Sarah Belzoni, amore e avventura all’ombra delle piramidi
Sarah Belzoni è stata artista, archeologa ed esploratrice. Moglie dell’eclettico antiquario ed esploratore padovano Giovan Battista Belzoni, continuò a condurre ricerche e a curare pubblicazioni anche dopo la prematura morte del marito.
Un colpo di fulmine con il bell’italiano
Della giovinezza di Sarah Belzoni, nata Sarah Banne a Bristol nel 1783, si sa abbastanza poco. Probabilmente non aveva fatto studi classici, ma era una donna di discreta cultura.
Nel 1803 conobbe Giovan Battista, all’epoca da poco trasferitosi in Inghilterra. Qui l’eclettico viaggiatore italiano si esibiva in un circo, sfruttando il suo poderoso aspetto fisico (era alto più di due metri). Sembra che fu un colpo di fulmine e che Sarah, descritta da Charles Dickens come una donna “delicata e di bell’aspetto”, in alcune occasioni si esibì assieme al marito: i primi anni di matrimonio furono vissuti dalla coppia in Inghilterra, al seguito di spettacoli itineranti.
Tuttavia, Belzoni, che aveva studiato archeologia e ingegneria a Roma, voleva essere ben altro che un circense e, sicuramente, Sarah lo incoraggiò a riprendere le sue aspirazioni e a diventare un esploratore e un antiquario.
Finalmente l’Egitto
Nel 1815 i coniugi raggiunsero l’Egitto, dove Giovan Battista trovò impiego come ingegnere idraulico al servizio del governatore Alì Pasha. Presto, però, l’italiano fu assunto dal console inglese Henry Salt per recuperare antichità egiziane da destinare al British Museum. Iniziarono, a questo punto, una serie di viaggi e spedizioni che, tuttavia, non inclusero la presenza di Sarah, puntualmente lasciata nella grande città più vicina (Cairo, Rosetta, Aswan).
In assenza del marito, la giovane inglese si dedicò ad approfondire usi e costumi del paese che la ospitava, in special modo per quanto riguardava le donne. Ne è testimonianza uno dei pochissimi scritti che ci è rimasto di Sarah Belzoni, un capitolo intitolato “Mrs. Belzoni’s trifling account of the women of Egypt, Nubia, and Syria”, pubblicato all’interno dell’opera di Giovan Battista “Narrative of the Operations and Recent Discoveries Within the Pyramids, Temples, Tombs and Excavations in Egypt and Nubia”.
Sarah, nei mesi di permanenza in Egitto, dimostrò grande sagacia, intelligenza e spirito di adattamento, oltre ad essere un’acuta osservatrice della civiltà che le era intorno. I rapporti coltivati con le donne egiziane, arabe e nubiane ci vengono raccontati con perspicacia e arguzia dalla stessa Mrs Belzoni. Interessante il racconto di come Sarah avesse iniziato a scambiare manufatti e bigiotteria inglese, soprattutto perline, con grani di collana antichi che le abitanti locali le portavano in dono.
In prima linea, da sola
Stanca di rimanere ai margini della scena, all’inizio del 1818 partì da sola, vestita da uomo, per la Palestina e visitò, prima donna europea a farlo, la spianata delle moschee a Gerusalemme. Accompagnata solo da una guida locale, sempre in abiti da giovane uomo turco, Sarah viaggiò lungo la valle del Giordano fino a Gerico.
Tornata in Egitto, contribuì a salvare le pitture murali della tomba di Sethi I, minacciata da un’alluvione, e, nei primi mesi del 1819, rimase bloccata per un periodo di tempo a Rosetta, mentre il marito si trovava in Libia, a causa di un’epidemia di peste. Qui passò il tempo della quarantena allevando camaleonti, ai quali pare volesse molto bene, arrivando a tenerli come animali da compagnia.
Ritorno amaro
Nel 1919 i Belzoni rientrarono in Inghilterra, dove due anni più tardi allestirono la grande esposizione all’Egyptian Hall, a Londra, con i calchi della tomba di Sethi I, alcuni modelli in scala delle piramidi e del tempio di Abu Simbel e una nutrita collezione di mummie e reperti di piccole dimensioni.
Nel 1823 Giovan Battista Belzoni tornò in Africa, dove trovò la morte, probabilmente in Benin, mentre cercava Timbuktu e le sorgenti del Niger. Sarah, rimasta in Inghilterra, continuò a curare i lavori del marito, cercando di esporre le sue scoperte in una mostra, nel 1925, che tuttavia ebbe scarsissimo successo.
Passò gli ultimi anni della sua vita prima a Bruxelles poi nelle Channel Island, dove morì nel 1870. Dal 1851 il Parlamento inglese le concesse una modesta pensione per i meriti culturali del marito.