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DIETRO AL FASCISMO | Il puro tipo italico e il passo dell’oca

L’uomo nuovo mussoliniano

La “romanità fascista” non era composta soltanto da riti o simboli ma era un vero e proprio stile di vita, che trovava una delle sue utopie più importanti nella creazione dell’“uomo nuovo”. Il mito repubblicano del cives virtuoso, fedele esecutore della suprema volontà dello Stato, si associava in maniera del tutto incoerente con l’ideale imperiale del princeps, dominatore incontrastato del mondo. I personaggi più importanti della storia, come Scipione l’Africano, Cesare, Augusto e Costantino, isolati dal loro contesto storico saranno associati alla figura di Mussolini, assunto a modello di un “puro tipo italico”. Sarà proprio questo modello a portare a una netta mutazione antropologica dell’italiano, destinato a diventare, quindi, il “nuovo uomo mussoliniano”.

Questo nuovo tipo di italiano “era in parte un uomo del passato, perché teneva vivo in sé lo spirito della romanità ma era soprattutto una creatura originale, che avrebbe reso possibile la lunghissima durata se non l’eternità, dell’era fascista”. Mussolini voleva fare degli Italiani i Romani della modernità, uomini destinati non a essere cittadini ma uomini forti, pronti a combattere, obbedire e vincere, un uomo che incarnava tutte le virtutes romane. Un uomo che si sarebbe allontanato per sempre dall’uomo borghese, tanto odiato dalla propaganda fascista. Sarebbe stato un uomo “duro, forte, volitivo, guerriero, una sorta di legionario di Cesare dei tempi moderni, per il quale nulla fosse impossibile”. Mussolini voleva annientare del tutto il carattere borghese di una certa tipologia di Italiano e già l’abolizione del “lei” e la sostituzione con il “voi” come formula di cortesia aveva nettamente deturpato lo stile di vita borghese.

Benito Mussolini

Il passo romano all’epoca di Cesare

Un attributo dell’”uomo nuovo” secondo Mussolini doveva essere la capacità, non scontata, di eseguire il passo romano. Questo passo, in realtà, non aveva alcuna origine romana, al contrario di quanto pretenderebbe di suggerire un’immagine pubblicata su “La Domenica del Corriere”, a corredo di un articolo di Floris Mormone, “Il passo romano all’epoca di Cesare”. Un legionario di Cesare che marcia al passo dell’oca, in cui l’autore, prendendo spunto da un tardo trattato militare di Vegezio (Epitoma rei militaris) pretenderebbe di legittimare storicamente il passo delle camicie nere:


“[…] le legioni usavano assumere un aspetto più rigido, più marziale, e vi riuscivano splendidamente tendendo i muscoli delle gambe le quali, così ritte, facevano battere poderosamente sul terreno i talloni dei calzari, anche i Romani avevano quindi il loro passo di parata, una marcia da forti e vittoriosi […]

L’interpretazione di Floris non ha alcun riscontro nella realtà storica, sia perché questo tipo di assetto di marcia sarebbe risultato inconcepibile rispetto al caratteristico abbigliamento militare legionario, sia per motivazioni di carattere culturale. L’ostentazione di stampo militaristico, propria del regime, non trovava ragione d’esistere in una società come quella romana, dove l’esercizio delle armi era un compito civico fondamentale, strutturato da una serie di riti di passaggio riservato agli iuvenes e legato al contesto religioso saliare. 

Il legionario in parata. Da “Il passo romano all’epoca di Cesare” in La Domenica del Corriere

Il passo dell’oca adottato dall’esercito era simbolo di un nuovo spirito aggressivo. A quanti affermavano che era soltanto un’imitazione del passo adottato dal regime nazista, il Duce rispondeva dicendo che il passo di parata italiano era completamente diverso, perché era il passo di marcia delle antiche legioni romane. “L’oca è un animale romano; che un tempo, schiamazzando sul Campidoglio, aveva salvato l’antica Roma dall’attacco nemico”.
Nonostante ciò, Mussolini il 25 ottobre associò ufficialmente quella marcia cadenzata alla storia romana, vedendo in essa un indizio di “forza morale” e come monito ai nemici dell’Italia. Tutto ciò dimostrava come la capacità di giudizio di Mussolini fosse alterata e come la sua decisione provocò una vasta irrisione.

BACK TO FASCISM | The pure Italic type and the goose step

The new kind of Mussolini man

The “fascist Romanism” was not composed only of rites or symbols but it was a real lifestyle, which found one of its most important utopias in the creation of the “new man”. The republican myth of the virtuous “cives ” or citizen, faithful executor of the supreme will of the state, was associated in a completely inconsistent way with the imperial ideal of the undisputed ruler of the world. The most important characters in history such as Scipio the African, Caesar, Augustus and Constantine, isolated from their historical context, will be associated with the figure of Mussolini, taken as a model of a “pure Italic type” (Giardina 2000, p.48). It will be precisely this model to lead to a clear anthropological mutation of Italian, destined to become, therefore, the “new Mussolini man”.

This new type of Italian “was partly a man of the past, because he kept the spirit of the Roman spirit alive in himself but was above all an original creature, which would have made possible the very long duration, if not eternity, of the fascist era”. Mussolini wanted to make Italians the Romans of modernity, men destined not to be citizens but strong men, ready to fight, obey and win, a man who embodied all the Roman virtues. A man who would have distanced himself forever from the bourgeois man, so hated by the fascist propaganda. He would have been a man “hard, strong, strong-willed, warrior, a sort of legionary of Caesar of modern times, for whom nothing was impossible”. Mussolini wanted to completely annihilate the bourgeois character of a certain type of Italian and already the abolition of “Lei” and the replacement with “voi” as a courtesy formula had clearly disfigured the bourgeois lifestyle.

The goose-step at the time of Caesar

According to Mussolini, an attribute of the “new man” had to be the not obvious ability to perform the goose-step. This passage, in reality, had no Roman origin, contrary to what an image published in “La Domenica del Corriere”, accompanying an article by Floris Mormone, ” The goose-step” would pretend to suggest.  A legionnaire of Caesar marching at the goose step, in which the author, taking his cue from a late military treatise by Vegetio (Epitoma rei militaris) would claim to historically legitimize the step of the black shirts:

“[….] the legions used to assume a more rigid, more martial aspect, and they succeeded splendidly by tensing the muscles of their legs which, so upright, made the heels of their shoes beat powerfully on the ground, so even the Romans had their parade, a strong and victorious march […]

Floris’s interpretation has no comparison in historical reality, both because this type of march would have been inconceivable compared to the characteristic legionary military clothing, and for cultural reasons. The militaristic ostentation, typical of the regime, found no reason to exist in a society like the Roman one, where the exercise of arms was a fundamental civic task, structured by a series of rites of passage reserved for the young men and linked to the religious context rising.

The goose step adopted by the army was a symbol of a new aggressive spirit. To those who claimed that it was only an imitation of the step adopted by the Nazi regime, the Duce responded by saying that the Italian parade step was completely different, because it was the march step of the ancient Roman legions. “The goose is a Roman animal; that once, cackling on the Capitoline Hill, had saved ancient Rome from enemy attack “.
Despite this, on 25 October Mussolini officially associated that rhythmic march with Roman history, seeing in it a hint of “moral strength” and as a warning to the enemies of Italy. All of this showed how Mussolini’s judgment was altered and how his decision provoked widespread mockery.

 

Article translated and curated by Veronica Muscitto

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