I Viaggiatori | La Messina egregia e prospera di Idrisi
La città di Messina viene descritta ed elogiata dal geografo arabo Idrisi. Questi, vissuto tra il 1099 ed il 1164, viaggiò per tutto il Mediterraneo, fino a quando giunse in Sicilia e si stabilì presso la corte normanna di Ruggero II, di cui descrive il regno. Su commissione del Re normanno l’autore magrebino compose nel 1154 un compendio di indicazioni geografiche, noto generalmente come Libro di re Ruggero.
L’opera è una descrizione scritta, in gran parte autoptica, di Europa, Asia (anche se non nella sua totalità) e Nord Africa, a cui era allegata una rappresentazione grafica conosciuta come Tabula Rogeriana. Il testo, suddiviso secondo il sistema tolemaico in sette zone climatiche a loro interno ripartite in altre dieci sezioni, descrive il quadro geo-fisico ed il contesto politico, coevo all’autore, di ciascuna regione. La raffigurazione grafica, pervenutaci solo tramite copia su pergamena del 1315, rappresenta i territori europei, nord-africani ed asiatici. La carta geografica, orientata con il Sud in alto ed il Nord in Basso, risulta essere un’illustrazione particolarmente precisa per il contesto di elaborazione ed infatti è rimasta un punto di riferimento per circa tre secoli.
Idrisi nel Quarto Clima, secondo compartimento, della sua Geografia, così descrive la Città dello Stretto: raggiungibile da Milazzo in “una giornata leggiera” (cioè circa mezza giornata di cammino) è “posta sopra uno degli angoli dell’isola [quello cioè che s’avanza] verso levante” e cinta da montagne. Il geografo ricorda l’incantevole spiaggia ed il “ferace” territorio, dove si stendevano terreni coltivati e le “grosse fiumare con molti molini”. Idrisi si sofferma proprio sulla fertilità del suolo messinese sottolineando la presenza di “giardini ed ortaggi che producono frutti abbondanti”.
Lo studioso arabo inoltre definisce Messina “tra i più egregi paesi e più prosperi [anche per la gran gente] che va e viene”. Ne esalta l’arsenale dove avviene “[un continuo] ancorare, scaricare e salpare di legni”, ovvero imbarcazioni “sia delle terre do’ Rum sia de’ Musulmani”, intendendosi, rispettivamente, navi bizantine ed arabe.
Ma la ricchezza della città era soprattutto dettata “dai splendidi mercati” dove la vendita era agevolata da una grande vivacità di genti e di merci. Idrisi ricorda inoltre che i monti di Messina racchiudono miniere di ferro, che si esporta ne’ paesi vicini.
Il geografo infine elogia e descrive il porto e lo stretto. L’approdo della Città, definito una gran maraviglia, era giustamente famoso poiché non avvi nave smisurata che sia, la quale non possa ancorare sì accosto alla spiaggia da scaricare le merci passandole di mano a mano. Era ben nota, già ai suoi tempi, anche la pericolosità dello specchio d’acqua compreso tra le coste siciliane e calabresi. Si sottolinea infatti che la navigazione è difficile, massime quando il vento spira contro la [corrente dell’] acqua. Le insidie per i naviganti si manifestano con le forti correnti, nel momento in cui “le acque escano [dallo stretto] e nella stess’ora che altre acque [vi] entrano. Lo scontro delle correnti viene definito terribile e per chi trovasi avviluppato tra quelle due [correnti] non si salva, se non per grazia del sommo Iddio.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Amari M., Biblioteca arabo-sicula, 2 voll., Torino 1880, Roma 1881.
Amari M. – Schiapparelli C., L’Italia descritta nel “Libro del re Ruggero” comp. da Edrisi, 1881-1886.
Amari m., Storia dei musulmani in Sicilia, 3 voll., Catania, 1933.
Rizzitano U., Il Libro di Re Ruggero, Palermo, 1966.
Tabula Rogeriana (ed. 1929 trad. dall’arabo Konrad Miller), Biblioteca Nazionale di Francia (MS Arabe 2221)