PIEMONTE | Il Tesoro di Marengo: un giallo di età romana
Il tesoro di Marengo è, forse, tra i reperti più pregiati conservati oggi al Museo di Antichità di Torino; tuttavia, su di esso rimangono ancora aperte importanti questioni.
Il ritrovamento
Trovato fortuitamente nel 1928, lungo l’autostrada Torino – Savona, presso la località di Marengo, era sepolto a circa un metro di profondità, in un terreno sabbioso. I reperti erano schiacciati e deformati, in modo da poter essere nascosti più facilmente. Una foto dell’epoca, scattata dalle autorità che presero in consegna i reperti, mostra il loro stato al momento del ritrovamento, prima del restauro, avvenuto nel 1936. Tutti i pezzi, tranne il vaso con foglie di acanto, presentano deformazioni dovute all’impatto con un oggetto contundente.
Perchè è stato seppellito?
Uno dei problemi che si sono presentati agli archeologi che, negli anni, hanno studiato questo prezioso ritrovamento, riguarda il motivo per il quale è stato seppellito. Nell’antichità, potevano essere sostanzialmente due i motivi per nascondere tesori sotto terra. In periodi di instabilità politica o di invasioni esterne, si seppellivano i propri averi, spesso monete o gioielli, perché non divenissero preda di briganti o razziatori. In questo caso, il nascondiglio era vicino alla casa del proprietario e gli oggetti venivano sepolti con cura, magari in una cassetta o in un sacchetto di cuoio. Per quanto concerne, però, il Tesoro di Marengo, lo stato molto danneggiato nel quale sono stati ritrovati gli oggetti fa pensare, piuttosto, al bottino di una rapina. I ladri avrebbero schiacciato gli oggetti per poterli trasportare meglio, essendo interessati unicamente al valore del metallo. Ad avvalorare questa ipotesi, può aiutare la cronologia dei materiali: i pezzi più antichi, infatti, risalgono almeno al III sec. d.C, periodo nel quale gli Alamanni invasero la zona. A quest’epoca appartiene anche tutta una serie di tesoretti monetali o di argenti ritrovati oltralpe e in Italia.
I manufatti appartengono ad un unico contesto?
L’analisi condotta da Francoise Baratte sembrerebbe escluderlo. Gli oggetti, infatti, non solo sono molto diversi per fattura e gusto artistico, ma appartengono anche ad epoche differenti. Di sicura datazione sono il busto di Lucio Veio, non posteriore al 169 d.C, e l’iscrizione di Vindio Veriano data all’inizio del III sec. Non si può comunque escludere la collocazione degli oggetti in una sorta di collezione, che racchiudeva opere pregevoli di diverse epoche.
Da dove sono stati rubati questi oggetti?
Secondo gli studiosi, si deve pensare a un unico insieme di oggetti, appartenenti ad una collezione, rubati, quindi, in un solo luogo. Data la mancanza di stoviglie da mensa, è poco probabile che gli oggetti fossero conservati da un privato. La presenza di una dedica alla Fortuna Melior e il carattere diverso dei pezzi, fa pensare, piuttosto, alla loro collocazione in un santuario. Era pratica comune, infatti, donare oggetti votivi ai templi, come omaggio alle divinità
Conservazione
Il Tesoro di Marengo fa parte delle collezioni del Museo di Antichità di Torino dal 1936 ed è stato oggetto di diversi restauri e pubblicazioni. Oggi è esposto nella Manica Nuova del museo, con un nuovo allestimento che ne valorizza la storia e la vicenda.
Per approfondire:
- sito Musei Reali di Torino
- Liliana Mercando (a cura di), Archeologia in Pimonte, vol II, L’età romana, pp. 359- 368