ARCHEOLOGIA | Il sito archeologico di San Vincenzo a Stromboli
Il sito archeologico di San Vincenzo a Stromboli è stato scoperto, nel 1980, da Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier, che lo scavano parzialmente. Successivamente, l’Università di Modena e Reggio Emilia conduce regolari campagne di scavo dal 2009. Le campagne avvengono in collaborazione con il CNR-ICEVO e con il Servizio Beni Archeologici della Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina. Inoltre, il gruppo di ricerca si è avvalso del supporto della Circoscrizione Comunale di Stromboli, nella persona di Carlo Lanza, e dell’Associazione Preistoria Attuale.
Le campagne di scavo hanno interessato una superficie di 500 m² e portato alla luce tracce che vanno dal Neolitico al Medioevo, passando per l’Età del Bronzo e l’età romana. Alcune zone del sito di San Vincenzo, infatti, restituiscono abbondanti reperti di varie epoche, tra cui ceramica a vernice nera, terra sigillata, anfore, lucerne, balsamari in vetro, tegole, ceramica invetriata e maioliche.
Il sito di San Vincenzo nell’Età del Bronzo
Il villaggio dell’età del Bronzo risale alla prima metà del II millennio a.C. e sorgeva alle pendici del vulcano, su un pianoro formato da una colata lavica. Dalla sua posizione nord-orientale gli abitanti potevano avere una buona visuale su parte del Tirreno: dallo stretto di Messina all’arcipelago flegreo. Il sito archeologico di San Vincenzo è formato da una serie di terrazzamenti, delimitati e sorretti da gradoni in pietrame. Un gran numero di persone abitava questo villaggio. Ciò è testimoniato dalle numerose capanne ovali o rotonde in pietra lavica, di dimensioni variabili (alcune arrivano fino a 10 m di diametro). Le capanne erano costruite con muri a secco. Lo spazio interno, alle volte, era suddiviso in ambienti, per alcuni dei quali è ancora possibile intravedere resti di focolari.
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Il villaggio raggiunse il suo massimo splendore nelle fasi avanzate della cultura di Capo Graziano. Caratteristica tipica della ceramica stromboliana, rispetto quella coeva di Filicudi e Lipari, è la compresenza di vasi prodotti da altre isole. Insieme a questi, è stato rinvenuto vasellame prodotto fuori dall’Arcipelago: sono vasi le cui forme testimoniano i fitti scambi commerciali che l’isola intratteneva con le altre isole dell’Arcipelago e con la Calabria, la Sicilia e l’area egea. Infatti, non mancano reperti egei come vasi micenei dipinti e perle di pasta vitrea, che testimoniano come anche Stromboli rientrasse nelle rotte commerciali micenee.
Alcuni studiosi pensano che, proprio a causa di questa sua evidente ricchezza, l’isola divenne preda di pirati intorno alla metà del II millennio a.C. Infatti, proprio in questo periodo il villaggio di San Vincenzo venne abbandonato e gli abitanti si spostarono su alture meglio difendibili.