Antigone

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TEATRO | Il teatro classico nell’antica Grecia

L’origine del teatro occidentale, così come lo conosciamo e lo intendiamo oggi, è riconducibile senza dubbio alcuno alla forma drammatica nata nell’antica Grecia e più precisamente ad Atene attorno al V secolo a.C. La rappresentazione teatrale antica greca, assieme a quella romana, costituisce il fondamento del teatro classico.

Tespi dall’Icaria e l’introduzione delle maschere sceniche

Secondo testimonianze storiche e in base a quanto ritrovato in documenti letterari e poetici, sono arrivate a noi notizie riguardanti Tespi dall’Icaria, che giunse ad Atene verso la metà del VI secolo a.C., trasportando sul suo carro i primi attrezzi di scena tra cui arredi scenografici e costumi. Egli introdusse la maschera, elemento già presente nelle rappresentazioni sacrali e rituali delle società primitive, realizzata però in lino. Tespi svolse la sua attività di attore e drammaturgo ad Atene e a lui è attribuita l’invenzione del prologo e della rhesis, la parte parlata della tragedia affidata all’attore, che rispondeva al coro.

Si ritrova il suo nome in un’iscrizione risalente al III secolo a.C., il Marmor Parium, che attribuisce a lui la prima rappresentazione tragica nel 534 a.C., messa in scena nell’ambito delle feste Dionisie, istituite da Pisistrato. Fu il vincitore del concorso drammatico che in quell’anno si celebrava per la prima volta.

L’istituzione degli agoni

Da quel momento, ad Atene in primis e nel resto della Grecia successivamente, nacque la tradizione di organizzare eventi agonistici che spaziavano in vari ambiti, dall’atletica all’arte, i cosiddetti agoni. Negli agoni comici e tragici i maggiori autori di testi teatrali dell’epoca gareggiavano per accaparrarsi il favore degli spettatori. Il teatro era tenuto in grande considerazione dai Greci e rivestiva un ruolo di fondamentale interesse per la vita della polis, tanto che lo Stato pagava il biglietto a coloro i quali non potevano permetterselo. Gli agoni tragici si tenevano durante le feste in onore di Dionisio, le Dionisie, mentre gli agoni comici durante le Lenee, celebrazioni dedicate al dio Dionisio Leneo.

Le Grandi Dionisie duravano complessivamente sette giorni: nei primi tre si svolgevano i riti sacri, i seguenti tre erano dedicati alla rappresentazione delle tragedie e l’ultimo alla commedia. I concorrenti arrivavano a migliaia, secondo le testimonianze di Aristofane, e al termine della gara venivano assegnati dei premi per le diverse categorie: miglior attore, miglior autore e miglior coro, che trasmetteva i temi principali che l’autore voleva trattare e i concetti più importanti da trasmettere al pubblico.

La funzione della tragedia, il genere preferito dai Greci

La forma di arte considerata più elevata era la tragedia, che trattava motivi strettamente connessi al mito e toccava tematiche drammatiche universali in cui ogni individuo potesse riconoscersi, perché proprie della condizione umana, quali: il conflitto interiore morale tra bene e male, il problema etico, il rapporto con la sfera divina, il dolore, il delitto, il sacrificio per onore e la morte. In tutte le produzioni tragiche un personaggio eroico affrontava gli eventi e pagava le conseguenze delle sue azioni, generalmente risolte con la morte dei protagonisti, descritta per la sua natura catartica tipica del sacrificio.

Lo scopo della tragedia era educativo, così come quello della commedia, che si differenziava principalmente per il carattere leggero e divertente con cui trattava temi quotidiani, fungendo spesso da intermezzo tra le tragedie, e per l’aspetto di denuncia dei vizi umani, prendendo di mira archetipi di uomini e personalità pubbliche e politiche del tempo. I personaggi erano spesso comuni e vivevano in ambienti del ceto medio–alto, come il servo e il padrone, interpretati mettendo in risalto i lati più deboli e ridicoli, per accentuarne il carattere comico.

Ecco. Ora la molla è carica. Non deve far altro che scaricarsi da sola.

È questo che è comodo nella tragedia. Si dà una spintarella perché prenda il via, un niente.

Uno sguardo di un secondo su una ragazza che passa e alza le braccia per la strada…

Un desiderio di onore un bel giorno, al risveglio, come di qualcosa da mangiare…

Una domanda di troppo che ci si pone la sera…

E’ tutto. Dopo, non c’è altro se non lasciar fare.

La cosa gira da sola. È minuzioso, ben oliato da sempre.

 La morte, il tradimento, la disperazione sono là, vicinissimi,

E gli scoppi, e le tempeste, e i silenzi, tutti i silenzi.

Il silenzio quando alla fine il braccio del boia si alza,

Il silenzio al principio quando due amanti sono nudi uno di fronte all’altro per la prima volta,

Il silenzio quando le grida della folla scoppiano attorno al vincitore.

È pulita, la tragedia. È riposante, certo, perché si sa che non c’è più speranza. Si sa che si viene presi, che alla fine si viene presi come un topo, con tutto il cielo sopra di noi.

 E che non resta che gridare, urlare a piena voce quel che si aveva da dire, che non si era mai detto e che forse non si sapeva ancora. E tutto questo per niente: per dirlo a se stessi, per impararlo da sé.

Jean Anouilh – Antigone.

THEATRE | Classical theatre in ancient Greece

The origin of western theatre, as we know it and understand it today, is undoubtedly attributable to the dramatic form born in ancient Greece and more precisely in Athens around the fifth century BC. The ancient Greek theatrical representation, together with the Roman one, forms the foundation of classical theatre.

 

Thespis from Icaria and the introduction of stage masks

According to historical evidence and on the basis of what has been found in literary and poetic documents, news has come to us regarding Thespis from Icaria, who arrived in Athens in the mid-sixth century BC, carrying on his chariot the first props including scenographic furnishings and costumes. He introduced the mask, an element already present in the sacral and ritual representations of primitive societies, but made of linen. Thespis carried out his activity as an actor and playwright in Athens and is credited with inventing the prologue and the rhesis, the spoken part of the tragedy entrusted to the actor, who answered the chorus.

His name is found in an inscription dating back to the third century BC, the Marmor Parium, which attributes the first tragic representation to him in 534 BC, staged as part of the Dionysian feasts, established by Pisistrato. He was the winner of the dramatic contest that was being celebrated for the first time that year.

 

The institution of the agons

From that moment, in Athens first and in the rest of Greece subsequently, the tradition of organizing competitive events was born that ranged in various fields, from athletics to art, the so-called agoni. In the comic and tragic agony the major authors of theatrical texts of the time competed to win the favor of the spectators. The theatre was held in great esteem by the Greeks and played a role of fundamental interest in the life of the polis, so much that the state paid the ticket to those who could not afford it. The tragic agons were held during the feasts in honor of Dionysius, the Dionysias, while the comic agons during the Lenee,celebrations dedicated to the god Dionysius Leneo.

The Great Dionysias lasted a total of seven days: in the first three days sacred rites were held, the following three were dedicated to the representation of tragedies and the last to comedy. The competitors came in by the thousands, according to Aristophanes’ testimonies, and at the end of the competition prizes were awarded for the different categories: best actor, best author and best chorus, which conveyed the main themes that the author wanted to deal with and the most important concepts to be transmitted to the public.

The function of tragedy, the favourite genre of the Greeks

The form of art considered the highest was tragedy, which dealt with motifs strictly connected to the myth and touched upon universal dramatic themes in which each individual could recognize himself, because they belong to the human condition, such as: the inner moral conflict between good and evil, the ethical problem, the relationship with the divine sphere, pain, crime, sacrifice for honor and death. In all tragic productions a heroic character faced the events and paid the consequences of his actions, generally resolved with the death of the protagonists, described for his cathartic nature typical of sacrifice.

The purpose of the tragedy was educational, as well as that of the comedy, which was distinguished mainly by the light and funny character with which it dealt with everyday issues, often acting as an interlude between tragedies, and for the aspect of denunciation of human vices, taking it aims at archetypes of men and public and political personalities of the time. The characters were often common and lived in upper-middle class environments, such as the servant and the master, interpreted by highlighting the weaker and ridiculous sides, to accentuate the comic character.

So there it is. The spring is now loaded. All she has to do is discharge herself.

This is what is convenient in tragedy. It gives a little nudge to get it off, a nothing.

A glance for a second on a girl walking by and raising her arms in the street …

A desire for honor one day, when you wake up, like something to eat …

One question too many that arises in the evening …

So he just walked out, and that’s it. After that, there is nothing but letting it go.

The thing turns by itself. It is meticulous, always well oiled.

Death, betrayal, despair are there, very close,

And the bursts, and the storms, and the silences, all the silences.

Silence when the hangman’s arm finally rises,

Silence in the beginning when two lovers are naked facing each other for the first time,

Silence when the shouts of the crowd erupt around the winner.

It’s clean, the tragedy. It is restful, of course, because we know that there is no more hope. We know that we are caught, that in the end we are caught like a mouse, with all the sky above us.

And all that remains is to shout, to scream out loud what you had to say, that you had never said and that perhaps you didn’t know yet. And all this for nothing: to tell yourself, to learn it for yourself.

 

Jean Anouilh – Antigone.

                                                                                                                                               

                                                                                                                                                                            Article translated and curated by Veronica Muscitto