NEWS | L’Olanda restituisce alla Sicilia i reperti della secca di Capistello
Tornano a casa, in Sicilia, trentotto reperti archeologici che raccontano la storia dei commerci marittimi nelle isole Eolie.
I reperti dalla nave ellenica naufragata
Si tratta di vasellame, coppe e skyphoi, a vernice nera classificato come greco-italico e di una grossa anfora che hanno rappresentato parte del carico di una nave da trasporto naufragata sulla secca di Capistello, al largo dell’isola di Lipari. Il relitto è stato identificato come una nave ellenica naufragata nel IV secolo a.C. sul versante orientale dell’isola con un carico, appunto, di anfore e ceramica a vernice nera.
A causa della particolare natura del fondale, la nave, dopo aver urtato sulla sommità della Secca, affondò riversando buona parte del materiale trasportato su una superfice di oltre 1200 m2. Attualmente il relitto si trova ad una profondità attestata tra i 60 e i 90 metri, cosa che rende molto difficile il completamento del suo recupero.
Trafficanti di reperti
La notevole profondità non sembra invece aver intimorito alcuni trafficanti di reperti che, a partire dagli anni ‘60, hanno in parte depredato il relitto riuscendo ad asportarne, per l’appunto, vasellame e anfore. Il relitto fu scoperto nel 1957 ad opera di alcuni ricercatori di corallo e successivamente venne studiato dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma. Abbandonato il sito a causa di diversi incidenti mortali che occorsero agli addetti al recupero, il luogo venne saccheggiato più volte nel corso degli anni. Alcuni di questi materiali sono stati però, fortuitamente, riconosciuti nel lontano 2015 da Sebastiano Tusa durante una visita al museo Allard Pierson di Amsterdam in occasione di una mostra dal titolo Mirabilia Maris dedicata al mare e organizzata con la partecipazione congiunta di diversi Paesi mediterranei.
La restituzione dei reperti da parte del museo olandese
Allertato il museo olandese sulla presenza di reperti a suo tempo trafugati dalla Sicilia lo stesso si è reso subito disponibile per la restituzione. Una promessa, questa, fatta all’allora assessore regionale e compianto Sebastiano Tusa che riesci, con diplomazia, ad ottenere la restituzione volontaria di quanto in possesso del museo olandese. L’Iter iniziato proprio nel 2015 e perfezionato nel 2020 ha visto con la giornata di oggi il concretizzarsi di quella promessa e la consegna ufficiale, presso l’Arsenale della Marina Regia di Palermo, dei reperti archeologici a suo tempo depredati e rivenduti.
All’evento erano presenti il direttore del Allard Pierson Museum di Amsterdam, Wim Hupperez, Valeria Li Vigni per la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, oltre al comandante regionale del Nucleo Tutela del patrimonio Culturale dei Carabinieri, Maggiore Giangluigi Marmora. Le operazioni di rientro dei reperti in Sicilia sono state infatti coordinate dal Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Palermo che ha assicurato il proprio supporto alla riuscita dell’operazione.
Le parole dell’assessore Samonà…
I nostri tesori tornano finalmente a casa: grazie alla competenza di Sebastiano Tusa e all’intervento del Nucleo di Tutela del Patrimonio culturale dei Carabinieri, un prezioso pezzo di storia illecitamente sottratto – ha sottolineato l’assessore Samonà – è rientrato in Sicilia e sarà restituito alla collettività. Sono felice di aver incontrato il direttore del Museo di Amsterdam con il quale, sono certo, si troveranno ulteriori fruttuose occasioni per condividere esperienze culturali, nella prospettiva di un rapporto proficuo nel nome della cultura. L’importante azione di vigilanza, costantemente effettuata insieme alle forze dell’ordine, ci ha permesso in questi anni, di riportare a casa diverse testimonianze del nostro patrimonio culturale. Acquisire i reperti sottratti alla Sicilia, vigilare e attivare scambi proficui con i musei di tutto il mondo, è la strada su cui il governo regionale è costantemente impegnato.
… e della soprintendente del Mare Valeria Li Vigni
Abbiamo raggiunto l’obiettivo di Sebastiano Tusa – dichiara la Soprintendente del Mare Valeria Li Vigni – di riportare nelle nostre sedi i reperti della Secca di Capistello, che ha fornito innumerevoli e importanti dati sulla documentazione del relitto. Siamo particolarmente grati al direttore del museo olandese per aver tenuto fede alla promessa fatta nel 2015. La strada aperta da Sebastiano va assolutamente seguita integrando sempre di più gli stati che volontariamente hanno deciso di tutelare il patrimonio artistico e restituire volontariamente quanto a suo tempo ottenuto per mezzo di acquisti dietro cui c’erano scavi illegali.
Nel futuro – conclude la Li Vigni – recupereremo un’anfora dal relitto e grazie alle rilevazioni tridimensionali potremo capire appieno la natura e la portata della nave senza per questo rimuoverla, vista anche la profondità, salvaguardandola allo stesso tempo così come richiesto anche dall’Unesco.
La nave…
La nave da trasporto naufragata nel mare siciliano appariva costituita da un fasciame semplice e senza alcun rivestimento in piombo mentre i madieri e le ordinate risultavano alternate. Lo scafo, inoltre, alla prima ricognizione si presentava dotato di due ancore con ceppi in piombo. Di cui uno è stato recuperato insieme a pesi per reti da pesca oltre ad alcune barre sempre in piombo e ad un lingotto di stagno di circa 10 chili di peso. Il sito subacqueo oltre a conservare ancora lo scafo ligneo presenta anche innumerevoli reperti che potrebbero indurre, in futuro, la ripresa di una campagna di archeologia subacquea per la loro raccolta e catalogazione.
… e il suo carico
Alcune parti del carico hanno conservato, al momento del rinvenimento, la posizione di stivaggio originaria con gruppi di anfore disposte verticalmente e pile di ceramica a vernice nera riposte negli interstizi. Il carico risulta formato essenzialmente da anfore greco italiche contrassegnate da bolli e trattate internamente con resina (circa cento quelle già recuperate).
Molte delle anfore erano ancora chiuse da un tappo di sughero sigillato mentre i bolli impressi sulle stesse, con nomi greci interi o abbreviati (Cháres, Bíon, Eúxenos, Pop, Díon, Pare, Pist) sono stati confrontati con timbri analoghi rinvenuti a Ischia, Selinunte, Taranto e Gela. Oltre alle anfore greco italiche sono state recuperate anche alcune anfore puniche. Inoltre, ad impreziosire il carico, diverse centinaia di vasi a vernice nera di varie forme: piatti e coppe oltre ad alcune kylikes dipinte con motivi vegetali bianchi all’interno e ad alcune lucerne su alto piede sagomato.
Molti dei reperti a suo tempo asportati dal sito sono oggi custoditi presso il museo archeologico di Lipari.
di Massimo Mirabella