NEWS | L’Acropoli di Velia riscopre elmi, armi e trofei
Presso l’Acropoli di Elea-Velia sono stati riportati alla luce, all’interno di una struttura rettangolare legata al tempio di Athena, alcuni trofei tra cui due elmi, uno calcidese e un altro di tipo Negau, in ottimo stato di conservazione.
L’indagine archeologica
Sulla cima della città antica gli scavi hanno riportato alla luce i resti di una struttura rettangolare di notevoli dimensioni (18 x 7 metri di lunghezza). L’edificio in mattoni crudi è posto sotto il tempio dedicato alla dea Athena ed è ciò che rimane del più antico luogo di culto arcaico dedicato alla divinità. I risultati dell’indagine archeologica, afferma l’archeologo Francesco Uliano Scelza, hanno permesso di chiarire la topografia, l’architettura, la destinazione d’uso e la cronologia delle varie fasi dell’Acropoli.
“La struttura del tempio più antico risale al 540-530 a.C., ovvero proprio gli anni subito successivi alla battaglia di Alalia – fa notare il Direttore Generale dei Musei e Direttore Avocante del Parco Archeologico di Paestum e Velia, Massimo Osanna – mentre il tempio più recente, che si credeva di età ellenistica, risale in prima battuta al 480-450 a. C., per poi subire una ristrutturazione nel IV sec. a C. È possibile quindi che i Focei in fuga da Alalia l’abbiano innalzato subito dopo il loro arrivo, com’era loro abitudine, dopo aver acquistato dagli abitanti del posto la terra necessaria per stabilirsi e riprendere i floridi commerci per i quali erano famosi. E alle reliquie da offrire alla loro dea per propiziarne la benevolenza, aggiunsero le armi strappate ai nemici in quell’epico scontro in mare che di fatto aveva cambiato gli equilibri di forza nel Mediterraneo.”
I trofei
Nel tempio sono stati ritrovati diversi trofei come ceramiche dipinte contrassegnate dall’incisione IRE, ossia sacro, e diversi frammenti di armi: tra questi abbiamo i pezzi di un grande scudo decorato e due splendidi elmi, uno etrusco del tipo “a calotta”, o Negau (località slovena dove vennero rinvenuti per la prima volta), l’altro calcidese. I due elmi sono attualmente oggetto di studio in laboratorio, al loro interno si cercano iscrizioni che possano aiutare a ricostruire la loro storia.
“I rinvenimenti archeologici presso l’acropoli di Elea-Velia lasciano ipotizzare una destinazione sacra della struttura. Con tutta probabilità in questo ambiente vennero conservate le reliquie offerte alla dea Athena dopo la battaglia di Alalia, lo scontro navale che vide affrontarsi i profughi greci di Focea e una coalizione di Cartaginesi ed Etruschi, tra il 541 e il 535 a.C. circa, al largo del mar Tirreno, tra la Corsica e la Sardegna. Liberati dalla terra solo qualche giorno fa, i due elmi devono ancora essere ripuliti in laboratorio e studiati. Al loro interno potrebbero esserci iscrizioni, cosa abbastanza frequente nelle armature antiche, e queste potrebbero aiutare a ricostruire con precisione la loro storia, chissà forse anche l’identità dei guerrieri che li hanno indossati. Certo si tratta di prime considerazioni che già così chiariscono molti particolari inediti di quella storia eleatica accaduta più di 2500 anni fa.” – dichiara Osanna.
Velia
Nome greco dell’antica Velia, Elea fu una tra le Poleis più ricche della Magna Grecia.
Durante le guerre puniche fu alleata di Roma e nell’88 a.C. diventò municipio romano. Da qui la decadenza: Roma la tagliò fuori dalle rotte commerciali, costringendo la città (nota come Velia) a ridursi fino a diventare un piccolo villaggio di pescatori. Nel IX secolo Velia fu definitivamente abbandonata, per sfuggire alla malaria e alle incursioni dei pirati saraceni, ad eccezione dell’acropoli dove la popolazione si rifugiò costruendo una possente fortificazione. Il piccolo borgo fortificato prese il nome di Castellammare della Bruca e sopravvisse fino alla fine del 1600.
Fu l’archeologo François Lenormant a comprendere l’importanza storica e culturale del luogo: già dagli anni ’20 del Novecento s’ipotizzava l’esistenza di una struttura arcaica antecedente al tempio maggiore dell’Acropoli. Purtroppo, a causa degli scavi iniziati nel secolo scorso, l’abitato superstite di età medievale è andato quasi del tutto distrutto.