DIETRO AL FASCISMO | La Città universitaria, un’arte di Stato
Il progetto della Città universitaria era simbolo del fascismo e della Roma intera. Il complesso, inaugurato il 21 Aprile del 1935, rappresentò un’impresa importante per il regime perché Mussolini decise di concentrare gli edifici in un’unica zona, esaminare e modificare i diversi disegni e visitare spesso il cantiere. Il complesso diveniva un’opera creata per il popolo e dal popolo veniva in qualche modo santificata.
Una progettazione collettiva
Mussolini affidava a Marcello Piacentini, accademico d’Italia, il compito di realizzare questo grande complesso di edifici che doveva costituire non solo l’Università di Roma ma il più grande centro studi dell’Italia e del Mediterraneo. Insieme a Piacentini, molti altri erano gli architetti chiamati dal Duce a collaborare in modo che risultasse un’impresa di progettazione collettiva. Nonostante l’operato dei diversi architetti, viene realizzata un’unità di stile poiché si ricorre al tipo classico della basilica e ad elementi architettonici comuni, come l’uso delle stesse finestre e degli stessi materiali di rivestimento come il travertino e l’intonaco giallo o rosso.
L’impostazione architettonica
Il terreno scelto, a forma quadrangolare, è situato tra i Viali del Policlinico, dell’Università e della Regina. I diversi istituti si raggruppano intorno ad uno spazio vuoto centrale, centro del progetto. Un progetto essenziale, con visioni monumentali, viali e giardini. L’ingresso monumentale, formato da alti e solenni propilei, si apre verso il Viale del Policlinico, largo 60 m, delimitato dagli edifici delle diverse facoltà. Di fronte al Viale, sul suo asse e posto a chiudere il lato lungo del Foro, si erge l’edificio del Rettorato e della Biblioteca, che forma con gli edifici di Lettere e Giurisprudenza un complesso unitario. Il viale alberato confluisce in un ampio spazio trasversale, una piazza di 68 x 240 m, dimensioni simili a quelle di Piazza Navona. Alle due estremità si ergono gli Istituti di Matematica di Giò Ponti e l’Istituto di Mineralogia, Geologia e Paleontologia di Giovanni Michelucci. Nella parte posteriore, nei pressi dell’aula Magna, si apriva un vasto piazzale utilizzato per le adunate e le diverse cerimonie. Molte le zone destinate a parchi e giardini, come il quadriportico costruito sulla sinistra del viale. Il pronao, i pilastri di travertino, le grandi finestre incorniciate di marmo rosso, la statua della Minerva posta di fronte all’atrio rappresentano un’armonia di forma e di valori.
La tecnica costruttiva degli edifici
La costruzione degli edifici era ad ingabbiatura di cemento armato con le fondazioni costituite da pali di cemento. Le facciate esterne erano rivestite con cortina di litoceramica e travertino romano. Molte le applicazioni speciali, come rivestimenti di mattoni in vetro, solai leggeri in cemento armato o pensiline di vetro-cemento.
Architettura come stile di epoca fascista
La Città universitaria costituisce un esperimento di collaborazione e coordinamento ben riuscito che verrà riproposto con l’E42. L’architettura semplice non rinuncia alla modernità nata in un clima classico e mediterraneo. Un compromesso politico e artistico: il punto di equilibrio sarà poi trovato a seconda degli orientamenti e delle necessità che il Regime richiedeva alla realizzazione di un’architettura moderna come stile di un’epoca fascista, un’arte di Stato.