DIETRO AL FASCISMO | Romanità E Fascismo. Aspetti di un uso improprio
Il tema della romanità costituì uno dei principali punti di riferimento della propaganda fascista, soprattutto dopo la proclamazione dell’Impero nel 1936: Roma antica riviveva in quella fascista, Mussolini era il nuovo Augusto e la Mostra Augustea della Romanità sanciva ufficialmente questa continuità.
La propaganda fascista era stata veicolata dall’uso delle immagini, dai francobolli alle statue, fino alle pellicole cinematografiche come Scipione l’Africano di Carmine Gallone. L’urbanistica di Roma venne adattata al nuovo messaggio dell’impero fascista: il 28 ottobre fu inaugurata la via dell’Impero, simbolo della grandezza e della superiorità della razza italica. Qui, il 21 aprile del 1934, giorno del Natale di Roma, erano state collocate quattro tavole di marmo che illustravano la storia dell’Urbs e, il 28 ottobre del 1936, ne fu aggiunta una quinta, riferita all’impero creato da Mussolini.
Lo scopo di questa rubrica è far comprendere come il fascismo riattualizzasse le antiche glorie di Roma antica, abusando o, meglio, modificando a proprio piacimento la classicità romana e greca, che per molti anni caratterizzò l’immagine di una nuova Italia. Un esempio sono le copertine de La difesa della razza, una delle più importanti riviste del periodo fascista che, modificando completamente il significato originario di un’antica iconografia, mettono in evidenza il contrasto tra la superiorità della classicità e l’inferiorità delle razze impure. Nonostante il continuo riferimento alla romanità, Roma antica e la sua “vera” storia appaiono assai distanti dalla “nuova” storia mussoliniana.