PIEMONTE | La Sacra di San Michele, una storia millenaria
La Val di Susa, a pochi chilometro da Torino, è nota ormai ai più per le vicende legate alla costruzione della TAV, che ormai si susseguono da anni con scontri e proteste.
Fin dall’antichità la Valle di Susa è stata un centro nevralgico per il controllo delle rotte commerciali verso la Francia. Già nella preistoria queste vie erano attive e la valle intensamente abitata. I Romani, quando nel 63 d.C crearono la provincia delle Alpi Cozie, non si lasciarono sfuggire l’importanza commerciale della zona e costruirono diverse ville e stazioni di posta, come quelle di Caselette e Almese e una grande città, Susa, a guardia della rotta commerciale.
Il tempo passa e ai Romani si sostituiscono i Longobardi che, arrivando da est, nel 568 d.C invasero e conquistarono la zona.
Anche le istituzioni religiose non si lasciarono sfuggire l’importanza strategica della valle, che era una via di transito ben nota per i pellegrini che, arrivando dalla Francia, si recavano a Roma o in altri luoghi di culto italiani. Così, nel X secolo, i monaci benedettini scelsero uno spuntone roccioso, il monte Pirchiriano, che si affaccia sulla valle proprio al suo sbocco nella pianura, e ci costruirono una prima chiesa, aggrappata alla roccia viva.

La storia vuole che un monaco, Giovanni Vincenzo, si sia ritirato sul monte per condurre una vita da eremita. Un giorno però, un nobile francese, Ugo di Montboissier, si recò in pellegrinaggio a Roma per chiedere indulgenza al Papa. Questi gli propose di scegliere tra 7 anni di eremitaggio oppure la costruzione di un’abazia. E così iniziò la costruzione della Sacra, dedicata a San Michele, affidata inizialmente a 5 monaci benedettini.
Ben presto il monastero, grazie anche all’influenza del suo potente patrono francese, diventò un luogo di sosta per i ricchi e facoltosi pellegrini che percorrevano la strada del fondovalle, diretti a Roma o di ritorno a casa.
Alla seconda metà del XIV secolo risalirebbe, inesorabile, la decadenza del sito. Il conte Amedeo VI di Savoia prima e il cardinale Maurizio di Savoia dopo arrivarono a chiedere la soppressione del monastero, abitato ormai solamente da 3 monaci.
La Sacra di San Michele resterà così disabitata per oltre 200 anni, andando in rovina.
Bisogna aspettare il 1836 e il Re Carlo Alberto di Savoia perchè le autorità volgessero ancora una volta l’occhio a questo monumento dimenticato. Egli decise di restaurare il monastero e affidò il compito ad Antonio Rosmini, fondatore di un istituto di carità. Inoltre 27 salme di casa Savoia furono traslate nella chiesa alla sommità del monte e affidate alla cura spirituale dei Padri Rosminiani.
Questi riuscirono a resistere a tutto, anche alla legge di incamerazione dei beni ecclesiastici del 1867 e vi risiedono tutt’ora.
Oggi la Sacra di San Michele è meta non solo di pellegrinaggi religiosi, ma anche di tanti turisti, attratti dalla sua posizione, aggrappata sulla cima dello sperone di roccia, e dalla sua storia millenaria. Negli ultimi anni è stata visitata da Papa Giovanni Paolo II, utilizzata da Umberto Eco come ispirazione per il suo romanzo “Il Nome della Rosa” e, dal 1994, riconosciuta come “monumento simbolo del Piemonte”.
Chi volesse intraprendere la scalata verso la chiesa, culmine del percorso di visita, si deve preparare a percorrere a piedi un tratto di strada sterrata al temine del quale si può ammirare il bellissimo panorama che abbraccia tutta la valle di Susa. Su questo primo pianoro si trova il sepolcro dei monaci, un tempietto ottagonale del X secolo che oggi si ritiene più probabile essere una riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Questa chiesa venne abbandonata nel corso del ‘600 ed è oggi un rudere.
Proseguendo la visita, cominciano gli scalini. Bisognerà percorrerne più di 200 prima di giungere alla sommità del monastero. Durante la salita, si potrà ammirare il bellissimo Scalone dei Morti, nel quale, fino al 1936, erano custoditi gli scheletri di alcuni monaci, da cui appunto, prende il suo nome.
In cima allo scalone, per continuare la visita, si attraversa il Portale dello Zodiaco, opera romanica del XII secolo raffigurante i dodici segni zodiacali e le costellazioni boreali e australi.
Dopo un’ulteriore rampa di scale, si giunge infine alla chiesa, il cuore pulsante del complesso. La sua costruzione inizò nel XII secolo, ma poi venne rifatta e restaurata diverse volte, l’ultima nel 1936. Oggi al suo interno si possono riconoscere tre stili architettonici: romanico, romanico di transizione e gotico piacentino.

Infine, la visita prosegue nelle parte appartenente al monastero benedettino vero e proprio, ma che oggi è in rovina. Unica parte rimasta integra è quella che viene chiamata “la Torre della Bell’Alda”.
Vuole la leggenda (risalente al XVII secolo) che una giovane ragazza del posto, Alda, si sia recata alla Sacra per pregare contro i mali della guerra allora in corso. Purtroppo fu vista dai soldati nemici che iniziarono a inseguirla per catturarla. Giunta sul luogo della torre e non avendo altra via di fuga, la ragazza si gettò nel precipizio invocando San Michele e la Vergine Maria. Miracolosamente si salvò e rimase illesa al fondo del precipizio. La storia però non finisce qui. La giovane infatti, inorgoglita dal miracolo ricevuto, chiamò a raccolta i paesani per mostrare loro le sue capacità. Questa volta però il miracolo non avviene e Alda si schiantò sulle rocce, morendo.
Questo suggestivo monumento, dunque, che racchiude una storia millenaria, panorami mozzafiato e leggende edificanti, vale sicuramente una visita.