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NEWS | Un cannone e un’anfora dal mare di Sicilia

Il weekend della settimana appena scorsa ha regalato ben due reperti e grandi emozioni: un cannone del XVI secolo è riemerso a Maddalusa (AG) e una piccola anfora dal mare di Carini (PA). La Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, che ultimamente è sempre in azione, si è occupata del recupero di entrambi in seguito alle segnalazioni.

Il cannone di Maddalusa (AG)

Il sub Gianluca Lopez ha segnalato il reperto alla Capitaneria di Porto di Porto Empedocle (AG); la Soprintendenza ha quindi avviato delle perlustrazioni nelle acque dal 24 al 26 novembre 2020. Il cannone giaceva a una profondità di ben 7 metri e a 300 metri dalla costa; la Soprintendenza e il R.O.A.N. della Guardia di Finanza di Palermo lo hanno recuperato e portato a galla con dei palloni.

Il sito di Maddalusa (AG) era già noto per aver restituito un altro cannone del tardo XVI secolo nel 2007. I due cannoni sembrano simili: forse quello specchio di mare aveva visto il naufragio di una nave che traportava artiglieria. Il reperto verrà restaurato nel laboratorio del Parco archeologico della Valle dei Templi.

“Mentre il mondo della Cultura subisce le conseguenze delle restrizioni dovute all’emergenza Covid, il mare siciliano continua a ricordarci l’etica della ricerca e della memoria. Viviamo in un’Isola ricca di preziose testimonianze che a mare, come in terraferma, ci ricordano che la Sicilia sin dai tempi più lontani è stata crocevia di rotte culturali e commerciali, rendendo la nostra Isola un unicum a livello mondiale.” – commenta l’assessore Alberto Samonà su Facebook.

All’operazione di recupero ha partecipato anche Mauro Sinopoli, ricercatore biologo ed ecologo marino della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Palermo. Lo studioso sarà in grado di ricostruire il ritmo con cui i reperti sono stati coperti e riemersi, attraverso lo studio degli organismi e dai carotaggi fatti in situ.  

L’anfora di Carini (PA)

L’ultimo intervento della Soprintendenza è avvenuto a Carini (PA) in seguito alla segnalazione del sub Francesco Conigliaro che ha rinvenuto vari cocci fittili e una piccola anfora. Il responsabile del nucleo subacqueo della Soprintendenza, Stefano Vinciguerra, si è occupato del sopralluogo delle acque e ha recuperato un’anfora di 15 cm a 2 metri di profondità.

L’Archeologia subacquea sta dando un grande contributo in un momento difficile per la Ricerca. L’attività della Soprintendenza del Mare della Sicilia è in incremento: è un trampolino di rilancio prezioso per la storia e l’archeologia della Regione. Ci auguriamo di leggere altre notizie come questa!

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NEWS | Il mare di Civitavecchia restituisce un’antica anfora

Un ritrovamento straordinario quello di un’anfora greco-romana sul fondale del litorale di Civitavecchia che l’ha conservata per millenni. La collaborazione tra gli autori della scoperta, i sommozzatori della Stazione Aereonavale della provincia, e il settore subacqueo della Soprintendenza di Roma, Viterbo ed Etruria meridionale è stata fondamentale.

I sommozzatori della Stazione Aereonavale di Civitavecchia sul luogo del ritrovamento

L’anfora trovata per caso

Il ritrovamento dell’anfora è tanto incredibile quanto fortuito: è avvenuto durante un controllo subacqueo di routine in prossimità della foce del fiume Marangone (CV); i sommozzatori, infatti, hanno notato subito il vivo colore della terracotta, il manufatto era adagiato tra le rocce del fondale e ricoperto da incrostazioni marine. La brutta posizione e il rischio di mareggiate hanno spinto i militari ad avvertire immediatamente la Soprintendenza per procedere al recupero, infatti la funzionaria archeologa ha potuto lavorare subito all’identificazione sulla terraferma.

In mezzo ai traffici delle coste 

Testimone degli antichi commerci sulla costa laziale è perciò un’anfora vinaria in terracotta di tipo “Greco-Italico”, databile al III-II secolo a.C., mancante di parte dell’orlo, ma perfettamente conservata nel complesso; il manufatto, di produzione tirrenica centro-meridionale, era utilizzato per il commercio del vino italico, esportato in tutto il Mediterraneo. L’anfora ha permesso di identificare una zona di mare ben precisa che potrebbe restituire testimonianze di grande importanza per la ricostruzione dei commerci al di qua della penisola.

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NEWS | A Biandrate (NO) scoperta un’anfora africana di età imperiale

Il rinvenimento è importante per ricostruire i rapporti commerciali tra Biandrate e il resto dell’impero.

Si sono conclusi da poco gli scavi a Biandrate, prima fase del progetto Archeobiandrate.

Terminate le ultime operazioni di scavo, gli archeologi sono passati allo studio dei reperti emersi. Spicca un frammento d’anfora risalente all’epoca tardo-romana imperiale, prodotta in Africa settentrionale e destinata al trasporto di olio. Nonostante sia rimasto solo un frammento del vaso, la presenza di incisioni e segni sotto il collo dell’anfora ha permesso agli archeologi di capirne il luogo di produzione.

Le materie prime come l’olio erano molto importanti: è noto come i Romani utilizzassero il fiume Po e la sua foce come strada d’acqua per la distribuzione dell’olio e di altri prodotti.

Il rinvenimento è stato accolto con gioia dalla comunità scientifica e dalla Soprintendenza. Il fatto che dagli scavi in Piemonte emerga un’anfora africana dimostra gli ampi rapporti commerciali che Biandrate aveva non solo con Milano, ma anche con il resto dell’Impero.

L’importante frammento ceramico è ora oggetto di studio di un validissimo gruppo che sta collaborando con la Soprintendenza. Il team di ricerca si compone di quattro ceramologhe piemontesi: Anna Lorenzatto, Elena Quiri, Angela Deodato e Stefania Padovan. Se le prime tre studiose sono specializzate nella ceramica romana, Padovan è specializzata sulla Preistoria e si sta infatti occupando dei reperti risalenti al Neolitico.

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NEWS | Palermo, emerge un’anfora tombale

Gli archeologi, sotto la direzione di Rosa Maria Cucco, funzionaria archeologa della Soprintendenza palermitana, hanno portato alla luce un’anfora tombale. Il reperto è stato rinvenuto sulla strada provinciale 9bis, che collega Scillato a Collesano, vicino Himera. L’Associazione “Sicilia Antica” di Scillato ha scoperto e segnalato l’anfora alla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Palermo. L’anfora è riemersa a causa della pioggia, che ha smosso il terreno ai lati della strada. Il personale della Direzione Viabilità della Città Metropolitana di Palermo ha facilitato le operazioni: questo dimostra quanto sia fondamentale la collaborazione tra gli Enti. 

Particolarmente interessante è la tipologia tombale: una sepoltura a enchytrismòs. Attestata tra la fine del VI e l’inizio del IV secolo a.C., questa tomba si crea tagliando il vaso per lungo, per permettere l’inserimento del corpo del defunto e procedere quindi alla sepoltura. Il tipo di vaso più utilizzato in epoca imperiale è l’anfora, nonostante la sua natura commerciale. Le anfore tombali molto spesso contengono ossa di neonati e di bambini. All’interno dell’anfora gli archeologi hanno trovato anche un’anfora più piccola, con al suo interno il corredo funerario.

Sepolture in ziro da Cantaru Ena, Florinas (SS) (da MAETZKE 1964).

 

Tipologie di anfore utilizzate anche nelle sepolture a enchytrismòs. Da sinistra: africana I e II; tripolitana I e II .

Nuovi orizzonti di indagine

Il ritrovamento di quest’anfora tombale potrebbe aprire gli archeologi verso nuovi orizzonti di indagine. Il sito infatti è poco distante dalla città di Himera, colonia greca fondata nel 648 a.C. dai Calcidesi provenienti da Zancle, l’odierna Messina (per approfondire clicca qui). Himera inoltre è stata teatro di grandi battaglie, in particolare contro Cartagine, che la distrusse nel 408 a.C. Gli archeologi quindi auspicano nuove ricerche, alla ricerca di una eventuale necropoli.

BIBLIOGRAFIA

CAMINNECI, V. 2012, Enchytrismòs. Seppellire in anfora nell’antica Agrigento, in V. CAMINNECI (a cura di), Parce Sepulto: il rito e la morte tra passato e presente, Agrigento 2012, pp. 111-132.

MAETZKE, G. 1964, Florinas (Sassari). Necropoli a enchytrismòs in località Cantaru Ena, Notizie degli Scavi di Antichità 1964, pp. 280-314.