclusione, si sente di dare qualche consiglio ai nostri lettori e ai giovani studenti che si approcciano al mondo dell’arte e dell’archeologia?

«Sono uno storico dell’arte, ma con numerose esperienze di collaborazione con gli archeologi: da quando lavoravo come restauratore, per esempio nella Domus Aurea, a quando ho ​impostato l’allestimento del Museo Archeologico. Mi rivolgo direttamente ai giovani archeologi: dovete avere speranza e fiducia nel futuro, perché oggi il sistema museale e le soprintendenze hanno molto bisogno di voi, delle vostre energie, del vostro entusiasmo. L’ingresso, pochissimi anni fa, di giovani funzionari in Palazzo Ducale è stato una vera benedizione per un istituto che stava perdendo smalto e che oggi è invece una realtà viva e piena di iniziative. Sia lavorando in Soprintendenza che in Museo, vi troverete a collaborare costantemente con architetti e storici dell’arte e anche questo credo che sia un importante passo in avanti rispetto al recente passato».

 

Stefano L’Occaso è dottore di ricerca in Storia delle Arti Visive (2009) e funzionario Storico dell’Arte del Ministero della Cultura. È nuovamente direttore di Palazzo Ducale a Mantova da novembre 2020, già direttore del Polo Museale della Lombardia (novembre 2015 – gennaio 2019). Tra le pubblicazioni, vanta più di un centinaio di articoli e saggi e diverse monografie, fra cui: Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (2005), oltre al catalogo scientifico dei dipinti del Museo di Palazzo Ducale (2011). È artigiano, artista ed è stato anche docente universitario; nonché membro di diversi consigli d’amministrazione, comitati scientifici e socio ordinario dell’Accademia Nazionale Virgiliana.

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NEWS | Una tomba semi integra con corredo riemerge in Via Androne (CT)

A Catania, all’incrocio tra Via Androne e Via Battiato, vicino Piazza Santa Maria di Gesù, continuano i lavori di interramento di cavi elettrici, la zona rappresentava una delle necropoli più importanti dell’antichità. Michela Ursino, archeologa della Soprintendenza, ha confermato che si tratta di una tomba realizzata con una serie di pietre e una copertura a cappuccina. Inoltre, al suo interno, sono conservati ossa e vasellame.

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Dettaglio della tomba ritrovata in Via Androne (CT)
La tomba e i ritrovamenti

La tomba sembrerebbe, secondo le prime analisi, di epoca romana imperiale. La Soprintendenza fa però sapere che devono essere effettuate degli studi più approfonditi per accertarlo, in quanto in questa zona è possibile trovare sepolture di ogni tipologia e di ogni periodo storico. Difatti, solo ulteriori ricerche confermeranno le ipotesi sui ritrovamenti. Già dai primi materiali emersi sembrerebbe esserci uno scheletro di individuo giovane e ossa non integre di un individuo adulto. Il corredo, inoltre, presenta due vasetti acromi e tracce di bronzo.

Le indagini nel contesto urbano

In particolare si cerca di recuperare la copertura della tomba realizzata in tegole. Il circolo di pietra a base della tomba è stato lasciato in sede per studiare meglio il sito, visto che ritrovamenti simili sono emersi nelle vie adiacenti grazie a lavori urbani. La strategia sarà quella di cercare di isolare e conservare ogni traccia di questa tomba riemersa quasi integra.

L’indagine dovrà essere svolta in tempi veloci dato che i lavori di interramento dei cavi saranno a breve conclusi. Inoltre, questa Via del centro cittadino catanese è densamente popolata e trafficata a livello di viabilità stradale. La Soprintendenza e gli archeologi che stanno lavorando presso il cantiere (Federico Caruso e Alberto d’Agata), seguiranno passo passo l’evolversi degli scavi preventivi.

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Scavo preventivo della Tomba ritrovata a Via Androne (CT)

 

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NEWS | Catania, riemergono resti archeologici in via Androne

Sono emersi a Catania, in via Androne, durante dei lavori di interramento di cavi, dei resti di natura archeologica. Sulla loro identificazione non si ha ancora sicurezza, ma molti hanno ipotizzato la presenza di una tomba. La Via è infatti in una delle più importanti della Catania greca: all’angolo tra via Dottor Consoli e via Androne fu ritrovata, nel 1730, la famosa epigrafe Iulia Florentina, di tipo funerario e in marmo, conservata oggi al Museo del Louvre; si tratta di un documento che attesta la presenza della prima comunità cristiana a Catania.

In merito all’importanza dell’area, l’archeologo Paolo Orsi aveva ben indagato questa zona. Nel 1915, grazie ai lavori di costruzione dell’Istituto di Fisiologia, fu rinvenuta un’imponente struttura a grandi blocchi squadrati e i resti di una cassa di piombo. Orsi identificò la cassa come un’edicola funebre, attribuibile al III sec. a.C., o un heroon, appartenente ad un personaggio o famiglia in vista. Dunque, la Via del centro catanese, come altre d’altronde, rappresenta un’importante miniera per ciò che riguarda la scoperta archeologica.

via Androne
Lo scavo di via Androne (via Legambiente Catania)

In copertina: foto dallo scavo di via Androne a Catania (via Legambiente Catania).

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NEWS | Milano, in via Zecca Vecchia riemerge una zona archeologica di 3800mq

A due passi dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano è venuta alla luce una grande area di interesse archeologico. Si trova in via Zecca Vecchia, una zona circondata da palazzine in cui erano stati avviati dei lavori di edificazione di un albergo. In questo spazio, infatti, sede dell’ex garage/rimessa Sanremo e da poco demolito, la ditta ha interrotto le attività per indagare meglio il sito rinvenuto.

Quest’area è molto vicina alla zona di piazza San Sepolcro, dove si trovava il Foro romano di Mediolanum. Alla luce di ciò, gli archeologi prevedono uno scavo difficile e importante al medesimo tempo, atto a comprendere qualcosa in più riguardo la stratigrafia dell’area e ad identificare, quindi, le fasi di transizione. La Soprintendenza di Milano è già sul campo per coordinare le operazioni: Annamaria Fedeli ha ottenuto la direzione scientifica dello scavo; l’obiettivo è indagare non solo le preesistenze romane, ma anche le probabili tracce del periodo precedente. Purtroppo, le operazioni richiederanno tempo e l’impresa sarà abbastanza delicata: questa parte del centro milanese, soprattutto nel periodo fascista, ha subito opere di abbattimento e riedificazione.

via Zecca Vecchia
Via Zecca Vecchia (MI) vista dall’alto

(Immagine di copertina dal Corriere della Sera)

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NEWS | Daniele Manacorda al nuovo appuntamento con i dialoghi del MAUC (UNICT)

Il 26 febbraio 2021, alle ore 17, si svolgerà una conferenza presso il Museo di Archeologia dell’Università degli Studi di Catania (MAUC).

Si avrà la partecipazione virtuale di un importante figura dell’Archeologia, Daniele Manacorda, Professore di Metodologia della ricerca archeologica presso l’Università di Roma Tre. A dialogare con lui sarà il Professore Daniele Malfitana, docente della stessa disciplina presso l’Università degli Studi di Catania e Presidente del Comitato tecnico scientifico del MiBACT. Inoltre interverrà la Professoressa Marina Paino, direttore del DISUM (Dipartimento di Scienze Umanistiche) dell’ateneo catanese; ed anche il professore Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico e Responsabile scientifico MUAC. L’evento, organizzato in collaborazione con Officine culturali, si potrà seguire tramite il canale YouTube del MAUC.

Il tema e i protagonisti al MAUC

L’incontro sarà quindi una discussione volta ad esplorare le molteplici facce dell’Archeologia. Saranno presentati argomenti che sia Manacorda che Malfitana affrontano da anni: la relazione tra Archeologia urbana e contesto archeologico. Non a caso il Professore Manacorda, alunno di Andrea Carandini, ha molta esperienza negli scavi stratigrafici urbani; infatti, nella Capitale, si è occupato dell’allestimento di parchi archeologici e musei (ne è un esempio la Crypta Balbi).

Di non minore spessore è il Professore Malfitana, che, grazie alla sua esperienza in Università e nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha sempre voluto creare un dialogo tra ricerca archeologica e pianificazione urbanistica. Infatti il Professore è a capo di un progetto di grande importanza per la città etnea: TeCHNIC, che ha come obbiettivo quello di ricostruire i processi storici della comunità immersa nel contesto urbano. 

MAUC

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NEWS | Fornace medievale ritrovata ad Agrigento

Agrigento, famosa per i magnifici esempi di architettura templare della Magna Grecia, torna a raccontarci il suo passato. Questa volta, però, la città svela un particolare della sua vita artigianale medievale: la scoperta di una fornace ci racconta la produzione di ceramica destinata a finire sulla tavola degli Agrigentini, la cosiddetta ceramica da mensa.

Il ritrovamento della fornace

Durante i lavori di consolidamento del muraglione tra via Dante e via dell’Annunziata, in pieno centro,  gli operai hanno scoperto una cavità dietro a una parete in tufo. In seguito allo stop dei lavori, è stato chiarito che quella cavità era quello che restava di una grande fornace medievale, destinata alla produzione di ceramica da mensa.

L’area è stata recintata e i resti della fornace sono stati coperti con delle tavole di legno: un accorgimento provvisorio in attesa di ulteriori studi. 

Ferrovie dello Stato, in collaborazione con la Soprintendenza dei Beni Culturali, ha disposto alcuni accorgimenti riguardo la conservazione del ritrovamento: si è ipotizzata una copertura in vetro per renderne visibili i resti, in prospettiva di uno scavo futuro.

La produzione di ceramica medievale ad Agrigento

Il ritrovamento di una fornace da ceramica medievale non è un caso isolato ad Agrigento. Altri esempi sono già documentati proprio nella Valle dei Templi. Nell’area archeologica, infatti, è stato trovato un impianto produttivo con due fornaci, che ha permesso di datarne l’attività tra i secoli XI-XII  d. C, in un periodo compreso tra la dominazione Islamica e quella Normanna.

Altre fornaci sono state rinvenute fuori dal circuito murario di epoca medievale agrigentino, poiché l’attività artigianale era di solito svolta lontano dalla zona abitata delle città.

I lavori continueranno

Il cantiere tra via Dante e via dell’Annunziata dovrà comunque andare avanti: la situazione di stabilità del versante è poco rassicurante e la priorità resta la preservazione della linea ferrata, delle abitazioni e delle due strade. La ditta che si occupa dei lavori dovrà, però, garantire la massima tutela del bene, in attesa di fondi destinati a un futuro approfondimento del sito.