NEWS | Lo sguardo della dea Astarte: i rinvenimenti di Mozia (TP)
A Mozia, nel trapanese, è stata riportata alla luce un volto in terracotta che raffigura lo sguardo della dea Astarte.
La scoperta
Il sito è sotto indagine da parte dell’Università di Roma La Sapienza fin dagli anni ’60; dal 2002, dopo un decennio di interruzione, sono riprese le attività di scavo, stavolta sotto la direzione di Lorenzo Nigro, docente di Archeologia del Vicino Oriente Antico e di Archeologia fenicio-punica.
Il volto in terracotta è stato scoperto durante la campagna di scavo appena conclusa. L’immagine è databile tra il 520 e il 480 a.C., ovvero almeno un secolo prima di quando, nell’imminenza dell’attacco di Dionigi di Siracusa che distrusse Mothia nel 397/6 a.C., fu ritualmente nascosta poco fuori del recinto sacro, in un punto facilmente individuabile e ben protetto. La testa di Astarte è stata rinvenuta all’interno di una stipe, una fossa circolare di circa un metro di diametro, accanto ad altri due oggetti, sempre in terracotta: un disco con la rappresentazione di una rosetta a rilievo e uno stampo raffigurante un delfino dal grande occhio naïve, che hanno portato alla scoperta del volto di Astarte.
Le parole di Lorenzo Nigro
<<Questi risultati sono il frutto di un lavoro di due decenni da parte di un team numeroso e affiatato>>, ha dichiarato il professore. <<È a tutti gli studenti e ricercatori membri della nostra missione archeologica e ai colleghi con cui abbiamo discusso le nostre interpretazioni che si deve la comprensione di uno dei santuari più ampi e affascinanti del Mediterraneo antico, quello dell’Area sacra del Kothon. La dea Astarte viene qui rappresentata con fattezze greche, ma in un contesto rituale e architettonico fenicio: come per la famosissima statua dell’Auriga, i moziesi usano il linguaggio universale del V secolo a.C., quello della Sicilia ellenizzata, per raffigurare quanto di più identitario possa esistere: il culto religioso. Ci insegnano la capacità di assimilare e lasciarsi assimilare, di tradurre e trasmettere senza tradire, che fu tipica degli antichi e, in modo particolare, della Sicilia>>.