SPECIALE COVID | Studiare Archeologia oggi: il racconto di Danielenrico Moschetti dell’Università Federico II di Napoli
La speranza per superare le difficoltà. Un pensiero, anzi una convinzione, che unisce tanti studenti italiani in questo strano, drammatico anno di pandemia che ha colpito tutti. Si, perché l’altra opzione sarebbe rassegnarsi e iniziare a vedere tutto più nero di quanto già non sia. Opzione che la maggior parte degli studenti e giovani laureati che sognano una carriera accademica, come Danielenrico Moschetti, studente magistrale in Etruscologia e Antichità italiche all’Università degli Studi di Napoli Federico II, pare non abbiano mai preso in considerazione; almeno loro. Innumerevoli le difficoltà da affrontare. Di una di queste sentiamo parlare ogni giorno e si traduce con una parola: DAD. Ma non è solo la didattica a distanza ad aver creato guai. A voler andare a fondo nella vita di ogni studente, nel percorso di studi di ognuno e nelle vita accademica, ci si rende conto della varietà di problematiche che l’emergenza da Covid-19 ha causato. Moschetti, con una sua riflessione, ad esempio, ci offre un interessante punto di vista sulla situazione degli studenti di archeologia.
“La pandemia dovuta al Covid-19 ha bloccato la “normalità” di tutti, ha sconvolto in pieno qualsiasi routine, colpendo anche quella degli studenti di archeologia, disciplina che proprio per i suoi obbiettivi richiede la possibilità di muoversi, visitare luoghi, lavorare in gruppo. Proprio per questo noi studenti di archeologia ci siamo visti, per cause di forza maggiore, sottratti tutti i mezzi con cui portavamo avanti la nostra passione e i nostri studi. Il più evidente esempio di queste difficoltà è stata la problematica della laurea a distanza, il sogno di ogni studente universitario è varcare la soglia dell’aula magna e poter discutere nella propria università il frutto del proprio lavoro, con la commissione che ti ascolta e partecipa al dibattito, purtroppo io sono stato uno dei tanti che questa emozione non l’ha potuta vivere, certo laurearsi è sempre un traguardo, ma così è sembrato quasi uno dei tanti esami sostenuti in DAD. Per non parlare poi dell’impossibilità di recarsi in musei, biblioteche e magazzini, luoghi vitali per la ricerca e lo studio, anche per affrontare lezioni e approfondimenti sui reperti, efficaci solo nei musei. Inoltre, tanti studenti che come me stavano portando a termine progetti di tesi sperimentali, che richiedevano di recarsi nei luoghi dei loro contesti e materiali archeologici, e invece si sono ritrovati a dover sopperire alle varie limitazioni della mobilità come meglio potevano, per poter portare a termine i loro studi sui reperti “a distanza”. Ma forse la ferita più grande per tutti gli studenti di archeologia è l’impossibilità di vivere i laboratori didattici su scavi e nei musei, perdendo così una parte fondamentale della propria formazione o addirittura come nel mio caso, oltre a perdere parte della propria formazione si perdono anche ore utili a cumulare l’esperienza necessaria secondo le norme ministeriali per iscriversi alla terza fascia di archeologi in seguito al conseguimento della laurea triennale, ma il mio pensiero è rivolto soprattutto a tutti i nuovi studenti che purtroppo ancora non hanno potuto vivere questa fondamentale ed emozionante esperienza. Spero e non ne dubito che davanti a noi ci sia un futuro di studio e ricerca, che non fa altro che aspettarci.”