“Tu quoque”, le idi di marzo e la morte di Cesare
Ricorre oggi l’anniversario della morte di Gaio Giulio Cesare, avvenuta il 15 marzo del 44 a.C.
Cesare occupa un posto di primo piano nella storia romana, dal momento che fu il principale artefice del passaggio dalla repubblica al principato.
Chi è Cesare
Appartenente alla gens Iulia, un’antica famiglia di origine patrizia, ma legato da rapporti di parentela con Mario e Cinna, due tra i più noti esponenti del partito dei populares, Gaio Giulio Cesare nasce a Roma nel 100 a.C.
Le fonti sulla biografia di questo grandissimo personaggio sono numerose. Alcune tra queste ci vengono dallo stesso Cesare, che in una sua nota opera, dal titolo Commentarii, narra, in terza persona, alcune sue imprese relative alle campagne in Gallia e alla guerra civile disputatasi tra lui e Pompeo. A questa importantissima fonte, bisogna aggiungere degli scritti realizzati da alcuni esponenti politici e culturali a lui contemporanei, cioè Cicerone e Sallustio.
Avviato, sin dalla giovinezza, all’attività politico-militare, Cesare assunse un forte rilievo anche nel campo letterario, cimentandosi in svariati campi.
I successi di Cesare
Lunga e ricca di successi è la carriera politica di Cesare, protagonista del passaggio di Roma dalla repubblica al principato.
La sua attività politica inizia nel 68 a.C., quando ottiene la carica di questore, continua nel 65, con quella di edile e culmina nel 63, quando riesce ad assicurarsi la carica di pontefice massimo, che veniva conferita a vita.
Nel 60 a.C., stringe un accordo di aiuto politico con Pompeo e Crasso, che passa alla storia come il primo triumvirato.
Console nel 59, riuscì a farsi assegnare, per cinque anni, il governo proconsolare di Gallia e dell’Illirico, al fine di avviare delle spedizioni per salvaguardare la provincia romana dalle ostilità, potenzialmente pericolose per Roma, createsi tra le tribù celtiche e germaniche. Queste azioni si conclusero nel 52, con la sottomissione di tutta la Gallia a Roma, dopo che Cesare era riuscito a far salire la durata quinquennale del suo governo proconsolare di altri cinque anni.
La guerra civile ( 49-45 a.C.)
Il triumvirato era nato come un accordo politico tra tre esponenti di spicco del mondo romano, ma era evidente che uno di loro, cioè Cesare, mirava a ottenere un potere assoluto, che scavalcasse quello di Pompeo e Crasso: ciò divenne chiaro in seguito alla morte di Crasso, ucciso a Carre nel 53 a.C. dai Parti, e alle conquiste nella Gallia di Cesare. L’aria che si respirava, in seguito a queste due vicende, era molto tesa e “profumava” di guerra civile.
Il Senato, preoccupato dall’eccessivo potere del console romano, nel 49 gli mandò un ultimaturm, esortandolo a sciogliere l’esercito e a non fare rientro in Italia con delle truppe armate.
Cesare si mostrò incurante del provvedimento del Senato e, oltrepassando il fiume Rubicone, diede l’avvio a una guerra civile. Non ci fu grande resistenza, dal momento che in poco tempo il patrizio riuscì a ottenere il controllo di Roma e dell’Italia e si scontrò con Pompeo, giunto intanto in Oriente per organizzare una resistenza contro quello che ormai era un dittatore vero e proprio, sconfiggendolo a Farsàlo, in Grecia, nel 48 a.C. La guerra, tuttavia, continuò anche dopo la morte di Pompeo, avvenuta il 28 settembre del 48, con le battaglie di Tapso, in Africa, e di Munda, in Spagna, rispettivamente nel 46 a.C. e nel 45 a.C.
La dittatura di Cesare
Successivamente alla vittoria di Munda, Cesare aveva avviato una serie di riforme per concentrare su di sé tutti i poteri politici: divenne imperator, comandante dell’esercito, e, al tempo stesso, si fece proclamare tribuno della plebe e pontefice massimo. La sua era una volontà precisa: trasformare Roma in un principato. Era convinto che la Repubblica, oramai, risultava inadatta rispetto ad una realtà storica sempre più complessa. Il Senato si era sempre preoccupato di difendere solamente gli interessi dei nobili e dei ricchi e aveva trascurato le esigenze del popolo e delle province. Il vasto impero venutosi a formare aveva bisogno di un governo forte ed unitario che tenesse conto dei bisogni di tutti.
Cesare voleva che i popoli sottomessi considerassero Roma non come una nemica, ma come una preziosa alleata, fautrice del loro progresso economico e culturale e, per questo, si impegnò nel progetto di romanizzazione delle province, introducendo in esse la legge romana e la lingua latina.
Riforme in campo politico e amministrativo
Queste furono alcune delle riforme politiche e amministrative di Cesare, impegnato a trasformare Roma in un forte principato:
- aumento del numero dei magistrati;
- aumento del numero dei senatori;
- fondazione di nuove colonie romane, anche nelle zone più lontane da Roma;
- estensione della cittadinanza romana alla Gallia Cisalpina.
Le idi di Marzo e il Cesaricidio
Con l’espressione “idi di Marzo”, si fa riferimento all’assassinio di Cesare, avvenuto il 15 marzo del 44 a.C.
Il termine “idi” è legato al calendario giuliano , che divide i giorni di un mese in base a tre date fisse e non a una numerazione progressiva: calende, none e idi. Le calende indicano il primo giorno di un mese, le none il quinto o il settimo e infine le idi si riferiscono alla metà del mese.
Questa importante riforma del calendario venne fatta proprio da Cesare ed entrò in vigore nel 45 a.C.
L’anno successivo a questa riforma, il dittatore venne ucciso durante una congiura portata avanti da circa 60 senatori, tra cui figure di spicco come quelle di Bruto e Cassio. A questo episodio, passato alla storia come Cesaricidio, è legata la famosa espressione: Tu quoque, Brute, fili mi? (Anche tu, o Bruto, figlio mio?) con cui Cesare si rivolgerebbe al figlio, secondo quanto riportato da Svetonio.
L’eccessivo accentramento del potere nelle mani di Cesare aveva destabilizzato e preoccupato il Senato, impreparato di fronte al programma di riorganizzazione dello Stato e delle riforme istituzionali volute dal dittatore, che decise di intervenire contro il processo di trasformazione della res publica in impero.
La morte di Cesare, tuttavia, non arrestò il processo di cambiamento, anzi scatenò una serie di eventi che portarono al potere il figlio adottivo, Ottaviano, che nel 27 a.C. instaurò a Roma una forma di governo autocratica, ottenendo per sé poteri assoluti.